OMELIA
34° Domenica B –25.11.2012
- Giovanni 18,33-37
Regalità o verità? Si
contrappongono o possono andare d’accordo? E’ possibile essere regali ed essere
veri? Se la regalità che ci affascina, ci attrae non è dello stampo di questo
mondo, ma è quella che Gesù ha mostrato e insegnato, dove i grandi non sono
quelli che dominano ma quelli che servono allora siamo dalla verità.
Notate bene: non abbiamo la
verità, ma apparteniamo alla verità che è una: l’amore di Dio riversato nel
cuore e nella nostra esistenza. Quando pensiamo di avere la verità in tasca,
facciamo guerra; ma quando siamo della verità o dalla parte della verità,
mettiamo il nostro amore a servizio di tutti.
La verità per Gesù non è una
dottrina che si possiede, ma l’atteggiamento che caratterizza la vita del
credente che si pone in sintonia con l’amore del Padre e si traduce in opere
che comunicano vita agli uomini. Quindi per Gesù non si ha la verità, ma si fa
la verità, si è nella verità, si cammina nella verità.
Gesù dice “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia
voce”, non afferma “Chi ascolta la mia voce è dalla verità”. No, per
ascoltare la voce di Gesù occorre una premessa, aver orientato la propria vita
per il bene degli altri.
Se questa verità ci abita,
abita tutte le nostre manifestazioni anche le più semplici, quotidiane, noi
siamo dei re, siamo regali, siamo dei veri figli di Dio, somiglianti in tutto
al Padre, come Gesù re dell’universo e Signore della storia, che la preghiera
della chiesa oggi celebra.
La domanda che Pilato fa a
Gesù ci consente di assaporare un po’ questa verità, di assumere vera regalità.
La domanda va fatta a Gesù,
non a caso. Le risposte degli uomini, possono essere ambigue o addirittura
fuorvianti, a volte menzognere."Dunque tu sei re?"
E la risposta: "Il
mio regno non è di questo mondo, non è di qui"
Ma
allora perché preghiamo: "Venga il tuo regno, Signore"? Ma se è del
cielo? Se non è di qui?
E
Gesù lo spiega: non è di questo mondo, non è di qui, non perché non si
interessa della terra, del mondo, ma perché è un regno che ha un'altra logica,
tutt'altra, lontanissima anni luce, dalla logica dei regni terreni.
La
logica dei regni terreni è combattere, perché un re non sia consegnato in mano
ai nemici. "I miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi
consegnato ai Giudei", se il mio regno fosse sul modello dei vostri. "Ma
il mio regno non è di qui".
Dove
si combatte, dove si fa violenza, ovunque: in campo aperto, al lavoro, a
scuola, nello sport, nei mass media, per strada, in piazza, in casa… nella
stessa comunità cristiana dove il criterio è essere vincenti, essere davanti e
più bravi degli altri, dove si cerca di tirare l’altro dalla nostra parte
dell'altro, dove si fa strada la voracità del potere, del denaro, dell'
"io"..., Gesù dice: non è di qui, non passa di qui il mio regno.
Non
è “di” questo mondo qui.ma non può non essere “in” questo mondo
qui!
Precisamente
anche sulla croce, tra due malfattori, dirà e mostrerà poco dopo questa
comparizione davanti al tribunale burla di Pilato. E dunque là dove le braccia
sono spalancate, là dove ci si consegna agli altri e alle loro necessità, al
loro bene, là dove ci si batte per la libertà dell'altro, dove si è contenti
del bene che viene fatto anche da altri,
dove c’è il rispetto per
l’immagine di Dio nel prossimo, della sua impronta nel creato, là si può dire:
passa di qui il regno di Dio.
Una
volta si cantava: "Christus vincit, Christus regnat, Christus
imperat". Ma dove? Ora non basta più.
Bisogna
essere più onesti con se stessi. Dentro di me per primo, dentro di noi, nella
chiesa stessa ci possono essere territori sui quali non possiamo mettere
l'iscrizione " regno di Dio". Non
possiamo metterla là dove si insegue il potere, l'immagine, l'interesse…
Mettiamola,
senza paura, là dove ci sono le braccia allargate per accogliere e servire,
dove c’è il perdono, dove si dà vita, tempo e forze perché cresca questa
umanità; dove si vivono con fedeltà gli affetti più cari, dove ci apre con
coraggio a passi anche nuovi perché l’amore è capace di destabilizzare, mentre
l’ordine, il si è sempre fatto così, può mantenere in una fissità mortale.
Come
vorrei che nella nostra comunità, nelle nostre famiglie, sulla porta di casa
potessimo mettere l'iscrizione " qui è il regno di Dio". Qui è la via
di un nuova umanità. Vi prometto: subito mi metterò scalzo ed entrerò con cuore
umile e grato.