mercoledì 30 gennaio 2013

E'
(...desiderio!) 
 
Di Dio la volontà,
dei fratelli la necessità,
carità di Gesù E’

via del Figlio,
verità dell’uomo,
vita del Padre E’

esser amati
essere nella gioia
essere amore E’

il sangue che purifica,
il corpo che nutre,
la parola che illumina E’

Spirito che guida,
chiesa che cammina,
madre che accompagna E’

di grazia piena,
umile donna,
alta creatura E’

ove desideri miei
desideri suoi vivono,
unica volontà E’ !



 

martedì 29 gennaio 2013

PROLOGO...

(... alla piccola missione parrocchiale!)


Corsa veloce discesa a coglier sorriso,
confermare visita, lieto sorriso
di giorni fraterni, perfetta letizia,
un tempo di grazia nuovo inizia.

Ancora buio ma già luce
guida il desio e ci conduce,
non temiamo né tempo né gelo,
 il nostro andare a elemosinar vangelo.

Bagnata la via, intenso il traffico,
l’andar sicuri, il cuore carico,
l’amicizia bella non conosce lagna,
con Giulietta e Azio il viaggio s’accompagna.

Che bello! Ora pareti lieve scoscese
s’aprono innevate rupestri discese,
ricordan a fanciulli come siam fatti,
dolci della festa a zucchero velati.

Dal gusto così bambino, ingenua sensibilità,
ecco terra d’Assisi, pace e fonte di bontà,
le Sorelle giovani sorridenti
nelle loro lane e stretti i denti.

Sono gioiose, ancor più caldo l’abbraccio,
impazienti a dare il fraterno bacio,
la missione è nel loro cuore,
semplicità, povertà, sola ricchezza il Signore.

Ristorati alla condivisa mensa provvidenziale,
nutrono fiducia grande nell’essenziale,
sarà festa annunziare tra noi Gesù,
preghiera, carità e lode non c’è di più.

Chi ama, chi lotta, chi soffre, dono d’amore
intercede e porta i fratelli al Signore,
viene così il regno di vita, di gioia e di pace,
anche se il mondo stolto ride e quello saggio tace.

A suggellar promessa benedizione,
scendiamo infine a visita e orazione,
al Serafico padre ove riposa
raccomandiamo, umili, ogni volto e cosa.

E’ ora di risalire, con letizia, un po’stanchezza,
perfetta la prima, la seconda con dolcezza,
amici cari sulla strada guida matura,
riportan felici alla familiare amata cura. 



Ritorno...   OMELIA

3° Domenica C – 27.01.2013

- Luca 4,14-21

La Parola che ci raduna in questa famiglia e che ascoltiamo ogni domenica apre alla forte emozione che invade il cuore che si lascia toccare e alla vita che ne manifesta la bontà è porta una bella rivoluzione. E’ quanto ci comunica proprio la sua lettura nei brani che adesso abbiamo ascoltato. Dapprima essa è un Libro, e poi è carne, una persona.; il Libro della Legge che il popolo d’Israele, riunito in una grande assemblea, accoglie con gioia, venera e ascolta con commozione. E poi carne nella persona di Gesù che osa riferire a sé la profezia contenuta nel testo di Isaia davanti alla piccola settimanale assemblea liturgica a Nazareth, suo paese.

Dapprima questo libro e poi Gesù sono narrazione di quello che Dio ha fatto, intende fare e fa per il suo popolo, e il particolare per i poveri, i prigionieri, i ciechi, gli oppressi, gli infelici, i senza speranza, quanti hanno bisogno di un anno di grazia. Noi che abbiamo un certa qual familiarità con questa Parola, al punto che quasi non ci lasciamo più sorprendere da essa, né da Gesù che la incarna, ne siamo i destinatarie preghiamo che ci tocchi le corde del cuore, indichi, sorregga, renda possibili, passi nuovi nella nostra esistenza. Ci raduni e, come abbiamo pregato poco fa, ci edifichi in un solo corpo e ci renda strumenti di liberazione e salvezza per tanti.

In ascolto di questa parola mi sono chiesto quale sia il posto dove farla risuonare, lo spazio che le si addice, il luogo familiare dove essa rivela, esprime tutta la sua verità e potenzialità d’amore. Nei brani odierni sono indicati due luoghi + uno che non si contrappongono, ma piuttosto si completano, si perfezionano, diventano efficaci luoghi di grazia.

Il racconto della prima lettura riporta un avvenimento importante nella storia del popolo d’Israele: il ritrovamento e insediamento del libro della Legge, dopo le peripezie dell’esilio. Narra che una grande  folla, uomini m,donne, bambini, il popolo nella sua interezza senza distinzione di sesso, età, cultura o intelligenza, poiché la Parola di Dio abolisce ogni privilegio, è per tutti,  una grande folla si radunò “sulla piazza davanti alla porta delle Acque” per ascoltarne la proclamazione. La lettura della Parola di Dio ha luogo su terra, come dire, laica, non consacrata, la pubblica piazza. Mentre il culto ha bisogno di un tempio, di un clero, di una liturgia sacrale, la parola raggiunge il mondo nella sua secolarità, negli spazi che gli sono propri. Il Libro sulla piazza, il libro per tutti. Pensiamo l’emozione, il nutrimento, la consolazione, il coraggio, la forza che ne scaturisce, per tutta la gente, per l’umanità che abita questo mondo.

L’altro luogo è la sinagoga, il luogo abituale, ufficiale con il tempio della Parola di Dio, che anche Gesù frequenta secondo il suo solito, come annota il brano di Luca che abbiamo ascoltato. Questo non ci sorprende più di tanto, ed è il malanno che affossa ogni novità. Qui è Gesù che è preso dall’emozione che certamente lascia trapelare dai gesti solenni che compie : riceve il rotolo del libro, lo apre, lo legge, lo riavvolge, lo riconsegna, siede e sente su di sé gli occhi di tutti. E’ Lui ora il grande libro, lui il libro vivente, lui la parola vivente; la parola che dice il volto di Dio, il regno di Dio, cioè la sua vicinanza, il suo intervento a favore di poveri, prigionieri, ciechi, oppressi, “uomini e donne senza speranza, che non sia aspettano più nulla, forse neppure da Dio”.

Gesù è il luogo, dopo la piazza e la sinagoga, per eccellenza della Parola di Dio. Quel libro non è più lettera scritta, inerte, ma segno vivo, sacramento di Gesù, libro che diventa carene che narra e dona Dio. Questo luogo diventa la predica più vera, oltre che la più corta, di pochissime parole, ed efficace che si conosca, e che io sogno e prego di riuscire un giorno a fare con la mia vita, allora sì sarò un bravo predicatore: “oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato”.








domenica 13 gennaio 2013

OMELIA


Battesimo di Gesù – 13.01.2013
- Luca 3,15-16.21-22

Anche Gesù ha la sua strada da fare. Ed è un’immersione totale, completa, nell’umanità peccatrice, condividendo con questa, pur non avendo peccato, cioè rifiutato Dio e i fratelli, le conseguenze di una condotta di vita tanto scellerata per il bene dell’umanità stessa.

Giovanni il Battista chiamava la gente ad un battesimo di conversione, vale a dire ad una immersione nell’acqua quale segno di purificazione di cambiamento di vita. Egli era un uomo integerrimo, leale verso Dio, praticava ed esortava alla giustizia nel confronti della legge del Signore, ad avere un comportamento onesto. Questa sua fermezza gli costerà cara, ma per la stessa godrà anche dell’approvazione e della stima dello stesso Gesù. Egli svolge la sua missione, fa la sua strada di precursore, cioè di colui che cammina davanti, di apripista, non mancando di strigliare i farisei, i benpensanti, i veri peccatori. In un certo senso, se non sapessimo che poi ha pagato con la vita, potremmo pensare che aiutava gli altri a correggersi, a lavarsi e purificarsi, stando sulla riva; un po’ come il maestro che dalla cattedra dà lezione e istruzione. Poteva anche farlo, considerata la sua statura morale e spirituale. Era la sua strada, la sua missione. Ma quella di Gesù va oltre.

In Gesù Dio scende fino a raggiungere l’uomo là dove i sentieri tortuosi della vita e i suoi peccati possono condurlo. Questa è la sua strada: non la cattedra, ma la condivisione di un lavoro, di un impegno, di una fatica, non per finta, o perché non potesse fare diversamente, ma per farci vedere come Dio è dalla nostra parte, dalla parte dei figli che sbagliano, e che chiedono di migliorare; che non riescono più a vivere da donne e uomini come Egli ci ha pensato e voluto, come figli suoi. La strada di Dio è la sua discesa tra noi peccatori. E su questa strada egli ci incontra e ci dona novità e salvezza. La meravigliosa condiscendenza di Dio, questo venir giù e immergersi nelle acque della nostra umanità, questa partecipazione di Dio in Gesù alla nostra condizione di peccatori svela il suo amore e diventa lezione per noi.

La prima immagine pubblica di Gesù non ce lo fa conoscere in fila con i santi, i grandi, i bravi, quasi a ricevere un attestato, come un titolo di laurea, che ne confermi la preparazione, l’autorevolezza, con cui poi svolgerà la sua missione e continuare la sua strada. La prima immagine è di uno che è solidale con i fratelli peccatori. Colui che è “senza peccato” condivide la nostra condizione e il nostro impegno. Un fatto del genere è in piena sintonia con il progetto del Padre, e questa comunione d intenti e di azione con Colui che l’ha inviato è confermata da un immagine misteriosa al di là di come si sia manifestata.

“Il cielo si aprì”, come a dire che se c’è un gesto che tocca il cuore di Dio e una nuova comunicazione di vita e di amore è possibile, questi è il mettersi dalla parte di chi vuole per sé e per gli altri un’esistenza di più giustizia e bontà. “Apriti cielo” non è l’esclamazione di chi teme qualcosa di irreparabile e tremendo, ma la benedizione che raggiunge chi interpreta davvero la bontà e la misericordiosa condiscendenza di Dio nella sua ricerca di comunione con l’uomo.

Quella discesa dello Spirito santo in forma corporea come una colomba, conferma che la strada di Dio è uno scendere all’altezza dell’uomo, e della sua povertà, per dare inizio ad un nuova creazione come dopo il diluvio, quando la colomba apparve di nuovo liberta dopo quella prova.

E infine la dichiarazione di una voce sempre misteriosa: “Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento”.  E’ la firma che Dio appone su Gesù, ma anche su ogni donna e uomo che ne seguiranno, loro peccatori,  la parola e l’esempio. Dove porta la strada di Gesù, questa immersione che ricordavano all’inizio? Ad immergere il mondo nello Spirito Santo e fuoco, nell’amore che, purificandole, fa nuove tutte le cose.





sabato 12 gennaio 2013

EDUCARE


(…portare!)


Davanti
Tu, Pastore,
dietro
io, apprendista
onorato servo
imparo l’amore,
discepolo rimango
a ripetere lezione,
a memoria fissare
né teoremi, né alchimie,
solo battiti ritmare.

Generati
da carne e sangue,
genitori cari,
o soffiati
dallo Spirito
nel ministero,
su sentieri e vie
maturano frutti,
crescono belli,
in dono accolto
e lasciato.

Portati
nella mente,
il lor pensiero,
progetto
d’ogni bene contiene,
s’arrovella,
inventa,
si studia
a suggerir insonne
il passo
che conviene.

Portati
nella mano,
la fatica
giovane inesperta
è sorretta,
sollevata,
risparmiata,
meglio incoraggiata
a rischiare passi
di coraggio,
e d’uomo saggio.

Portati
nel cuore,
ancor di più
è libertà
che matura,
è amore
che cura,
educazione dall’alto
scesa in terra,
opera divina
in carne umana.

Portato
sono anch’io,
così
fiducia,
pazienza,
stupore,
l’arte sapiente,
responsabile,
innamorata,
dell’educatore,
assunto e promosso

a padre/madre,
a creatore!








domenica 6 gennaio 2013

OMELIA

EPIFANIA – 06.01.2013

- Matteo 2, 1-12

Una carovana sulla strada, e il viaggio continua, quello della fede. Da Oriente  a Gerusalemme e poi fino al luogo dove si trovava il bambino, questi sapienti, o magi come vengono indicati, tracciano il percorso della fede, che non è possesso ma ricerca della verità Il loro andare diventa di riferimento per noi. Ci sono in esso tanti tratti che possono riguardare anche il nostro cammino, alla ricerca del “Re dei Giudei”, che sappiamo essere Gesù, il Salvatore, il Figlio di Dio fatto uomo, nato da Maria di Nazareth, Colui che costituisce il nocciolo della nostra fede. E tra i vari passaggi caratterizzano questo viaggio dei magi, lo incoraggiano, lo mettono alla prova, lo sorprendono, ci soffermiamo sulla “stella”. Possiamo perdere la bussola, come si suol dire, può anche capitare in qualche passaggio dell’esistenza di non vedere la stella, ma poi ritrovarla con grandissima gioia.

1 -  Ogni onesto cercatore di Dio – il cui bisogno radicale bene  ha confessato Sant’Agostino: “ci hai fatto per te, Signore, ed inquieto è in nostro cuore finché non riposa in te” – ha un luogo, un suo “oriente” dal quale si muove, sa cogliere la “stella” che lo invita a non indugiare. Questa “stella” può essere costituita dalle domande più vere e importanti che riconosciamo nel cuore, foss’ anche, all’inizio la semplice curiosità, il desiderio di scoprire che cosa c’è dietro e dentro le cose e questa esperienza misteriosa bellissima della vita. La fede non è imposta, ma passo libero, sollecitato da segnali che, nel linguaggio biblico, vengono dal cielo, ma sono anche sulla terra, nel cuore di ognuno, negli altri, nella parola che cogliamo, nei vicende della vita, della natura stessa e della storia. Questo primo passo, attirati dalla luce della “stella”, consiste nel pensare, pensar bene, con intelligenza, sempre più in profondità .

2 – A guidare il cammino di pellegrini, di cercatori, c’è una stella. Questo significa che il percorso si svolge anzitutto di notte: la via verso la fede non è inizialmente un itinerario luminoso. Occorre avanzare nell’oscurità, pellegrini verso la luce, di cui la stella è annuncio e promessa. E, come se non bastasse, la notte si fa davvero tenebra, disorientamento grande, timore di aver sbagliato strada, quando invece di trovare aiuto, siamo coinvolti in un clima di sospetto e falsa religiosità. Abbiamo anche disposizione la Parola di Dio, le Scritture sacre, ma non sappiamo leggerle, non vogliamo soprattutto seguirle, pensando che sì, promettono cose belle, ma chissà quando si avvereranno. Ne abbiamo una conoscenza accademica e non vitale.Quella “stella”, quel segnale che ci è dato, quell’invito che è stato fatto lungo il percorso della nostra esperienza, è come mortificato, spento dalla paura che ci prende, dallo schermo o confusione, che ci fanno altri. E’ un passaggio che ci può maturare o deprimere, richiede un cuore con coraggio e fiducia, per non abbandonare la ricerca.

3 – Il cammino della fede, che conosce momenti di sbandamento e di incertezza, sa ritrovare, sempre grazie alla benevolenza dei Dio che i cuori sinceri e non presuntuosi sanno accogliere, i segnali luminosi che non mancano e la gioia, la speranza che procurano. Così, in mezzo a tante cose motivo per abbandonare tutto, vogliamo tenere fisso lo sguardo e muoverci dietro esempi che invece ci danno incoraggiamento. Questi non sono”stelle” lassù in alto, nel cielo, intendendo che irraggiungibili, fuori della nostra portata; sono quelle “luci” di bontà, onestà, giustizia, pace, che accendiamo quaggiù, per vedere dove mettere i nostri passi, per farci chiaro reciprocamente. E’ determinante la gioia rimane nell’incontrare la meta della la nostra ricerca: il Cristo Signore.

A questo punto, dopo aver parlato tanto di strada in queste settimane e tempo, sento che va superata questa immagine della fede. Credere è sì fare una strada, un ricerca, ma ancora più l’incontro, l’esperienza  di trovare il bambino e sua madre. Imparando quello che avvenne in quella casa, una volta che vi furono entrati i magi, e quello che ne seguì quando uscirono, diventiamo anche “stelle” che possono accompagnare il cammino dei nostri fratelli.





L'AMOR MIO NON DORME

(...battiti del cuore!)

Più del sonno
è l’amore.
Necessità il primo
per non andare “fuori di testa”.
Ancor più il secondo
per non andar “fuori di cuore”,
impazzire nella testa.

L’amore è la “stella”
luminosa della notte,
pur rimane,
non è più oscurità.
Non la necessità,
qualunque sia,
ma l’amore è…
sveglio!

Ho lavorato fino tarda ora,
a notte fonda ero ancora al mio posto di fatica.
Per necessità?
No, per amore!
Non ascolto la pigrizia.

Ho vegliato accanto alla persona amata,
patendone la medesima sofferenza.
Per necessità?
No, per amore!
Non voglio l’indifferenza.

Sono stato in compagnia di amici
tutta la notte fino al mattino.
Per necessità?
No, per amore!
Non c’è posto per la triste solitudine.

Ho viaggiato tutta la notte,
volevo vedere l’alba.
Per necessità?
No, per amore!
Non cedo all’oscurità.

Il sonno non è riuscito
a prendermi sul mio letto.
Per necessità?
No, per amore!
Non scelgo l’irresponsabilità.

L’amore mio
rimane
sveglio…
a vedere la “stella”
che m’indica il cammino,
oltre la pigrizia,
l’indifferenza,
la solitudine,
l’oscurità,
l’irresponsabilità…
………..
Avevo bisogno di dare riposo
alle membra, al cuore, alla testa…
L’ho trovato nell’amore!
..............
Non ho vegliato
con Gesù stanotte.
Non c’era necessità?
Tanto sonno.
Forse, povertà d’amore?

Ma, no,
sono stato con i miei cari,
nel loro abbraccio,
nel loro sonno,
profondo, lì
la mia veglia,
la mia preghiera,
la mia “stella”…

Sono sempre SVEGLIO!
Io, l’Amore, non dormo!




LA STELLA

(…notte di preghiera!)

Stella alta, Amor mio,
sul cammino è grazia del buon Dio,
fa amabile la notte luminosa,
avvolge il sentire, dona vita ad ogni cosa.

Stella il Pane alla fame dato,
spezzato, ricevuto, mangiato, adorato
in bacio d’ intima confidenza,
risveglia all’amore l’esistenza.

Stella la sorella, il fratello in preghiera,
un saluto e un abbraccio d’amicizia sincera,
nel cuore della notte un ampio sorriso,
risveglia all’amore che sa di paradiso.

Stella il silenzio, la pace profonda,
in quest’ore mai fuori onda,
sono nell’animo stanco e nodoso
risveglio all’amore vero riposo.

Stella diventa il quotidiano cammino,
bell’annuncio umano e divino,
gioia grandissima per l’umanità,
è nato Chi è bellezza e sovrana pietà.








mercoledì 2 gennaio 2013

OMELIA


1 Gennaio 2013
- Luca 2,16-21

Giorno di augurio, alla ricerca di buoni auspici per il nuovo anno che oggi inizia. Riprende dove è finito con le preoccupazioni e le difficoltà che conosciamo, ma anche con la speranza di trovarvi soluzione, o comunque forza e saggezza per andare avanti. La giornata dedicata poi alla pace che desideriamo per tutto il mondo raccoglie e incoraggia ogni impegno perché ciò avvenga, e per noi credenti è sorretta dalla fiducia che troviamo nella preghiera, nell’accoglienza vera, sincera di Dio nella nostra vita, presenza che si è fatta visibile nella carne di Gesù. Questa nostra preghiera è pure incoraggiata da Maria, Madre di Dio che  ci porge Gesù e che nel suo cuore, racconta ancora il vangelo, custodisce tutte le cose che lo riguardano. E tra queste siamo anche noi, le nostre vicende, la nostra storia, speranze, difficoltà e progetti di cui è fatta.

Dall’incontro con Maria, Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia, come ci fa sapere il vangelo, i pastori se ne tornarono glorificando lodando Dio. E’ un particolare che illumina anche il nostro impegno di credenti a proposito della pace e della creazione di un mondo migliore, più umano e fraterno. Che significa glorificare e lodare Dio? Forse innalzare canti e preghiera, parole roboanti e vuote che non risolvono nulla, manifestazioni e celebrazioni esteriori?

La gloria di Dio è la vita dell’uomo, e tutto ciò che dice sua accoglienza, custodia, amorevole difesa e protezione, dedizione e servizio disinteressato, rispetto in ogni sua fase e condizione; è tutto ciò che la promuove, la famiglia, il matrimonio, il lavoro, sviluppo economico che non ha di mira l’individualismo e l’egoismo, ma il bene di tutti. Certo auspichiamo tutti un ordinamento di leggi giste che mettano le cose a posto, ma sono le piccole nostre azioni quotidiane di amore e di onestà, di coraggio e di giustizia, di rinuncia a sé per aiutare altri, che fanno crescere la vita, che danno gloria a Dio. e per quel che ci riguarda ci fanno diventare, come i pastori, da spettatori a credenti e, poi come discepoli di Gesù, credibili nell0annunciare il vangelo, la bella notizia che dio ci vuol bene ha in serbo per noi un mondo di pace e di vero benessere che è appunto nell’amore e nella comunione di tutti gli uomini.

Se noi mostriamo la gloria di Dio con la passione per la vita e per la pace, viene anche la lode per Iddio, cioè il riconoscimento da parte di coloro che ancora non lo conoscono o l’hanno conosciuto male come Padre buono, o l’hanno smarrito. Le parole di augurio che Mosè è incaricato di dire alla sua gente, come abbiamo sentito poco fa nella prima lettura, non possono rimanere a senso unico, cioè la sola benedizione di Dio sul suo popolo. Se noi concorriamo a realizzarla aprendoci a Lui che ci custodisce, ci fa grazia, ci mostra il suo volto, e questa triplice e unica benedizione ha un volto, prende carne e vita in Gesù, non mancherà che altri, e noi con loro, potranno lodare Dio, riconoscere con Gesù che siamo suoi figli, e possiamo gridargli con gioia, e confidenza: “Abba, Padre”.

Vivere “glorificando e lodando Dio”, è vivere nella sua volontà di bene, ed è pace con Lui, ma è anche pace interiore con se stessi, e pace esteriore con il prossimo e con tutto il creato. Comporta principalmente, una convivenza fondata sulla verità che è Gesù stesso, sulla libertà, sull’amore e sulla giustizia. Il male, infatti, si vince con un di più di bene, e la giustizia va ricercata imitando Dio Padre che ama tutti i suoi figli. Ci conceda concordia e pace perché possano compiersi per tutti le aspirazioni belle umane di una vita prospera e felice.



martedì 1 gennaio 2013

INCIPIT...
 

(… con propositi per il nuovo anno!)

Il grande silenzio è parola sovrana,
l’alba sorge e il mondo risana,
inizio di giorno vergine, di nuovo anno,
per gli uomini sia che amore ancora non sanno.

Conoscenza vera, di pace esperienza piena e bella
il cuore e la vita ricolma, non vuota favella,
promesse e propositi, spesso inganni
di potenti e grandi che fan solamente danni.

Piccoli, quotidiani, familiari attenzioni,
seminano e fanno crescere l’umanità, vere lezioni
di fede certa, ferma speranza generosa carità,
nel mondo dove carne di Dio è la bontà.

I passi avanti coraggiosi ispirati,
opre e scelte, decisioni, sapendo di essere amati,
di volere il bene di fratelli e ogni creatura,
il tempo m’è dato fecondo solco di premura.

Oramai s’è fatto chiaro il cielo mio,
sveglio il cuore, grazie lode al buon Dio,
il canto del gallo non più dice paura e tradimento,
ma stupore, gioia, giovanile innamoramento.

“Innamorato” è vita di fede che si dona
a Chi solleva, abbraccia, guarisce e perdona,
all’anno nuovo, passo bello per l’eternità,
sorrido, asciugo lacrime, accolgo e dono felicità.