BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia
8° Domenica C – 27.02.2022
Luca 6,39-45
Non so se valga per l’organismo fisico che ci riguarda, ma per quello spirituale ne sono certo. La vista, la capacità di vedere bene, la parola, la capacità di dire parole chiare e sensate, dipendono dal cuore, dal suo funzionamento, o meglio dalla sua bontà!
Quell’albero cattivo che non può produrre frutti buoni, quell’albero buono che invece di questi ne fa in abbondanza, quell’albero che si riconosce dal suo frutto, è il cuore, il nostro cuore.
Ciò che sta avvenendo nel mondo, qui in Europa, la guerra, la distruzione e la morte è frutto di un albero, di un cuore cattivo. E lo sguardo tra gli uomini è causa di accuse e aggressioni che portano all’odio e alla violenza. Non smettiamo la nostra preghiera, la nostra personale conversione per cambiare lo sguardo sul mondo e tra di noi. Vogliamo, piuttosto, aver cura della nostra vista e della nostra parola perché non ci sia aggravamento progressivo e inarrestabile della malattia che ci affligge; anzi che affligge gli altri, che pesa su di loro, che condanna chi ci sta attorno.
E’ paradossale. Ma la tua cecità e il tuo vedere sbagliato, cattivo, giudice malevolo e spietato, fa più male agli altri che a te. A te porta invidia e infelicità, ti rode dentro, indurisce ancor più il cuore, e distrugge gli altri ai tuoi occhi. Non hai più l’occhio semplice, limpido, capace di stupore, di una carezza, di un sorriso; un occhio che porta luce. E la pagliuzza che insisti nel denunciare nell’occhio del tuo fratello oscura ancora di più il tuo, ti fa ancor più cieco. E se pretendi di richiamare e insegnare qualcosa, ricorda che “un cieco che guida un altro cieco cadranno tutti e due in un fosso”.
Ipocrita! Abbi cura del tuo occhio, del tuo cuore. Hai una trave, un’infezione ben più grave della pagliuzza che vedi negli altri. Togli la trave che è nel tuo occhio, dice Gesù. Ma Gesù, se non me la togli tu, io mi faccio più male e più danni. Mi metto nelle tue mani, quale medico del cuore e quindi della vista.
E poi non solo la vista, ma anche le labbra hanno bisogno di cura e guarigione per dire parole buone e vere, che cercano dialogo e pace. Affinché sulle nostre labbra non vengano e non rimangano parole amare, poco benevole, cattive, occorre abbandonare ogni rabbia, evitare discussione rabbiose, arroganti, con offese. Parafrasando come si apre la prima lettura, dopo una feroce discussione restano solo i rifiuti e appaiono i difetti. E anche qui la parola rivela i pensieri del cuore e la bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
Ritorniamo da Gesù per imparare parole di carità e di sapienza, di misericordia, parole che si prendono cura, rialzano, danno luce, chiamano alla pace, porgono e aiutano a produrre buoni frutti. Gesù è medico che guarisce, è il maestro che ci guida. Tra qualche giorno sarà Quaresima, tempo di conversione; vogliamo seguirlo per vivere nell’augurio di Paolo che ha introdotto la proclamazione del Vangelo: “risplendete come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita”.