domenica 21 gennaio 2024

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

3° Domenica B – 21.01.2024

Giona, 3,1-5 - 1Cor 7,29-31 - Marco,1,14-20

 

Il tempo! E’ il nostro cruccio. Eppure è grazia da non perdere o disperdere. Perdere può essere inconsapevole. Disperdere, buttare, un nostra responsabilità. Nella Parola di Dio, dire tempo significa occasione, opportunità… E allora, oggi riflettiamo sul tempo. La nostra esistenza è fatta di tempo. La vita, invece, di eternità. Da come consideriamo e viviamo l’esistenza, verrà l’eternità, beata o infelice. Quindi il tempo è il luogo dove noi coltiviamo la vita, con la sua riuscita o, purtroppo, con il suo fallimento.

 

Dalla Parola di questa domenica, e in particolare da quanto narrato nella prima lettura, la vicenda di Giona mandato a Ninive, sappiamo che il Signore ci dà del tempo: “ancora quaranta giorni” per la città ribelle. A noi dà del tempo, quanto egli ritiene, per rispondergli, per rivolgerci a lui, per la nostra conversione da una condotta sbagliata. Dio pazienta e sollecita perché abbiamo a convertirci.

Quante occasioni, circostanze, inviti, il Signore ci fa nel corso della nostra storia, attraverso eventi lieti o tristi, persone familiari o sconosciute, affinché ci rendiamo conto dove stiamo andando a finire! Ma, attenzione!, noi non siamo solo destinatari  di questo avviso; come credenti, e ancor più discepoli di Gesù, anche portatori di questo messaggio. Dobbiamo, con umiltà, aiutarci ad aprire gli occhi, a cambiare passo, corresponsabili della storia di mondo chiamato a salvezza.

 

Nella seconda lettura, scrive Paolo, che il tempo si è fatto breve. Cioè non possiamo indugiare, rimandare, perdere l’occasione. Non per sfuggire a castighi e fine del mondo, come certi messaggi terroristici che circolano nei social, vorrebbero far passare. Non vogliamo perdere o disperdere tempo perché un bene grande ci è dato, una vita stupenda è già in mezzo a noi, in questa esistenza. Ed è Gesù, il suo Spirito in noi e tra di noi. Questa presenza vogliamo aiutarci a condividere perché la storia va verso un fine bellissimo di fraternità e gloria vera, il paradiso, e non verso la fine di tutto.

 

Come rispondere al tempo che ci è dato, alle occasioni offerte? Come approfittare del tempo che, breve, è diventato maturo, pronto, compiuto, dice Gesù, cioè pieno di grazia e benevolenza riversate nella nostra esistenza. La risposta a questo tempo di grazia non che essere una : subito! Subito i pescatori, queste due coppie di fratelli, lasciano le reti; chi sta facendo il consuntivo tirandole a riva e riparandole, chi si sta preparando per ritornare in mare. Qualunque sia  il momento in cui ci viene rivolta la chiamata, l’opportunità, l’occasione : subito si risponde! Non un minuto di più, né uno di meno. L’attimo presente! Non c’è tempo da perdere; esistenza da trascurare. Altrimenti rimaniamo intrappolati nelle reti che imprigionano la nostra esistenza; saranno anche cose buone, però sempre prigionieri è la nostra condizione: lavoro, casa, corse, cose…pensieri ossessivi, sfiduciati, rassegnati… Siamo invitati ad alzarci, proprio come Giona, anche se questi ci ha messo un po’. Meglio come Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni: subito, allora! E’ la risposta al tempo, alla grazia venuta tra noi e che ci visita e chiama in ogni momento. E’ il primo passo per diventare discepoli di Gesù, per passare dall’esistenza alla vita del Regno suo.

domenica 14 gennaio 2024

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

2° Domenica B –14.01.2024

1Samuele 3,3-10  -  Giovanni 1,35-42

Quattro passi sulla via della fede. Quattro passi per aprirci al dono di Dio, il Suo Figlio, il “salvatore”, come annunciato a Natale. Questi quattro passi consistono, il primo, usando come esempio il piccolo Samuele, di cui ci parla oggi la prima lettura, nel non lasciar andare a vuoto nessuna delle parole del Signore. Cioè non dormire, ma ascoltare le parole del Signore A cominciare da quelle che non comprendiamo appieno, come probabilmente sarà stato per i discepoli di Giovanni che sentono indicare Gesù così: “Ecco l’agnello di Dio”.

Quante volte anche noi, davanti ad una parola del vangelo diciamo, “questa la so già” oppure “questa proprio non la capisco”, e la lasciamo perdere. Ciò che conta nella vita spirituale, è ascoltare, primo comandamento, e muoversi, inquieti o curiosi.

Il secondo passo, conseguenza dell’ascolto, è il cercare. Nel Vangelo di Giovanni la prima parola di Gesù è una domanda: Che cercate? A volte non sappiamo neanche cosa stiamo cercando, e ci stanchiamo o si perdiamo in futili, vane risposte al nostro desiderio di vita, di bene, di amore; poiché è questo che in fondo cerchiamo. La Parola di Dio oggi ci invita a metterci davanti a questo interrogativo: cosa sto cercando oggi nella mia vita?

Terzo passo. I due primi discepoli non cercavano casa, anche se chiedono a Gesù: “Dove abiti?”. “Venite e vedrete. …e quel giorno rimasero con lui”. Stanno cercando una familiarità: E, sappiamo bene, non sarà solo per quel giorno. La bella, sincera, familiarità, la frequentazione che favorisce conoscenza, stima reciproca, fino ad arrivare all’amicizia, porta alla fede, a dire “sì, io credo in te. Con te sto bene. Tu sei importante per me. Senza di te, nulla posso. Ti seguo ovunque”. Cercare, dunque, ma non dimentichiamo che è Gesù che si fa trovare all’ora e nel luogo dove egli vuole; Egli ci apre e ci offre ospitalità!

Muoversi, cercare, accettare l’invito, e, quarto passo, annunciare. Di più, andare in cerca di coloro ai quali vogliamo dare notizia del nostro incontro con il Signore, della nostra fede che inizia o che continua, nostra forza ed entusiasmo nella vita. Andrea va a cercare suo fratello per farlo partecipe di questo incontro. E’ vero che se noi andiamo dai nostri familiari, ci possiamo sentir dire che siamo i soliti maniaci, o fanatici, che abbiamo sempre in mente di andare in chiesa, di pregare, e cose del genere. Vogliamo semplicemente metterli al corrente che siamo contenti di Gesù, e che ci piacerebbe che tale gioia fosse anche per loro. Come Andrea conduce il fratello Simone a Gesù. A noi forse non ci riesce. Pazienza! Ci penserà Gesù stesso se noi vivremo nella bellezza e nella bontà, nella gioia,  di un’autentica vita cristiana. Questa è l’ opera di annuncio del Vangelo: Abbiamo incontrato il Messia!

 

 

 

giovedì 4 gennaio 2024

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Lunedì 1 Gennaio 2024

Numeri 6,22-27   -   Galati 4,4-7   -   Luca 2,16-21

Ci raggiunge oggi l’augurio di un nuovo anno  con il tradizionale saluto di “buon anno”. Può bastare, è sufficiente, perché la serenità e la pace del Natale portate dal Bambino nato per noi a Betlemme, Gesù, il Salvatore, non si dissolvano rapidamente come neve al sole? Abbiamo magari salutato l’arrivo del 2024 con riti scaramantici ad allontanare ogni sfortuna o mala sorte.  Non, assolutamente. Botti, stappi, brindisi, scongiuri, non servono ad assicurare e fornire un anno buono. Perché come lo intendiamo noi, senza malanni, guai, prove e fatiche, qualche delusione, timori e sofferenze, lacrime, non esiste; non può esistere. Come non deve, però, esistere un anno privo di speranze, di desideri belli, attese, di progetti , di impegno e di germogli di bene e di gioia.

Se non è possibile assicurarci un anno buono senza guai, ci è dato invece un anno benedetto! Raccogliamo il saluto che viene dalla Parola del Signore oggi a noi rivolta. Nella prima lettura ci è ricordata la benedizione di Dio e nelle seconda lettura ci viene confermata con l’annuncio che a tempo debito, “nella pienezza dei tempi” è venuta attraverso una donna, Maria.  Nel Vangelo, incontro dei pastori con il Bambino e sua Madre, ci viene mostrata, anzi, donata. Come possiamo considerare, con parole nostre la benedizione del Signore? Come dicevo non è assenza di prove, risparmio di dolori di ogni genere, neppure bontà garantita da parte nostra, sempre inclini a voltagli le spalle e ad allontanarlo da noi, lasciarlo fuori dalle nostre scelte e decisioni. Allora cos’è questa benedizione che dice, non solo, ma anche dà la bontà del tempo, dell’anno, della nostra esistenza?

E’ la vicinanza a noi dell’Amore che l’ha portato a venire in questo mondo, ad assumere la nostra umanità, a non lasciarci soli; è il suo sguardo benevolo e partecipe alla nostra esistenza; è la sua Parola che con profondo rispetto della nostra libertà ci offre luce per orientarci e deciderci per il meglio sui sentieri delle nostra storia; è il suo sorriso di misericordia davanti alla cocciutaggine, anche orgoglio, presunzione quando vogliamo fare da noi stessi; è un dolce e pure forte richiamo quando perseveriamo nel compiere ciò che non è secondo la sua volontà di bene per noi; è una mano tesa  per fare una passo che ci è difficile, per rialzarci e portare magari conseguenze degli errori commessi; è una carezza quando siamo sordi ad ogni parola, ciechi ad ogni soccorso, ma bisognosi di perdono e di guarigione; è un bacio delicato che ci cattura e ci dà libertà dalla pena di vivere.

La benedizione di Dio reca l’annuncio che in ogni nostra condizione, in ogni nostro passo di questa esistenza, Egli dice che ci vuole bene. Anche quando non approva quello che facciamo e dice: “Figlio mio, figlia mia, così non va bene; così è sbagliato; così ti fai del male e fai del male ad altri, alla tua via di felicità, che va oltre il tempo, oltre questo anno, oltre tutti gli anni che ti saranno dati.” Questa è benedizione, in ogni condizione. Benedire non significa necessariamente “dire bene” di colui o colei, a cui ci si rivolge, e che magari chiede la benedizione. Ma manifestare, “dire che Dio gli o le vuol bene”.  Dio non ritrae mai il Suo volto. E noi non vogliamo distogliere il nostro dal Suo. Allora, come ci augura la prima lettura, abbiamo grazia e pace. E’ molto di più di un’ augurio. La benedizione di Dio è certezza nella nostra vita, e il Suo volto è in Gesù, quel Bambino che i pastori andarono a vedere e trovarono con Maria e Giuseppe adagiato nella mangiatoia.

Benedetti da Dio in Gesù, anche noi possiamo e vogliamo essere benedizione gli uni per gli altri, riflettendo quello che abbiamo ricevuto. A Dio che benedice, anche noi rispondiamo benedicendo. La benedizione riversata sugli altri come gesto di grazia, protezione e bontà, possiede una forza speciale, che accompagna chi la riceve, e dispone il cuore dell’uomo a lasciarsi cambiare dall’amore di Dio. Smettiamo di maledire con parole e azioni cattive che recano sofferenza e incentivano la cattiveria. Impariamo a benedire con generosità, con misericordia, tutti, con gratitudine e fiducia ogni momento ed evento della nostra giornata. Grazia e pace, sono certezza, già ci sono date!