OMELIA
NATALE 2011
“E’ nato per voi un Salvatore… un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.
Carissimi, è la bella notizia che dai cieli raggiunge la terra, e quella gloria che li abita, cantata dagli angeli, quella pienezza di amore e di vita che è propria di Dio, si riversa sugli uomini, su tutti noi amati. Proprio perché amati siamo qui stanotte. Come i pastori di Betlemme, ritenuti indegni, siamo donne e uomini che Dio ama, che lo sappiamo o no.
Questa nascita, questo Bambino che viene al mondo, riguarda l’umanità intera, prima ancora che abbiamo a dire la nostra fede in Lui. Siamo sorpresi perché, anche se non lo diciamo con queste parole, siamo cercatori di vita, di verità, di amore, ed ecco che tale salvezza ci è data, ci è data in un Bambino che è il nostro Dio. Il fatto di essere gelosi custodi di noi stessi, della nostra libertà, della nostra esistenza, sempre sulla difensiva oppure aggressivi, ci dice che desideriamo, abbiamo cara la nostra vita, la nostra felicità. “I pastori vegliavano facendo la guardia al loro gregge”. Non è forse quello che facciamo anche noi, chiudendoci in recinti di egoismo e di paura insieme alle nostre cose? Pensavamo fosse finito il tempo di giocare a guardie e ladri, come facevamo da piccoli, invece abbiamo prolungato il gioco e l’abbiamo fatto diventare una cosa seria, una guerra. Non siamo giusti, fedeli, accoglienti, solidali, veri: abbiamo smarrito l’umanità! Non è questo che determina la venuta di Dio, quanto la sovrabbondanza della vita, la pienezza della luce, la ricchezza di un amore infinito che sono in Lui e tracimano, invadono il mondo, dove gli uomini sono ancora incapaci di volersi bene, di perdonarsi. Non è un illuso, ma è follemente innamorato di noi. La sua grazia, la sua gloria, la sua bontà i cieli non possono contenere.
Ma Dio, Gesù, il Bambino che è Dio, viene, e non vi sembri irrispettosa questa affermazione, a “giocare” con noi, non certo a guardie e ladri (bastiamo noi!). Non è mancanza di rispetto o superficialità, contemplare così l’evento che stanotte festeggiamo, ma aiutarci a pensare la vita come una gioia che Dio vuole per questo Suo figlio, e per tutti gli uomini suoi figli, come festa, gratuità, espressione di quanto di più bello siamo fatti e cioè di amore.
Gesù, ora il Bambino, è la via del Dio che viene a “danzare” con noi, altra immagine per dire stavolta,accanto alla gioia, la libertà che ci è donata in lui, e, di conseguenza, adesso non viviamo più ingabbiati o imprigionati da doveri, obblighi, da costrizioni, nemmeno dalla legge se non è quella dell’amore che egli, Bambino, ci insegna.
“Questo è il Dio che mi piace” mi diceva qualche giorno fa una persona navigata tra le cose del mondo. Nel bambino di Betlemme vi è Dio e quell’umanità che in Gesù non sparirà con la crescita ma diventerà consapevole e determinata, capace di dare tutto sino alla fine. Ci sarà la Pasqua, con la sua misura alta d’amore perché c’è questo seme di umanità che nasce, già frutto dopo i fiori promessi.
Di questo Bambino mi piacciono gli occhietti, ancora chiusi a poche ore dalla nascita, che presto saranno aperti ad innamorasi del mondo degli uomini; mi piace immergermi in essi come in quelli di ogni bimbo che incontro, sua icona, perché sono limpidi, profondi, luminosi, in essi ritrovo la bellezza della vita. Questo è Natale!
E poi le manine aperte, i braccini tesi ad accogliere, ad affidarsi, a dare e ricevere tenerezza, un abbraccio che lo faccia vivere e crescere. Questo Bambino Dio s’incarna, cresce in me se io lo accolgo con l’amore e fiducia con cui viene a me. Natale è nell’accoglienza della vita, senza esserne o farsene padroni.
Infine non mi disturbano i vagiti del neonato Bambino che non sa ancora parlare ma é la Parola fatta carne come il pianto dei piccoli e il loro balbettio, anche i semplici sospiri o il lamenti dei poveri. Natale è saper guardare e ascoltare la vita rimanendo in silenzio, ma non passivi, davanti al mistero che pian pianino si svelerà e crescerà in noi. Perché Egli nasce A Betlemme, per nascere in me, in noi.
Carissimi, non voglio sembrarvi presuntuoso o crudele se auguro a me e a voi tutti, per rimanere nel linguaggio dei tempi, un Natale di “lacrime e sangue”. Siano lacrime di gioia, pianto di felicità davanti al Bambino che ci è dato perché Dio è gioia, libertà, pienezza di vita; e sangue, quel sangue d’amore e di vita, e non di dolore inutile e morte, che la madre versa nel dare alla luce, sangue che anticipa quello che il Figlio darà per noi. Vi auguro un Natale di gioia perché amati, e un Natale d’amore piangendo di gioia.