lunedì 30 luglio 2012

BRICIOLE di VITA

Incontri.
Mamma in attesa, volto felice e bello!
Mamma non più… attesa, volto triste e bello!
Pienezza d’amore, bisogno d’amore.
Sorrisi di bimbi, in gioia e letizia.
Lamenti e pensieri cupi, in solitudine e mestizia.
Dolori e dispiaceri, la vecchiaia viene,
giochi e salti l’età che nessuno contiene.
Incantevoli occhi, trasparenza divina,
perle lucenti, promesse a mattina.
Sguardo ilare di chi fa crescere e la vita dona ,
compiaciuto serve e mette la corona.

“Sono vecchia, da tutti dipendente”.
“Anche Gesù lo è stato. 
Dipendente dall’amore del Padre, dipendente…dalla cattiveria degli uomini.  
La sua dipendenza stata un’offerta, un abbandono. Ed è risorto”.
“Che sia vero?”.
“È la nostra fede e nell’Assunta ritorneremo a ritrovare speranza”.
“Sì, speranza è quello che vuole”.

Il volto si distende,
gli occhi si illuminano,
 la bocca si apre al sorriso.
Una richiesta.
Non salute, non forza, non compagnia :
“chiedi per me la gioia!”.
“Lo farò. Chiederò per te  la gioia”.

Dignità e nobiltà nell’immobile stare
e agli altri se stessi consegnare,
il capo canuto, umile fiero
come bianco cigno.

Chi va a servire con delicatezza
del corpo e della mente la nascosta bellezza,
chi viene da paese lontano
 insegna a noi un volto un po’ più umano.

Serena e riconoscente è la famiglia, pace e salute sono riprese, non si scoraggiano, conoscono il passare degli anni e delle forze, sempre trovano motivo per non mostrare le corde. Sono esempio di consapevolezza, più che rassegnazione, lascio la casa  con una piccola emozione.. Incontri pur desiderati, doni non previsti, rivelano la giornata ricca di vita. Sono sorpreso, mi scopro lieto anch’io, tra saluti di piccoli e grandi sulla via, quel compleanno accende il cuore, un bimbetto m’accoglie tutto vispo e candore…Ritorno sulla strada, un grazie semplice, familiare, a ricordarci che siamo sulla stessa barca a…remare!





NUOVO GIORNO

               (…Matteo 13,31-35 e Geremia 13,1-11)

Splendido giorno di carità
gravido partorisce vita al mondo,
semina feconda opera lo Spirito,
solco è il cuore sanato e ferito.

Parole dal cielo benefica pioggia
in tempo arrido assetato, e crepe a bere
sillabe, gocce, ancor freschi sorrisi
come di bimbo che non sfiorisce all’arsura.

L’amore protegge, dà sollievo, accarezza,
clima propizio, santo di ogni germoglio,
anche l’alto e forte fusto benedice,
offre riposo e grazia, in semplicità.

Distendono le membra uomini pazienti,
allargano il cuore, il piccolo seme scende,
il lievito nell’impasto, gocce di provvidenza
e amorevole cura, ecco ombra grande e pane buono.

Fedele, amata cintura l’abbraccio del Signore,
l’indosso, dolce stringe, non marcisce nella vita,
Egli mi fa Sua fama, Sua lode, Sua gloria,
cresce e fermenta d’amore la mia storia.


domenica 29 luglio 2012

ESTATE

Giorni caldi, silenzio di rime, forse riposo
a respirare e attendere l’impegno laborioso,
a venire pensieri e progetti pur presenti,
generosità, fiducia dan coraggio, son presenti.

Ma ora, dai, senza fretta respira,
la vita corre sì, ma ammira,
il tempo vacante è pur donato,
di gratuità e amicizia colmato.

Cuore, mente, corpo, belle necessità,
carezze, lumi, abbracci ridanno vitalità,
sollievo viene tenero da volti cari
qui rimasti da monti e mari.

Notti lunghe in festa senza ore,
stamattina alla mensa del Signore
siamo, assonnati, lieti a spezzare
il pane in abbondanza che fa amare.

Non più a dire “come faremo per tanta gente?”
noi poveri poco più che niente,
nelle mani di Chi è compassione,
nel cuore di chi ama è missione.

Giorni passano, estate avanza,
viva la nostalgia, buona la speranza,
uniti pur lontani in amicizia e fraternità,
preghiera e ricordo portano desiderio, soavità.

Sole alto, acceso tutto, fuoco forte,
il tuo compito allontana fredda morte,
luce accecante, intenso calore,
brucia scorie, mantienici in amore.

Tempo di piena vacanza per molti,
sorriso, pace o danza non siano tolti
a chi fuori porta non può andare,
brezza dolce l’affetto sa donare.

Tra settimane, a fine mese,
saremo ancora insieme, non più spese,
belli, buoni, beati, pur brillanti,
con passi fraterni andremo avanti.

E’ quel lato della vita che si nasconde,
tra sentieri montani e marine onde,
anche qui a casa nostra è portento
l’estate che ama ognuno fa contento.

Continuerà il familiare cammino,
preoccupazioni forse, battiti di respiro divino,
olimpiade unica e cara, tante specialità,
tra salti, corse, lotta, si misura la carità.

Medaglia più che d’oro desta stupore,
il podio più ambito è dell’amore,
il primo non chi vince, il più grande
è chi bontà serve e nel mondo espande.

Gara individuale, strepitosa impresa,
ma è il sudore di squadra la vera sorpresa,
annuncia al mondo meraviglie insieme fatte
bellezza e gioia piene, sono quelle sconfinate.




OMELIA

17° Domenica B – 28.07.2012

- Giovanni 6,1-15

Gesù, uomo di grande compassione, che non è semplicemente provare un sentimento di pietà, o avere buone parole per chi in qualche modo è infelice, o provato, o stanco, come lo erano i suoi amici che di ritorno da una missione si sono visti invitare ad uno momento dir riposo. Nella sua compassione Gesù offriva il riposo che è la sua amicizia, il suo cuore, la sua persona. E non è poco. Alla folla accorsa numerosa si mise ad insegnare molte cose, e qui, oggi, nel racconto di Giovanni, la mostra questa compassione con un’azione ben concreta, soccorre chi è affamato con un gesto che non si ferma alle parole. Il Vangelo è già in un pezzo di pane.

Il  miracolo della  moltiplicazione, o più esattamente, della divisione dei pani è il prodigio più clamoroso, davanti e per una folla di bisognosi, ma segna l’inizio della incomprensione della persona e dell’opera di Gesù, come a dire che non sempre chi fa miracoli è capito per quello che è. Infatti la gente vuole subito farlo re, ma Gesù ha in mente una regalità diversa, altro che dar da mangiare e mettere fine alle tribolazioni. La gente vede ciò che fa comodo, o ascolta le proprie necessità, altro che vedere l’amore.

La compassione di Gesù diventa provocazione per i suoi amici: “Dove troveremo il pane per tanta gente”. Li vuole smuovere, mettere in crisi. Non si debbono accontentare, loro e la gente di belle parole, li vuole far crescere nel prendersi a cuore la situazione, nel fare quello che è possibile, nel dare quel poco che hanno, ma darlo. Li mette alla prova.
Avere e insegnare la compassione è anche richiamare gli altri gli altri alle loro responsabilità, provocare la loro generosità. Ai risultati poi provvede il Signore stesso. Il Signore ha compassione di me perché mi si offre come riposo, ma anche mi dice “dai datti un mossa, facciamo qualcosa”.

“Cinque pani e due pesci”. Poca roba, ma nelle mani di un ragazzo. E non è secondaria la cosa. Se fossero stati nella bisaccia, o nel conto di un adulto, questi avrebbe protestato: “me li sono guadagnati con il sudore della fronte, li ho messi via con fatica”, li avrebbe difesi. Una ragazzo no. Forse era la merenda che aveva ricevuto dai suoi, poveri. E con la merenda di questo ragazzo Gesù sfama la folla.
Questo ragazzo è giovane ma conosce già la compassione. Che l’età che avanza sia un deterrente?
Certo che il poco che diciamo di avere a fronte di tante necessità diventa abbondanza nelle mani, nella benedizione di Gesù. Egli compie quel miracolo perché un altro miracolo l’aveva preceduto, certamente suggerito ispirato nel cuore di quel ragazzo, quei pochi pani d’orzo, pani dei poveri e due pesci, offerti a lui. La compassione prende corpo e soccorre a partire da questa assai limitate risorse per tante gente.
Dio è fatto così: provoca, suscita la nostra collaborazione, non si sostituisce a noi, ma vuole che noi diventiamo manifestazione concreta della sua premura, anche con il poco di cose e con la molta fiducia.

L’ultima osservazione. Non pensiamo che la compassione, la solidarietà mostrata cambi la gente. Questa mangia, magari s’infila il pane nella bisaccia, fa la scorta, le riempie… finalmente ha visto chi mandare al governo. Pane se ne avanza comunque, segnale che la risposta della compassione, della condivisione, vero miracolo, è superiore alle attese. Ma occorre saper leggere quello che ci capita, quello che ci è dato. Non siamo sempre capaci, abbiamo davvero bisogno di ulteriore compassione e spiegazione che verrà, anche noi più vicini a Gesù, quelli più abituati a stare con lui, i suoi amici. Gesù si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.Neanche dai suoi amici è riuscito, sembra, a farsi capire.
Tra poco, Cafarnao,  arriverà il momento di mettere in chiaro ogni cosa, di svelare anche quello che è difficile fra comprendere. Anche questo è agire lasciandosi condurre dalla vera compassione. 






martedì 24 luglio 2012

OMELIA
16° Domenica B – 22.07.2012

- Marco6,30-34

I discepoli erano stati mandati a predicare.
Al loro ritorno Gesù li invita ad una sosta, ad una vacanza. Questa attenzione di Gesù diventa occasione per completare la loro istruzione, e lo vediamo quando, ritrovandosi suo malgrado davanti ad una grande folla di persone che erano come pecore senza pastore, si rimette ad insegnare loro molte cose. Ecco vacanze finite ancora prima di cominciare, verrebbe a dire.

Ma la  prima e più bella compassione è la premura che cogliamo nelle sue parole: “Venite in disparte voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’”. Ricorda un’altra parola di Dio al profeta  Osea: “vieni nel deserto e parlerò al tuo cuore”.
Indipendentemente dal poter realizzare materialmente questo invito, sia i suoi discepoli che noi oggi, con alcuni giorni di stacco dal caos e dalla preoccupazione quotidiana, tale parole rivelano davvero la grande compassione di Gesù, l’amore pieno di attenzione e tenerezza che vuole la vita per noi, bella, buona, beata.

“Riposatevi”, “riposo” è parola familiare sulle labbra di Gesù. E al di là del significato di una sosta necessaria, di tirare il fiato, di riprendere le forze fisiche o mentali, dicono il contenuto più vero e profondo, benefico del riposo. Nell’espressione “venite in disparte” e non semplicemente, “andate, distraetevi”, Gesù chiama a stare con lui, e in quel “riposatevi” Egli si offre come il loro riposo.  Quant’è vera questa identificazione: il mio riposo è chi mi ama,  è chi io amo, la mia vacanza non è la distrazione o lo sballo, ma la familiarità bella, la vicinanza, l’intimità con chi mi è caro e con chi posso condividere progetti della vita. Riposare é riporre non solo le fatiche, metterle giù, ri-porre il proprio cuore, le corse, le fatiche, le speranze, gli entusiasmi e le delusioni, in chi mi vuol bene.
E compassione è offrire un luogo di riposo, il proprio cuore, la propria amicizia.

“Il Signore è il mio pastore”, recitava poco fa il salmo e la sua compassione fa sì che tanto “i pastori” delegati a manifestarne la premura quanto quelli che hanno responsabilità verso altri a loro affidati, tutti possiamo trovare in lui nuove forze, armonia, pace, bellezza. “Il Signore è il mio riposo”: vivo e ri-pongo in lui ogni frammento della mia vita.

La preghiera quotidiana può essere un piccolo spazio che ci consente questo “riposo” e che ci aiuta a galleggiare durante la settimana, un spazio in cui ci poniamo nel cuore di Gesù. La celebrazione dell’eucaristia alla domenica, poi, ci permette di incontrare il risorto e caricare le batterie. Il tempo che tanto ci sta a cuore, e che sembra sempre mancarci, questo tempo di vacanza per chi ne ha la possibilità, ma anche per gli altri, sia tempo di relazioni belle che nutrono il cuore e la mente, che ristorano il fisico, che alimentano quella reciproca vicinanza che poi è sostegno nelle corse quotidiane. Come recita la poesia del salmo: “su pascoli erbosi e ad acque tranquille” siamo condotti; una mensa di amicizia che profuma e trabocca di festa ci è data; bontà e fedeltà ci saranno compagne. Bellezza della vita, dell’amore, del “riposo”.
Ritroverò nuovo vigore e forze per riprendere il cammino; e la sosta a godere l’amicizia di Gesù allargherà il mio cuore, accrescerà la fiducia, e pure la compassione, la misericordia, che si prende a cuore il bene dei fratelli.

“Il Signore è il mio pastore”,
di tenerezza con lieto annuncio mi pasce,
“il Signore è il mio riposo”,
per l’amore Suo dir di no più non oso.





domenica 15 luglio 2012

OMELIA

15° Domenica B – 15/07/2012

- Marco 6,7-13

Domenica scorsa lo stupore dei compaesani davanti a Gesù: “non è costui il figlio del falegname?” e di conseguenza la loro incredulità.
Oggi lo stupore è nostro davanti alle condizioni che Gesù detta ai suoi Dodici nell’inviarli davanti a sé. Sono raccomandazioni che ai nostri occhi li fanno degli sprovveduti per l’impegno che è loro affidato. Sono parole che valgono per quel gruppo di amici, ma anche per ciascuno e per tutti noi nella situazione in cui siamo quasi apripista al vangelo, preti o genitori, educatori o amici, donne e uomini che hanno incontrato Gesù.

- “a due a due”: il primo segno con cui offriamo la “buona notizia” del Regno è la comunione fraterna, l’andare d’accordo, il sostegno reciproco., il camminare insieme. Nelle nostre famiglie questa comunione di affetti e di aiuto diventa il primo passo per aprire al vangelo, per educare alla vita bella, buona, beata. in cui siamo impegnati: sposi, genitori che si vogliono bene che sono uniti, “a due a due”, insieme.

2° - “né pane, né sacca, né denaro nella cintura…”: eppure sono tutte cose necessarie! Sono queste che possono diventare il nostro dio, il nostro vangelo, la nostra sicurezza. Invece il nostro cuore è altrove, nella fiducia che poniamo nella provvidenza; è l’essenziale che ci sostiene come quel “bastone”, o quel paio di sandali, o l’unica tunica che ci riveste. Non è la qualità delle cose che portiamo con noi  che ci fa credibili; anzi possono impedirci di camminare. Il timore, poi, di perderle, ci condiziona terribilmente (succede nella famiglia come nella Chiesa), nel nostro annuncio. Sono limite alla nostra libertà!

3° - “Dovunque entriate in una casa, rimanetevi…”: fatevi carico e partecipi della vita degli altri! Interessatevi di loro, condividete le loro paure e speranze, attese e preoccupazioni, gioie e dolori. Abitate la loro storia. Rimanete, dimorate nel loro cuore. Non come intrusi, curiosi, o scrocconi, ma come fratelli che offrono la bellezza della presenza di Dio, dell’arrivo del Regno. Non attendendo e pretendendo ovunque accoglienza e comprensione, mettendo in conto anche rifiuti e insuccessi. Il Signore indica delle condizioni per l’agire dei suoi, ma soprattutto rispetta quelle che gli uomini gli mettono davanti, rispetta la loro libertà!
Quindi passione e rispetto, rispetto e passione in eguale misura per gli amici di Gesù che “proclamarono che la gente si convertisse”, si cioè invitano le persone ad “aprirsi”. Il compito primario di educatori, genitori, predicatori è questo: invitare ad aprirsi a quello che sta avvenendo, e si sta manifestando. Successivamente sarà il Signore risorto stesso  a farsi vivo presso coloro con i quali noi abbiamo abitato, ai quali ci siamo presentati con povertà di mezzi o strategie, e soprattutto volendoci bene e facendo, con l’aiuto di Dio, del bene.

“Scacciavano molti demoni, ungevamo con olio gli infermi, e li guarivano”.
Lo stupore nostro può diventare più grande, ma se ci fidiamo della parola di Gesù, “liberare dal male, consolare chi soffre, guarire e dare speranza” diventano segno che sì Dio è qui. E’ qui òla bellezza dell’amore che salva.