domenica 24 giugno 2012

GIUNTA  E'  L'ORA !

(...in partenza per il campeggio!)


Giunta è l’ora, svegli e  svelti, si parte,
preparata ogni cosa con passione, con arte,
non dimentichiamo proprio niente,
sia il tempo bello e clemente.

Un cielo pieno di stelle c’attende,
una terra amata ai piedi si stende,
sguardi in alto, sorridenti, pieno il cuore
sostiene i passi, ritrovato ardore.

Siamo giovani e no, gli uni agli altri cari,
pronti a vivere doni preziosi, non più rari,
ora lo sappiamo, il Signore ci accompagna
e sale con noi, anzi è la santa montagna.

Stipate le auto e i furgoni, attrezzi alla bisogna,
la mente di idee e progetti che sempre sogna,
il cuore pure stipato di slanci ed entusiasmo,
qualche agitazione, d'ansia un piccolo spasmo.

Oh Dio, giorni e ragazzi come andranno?
Saremo noi capaci di non andare in affanno?
Meticolosamente tutto è stato predisposto,
che l’amore, o Signore, abbia il primo posto!

Grati di quello che fin qui abbiamo sempre goduto, 
fiducia che ogni imprevisto sarà ben vissuto,
coraggio, letizia, pure forze, siano abbondanti,
nessun intoppo poiché Tu sei con noi tra tanti.

La sapienza tua bella, sa, conosce, vede,
pronta, nulla manca, a ciò che conta provvede.
“Che sarà mai di questi uomini e donne del domani?”,
per loro ci mettiamo tutto, cuore, mente, pur le mani.

In ogni parola o gesto, sorriso o richiamo,
responsabile educazione, “perché ti amo”,
nel cuor custode stretto da pensieri e cose
si fa largo e commosso l’affetto per “tusi e tose”.

Ogni attimo sarà bene, di stupore e di lode,
consolazione per chi teme, e gioia per chi gode,
per tutti sera pasquale e nuovo mattino,
un dì risorto al Sole, stella del cammino.

Parole affiorano, incessante respiro,
pensieri corrono, continuo sospiro,
ora basta, in vista è la valle, giunta è l’ora,
s’apre il sentiero, chiama la vetta, il cuore adora.


OMELIA


Natività di S. Giovanni Battista .24.06.2012

-  Luca 1,57-66

* Oggi festa per la nascita di Giovanni il Battista. Avvenimento che prende anche la domenica , giorno del signore, perché a lui è legato questo bambino. Il vangelo che narra il lieto evento contiene una domanda che non riguarda soltanto quel figlio, ma ogni bambino che viene al mondo . “Cha sarà mai questo bambino?”.

E’ un interrogativo che appartiene all’amore capace di stupore, di accoglienza, di fiducia e responsabilità. Appartiene alle nostre preoccupazioni o desideri di bene , alla nostra preghiera per i piccoli che il Signore ci ha affidato. Ho potuto incontrarlo anche nelle preghiere che cuori pieni di amore ha lasciato scritto anche tra noi, su quelle pagine che sono apposte in fondo alla chiesa….

 * La nascita di Giovanni è il compimento di un progetto di Dio prima ancora che del legittimo desiderio di due genitori. “Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio”. Il bambino è dono di Dio, non il risultato di un calcolo, o uno sbaglio, o il prodotto di un’ alchimia di laboratorio. Ogni vita che fiorisce nel seno materno e viene alla luce di questa esistenza è segno dell’azione di Dio; è un pezzetto di Dio.
Davanti a questo evento di grazia, la nascita di ogni bambino, in tempi si fatti non sempre buoni, anzi, pieni di tante cattiverie e cose brutte che travolgo proprio i più piccoli, violenze, guerre, terrorismo,abusi…, porta la domanda con cui è accolto Giovanni. “Che sarà di questo bambino, di questo figlio che ci affidato?”. Il vangelo comincia da qui, dalla domanda che sorge nel cuore e dalla risposta che sapremo anche noi dare insieme a Dio.

I genitori sono aiutati in questa risposta perché sono chiamati a dare un nome al loro figlio che è molto di più che chiamarlo in una maniera o nell’altra. “Dare il nome” è riconoscere, è atto di ri-conoscenza, gratitudine, consapevolezza di essere davanti ad un essere, una creatura che ci è data; è conoscerla nuovamente dopo che Dio l’ha già conosciuta, amata, fin dall’eternità, e per lei ha in mente nel cuore una storia di cui nessun genitore è padrone. “Dare il nome al figlio” è affidarlo ad una vocazione che scoprirà crescendo, con la vicinanza di chi l’ama. Elisabetta, la madre, precede in questo Zaccaria, il padre; la donna dà il nome, perché lei prima ha dato la propria carne e sangue, perché lei è quella che conta meno agli occhi della società, e Dio ama segnare i suoi progetti partendo dai più piccoli.

Sorprende un po’ la condizione in cui si trova Zaccaria da qualche tempo, da quando ha avuto l’annuncio che un figlio ci sarebbe stato. In quell’incontro misterioso egli non aveva saputo corrispondere con fede ed ora era muto. E’ nel silenzio.
Non può e non riesce a dire niente, a volte non ha niente da dire chi non sa ascoltare, succede nelle nostre famiglie; tanto più quando non ascoltiamo la parola del Signore, e non ci fidiamo di Lui. Dio fa grazia al bambino che nasce, ma fa grazia anche ai genitori che lo accolgono. Sono resi capaci di dire parole che contano, il nome giusto,  perché vedono in lui il compiersi della profezia, parole della benedizione che tutti ci avvolge e che fa della nostra storia davvero una storia per cui non cessiamo di ringraziare Dio di essere venuti al mondo, e se siamo genitori di essere stati anche protagonisti di questo dono.






domenica 17 giugno 2012

VIAGGIANDO…
  
(…nelle Puglie, 21/24 maggio 2012)
  

Prologo…

Pane buono di grano duro poema pugliese,
impastato e sfornato senza tante pretese,
con la mente e il cuore scritto
da chi vi vuol bene e con il vostro aiuto
spera di rigar dritto. 

Partenza…

Sonno, terremoto, pioggia primaverile,
nulla ha frenato il gruppo ex giovanile,
da tempo immemore ormai in viaggio
 in questi giorni stupendi di maggio.

Mezzi addormentati, nel buio del mattino,
valige alla mano iniziamo il cammino
saliti sul pullman a prendere posto,
chi davanti è fragile, chi dietro è tosto.

Tour operator Rosalina/Beppino insieme
fanno bella accoglienza, nostra speme.
Si parte finalmente, poi una sosta e un caffè,
brioche, un sorriso, un bicchiere di buon the.
  
Alla Madonna del Lambro…

Alla Vergine delle cime tra gole e monti
portiamo la preghiera nostra senza tanti sconti.
Lì grazia è data  alla vita e alla muta la favella,
ma prodigio ancor più grande, raro, il silenzio, la fa bella.
  
Andria…

Ristorati e saziati di buon vitto
riprendiamo curve e strade sempre dritto,
e già al primo giorno nel riposo accogliente,
s’ode alto il grido “Azio, basta! Non tocar gnente!”
  
San Giovanni Rotondo…

Sospinge lo Spirito, inspira e manda,
energia eolica il suo soffio sul mondo si espanda
con cuore sacerdotale, con ferite di frate pio
ad annunciare misericordia e amore grande di Dio.

C’è chi attenta alla salute e al ministero,
con altri inciampo, cado, ma resto intero,
e così, a dispetto di chi mi vuol male,
mi guarisce un buon bicchiere e non l’ospedale.
  
Trani…

Cattedrale sul mare di pietra bianca,
a sognare l’orizzonte la mente non si stanca,
immenso, inteso, l’azzurro celeste,
emozione, nostalgia forte il cuore investe.

Andiamo quale e là, persino contromano,
interminabili chilometri maciniamo,
viuzze strette, rotonde, non sono certo il varo,
di un conducente paziente, calmo, esperto e assai caro.
  
Ancora Andria…
  
Mentre vanno questi giorni di vacanza
io ho bisogno pure di cambiare stanza,
ancora, grazie alla premura dell’organizzazione,
ritrovo la calma, via l’insonnia e la disperazione.
  
Matera…
  
Case antiche i sassi di Matera
attendono il gruppo una volta primavera
ora un po’usato e molto vario,
dell’umanità un bel campionario.
  
In pullman…

Con il quasi giovane e il finto anziano è ben assortito,
c’è il serio, il tranquillo, il saggio, il divertito,
e ancora il robusto, l’acciaccato, lo stagionato,
ma ogni cuore si mantiene fresco e innamorato.

C’è chi la conta, chi chiacchera, è confidente,
tiene viva la compagnia ed è presente,
aiuta, pronto, soccorre, obbedisce
ai richiami e ordini che Beppino impartisce.

Ma sì, è proprio un gruppo di amicizia  cara,
assemblare questi tipi  cosa difficile e rara,
onore all’organizzazione, non è finito questo giro
e la mente il cuore per il prossimo sono già in tiro.

Passeranno giorni e anni verranno,
su altre terre e lidi i nostri piedi poseranno,
 ma ovunque sarà in questo mondo il passaggio
indimenticabili restano i giorni nostri di maggio.

(Intermezzo personale…)

Il cuore mio fa contento la bella familiarità,
altro non è che un frammento della buona carità,
riconoscente, commosso per le cose viste e gustate,
a voi un abbraccio fraterno che pazienti lo amate.
  
Sempre Matera…

Rupestre, originale, poetico il paesaggio,
riprendiamo con fame il nostro viaggio
al casin del diavolo subito postati
da pane buone, piatti locali, veniam saziati.

Anche la tavola bella amicizia e fraternità,
 c’è chi mangia e beve a volontà,
c’è chi scherza, innocente, senza ritegno,
chi di tanta abbondanza incapace e poco degno.
  
Castel del Monte…

Andiamo avanti, a Castelmonte dimora solenne,
tra bellezza e magia, mistero ancor perenne,
storia di principi, re, cavalieri senza paura,
stanze trabocchetti, alcova dentro le sue mura.
  
Ritorno…

 Giunti al termine fini i soldi al terzo giorno
possiamo fare contenti bagagli e ritorno.
Tutto ciò che abbiamo vissuto, visto e udito,
conferma che l’essere venuti è stato il miglior partito.

In moto già è il mezzo per andare,
piacevole rimanere, più bello ritornare,
ogni volto e affetto a noi speciale,
chiama il cuore, il paese di Monteviale.

Lasciamo le Puglie, tacco dello stivale,
non si dica “ne abbiamo le tasche piene e… rotte le bale”,
per fare l’Italia bella, aperta, lunga e unita,
c’è chi ha offerto intrepido il petto e la vita.

Verso casa saliamo in tempismo perfetto,
con meraviglie di mare e lauto banchetto,
non è l’ultima cena che ci porta a morire,
ma l’antipasto di una gioia prossima a venire.
  
Saluto…

Così nel salutarci ormai di casa sulla soglia,
teniamo vivo il desiderio, la promessa, la voglia
di fare tanta strada insieme ancora
finché giungerà, a Dio piacendo, la nostra ultima ora.
  
Epilogo…

Il viaggio é concluso, al Signore sale l’orazione,
Maria  salutiamo con preghiera e devozione,
sull’andare quotidiano vegli con materno sorriso,
 e fine corsa faccia sì che un giorno sia paradiso.



OMELIA

11° Domenica B – 17/06/2012

- Ezechiele 17,22-24
- Marco         4,26-34

A fronte di difficoltà e crisi, a fronte di insuccessi e fallimenti su vari piani, cercando di raccattare al meglio la nostra esistenza, un parola più forte di tutto ci viene detta. E’ quel seme o quel granello di senape, di cui ci parla Gesù, minuscoli in se stessi, ma con una potenza di vita che niente, nessuno, nessun evento può arrestare. Così è una parola di grande conforto e fiducia quella che viene oggi seminata, di una grandezza che è inversamente proporzionale alle sue dimensioni.

Il regno di Dio, la sua novità, Dio stesso in me, in noi, è un seme, una presenza fedele, “dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce” nel terreno della mia, della nostra vita. E in questo terreno appare uno stelo, cioè Dio fa eretta, diritta, fiera nella propria dignità la mia storia; poi la spiga, e la mia vita diventa luogo di comunione dove altri trovano accoglienza; poi il chicco pieno nella spiga, pieno della capacità di amare, di sfamare questo mondo; e quando è maturo ecco la falce, che non sono le disgrazie che ti tolgono la vita, non è la fine, ma la valorizzazione di Dio in noi e della nostra stessa vita.

Questo il progresso del regno di Dio in noi, e quello a cui noi contribuiamo, genitori, educatori, donne, uomini di buona volontà. A volte ci prende l’ansia da prestazione e corriamo come dei matti, salvo poi svuotarci interiormente. Gesù, oggi, ci rassicura: Dio è già in noi, e se gettiamo il seme della sua parola in terra, penserà il seme a crescere progressivamente, poiché occorre ricordarci che è Dio che opera. Il seme cresce da sé. Gesù ci invita alla pazienza, a lasciar perdere l’ansia, l’apprensione di tenere tutto sotto controllo, il volere programmare. Se il seme è piantato, stai tranquillo, lascia fare al Signore.

Dio è un piccolo seme, e tutto quello che contiene qualcosa di lui, l’amore, il piccolo gesto di bontà. di giustizia, di pace, quasi inconsistente agli occhi nostri, apparentemente di nessun peso tra le mille cose che sono sul terreno, cioè nella nostra esistenza, fa grande l’umanità; così grande che tutti possono trovare ospitalità riparo, accoglienza alla sua ombra. Nella mia vita e intorno a me, da piccoli gesti di testimonianza, talora insignificanti, vengono frutti sorprendenti, abbondanti.

Tutto questo fa il Signore nella nostre case, famiglie, nella nostra comunità e nel mondo. Spesso ci troviamo allo sbando o nell’insuccesso che induce il profeta Ezechiele, uno dei deportati in esilio a Babilonia in un momento tragico del popolo d’Israele, a riportare la promessa di Dio. Dice Dio: “un ramoscello io prenderò dalla cima, dalle punte dei suoi rami lo coglierò…lo pianterò… metterà rami , farà frutti e diverrà magnifico…”.
Dio sceglie un ramoscello, un’ esile punta di umanità incapace di resistere alla violenza, alle intemperie della storia, e ne fa l’inizio di qualcosa di grande di magnifico.

Seme, granello di senapa, ramoscello, esile punta… quello che siamo o possiamo essere, nulla è così piccolo agli occhi e per il cuore di Dio da non diventare segno efficace, fecondo della sua presenza, del suo amore, della vita per noi.


IL VERO RE

(…nel suo compleanno!)

Inizia il giorno, cinguettano, cantano a vita nuova,
possibile che ancor si dorma e nessun si muova?
Suvvia, svegliatevi, che è ora, è già chiaro,
attende un bacio lui, il sole a noi assai caro.

Più che un nobile, più che un principe o re,
tesoro unico e prezioso pari non c’è,
ricercato compagno di giochi ed amico
non può che essere soltanto lui, Enrico.

Nome di grandi che in sequenza fanno storia,
di Gabriella mamma, di PierAndrea papà vanto e gloria,
di Elisa, sorella, bellezza e grazia danno protezione,
ombra d’affetto premuroso suscita tanta commozione.

Gli occhioni limpidi e furbi aperti a scrutare,
supplici chiedon lumi per conoscere ed amare
la vita, le cose belle, interessanti e profonde,
tutto quello che il cuore nostro sfugge o confonde.

 Ma lui no, lui è bambino, un piccolo speciale,
semplice che, dice Gesù, vede stupito l’essenziale,
e si domanda perché i grandi fanno caos e confusione
quando il mondo è bello e domanda compassione.

Enrico, vivace, intraprendente, persino sudato,
quanto corre, salta, ne combina, quant’è amato!
Ti smonta, ti vince, ti incoraggia con un sorriso,
irresistibile, sembra un angelo sfuggito al paradiso.

Ma no, mi ricordo, dopo Assisi con amore fatto...
Che centri qualcosa? Che sia stato dal ciel mandato?
A recare pace e bene in terre False, perfetta letizia
anche a chi del vivere non sempre mostra tanta perizia.

Augurio pieno di meraviglia è già sul suo volto,
regalo sì stupendo non sarà mai vano e tolto,
mostrato e donato piuttosto dagli amati genitori
ad ogni giorno che ritrova i suoi splendidi colori.

Enrico, non so qual numero nella storia ti si addice,
oggi “ottavo” vero re il mondo attorno fai felice,
per te non un regno, una corona, un trono,
cresci e rimani così un grande, unico, bel dono.






sabato 16 giugno 2012

CHIAMATE

(…alle catechiste! 14.06.12)

Tengo famiglia, casa, ufficio e lavoro,
non ho tempo, marito sì, purtroppo, i figli pure loro.

“Chi ama tutto questo più di me…”, mi dici,
Gesù caro intervieni tu e benedici!

Generosa, amministri il tempo con sapienza,
intelligente nessuno perde la pazienza,
ti moltiplichi e la dedizione non ha ore,
negli affetti cari non si lascia vincere il Signore

Inadeguata, non sono capace né preparata
a domande e problemi se vengo interrogata.

“Non sei tu a parlare”, paziente mi rassicuri,
sciogli pensieri, dubbi e cuore non più duri.

Studiosa diligente ti fai, umile ad imparare,
formazione è arte bella saggia dell’amare,
da Lui conosciuta, tu rispondi in profondità
a Chi per te è scienza unica e grande carità

Sono terribili, in mezzo a loro non riesco a stare,
e i genitori, pazienza, buona volontà fan scappare.

“Semina il buon grano, porterà frutto per grazia mia
ogni solco e terreno del vangelo sarà bella via.”

Maestra a me di pazienza provata e dolcezza
guardi con fiducia grande la nascosta bellezza
di ogni storia, cuore e volto anche a te affidato,
e cresce bene, come vuole Dio, perché amato.

A dire il vero, sono poco buona e niente santa,
la fiducia tua e la misericordia davvero tanta.

“Chi ha sete venga a me e beva” mi prometti,
“acqua viva sgorgherà dal suo seno”, tutti saranno eletti.

Che devo dire io, allora, il peccatore più di tutti?
Tante volte presuntuoso son caduto tra monti e flutti,
mi rincuora la fedeltà, la forza di Chi teme niente,
guarisce ogni cosa in me la misericordia onnipotente

Tanti motivi per dire “basta, è finita”,
irriverente la comunità, “sono indispettita”.
Chiamata dal Signore di me innamorato,
non sia mai che io rimpianga di averlo lasciato.

E’ la sposa mia la comunità che amo e abbraccio,
le riservo qualche lacrima, qualche ardito bacio,
non è perfetta, è l’unica, è Gesù, siete voi, tutti care,
mia corona, non di spine, di tesori e perle rare.

Così più dei nodi, paure e varie debolezze,
mi guida il cuore sincero e le Sue carezze,

son l’aiuto, le parole buone, il sorriso di chi mi è vicino,
voglio continuare  il servizio e il mio cammino.

Disponibilità, coraggio, fantasia, ti fanno sorella,
prima di tutto donna vera, sposa, madre, nonna bella,
ti vuol bene, guarda con compiacenza e vanto il Signore,
dopo i tuoi cari, per te c’è un piccolo posto anche nel mio cuore.

E’ gioiosa fatica dire di sì, è più abbondante benedizione,
“Signore, sei sicuro, hai fatto bene la tua valutazione?”.

“Ama il Padre mio, i fratelli tuoi, dai, segui me,
sappi ora e sempre: io conto su di te”!


venerdì 15 giugno 2012

BRICIOLE di VITA

(… gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua – Gv.19,34)

A FIANCO…

* Stava dall’altra parte del letto. Gli era fianco. Sono ormai più di sessant’anni che gli è a fianco, ma stamattina era una cosa totalmente nuova. Come lo è ogni giorno da qualche tempo, da quando la malattia progressivamente ha peggiorato le sue condizioni. Così la sposa gli rimane a fianco, gli tiene la mano, coglie ogni sospiro, intuisce ogni necessità, gioisce per ogni lieve impercettibile risposta, un batter di ciglia, uno sguardo muto ed eloquente più che mai, un sorriso abbozzato alla bocca che con tanta fatica si apre a qualche goccia d’acqua… A fianco, come quel giorno lontano, eppur sempre vicino, come tanti altri giorni, una lunga catena, un tempo che sembra interminabile e che eterno sarà… a fianco.  
Anch’io a fianco, da questa parte del letto, a dire l’unica parola che dà speranza, che offre conforto, che promette la vita; a fianco, a imporre le mani sul corpo che sembra sfilarsi sempre più, un po’ come il baco da seta che poi diventa una stupenda farfalla, ad invocare lo Spirito della vita, ad ungere le membra che tanto hanno amato, lavorato e che ora, inchiodate, sono curate con delicatezza e tanta dolcezza, soffrono e si consumano. No, si preparano, quando sarà il momento ad una nuova fioritura. 
A fianco…luogo di compagnia, di fedele amore, una postazione che viene da Dio!


**  A fianco di mamma e papà, oggi pomeriggio, davanti alla bara del giovane figliolo, unico, uomo fatto ora, disfatto dal male, ma soltanto esteriormente. Ragazzo caro con tanti un giorno, memoria del passato sempre presente, gruppi, attività, campeggio… A fianco un tempo, a fianco adesso, sempre. La bellezza d’amicizia, le esperienze più care, i momenti più veri,  rimangono a fianco, ti penetrano dentro, e sfociano in pienezza appena una ferita slabbra la carne, pretende di scardinare la storia, osa irridere tutto… A fianco ci si ritrova, viventi e coloro che muoiono, in una comunione che non finisce, si riscopre come non mai. Erano anni che non sapevo di Marco. Oggi una telefonata: “Vieni, Marco è morto. Alle 16 ci sono i funerali”. Come non correre a fianco di mamma e papà che si sono pure ricordati di me? Li ho abbracciati, in loro ho abbracciato Marco, e tanti altri ragazzi e famiglie al cui fianco sono stato e rimango… poiché voglio loro bene.
A fianco della mamma che tenendo tra le braccia il figlio morente sussurra la preghiera unica che la fa donna piena di vangelo: “Maria, questo figlio l’ho portato sulle mia braccia per tutti questi anni; ora lo affido a te, portalo tu alla pienezza della vita”. E a fianco il papà, impietrito e dolce pure lui. Non trattiene i singhiozzi nell’abbraccio, in cui oso dire: “grazie di questo dono”!



Tutto avviene vivendo a fianco…squarciato dalla malattia, dal venire meno dell’età o della salute. dalla malattia, dalla morte. Da questo fianco che ci doniamo reciprocamente, che ci offriamo, e che può apparire debolezza e sconfitta, sgorga invece “sangue e acqua”, quella pienezza d’amore che diventa conforto, speranza, comunione senza fine, vittoria su ogni solitudine, benedizione per la strada fatta insieme e per quella che faremo nell’eternità! Prestare il fianco non è esporsi alla cattiveria e al male, mettersi al fianco è abbracciare l’amore, sorreggere fino a…sfiancarsi, il massimo per dare la vita!





giovedì 14 giugno 2012

ANTICIPO d’ ESTATE

(…agli instancabili animatori!)

Azzurro non è il campo di gioco,
vero il cielo che si tinge di fuoco,
accende il mondo di tanti colori,
ognuno ritrova beltà e i propri amori.

Luminosa volta celeste sopra,
annuncia vita chi tanto s’adopra
a preparare giorni  e campeggio,
stupende scenografie, lassù, all’alpeggio.

Augurio che il sole sempre risplenda
in alto, nel cuore, sul volto, in ogni tenda,
illumina la ricerca di ragazzi e animatori
dalla stella bella promossi attori.

Verde la collina prosegue  e fa corona,
all’andare mio la natura elegante si dona,
tenue, intenso edera o di vino promessa,
arriva la stagione, sarà alta non dimessa.

Gialli dorati maturano campi di grano,
filari rigano diritti da geometra mano,
dal cuore d’artista sapiente tracciati,
dicon agli uomini : “è per voi, che siete amati!”

S’allarga lo sguardo, di più l’abbraccio ammirato,
memorie care, volti familiari rivedo grato.
Dono l’amicizia rimane in questo mondo,
musica che chiama danza, qualche salto e girotondo.

Anticipo d’estate, giorni arrivano, vengono avanti,
terra e cielo si baciano, si fanno amanti,
germogli il seme buono, fiorisca la gioia, nasca la luce,
ogni briciola di vita è gemma meravigliosa
di Colui che ci ama e ci conduce.


lunedì 11 giugno 2012

FORTE e DOLCE

(…un po’ di storia di musica e d’amore!)

Irriverenti, irrispettose,
strazianti le campane,
percuotono il sonno,
spazientano,
oggetto di lamento e denuncia,
suoni di bronzo
non più riposo!

Non si possono trattenere,
ingenui, candidi, insistenti
cinguettii ancora nuovi,
accarezzano,
soggetto di sveglia e meraviglia,
canti di libertà,
viene la vita!

Forte e dolce l’amore,
rompe la quiete riempie la vita,
fine dei sogni, ora verità,
tanti anni fa, adolescente,
rintronato il cuore gli occhi aperti
a battiti e sentimenti,
overture di musica piena,
di spartiti vari, composizioni improvvise,
sincere e fragili, minute e intense cotte
assaggio inesperto di maturità,
desiderio d’appagante soavità.

Tempo ormai è passato,
da quel giorno primo d’estate,
risveglio non di bronzi,
non sol argentii,  dorati balbettii
sinfonia non completa e continua,
pause, note piene e veloci,
lunghe, mezzi toni, silenzi,
dirige ancora il Maestro d’amore
il gran concerto della vita mia
ove musicali compagni affetti
sorreggono e portano a danza.

Rintocchi a scandire il giorno,
cinguetti ininterrotti a riempirlo,
qualche lamento ci può stare,
più bello è cantare, essere eco,
con modulazioni  dello Spirito,
amante forte e dolce, scandaloso
strumento misura d’amore,
la croce.





domenica 10 giugno 2012

IL POSTO

Il pane profuma d’amore,
persino crosta saporita,
lievito che gonfia il mondo,
il vino colorito di letizia
in riflessi dorato lucente.

Mensa pronta, abbondante di grazia,
attende ospiti amati ignari
di ogni ben di Dio provvidente
che degli uomini figli
fame conosce, sete patisce.

Alleanza, intima presenza cara,
offerta eterna di libertà,
ad ogni ferita e frattura risposta,
ferma carità, mite benevolenza,
in comunione che mai svanisce.

Vuoto il posto, non il cuore mio,
dei fratelli più cari l’assenza,
in passi, opere di bene, ad altre mense
e pane e vita a condividere generosi,
non sian dimentichi della verità.

Sacrificio, faccio sacro il mio sentire,
un pizzico d’umana amarezza,
quanto basta di evangelica dolcezza,
il Signore, maestro alla mensa, serve,
per tutti tiene fresco, fragrante il desco.

Il posto, il cuore vuoto dell’invitato,
Gesù va ad abitare con discrezione,
affetto e miracolo in continuazione.
Al mio lamento, “pochi oggi son venuti”,
risponde con amore e fedeltà.

Che io impari a stare a tavola indegno,
sempre pronto il posto a chi arriva, 
a chi non viene, non può e non vuole,
o cerca altrove diverso cibo e famiglia
prepari, Signore, il pane tuo, una meraviglia!

Nessuno rimane sprovvisto, affamato,
soccorri ognuno, lo attendi nella fatica,
chi cerca,  chi si perde smarrito,
chi s’inganna, chi si nutre infelice,
alla mensa della vita ecco lì
il Tuo posto!


OMELIA

Corpus Domini – 10.06.2012

- Esodo 24,3-8
- Ebrei 9,11-15
- Marco 14,12-26


L’Eucaristia che celebriamo ogni domenica e, oggi lo facciamo con particolare stupore e affetto, è il “corpo e il sangue” di Gesù, la sua presenza viva e vera nelle specie del pane e del vino.
Questo “corpo e sangue di Gesù”, dati a noi “cibo di vita eterna e bevanda di salvezza”, è dono di alleanza (secondo il linguaggio e l’immagine che incontriamo nelle pagine della Bibbia che abbiamo ascoltato).

Cos’è questa “alleanza” se non il colmare da parte di Dio la distanza che noi gli imponiamo ogni volta che rifiutiamo e ci chiudiamo al suo amore, e scegliamo appunto il peccato? Gesù è venuto a dirci che Dio è dalla nostra parte, a colmare l’abisso che ci separa da Lui , e che Lui non vuole perché ci ama follemente, con un abisso di bontà che si verifica mediante il dono di sé; è venuto a ri-generarci, a dare vita alla nuova umanità attraverso il proprio corpo e il proprio sangue come avviene in ogni nascita.

Per fare tale ri-creazione Dio in Gesù ha scelto il rituale degli uomini, si è adeguato alla loro modalità di stipulare alleanze, ha usato un linguaggio a loro comprensibile: quello del sacrificio, cioè, nel suo significato primordiale, immediato, era la distruzione di un animale il cui sangue, simbolo di vita, univa i contraenti il patto in un’unica sorte. Dio sceglie che il sangue che lo unisce ai uomini e gli uomini tra di loro, sia quello del Figlio suo, vale a dire la sua vita, ottenendo così, dice l’autore della lettera agli Ebrei, una “redenzione eterna”, un’alleanza, una comunione di vita che niente nessuno mai può più interrompere.

L’Eucaristia, corpo spezzato e sangue versato di Gesù, realizza, mantiene viva in chi se ne nutre, in chi ne mangia, questa alleanza. Ci comunica Dio stesso, per cui “non sono più io che vivo, ma Cristo Gesù vive in me”, vive di me, come io vivo di Lui e in Lui. Questo è quanto fa il sacrificio di Gesù che si rinnova nell’Eucaristia, e anch’io che ne mangio (“prendete mangiate”) sono chiamato a fare altrettanto della mia vita “un sacrificio gradito a Dio” secondo il nuovo significato che gli ha dato Gesù.

Sacrificio a Dio non è più mortificazione, rinuncia, distruzione, annientamento, umiliazione. Dio non lo vuole, lo ha ricordato lo stesso Gesù. Faccio “sacrificio” quando “rendo sacro” qualcosa , non perché mi costa; e io “faccio sacro” qualcosa quando lo faccio con amore, per amore. Il lavoro, lo studio, la famiglia, il modo di comportarsi, le varie scelte dell’ esistenza, le relazioni  che la costituiscono, situazioni o condizioni in cui io mi trovo, diventano “sacrificio gradito a Dio” se vivo ogni cosa con amore, per amore.

Questa possibilità, mi viene dall’Eucaristia, dal sacrificio di Gesù che ha pure “reso sacra” la morte stessa perché avvenuta con amore e per amore.  Prendendo e mangiando di lui, il suo corpo e sangue, la sua realtà anche la mia realtà, fatta di casa, di quotidianità, di straordinarietà, ogni frammento di essa, diventa sacrificio, diventa strumento, sacramento, luogo dell’alleanza, di vicinanza, di comunione con Dio. E con gli altri. E’ l’amore che fa sacrificio, fa sacro, ogni mio passo, gesto, parola.

“Prendete e mangiate”. Per prendere e mangiare così, con frutto, poiché si può prendere, afferrare e mangiare inutilmente ( “fa la comunione ma è peggio degli altri”), occorre prima mangiare con gli occhi, portare alla bocca per baciare, cioè “contemplare” e “adorare” l’ Eucaristia. Chi ha fatto l’esperienza di essersi innamorato sa che questa parte sempre dagli occhi, che con la bocca costituiscono i preliminari dell’amore.

Oggi quindi, nel celebrare l’eucaristia, nel prendere e mangiare il corpo di Gesù, ci sia spazio anche per contemplare e adorare tale dono, e di qui inizia il sacrificio della nostra vita,  e rendiamo grazie assumiamo il sacrificio di Gesù, l’alleanza, la vicinanza amorevole di Dio.




venerdì 8 giugno 2012

CONIUGARE… 

                                 (… con i sensi la vita!)


“Contemplare”,
lo sguardo ferito
fissa colpito
preso da ciò
che non comprende.

                                Occhi, varco del cuore,
                                a rimirar nella vita meraviglia,
                                con gratuito stupore

“Adorare”,
labbra tremanti
bocca d’amante
a ricevere il bacio
che mente non sa.

                               Labbra, terminali del cuore,
                               s’offrono nella vita pudiche,
                               in silenzio senza clamore.

“Prendere”,
mani aperte,
grembo accogliente
l’incarnato corpo e sangue,
impasto d’umano/divino.

                             Mani, protesi del cuore,
                             a raccogliere nella vita grate,
                             a servire carezze, lenire il dolore.

“Mangiare”,
fame di vita piena,
sete d’amore bello,
nutre il pane vivo vero,
porta me nel mistero.

                            Bocca, porta del cuore,
                            s’apre nella vita a masticar la Parola,
                            gustare e gioire senza timore.

“Vivere”,
il cuore dona cibo
al pellegrino in via,
verità e vita di figlio
ove l’unigenito Verbo è 
“Amare”!

                          Corpo, volto del cuore,
                          umanità bella di terra e cielo,
                          luogo santo, si fa Amore!