domenica 25 novembre 2012

GRATUITA' e GRATITUDINE

 (…condivisione di pensieri e doni
nella Festa del Ringraziamento)

Bisogni molti tante necessità,
provvidenza è bella gratuità,
solleva, ristora, dona pace
al cuore incerto che non sempre tace.

Benedizione sale, grazie s’innalza,
la vita di speranze belle incalza,
chiama ogni dì a faticosa serenità,
attende fiduciosa nuova carità.

La terra feconda perché ferita
da solchi profondi, custodi della vita
sepolta nel seme piccolo che muore,
germoglia, fiorisce, fruttifica con grande amore.

Crisi dolorosa l’umano lavoro tormenta,
incertezza, timore, angoscia lamenta
il povero, solo, familiare straniero rimandato
ad altri usci per essere sfamato.

Pietà di noi ancora così benedetti,
ora nella generosità per timore ristretti,
accresca il buon Dio la fede nostra,
l’amore suo testimonianza e mostra.

Terra buona per grazia santa
la comunità vive, serve, canta
il vangelo dell’universale fraternità,
offre a tutti uno squarcio di verità.

E’ questa la bontà regale del mio Signore
ch’io voglio amare senza soluzione d’ore,
nel fratello mai ignoto che rimane caro
anche nel dire chiuso, duro e amaro.

Gratitudine è onore per me offrire
ai tanti che m’insegnan vivere e servire,
in tempo anche di malcelata apprensione
son coraggio alla pastorale missione.

Sorprende ancora la misericordia divina,
acqua viva che si dona a chi cammina,
esausto e deluso sulla via dell’amore,
a risanare la sete del corpo e del cuore.

Tesoro unico tra tanti doni la conversione,
trasfigura in bella luminosa passione
il desiderio profondo di casti abbracci,
Dio vuole attrarre con carezze e baci.

Nel dire grazie per necessità e bisogni
restan vivi speranza, forza e sogni,
in ogni cosa impariamo fede, gioia salda,
la Comunità è viva, d’amore rimane…calda!.


OMELIA 
34° Domenica B –25.11.2012


- Giovanni 18,33-37

Regalità o verità? Si contrappongono o possono andare d’accordo? E’ possibile essere regali ed essere veri? Se la regalità che ci affascina, ci attrae non è dello stampo di questo mondo, ma è quella che Gesù ha mostrato e insegnato, dove i grandi non sono quelli che dominano ma quelli che servono allora siamo dalla verità.
Notate bene: non abbiamo la verità, ma apparteniamo alla verità che è una: l’amore di Dio riversato nel cuore e nella nostra esistenza. Quando pensiamo di avere la verità in tasca, facciamo guerra; ma quando siamo della verità o dalla parte della verità, mettiamo il nostro amore a servizio di tutti.
La verità per Gesù non è una dottrina che si possiede, ma l’atteggiamento che caratterizza la vita del credente che si pone in sintonia con l’amore del Padre e si traduce in opere che comunicano vita agli uomini. Quindi per Gesù non si ha la verità, ma si fa la verità, si è nella verità, si cammina nella verità.

Gesù dice “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”, non afferma “Chi ascolta la mia voce è dalla verità”. No, per ascoltare la voce di Gesù occorre una premessa, aver orientato la propria vita per il bene degli altri.

Se questa verità ci abita, abita tutte le nostre manifestazioni anche le più semplici, quotidiane, noi siamo dei re, siamo regali, siamo dei veri figli di Dio, somiglianti in tutto al Padre, come Gesù re dell’universo e Signore della storia, che la preghiera della chiesa oggi celebra.

La domanda che Pilato fa a Gesù ci consente di assaporare un po’ questa verità, di assumere vera regalità.
La domanda va fatta a Gesù, non a caso. Le risposte degli uomini, possono essere ambigue o addirittura fuorvianti, a volte menzognere."Dunque tu sei re?"
E la risposta: "Il mio regno non è di questo mondo, non è di qui"
Ma allora perché preghiamo: "Venga il tuo regno, Signore"? Ma se è del cielo? Se non è di qui?
E Gesù lo spiega: non è di questo mondo, non è di qui, non perché non si interessa della terra, del mondo, ma perché è un regno che ha un'altra logica, tutt'altra, lontanissima anni luce, dalla logica dei regni terreni.
La logica dei regni terreni è combattere, perché un re non sia consegnato in mano ai nemici. "I miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei", se il mio regno fosse sul modello dei vostri. "Ma il mio regno non è di qui".
Dove si combatte, dove si fa violenza, ovunque: in campo aperto, al lavoro, a scuola, nello sport, nei mass media, per strada, in piazza, in casa… nella stessa comunità cristiana dove il criterio è essere vincenti, essere davanti e più bravi degli altri, dove si cerca di tirare l’altro dalla nostra parte dell'altro, dove si fa strada la voracità del potere, del denaro, dell' "io"..., Gesù dice: non è di qui, non passa di qui il mio regno.

Non è “di” questo mondo qui.ma non può non essere “in” questo mondo qui!

Precisamente anche sulla croce, tra due malfattori, dirà e mostrerà poco dopo questa comparizione davanti al tribunale burla di Pilato. E dunque là dove le braccia sono spalancate, là dove ci si consegna agli altri e alle loro necessità, al loro bene, là dove ci si batte per la libertà dell'altro, dove si è contenti del bene che viene fatto anche da altri,  dove c’è  il rispetto per l’immagine di Dio nel prossimo, della sua impronta nel creato, là si può dire: passa di qui il regno di Dio.

Una volta si cantava: "Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat". Ma dove? Ora non basta più.
Bisogna essere più onesti con se stessi. Dentro di me per primo, dentro di noi, nella chiesa stessa ci possono essere territori sui quali non possiamo mettere l'iscrizione " regno di Dio". Non possiamo metterla là dove si insegue il potere, l'immagine, l'interesse…
Mettiamola, senza paura, là dove ci sono le braccia allargate per accogliere e servire, dove c’è il perdono, dove si dà vita, tempo e forze perché cresca questa umanità; dove si vivono con fedeltà gli affetti più cari, dove ci apre con coraggio a passi anche nuovi perché l’amore è capace di destabilizzare, mentre l’ordine, il si è sempre fatto così, può mantenere in una fissità  mortale. 
Come vorrei che nella nostra comunità, nelle nostre famiglie, sulla porta di casa potessimo mettere l'iscrizione " qui è il regno di Dio". Qui è la via di un nuova umanità. Vi prometto: subito mi metterò scalzo ed entrerò con cuore umile e grato.


domenica 18 novembre 2012

OMELIA


33°  Domenica  B - 18.11.2012

- Daniele 12,1-3

- Marco 13,24-32


Ci sono tre eventi che danno speranza, sono motivo di gioia nella vita: una fioritura che prelude ad un abbondante raccolto di frutti; aver vicino chi ti ama e ti accoglie con un abbraccio; la festa, che con fedeltà a promesse fatte, è preparata per te. Cosa centrano questi con la Parola, misteriosa, tremenda, dal linguaggio oscuro, del vangelo di questa domenica?

Le immagini catastrofiche di quanto succederà in cielo e sulla terra, non segnano la fine di tutto ma una nuova fioritura di vita. A questa siamo destinati. Con un linguaggio proprio della profezia relativa a quelli che sono chiamati gli ultimi tempi, Gesù dice che sole, luna, stelle, saranno oscurati, non daranno più luce,e le stelle cadranno. E’ una parola piena di speranza! Di grande incoraggiamento per la comunità cristiana, non solo, per tutta l’umanità. Nel linguaggio profetico, sole e luna sono le divinità pagane, le stelle e le potenze del cielo, sono tutti coloro che detengono un potere basato su queste divinità. Uno dopo l’altro cadranno. E’ un annunzio bellissimo, quello che Gesù sta dando. E’ l’annunzio della caduta di tutti quei poteri che si oppongono alla venuta del regno di Dio, alla realizzazione del vangelo. Tutte le cattiverie, le prepotenze, l’ingiustizia, la falsità, l’oppressione, tutti quei tributi che paghiamo alle divinità del potere, del denaro, del successo, dell’orgoglio, della sopraffazione, cesseranno. Nella crisi, nella fine, per rimanere nell’immagini suggerite, è la vittoria dell’umano sull’inumano. Come non pensare alle situazioni di particolare gravità e sofferenza che vediamo, conosciamo, o patiamo!

“Quando vedrete accadere questa cose,sappiate che egli è vicino”. Non solo Dio c’è, ma il Suo Regno, la sua novità è vicina. Anche la morte, che tra tutte le catastrofi ci appare come quella più dolorosa e decisiva, non è il definitivo allontanamento da Dio, dai nostri cari, da quanto abbiamo amato e amato, da ciò che più ci è caro, il dissolversi di ogni desiderio di bene, di vita, di amore. E’ la soglia che ci introduce, ci getta nell’abbraccio di Dio a cui non basta, pensate, nemmeno l’eternità per amarci. Ma è il massimo, l’infinito per Lui e per noi.  E’ davvero una pagina di grande consolazione. La vicinanza di Dio diventa così la nostra forza, una vicinanza che si manifesta con una nuova fioritura di umanità che vince su ogni menzogna e violenza.

Ciò che temiamo e che ci condiziona terribilmente è la paura del giudizio degli altri. Anche se diciamo che non ci interessa, ci dà, come minino, enormemente fastidio. E questo può succedere anche nei confronti di Dio, se ci diciamo credenti, tanto più se educati ad aver paura di Lui. Questa fioritura di umanità, questa vicinanza, sono invece portatrici di libertà, di serenità, di pace, appunto, di festa. La sua Parola ultima, o la prima dell’eternità, non è un giudizio di condanna. Gesù è Parola di Dio che ama e vuole il bene, la vita, le festa dei suoi figli, e questa Parola, con tutto quello che ha rivelato, non passerà, non si rivelerà inutile, falsa. Si compirà pienamente. Non sappiamo quando ma sarà così. E’ vangelo che dà sicurezza
Quale il compito nostro in tutto questo progetto che viene offerto dall’amore di Dio? La prima lettura, con un linguaggio profetico ancora una volta caratteristico a parlare delle cose ultime della storia, ci ricorda la nostra responsabilità, vale a dire la nostra risposta che può essere di apertura o di chiusura. Soltanto coloro che avranno indotto molti alla giustizia, cioè avranno condotto la loro esistenza accogliendo, collaborando in questo progetto di Dio, risplenderanno come le stelle per sempre. Avranno pienezza di vita, una fioritura nuova, godranno di un abbraccio e di una festa senza fine.

giovedì 15 novembre 2012

LAMPI


(… dopo l’incontro con Anna Grazia, ragazza speciale, e i suoi genitori!)

Lampi del Regno 
a liberare vita,
lampi di luce 
a squarciare tenebre.
Anna è grazia,
più che attenzione 
il gesto affascina,
tratti dell’anima.
Abbraccio caloroso,
Parola fatta carne
di lacrime sangue amore,
celebra il grazie,
offre benedizione,
in missione.
Non ai margini,
nel cuore il suo posto,
a testimoni sorpresi, 
persino delicati,silenziosi, 
dà fuoco vivo,
brace ardenti,
scintille guizzanti
sulla nostra cenere.
Solare e ferma,
luminosa e combattiva presenza,
convinto e forte,
tenace e paziente sostegno,
materno paterno Spirito,
dolce cromosoma,
amore in più, 
offrono al mondo,
“il Regno di Dio in mezzo a noi”.

 …………..

 Altre scintille s’aggiungono,
fuoco a fuoco incendia il cuore,
attorno ad un focolare di bontà
anche noi accesi da mai spenta carità.

Parole sante, inviti coraggiosi,
in storia interventi umili prodigiosi,
strade tutte sue batte il Signore,
e sui nostri passi il suo amore.





mercoledì 14 novembre 2012

13


(… vera vincita!)

Limpida aurora s’alza,
luce e vita che incalza,
tratto gentile, delicata,
ferma, dolce, più che amata.

Vivaci irrequieti compagni,
non una parola, mai che si lagni,
sorride allo sguardo, mostra saggezza,
corona stupenda di tanta bellezza.

Forte tenace l’impegno,
silenzio pensoso fa degno
il viver  di sogni progetti di bontà,
crescono, maturano precoci in età.

Atteso lo Spirito che previene,
inabitata, scorre nelle sue vene,
verrà abbondante a confermare
l’opra sì cara da ammirare.

Occhi e sorriso, persino la chioma,
di gioia, grazia e d’ amore mai doma,
da tutti, belli, brutti, giovani e maturi,
siano dono gradito affettuosi auguri!

Più che schedina fortunata al toto,
tredici è la vita, compleanno in moto,
all’avvenire incontro sulla buona via,
donna già ora tutti felici fa, felice sia!






lunedì 12 novembre 2012

OMELIA


32° Domenica B – 11.11.12

- 1Re 17,10-16
- Marco, 12,38-44

Prima di chiudere la propria vicenda terrena, Gesù ci lascia alcuni fotogrammi di vangelo particolarmente significativi. E’ il caso di dire che “impressiona” la nostra vita mettendoci in guardia dagli scribi a cui piace farsi vedere, avere i primi posti, essere onorati, approfittare degli altri, dei più poveri; e segnalando invece con ammirazione una donna, vedova povera, che, probabilmente senza dare nell’ occhio, depone il suo obolo, la su offerta nel tesoro del tempio. Solo Gesù si accorge perché egli guarda “come” e non quanto la gente dà e fa. L’amore si misura nella qualità del dare, cioè nel cuore, in questo caso anche nell’umiltà a fronte dell’esibizione degli scribi, più che nella quantità che è possibile ai ricchi, ai benestanti.

La prima bella notizia che accolgo da questo episodio sta proprio nello sguardo di Gesù a cui non sfugge quel poco che io sono in grado di dare e di fare, sa ammirare, apprezzare e si compiace, di come io agisco ogni giorno nel mio piccolo. L’amore fa grande le cose piccole. Chi le compie ma anche chi ne è testimone, chi sa vederle e benedirle.
“Amerai il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima con tutta la mente, con tutte le forze…”, l’avevamo sentito otto giorni fa. Oggi ritorna questo aggettivo, che chiamerei “sostantivo” perché parola che dà sostanza alla vita intera. “Vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. Tutto è parola non di quantità, ma di qualità. Per Gesù non c’è il poco, ma il tanto amore. Il suo sguardo promuove e benedice il nostro poco!

La seconda bella notizia, così la leggo anche se sono parole pungenti,  è pure la messa in guardia non da peccatori, miscredenti, o fuorilegge, ma dai rappresentanti e detentori della dottrina, e dall’ostentazione con cui può capitare anche a noi di agire come gli scribi che tra altro si arrogavano il diritto di giudicare gli altri perché loro la legge la sapevano lunga e bene. “State attenti!”
E’ buona notizia perché ci avverte che ciò non è gradito a Dio, e quindi fa parte di quell’educazione a cui anche nella Chiesa c’è bisogno. Permangono, purtroppo, ancora tra noi usi e costumi persino ecclesiastici che ripetono lo stile degli scribi (vesti, saluti, onori, vantaggi, apparenza…) e che stridono paurosamente con questa figura del vangelo, figura di donna su cui Gesù porta il nostro sguardo sedotto purtroppo da altri, mondani, criteri. “Fra voi non è così”, aveva detto Gesù qualche passo addietro.

La terza bella notizia è questa donna che insegna la segretezza del vangelo, il nascondimento della carità, la totalità del dono. E a proposito della fede, visto che siamo in questo cammino, il maestro Gesù ci affida a questa nuova maestra, il cui gesto estremo dice la fede estrema in Dio. Se dai del superfluo, come fanno tanti, anzi tutti, dice Gesù, puoi confidare ancora su ciò che ti rimane, è un bene sicuro, un bene a cui puoi attingere risorse per la vita. Ma se hai dato tutto? L’unico su cui puoi confidare è il tuo Dio.

Compagna fedele della vedova povera del vangelo è l’altra vedova, quella della prima lettura che in più conosce l’angoscia di dar da mangiare al figlio. Non è che la fede sia l’atteggiamento di chi è agli estremi, quasi una rassegnazione a cui non si può sfuggire. Nel gesto delle due donne, una nel tempio e l’altra per soccorrere l’uomo di Dio, il profeta, è la consegna della propria vita, di quel poco che ancora c’è. Come si fa ad avere fede? Dove risiede la nostra fiducia?  Nella promessa di Dio: “La farina nella giara non si esaurirà, e l’orcio dell’olio non si svuoterà…”; promessa di un amore che non ci abbandona e a cui non sfugge nulla della nostra povera esistenza, promessa che si è realizzata in Gesù.





mercoledì 7 novembre 2012

TRAMONTO

(...preludio... al giorno!)


Azzurro alto,
verde dorato m’affianca,
negli occhi il sole giallo penetra
nell’anima nei passi,
il giorno va,
il vespro viene,
l’amore rimane.

Tramonto non fine,
sosta di pace, sollievo,
misura doni e fatiche,
semina riposta di bene,
ognuno a casa va,
al cuore viene,
l’amore rimane.

Profonda  la sera buona,
abbraccio e desco che nutre,
ascolto silente di vita,
spenti i rumori, vivi i pensieri,
il tempo dato va,
l’ora tarda viene,
l’amore rimane.

Sarà notte sarà giorno, nuovo,
riposa, germina, fiorisce
la vita inarrestabile sorpresa,
progetto di cuore innamorato
ove la fede conduce e va,
la speranza viene,
l’amore rimane.




martedì 6 novembre 2012

LUCE


(…dopo l’incontro biblico di stasera – 05.11.2012)

Un lampo accende la sera, 
squarcio di luce l’oscurità,
vince il freddo precoce la risata leggera,
tramuta stanchezza e dà levità.

Sorrisi muovono allegria,
cuore generoso e tempo ritrovato,
tra mille cose non perso per via,
a risentire il Verbo annunciato.

Sguardi gioiosi pur nella fatica
donata, offerta, portata nel giorno,
un pensiero, un gesto, la parola amica
a sollevare ogni peso avuto intorno.

Calma e serenità dà tanta letizia,
lo Spirito ama, dolce dimora,
e volto, e cuore, membra senza malizia,
di chi donna –vangelo ben innamora.

 Bello a vedere, si vogliono bene, unite,
a cuore teso, a occhi stanchi portan risveglio,
il riso buono, aperto, innocente, mite,
è frammento di comunità che dona il meglio.

Tarda l’ora, giro la chiave a chiudere la porta,
non solitudine, pieno e aperto il cuore
di fraternità ilare, bella faccio scorta, 
sono loro, una serata con il mio Signore.

 

 







domenica 4 novembre 2012

OMELIA

31° Domenica B – 04.11.2012


-Marco 12,28b-34

“Non sei lontano dal Regno di Dio”. Come mai Gesù non è andato oltre con quest’uomo che mostra di sapere così bene la dottrina, che non sbaglia nel citare, diremmo noi, il catechismo, quello che la legge prescrive? Come mai non gli ha detto: “Bravo, tu sì che sei a posto. Il regno di Dio è in te. Va bene così. Anzi più di così non puoi”. Gli ha detto semplicemente: “non sei lontano dal Regno di Dio”, cioè non sei fuori strada. Sei vicino al Regno, al mondo che io sono venuto a portare e a fare, ma non ci sei ancora dentro, o meglio, non è dentro di te”.

Cosa manca? Cosa vuole questo Gesù che nessuno ha più il coraggio di interrogare? Una prima risposta la possiamo intuire: non basta sapere a memoria la legge, conoscere la teoria, aver bene imparato la dottrina tanto da ricordarla davanti a Dio stesso: “Io so, io conosco”, fare sfoggio di cultura religiosa (cosa rara forse per noi!), come sembra fare lo scriba che si rivolge a Gesù. Mostra di sapere la teoria, ma forse non mette in discussione se la propria condotta di vita è coerente con quanto a parole professa. Non è lontano da quello che è giusto, ma non è neppure dentro. Forse questo richiamo riguarda un po’ anche me, anche noi.

Bisogna passare all’azione! Bisogna vivere quello che si dice di sapere, quello che si crede o si dice di credere. Occorre passare dalla teoria alla prassi, all’azione.
Cos’è l’amore? Non può essere semplicemente un comandamento, anche se Gesù lo ricorda con questo termine, una costrizione. Che amore sarebbe se fa violenza alla mia libertà. Non può limitarsi ad un sentimento, ad una emozione, anche se può nascere da questo. L’amore non si comanda né si sente, l’amore si vuole!
E’ atto della volontà che investe e impegna tutta la persona. Questo significa quanto ricorda Gesù: “amerai Dio con tutto il tuo cuore, la tua anima, la tua mente, la tua forza”.  In riferimento a Dio possiamo dire che l’amore è la fede in azione, in atto, non in astratto o in teoria, è vivere quello che diciamo di credere, o mostriamo di sapere di Dio.

E se ben sappiamo qualcosa di Lui, l’amore, molto concreto, si rivela essere tale verso Dio se è tale verso gli altri, il nostro prossimo. Noi siamo soliti fare una scaletta delle cose che vengono prima e quelle che vengono dopo, quelle importanti e quelle meno. Ma Dio che è l’unico Signore fa unico anche l’amore: “Amerai il Signore, amerai il tuo prossimo. Non c’è comandamento più grande di questi”. La fede in azione è l’amore che riserviamo agli altri.

Fa un po’ impressione quell’amare gli altri come se stessi, ma se pensiamo come abbiamo cura delle nostre persone, o cosa vorremmo per noi, quali il rispetto, l’aiuto, la simpatia, la stima che desideriamo, o come vorremmo che gli altri ci rendessero felici, forse capiremmo di più quell’ “amerai il tuo prossimo”.
Il vero e completo amore è la confluenza di questi tre: amore di Dio, amore del prossimo, e persino il giusto amore di se stessi. A volte siamo lacerati e combattuti nel cercare di far coesistere queste triplice amore, ma se ci apriamo ad un conoscenza più alta dell’amore,abbiamo la pienezza armonica di esso.
Questo passo non in avanti, ma in alto nella conoscenza dell’amore, avviene con Gesù di cui parla la lettera agli Ebrei. Presentando Gesù che fa della propria vita un dono gradito e degno di Dio, (questo significa il suo sacerdozio!) dice che ha offerto se stesso, cioè a dato fondo a tutta la sua potenzialità d’amore fino a morire per noi.

Gesù è maestro di fede e amore. Con lui non rimaniamo più lontani dal Regno di Dio, non ci fermiamo alla teoria, e con la nostra “azione”, cioè con l’amore, il regno di Dio, cresce dentro di noi.




 



venerdì 2 novembre 2012

BRICIOLE di VITA


Vita parrocchiale - Novembre 2012
Annodella fede


VITA…ETERNA !
 Ottobre 2012

Rosa pallido, fiorito di pesco, lievemente arrossato come nuvole del mattino le gote, tenue vita…eterna. Occhietti chiusi, in un sonno ancor sogno di futuro che già si è aperto e sul quale lo sguardo curioso e innocente proverà presto meraviglia, stupita vita…eterna. Sussulti teneri, quasi singhiozzo, alla voce dei grandi, pur delicata presenza ancor troppo rude, timida…vita eterna. Manine aperte ad afferrare l’aria, no, l’ amore, e non lasciare il grembo fatto mondo, coraggiosa vita…eterna.

Pallido il volto, occhi incavati, viso di sofferenza, pensiero per i propri cari, piccoli e grandi, consumata vita…eterna. Cannule  e cerotti, monitor e medicinali, respiro affannoso, caro e irrinunciabile, consegnata vita…eterna. Corse e preghiera,assistenza e cura, pazienza e solidarietà, timore e sollievo, abbandono e fiducia nella mani del Signore, benedetta vita…eterna.

  
Amen! Carissimi! Frammenti di vita…eterna, dall’ inizio al suo compiersi, dal fiorire al lasciare frutto e semi perché la vita continui. Eterna, non di quantità, ma di qualità, di amore! Il primo “amen”, quello che di solito conclude la preghiera, è invece alla vita nell’amore voluta, dall’amore sorretta, per amore fiorita, con amore servita, all’Amore consegnata.

La nostra fede è innanzitutto in questo grande dono che Dio ci ha fatto, in questo tesoro che ci ha affidato, e che nessuna debolezza e fragilità depaupera della sua bellezza e del suo valore.  Gesù, il figlio di Dio, è venuto perché noi, chiamati alla vita, sapessimo del bene che Padre ci vuole,  e che “vita eterna”, dirà nella sua preghiera con cui firma la propria esistenza nel mondo, è “conoscere te e colui che tu hai inviato”

Nel bimbo che nasce, nella fratello e sorella anziani che muoiono, “eterna è la vita”, raccolta sempre in un abbraccio d’amore che lo rivela e lo dona, qui e oltre. Nel mio, povero ma sincero, siete voi!

 

Don Francesco

 

 

 













OMELIA


DEFUNTI   - al cimitero - 01.11.12      

- Giovanni 11,21-27

La parola rivolta da Gesù a Marta che piange con la sorella Maria la morte del fratello Lazzaro, è la parola che Gesù rivolga anche a noi, a tutti e ciascuno, che oggi siamo venuti qui ad onorare i nostri defunti, e in questi giorni rinnoviamo nel ricordo caro e nella preghiera sincera una comunione d’affetti che mai si è persa. Anzi, ne sentiamo una più viva nostalgia, ne abbiamo ancor maggior desiderio.  Non ci basta vivere con la memoria del passato; bella è la riconoscenza, ma il bene di cui abbiamo goduto e che ci siamo voluti è stato soltanto una caparra, un anticipo, di ciò che avremo un giorno grazie alla vittoria di Gesù sulla morte.

“Io sono la risurrezione e la vita. Credi tu questo?”. Alla parola di Gesù rispondiamo “credo”, diamo l’assenso della nostra fede, che coinvolge il cuore con l’amore che nemmeno la morte può sciogliere; coinvolge la mente con l’intelligenza che è tale perché riconosce che ci sono realtà che non possiamo contenere nella nostra testa; coinvolge tutto il nostro essere attivo, il nostro fare, lavorare, correre, camminare, poiché soltanto in questa direzione di eternità acquista pieno senso e bellezza pur nella fatica di ogni giorno.

Perché la nostra fede in Gesù diventi veramente risposta attiva, libera e liberante da ogni paura e dubbio che possono anche coabitare con la nostra fragilità, vogliamo passare dalla parola “credo”, importante ma davanti alla quale siamo come inerti testimoni, all’affermazione più coinvolgente, l’unica che può dare colore e vita al nostro credere: “Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”.

La diciamo nella preghiera, magari senza pensarci, ma è profonda e trasforma la nostra esistenza. Anche il nostro venire qui ne nasconde una certa impazienza. Non abbiamo fretta di morire, questo no! Ma viviamo nell’attesa di qualcosa che non finisce, sparisce, o si dissolve, ma si completa, si perfezione, si trasfigura. Presso la tomba che custodisce le spoglie dei nostri cari, davanti alla loro morte quando entra nella nostra casa, pensando alla nostra quando verrà, riaffermiamo la nostra adesione a Gesù Risorto: “Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”:

Quale straordinaria dichiarazione di ottimismo, di apertura a tutta l’esistenza, a tutte le fragilità e debolezze che la incrinano, di fiducia, di autentica fede che permea tutto il mio essere e orienta in modo luminoso la mia vita. Credo perciò aspetto, desidero quello che attendo, voglio la gioia, la felicità, la vita piena. Aspetto la risurrezione dei morti perché essa mi è già data nella risurrezione di Gesù che ha trasformato la morte in un ingresso, in un avvicinamento, in un inizio di vittoria.

“Aspetto” perciò amo. “Aspetto”, e la vita va avanti con l’amore di cui la nutro. Ogni giorno porta le sue pene e le sue gioia. Cadiamo, ci rialziamo, cadiamo di nuovo. Ma se la fede è penetrata nel nostro cuore, se abbiamo incontrato e accolto come Marta Cristo nella nostra casa, conosciuto Dio che ci ama; se il soffio dello Spirito ci rassicura della sua presenza, allora non solo “credo” ma “desidero, amo, aspetto…”, nuovi passi con cui  oggi lasceremo questo luogo. Riaccadrà di conoscere ancora l’agitazione e di essere preda del grigiore dell’esistenza, ma dando spazio all’amore,alla carità fraterna, questa attesa non sarà un’ ombra che si fa sempre più pesante ma confluirà in una luce che ci sorprenderà. Per grazia e misericordia, a questa luce noi contempleremo il volto di Dio, avremo il suo abbraccio;  vedremo il volto dei nostri cari, saremo ancor di più nell’amore. Io aspetto!







OMELIA


Solennità di TUTTI i SANTI – 01.11.2012

Tre parole accendono di luce, di speranza, di festa, la celebrazione liturgica di Tutti i Santi che non può essere disgiunta dalla commemorazione dei nostri cari defunti, e ai quali è dedicato il nostro ricordo nella giornata di domani  (o nella visita al cimitero in cui saremo oggi pomeriggio). Tre parole che fanno parte la preghiera della Chiesa : “beati”, espressione che abbiamo pronunciare ripetutamente da Gesù; la parola “santi, oggetto e soggetto della festa,  e la parola “comunione”, cioè la familiarità in cui sono uniti tra loro e noi con loro. La bella notizia, il vangelo è fatto di queste tre parole.

“Beati”. Gesù non solo augura, ma conferma la volontà di Dio, del Padre suo, che nella sua misericordia, nel suo amore, ci vuole felici. Non tanto come compensazione di tristezze e difficoltà che possiamo incontrare in questa esistenza, ma perché discepoli suoi; di più, figli di Dio. Sì, Dio, il Padre ci vuole beati!
Mentre, per tradizione, questi giorni ci portano a pensieri mestizia per il distacco o la perdita di chi o di ciò che ci è tanto, ricordare che Dio ci vuole beati, non fa male. Anzi!

“Santi”. Santità è pienezza di vita, ed è propria di Dio, il Santo, come è sempre stato annunciato nella Bibbia. Questa pienezza di vita non lo allontana da noi, è il suo progetto d’amore, per tutti i suoi figli.  Non si realizza con le pratiche esteriori da noi eseguite, con osservanza di norme e precetti della legge. La santità ci viene comunicata direttamente da Gesù, il Suo Figlio mandato appunto per questo. Questo avviene nell’incontro con lui, nel Battesimo, nei gesti d’amore che sono i Sacramenti, nella carità che con il suo aiuto, con il sostegno del suo Spirito, viviamo. Possiamo anche arrivare a dare il proprio sangue, come rivela la visione finale del cielo, descritta nella prima lettura.  La santità però non è il frutto dello sforzo umano che tenta di raggiungere Dio con le sue forze; essa è l’amore di Dio riversato nel cuore degli uomini. Questo ci è dato in Gesù, il Figlio! E per riassumere le sue parole: non c’è altra beatitudine che l’amore!

“Comunione”.  Se la beatitudine è ciò che Dio in serbo per i suoi figli, e per questo ci ha voluto; se la santità è la ricchezza, la sostanza della nostra vita, è l’amore stesso accolto e corrisposto, la modalità che ci consente di esprimere questa verità è dentro questa parola “comunione”.
Non è possibile essere beati e felici da soli, non esiste l’amore se non si creano relazioni belle e buone, se non si vive insieme questo dono. Allora vicinanza, solidarietà, familiarità, fraternità, amicizia, relazioni d’amore più forti della morte grazie alla risurrezione di Gesù, sono manifestazioni e frammenti di  “santità”, e la mantengono “viva”. I primi cristiani chiamavano se stessi i “santi”, non perché integerrimi, ma perché consapevoli di avere in dono la vita di Dio, e nell’Eucaristia, nell’assemblea liturgica a cui partecipavano, ricevevano le “cose sante”, la parola e il corpo di Gesù. Vivere insieme, non c’è altro modo per rimanere e crescere nella santità, nella vita cristiana, rendere beati ed essere beati. Diversamente, ci raffreddiamo, ci spegniamo, come brace che tolta dal fuoco non ha più alimento, e pure impoverisce il comune focolare.

La memoria dei santi che hanno concluso il loro pellegrinaggio terreno ci consente di godere della loro dolce compagnia, di desiderarne la felicità e la beatitudine, di attendere quella pienezza di vita per cui siamo venuti al mondo e siamo amati. Vedremo e godremo Dio come egli è, vedremo e godremo la meraviglia che noi siamo in Lui. Ma intanto nella speranza e nell’amore si svolga il nostro cammino, in esse ci conduce la nostra fede.