mercoledì 31 maggio 2023

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Pentecoste -28.05.2023

Atti 2,1-11    -   1Cor 12,3-13   -    Gv 20,19-23

“Giorno d’immensa gioia nella città di Dio”. Così l’inno della Chiesa all’inizio di questo giorno. E possiamo ripeterlo anche stasera, un giorno di gloria, un giorno senza tramonto. E’ la completa risurrezione dei discepoli di Gesù mediante il dono dello Spirito Santo. Già la visita la sera di Pasqua, ricordata ora nella lettura del vangelo, ne aveva portato i primi segni: pace, gioia, perdono. Tutti segnali della vita che riprende, vita donata dal Risorto mediante il soffio dello Spirito.

Cos’è un soffio? Una nullità, verrebbe a dire; uno sforzo, per qualcuno debole, ma neanche tanto, che si spegne subito, e che a volte si tramuta in uno sbuffo. Sì, può essere anche questo. Ma quando è il soffio di Dio, del Risorto, è tutta un’altra cosa. E’ vita, vita che più nulla può arrestare, vita che cambia l’esistenza, la storia che facciamo, o meglio cambia noi in una storia che certamente presenta il conto ancora di tante sofferenze, in primis del male da vincere solo con il perdono, unica vera liberazione per chi è perdonato, ma anche per chi perdona. Lo Spirito è là dove c’è perdono.

A proposito del soffio, la Scrittura narra che all’inizio dell’avventura umana ci sta il soffio di Dio. Oggi siamo all’inizio di una nuova storia di amore e di salvezza, certamente in continuità con la fedeltà di Dio, storia della Chiesa, della comunità dei discepoli del Signore, ma anche storia di tutta l’umanità, di ogni popolo, lingua, nazione. Questa universalità è bene illustrata nel racconto di quello che succede in quel mattino del 50° giorno, Pentecoste, quando la folla proveniente da ogni dove, quindi con linguaggi diversi, sente parlare gli apostoli  nella propria lingua. Così, quella che era ed è spesso una Babele, basta che pensiamo a quello che succede nelle nostre famiglie, cioè una confusione nell’impossibilità di capirsi, diventa un’ umanità che può ascoltarsi e parlarsi, in una “mistica ebbrezza tocca le lingue e i cuori”, come si augura ancora la preghiera della Chiesa.  

Dove non c’è comunicazione, poiché ognuno vede solo se stesso o pensa per sé, difende i propri interessi, lì non ci può essere comunione, armonia. Due bellissime parole, frutti stupendi dello Spirito: comunione, un cuore solo, un’anima sola; armonia: una ricchezza bellissima e variopinta, a cui fa accenno Paolo nella seconda lettura: un solo corpo, un solo Signore, lo Spirito, e una varietà di doni per i bene di tutti. Come il perdono anche la comunione, la comunicazione, il parlarsi e intendersi, rispettare e mettere insieme quello che ognuno è, sono segno della presenza di Dio, azione tra noi e in noi del suo Spirito.

Lo Spirito, oltre che soffio delicato, impercettibile, di Dio, che rianima, ravviva, come si ravvivano le braci che stanno spegnendosi, è anche vento, vento impetuoso, incontrollabile, portatore di sconquassi di cui ha bisogno qualche volta la vita; è anche fuoco che accende, può bruciare scorie, rendere incandescente il cuore, che lascia il segno dove arriva. Questa nuova creazione avviene mentre i discepoli si ritrovavano insieme nello stesso luogo, annota il racconto. Ora questo luogo non è una stanza particolare, un angolo della città. Abitare in uno stesso luogo è avere a cuore i medesimi progetti, desideri, sogni, la condivisa speranza e attesa che si realizzi a promessa di Gesù. Questo luogo è l’amore! Abitare insieme quello che ci sta a cuore!

 

Non cessi la nostra invocazione: “manda su di noi, Signore, il dono del tuo Spirito, concedi al mondo inquieto la giustizia e la pace. Amen”

 

 

 

domenica 21 maggio 2023

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Ascensione di Gesù – 21.05.2023

Atti 1,1-11   -  Matteo 28,16-20

 

L’Ascensione di Gesù al cielo, il Suo ritorno alla condizione gloriosa che aveva, quale Figlio di Dio, Verbo del Padre, nel mistero di Dio stesso, la SS. Trinità, celebra una fine ed un nuovo inizio.  La dipartita di Gesù è la fine di una modalità della Sua presenza nel mondo, una modalità di relazione con i suoi che è stata relazione di guida, di discepolato, di amicizia. Gesù smette di camminare per le strade di questo mondo come camminava incontrando tanta gente. Però vi camminerà ancora con noi, in noi. Oggi non riusciamo ad immaginare Gesù, “lassù in cielo”, espressione che incontriamo nel sentire narrare l’evento dell’Ascensione, ma la fede della Chiesa, la preghiera che la esprime, già ci riempiono di gioia, di attesa, di speranza, di fiducia serena, perché “dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi sue membra, uniti nella stessa gloria”. Intanto, dice sempre la nostra fede, “sommo Sacerdote, sempre vivo siede alla destra del Padre per intercedere a nostro favore”. Questa la condizione di Colui che sale al cielo. Ma noi, ora?

Per noi intravediamo l’inizio di una storia nuova di salvezza, di amore, in continuità con la fedeltà di Dio. E sarà quella della Chiesa, la comunità dei suoi discepoli, e testimoni e annunciatori del Vangelo, l’amore di Dio e la fraternità di tutti gli uomini.  L’inizio di questa storia è illuminante, e incoraggiante, anche se sembra contradetto dalle circostanze.

 

I discepoli si ritrovano davanti a Gesù. Il loro gruppo si era dimostrato debole, poco affidabile. Al suo interno non erano mancate la discussione e la lite, l’invidia o la gelosia, tanto che Gesù stesso era intervenuto;  poi il rinnegamento del Maestro, persino il tradimento. Aveva finito con il perdere dei pezzi. Il gruppo dei Dodici era diventato degli Undici! Particolare che, segnalatomi, mi ha fatto riflettere.

Gesù aveva scelto 12 tra i discepoli a stare con Lui, numero significativo ad indicare il popolo di Dio, quello dell’Antica Alleanza e quello della Nuova in continuità. Ebbene, la Chiesa, il popolo nuovo dei credenti in Gesù e suoi testimoni, comincia con una defezione avvenuta. A questa comunità imperfetta Gesù affida il compito di portare la sua Parola in tutto il mondo.

Nessuna meraviglia! Gesù ci prende come siamo, anche in Undici, perché nella nostra storia di debolezze e di sconfitte possiamo raccontare come siamo stati aiutati e salvati nelle nostre tempeste, come siamo stati amati nonostante la nostra imperfezione, incompletezza. Quei discepoli imperfetti, che prima si prostrano e poi dubitano, assai similia noi, possono essere inviati a insegnare, a raccontare, quello che Dio ha operato nella loro vita fragile. Insegneranno agli altri come lasciarsi amare nella propria imperfezione. Insegneranno che Dio si fida di noi così come siamo, anche con le nostre debolezze. Una comunità traballante, incredula, diffidente, la Sua Chiesa, persino peccatrice nei suoi componenti, lo siam noi, con la missione di annunciare il Regno di Dio!

Lo Spirito del Risorto verrà a valorizzare le nostre imperfezioni. Lungo il cammino possono accadere tante cose, ci possiamo perdere, possiamo tradire e dubitare, possiamo cadere e rialzarci. Gesù conta su di noi. Per cui  crediamo e viviamo della Sua promessa: “io sono con voi tutti o giorni, fino alla fine del mondo”.

lunedì 8 maggio 2023

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

5° di Pasqua A – 07.05.2023

Gv 14,1-12

Dopo la Pasqua, Gesù, il Risorto si è fatto vivo presso i suoi amici. Al cenacolo, per strada, al lavoro che riprendevano, si era fatto presente. Anche noi, nel mondo, nei nostri ambienti, nelle nostre case e famiglie, ovunque conduciamo questa nostra esistenza, dove non manca al nostro cuore di essere turbato. Non mancano per fortuna “nella casa del Padre”, cioè nel cuore di Dio, molte “dimore”, vale a dire dove riporre le nostre preoccupazioni, angosce, turbamenti. Non manca il “posto” dove trovare pace. E non solo alla fine della nostra esistenza.

Gesù coglie il turbamento degli amici discepoli e li incoraggio: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me… vado a preparavi un posto”. Capite! C’è un posto per noi, sicuro, immancabile Gesù che lo prepara, ce lo riserva. “Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”. Dov’è Gesù? Quale posto promette? Cos’è questo posto? Non è un luogo, non è uno spazio, non è un angolo dell’universo; niente di tutto questo. Il posto è la dimora nel cuore di Dio, è la relazione, la familiarità , la comunione intensa con il Padre suo. Gesù abita, dimora, è in Dio, nella Santissima Trinità che diventa così la nostra dimora, la nostra casa. Questo posto d’amore e di vita noi lo abbiamo chiamato “paradiso” o “cielo”. Per esso, destinazione finale, bellissima, di uomini e donne, figli di Dio, pienamente realizzati, siamo stati amati da sempre, voluti da Dio, creati, redenti dal peccato in cui ci siamo cacciati usando male la nostra libertà.

Due obiezioni possono frenare il nostro passo, c’impediscono di esultare impazienti davanti a questa promessa. Quella di Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?”. Pensiamo di dovercela cercare da noi questa via, in mezzo ad un intricarsi di indicazioni e sentieri che possono portarci fuori strada. Sono tutte le cose che catturano la nostra attenzione, imprigionano il nostro cuore, spesso ci ricacciano nella tomba, ci affossano di turbamenti.  Ed ecco allora il soccorso di Gesù: “Io sono la via, la verità, la vita”. Per trovare un posto sicuro abbiamo bisogno d di fidarci di Gesù: via, cammina con noi, verità,  c’illumina strada facendo, vita, sorpresa finale, sorpresa che cresce però man mano che stiamo con Lui, come è successo ai due discepoli di Emmaus il cui cuore cominciava a riaccendersi passo dopo passo. Possiamo anche pensare, a questo punto, che il “posto”, q dimora di Dio in noi e di noi in Dio – come dice Gesù di sé: “Io sono nel Padre il Padre è in me” -  ci viene incontro.

La seconda obiezione. E’ Filippo stavolta a sollevarla, ma starebbe bene in bocca a Tommaso che dirà un giorno “io, se non vedo, non credo”. “Mostraci il Padre”. Risposta di Gesù: “Chi ha visto me, ha visto il Padre. Non mi conosci, non mi credi? Non mi ami?”. E’ la mancanza di fede, il non saper guardare a Gesù con amore. Quando il nostro sguardo è d’amore, non s’inganna, non si ferma alla superficie, ma conosce il segreto di ogni cuore. Così è dell’amore verso Gesù: conosciamo il Suo mistero, il Suo “posto”. Vi lascio con un augurio che faccio a me stesso e a voi. A chi, magari nel caos più grande, mi chiederà: “Come va?”, risponderò: “Tutto a posto!”. Se mi vedrà preoccupato: “Come stai?”, dirò con letizia e sincerità : “Sono a posto!”. Sono con Gesù!