lunedì 28 dicembre 2020

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Festa Santa Famiglia – 27.12.2020

Lc 2,22.39-40 

Gesù, il Figlio di Dio, viene in una famiglia umana!

Perché il Figlio di Dio si è incarnato, è diventato uno di noi, uomo come noi, attraverso una famiglia, quella di Nazareth?  La risposta può essere anche semplice, anche se poi, per esperienza, conosciamo che per quanto riguarda noi non sempre è così, anche se lo dovrebbe essere. Il Figlio di Dio, Gesù, ha voluto imparare ad essere umano in una famiglia! Solamente lì poteva avvenire seguendo le normali procedure della natura umana. Ha scelto la strada di imparare ad essere umano.

Sì, in famiglia s’impara ad essere umani, si cresce, si matura, si danno e ricevono insegnamenti, si trasmettono valori propri dell’umanità: la convivenza nell’amore, il dialogo, il reciproco rispetto e supporto, la stima, la fiducia, l’incoraggiamento, la comprensione, l’onestà, il servizio per il bene di tutti, la corresponsabilità, la ricerca della strada di ognuno, la pazienza, il perdono, il ricominciare sempre; e poi dalla famiglia, l’apertura ad altre, alla società, la solidarietà, la custodia con altri di questo mondo da migliorare. Il fatto che il Figlio di Dio abbia voluto frequentar scuola in una casa di Nazareth, con i due genitori, con parenti , coetanei, e amici, è una benedizione, dice bene delle nostre famiglie, della mia famiglia che tanto mi fa tribolare e che a volte mi chiedo “che cosa ne verrà fuori, che cosa ne sarà in futuro” di tante energie profuse. La scelta di Dio di abitare e imparare in una famiglia ad essere umano, nella concretezza di questa condizione, è benedizione. Certo, questo mi porta a chiedermi: nella mia famiglia, se genitore, mamma, papà, fratello, sorella, figlio, figlia, come sono ad umanità? Imparo, insegno ad essere umano? Trasmetto valori veri di umanità, valori che non sono legati alle mode e al politicamente corretto del momento?

L’umanità della famiglia di Nazareth, Gesù, Maria e Giuseppe, l’umanità in cui crescerà quel figlio, che per quanto speciale deve imparare a stare al mondo, viene sostenuta dal fatto che, dice il Vangelo, “adempivano ogni cosa secondo la legge del Signore”. Vivevano secondo la Parola di Dio!

Carissimi, solo se è presente nella nostra famiglia questa Parola, l’ascolto e l’obbedienza ad essa, lì si crescerà tutti in umanità vera. Se dovesse mancare, o essere messa dopo tante cose, alcune anche importanti, come il lavoro, i pensieri seri di una casa, altre futili, il divertimento, la superficialità, il comodo, se dovesse mancare, ci sarebbe una grande falla nell’essere umani; ci scopriremo esposti a virus ben più gravi di quello che ci sta facendo tanto male, contageremo il mondo di disumanità, di egoismo, di indifferenza, di paura, di fuga dagli altri.

Per guarire e crescere in umanità, nelle nostre famiglie diamo spazio, accoglienza, ascolto, obbedienza alla Presenza di Dio, alla Sua Parola, non per rassegnazione, dovere o costrizione, ma con retta e umile intelligenza; con un amore verso di Lui . Gesù è benedizione perché porta Dio nella nostra famiglia, e anche questa è santa! Lo è per i credenti che la fondano nel sacramento del matrimonio, lo è anche per coloro che, con sincero amore, ancora la vivono diversamente. Gesù santifica e guida a pienezza di santità coloro che lo accolgono e si lasciano da lui guidare.

Crescere in umanità con Dio che abita la nostra famiglia! Come è stato per quella di Nazareth, non sarà esonerata da prove e tensioni, da smarrimenti e cadute, ma avrà in serbo sempre una risorsa di amore pulito per riprendersi, una riserva di gioia che mai si esaurisce, un capitale di grazia che non potrà essere svalutato da niente e da nessuno, una “santità” frammento bello della Famiglia eterna di Dio, scesa sulla terra.

 

venerdì 25 dicembre 2020

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

SANTO NATALE 25 Dicembre 2020

Carissimi, non abbiamo sentito il canto degli angeli, stanotte, e non abbiamo avuto la grazia di essere raggiunti da un annuncio di gioia rivolto a dei pastori folgorati da un’incredibile notizia: “nato per voi, un Salvatore, che è Cristo Signore”. Noi, assenti in quel momento, raccogliamo però l’esortazione decisa che costoro si sono fatti, riavendosi dalla sorpresa: “Andiamo dunque a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. E, allora, eccoci qui, stamattina, a renderci conto di cosa sia successo. E cosa dice di Dio e di noi questo fatto. E cosa vediamo?

Vediamo una grotta, che fungeva da stalla, dove viene alla luce un bimbo. Quel luogo potrebbe essere, anzi, è la nostra dimora povera; il luogo dove noi, come i pastori, ci rifugiamo, quando nelle nostre fatiche e nel nostro andare di pascolo in pascolo, non troviamo pace. Forse le nostre famiglie potrebbero essere come grotte inospitali per la miseria morale e spirituale di cui sono arredate. Ma qui è la sorpresa: Dio fa nascere Suo figlio, pone subito la sua presenza in un luogo così povero. A meno che noi, con la nostra indifferenza e a volte ostilità, lo mettiamo fuori. Il Natale è Dio che trova posto nella nostra casa.

Cosa vediamo nella grotta? Un momento di vita. Anzi la vita stessa, un piccolo nucleo familiare, due genitori, con amore indaffarati a dare accoglienza e calore a quel bambino neonato. Due genitori, tali per grazia e missione! Solo così lo si può essere. Non sono forse simili a noi, a tanti altri? Sì, molti di voi che sono genitori, lo sono per grazia e missione, soprattutto quando l’amarsi e l’amare, il lavorare e il tribolare, la gioia e il sacrificio, avvengono secondo la volontà di Dio, dicendo sì al suo progetto. Il Natale, nascita di Gesù, sta nell’accoglienza di due genitori, o comunque di una risposta alla chiamata di Dio.

E vediamo il Bambino! Non con gli occhi del corpo, ma della fede, dell’amore. Ed è Dio quel Bambino che sarà chiamato Gesù, cioè “Dio salva”. A questo punto occorre contemplare. E’ uno sguardo che non ammette commenti, al massimo qualche parola di stupore, e poi silenzio; lo sguardo del cuore, di chi si innamora al colpo di fulmine. Non si capisce molto, ma si avverte che qualcosa ci ha toccato in profondità. E’ quello che succede ai pastori, ed è quello che vorrei succedesse anche a me, e che io auguro a ciascuno di voi. Vediamo, crediamo, quel Bambino è Dio! Il Natale è lì, non nella coreografia che noi abbiamo creato, spesso estromettendo il festeggiato. Ritornando ai due genitori: quel Bambino, cioè Dio è il cuore della relazione d’amore di Giuseppe e di Maria! Se togliamo questo cuore dalla relazione sponsale è la morte!

Dove vediamo il Bambino? “Avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia…”. In questo momento mi fa tanto bene pensare alle mie mani come “mangiatoia”, che riceve in dono, perché tale è, dono di Dio, chi un giorno si farà pane per me; le mie mani luogo d’affetto che custodisce, protegge, e poi dona ad altri quel Bambino. Il Natale è nelle mie mani, è nel mio cuore. E’ nelle nostre mani, perché è nel nostro cuore. Dico “nostre” e “nostro”, poiché alla grotta, ultima cosa che vediamo è il correre di altri a vedere questo evento, Quel Bambino dato per la salvezza dell’umanità tutta che lì, davanti a Gesù, diventa fraternità. “Fratelli tutti” sono le parole iniziali della nuova enciclica di papa Francesco. E non stento a pensare che, se quel bambino avesse potuto balbettare le sue prime parole, sarebbero stare proprio queste: “voi siete fratelli tutti”.

Carissimi, ripetiamoci l’esortazione: “vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. E saremo nella vita dando gloria e lode a Dio, contagiando di gioia e pace questo nostro mondo! Buon Natale!

lunedì 21 dicembre 2020

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

4° Avvento  B - 20/12/2020

2Sam 7,1-16  - Luca 1,26-38

Fra qualche giorno faremo Natale. Sbagliato. Il Natale non viene da noi. Il Natale di Gesù, viene da Dio. E’ dono suo. Ce lo dice anche la Parola che stamattina abbiamo ascoltato.

A Davide, il re, che pensa di fare cosa doverosa verso Dio proponendosi di costruirgli una casa, una casa Dio che cammina con il suo popolo, Dio stesso fa sapere attraverso il suo profeta che Egli gli farà una casa, anzi un casato, una discendenza, Egli s’inserirà per sempre nella sua storia e nella storia della sua famiglia e quindi dell’umanità, con una presenza singolare

A Natale Dio Padre ci regala il Figlio Suo, appunto l’Emmanuele, Dio con noi. Dio si regala a noi come gesto di amore preveniente, di bontà, di Grazia che ci precede e che va oltre che nostre aspettative. Ed è Lui che si fa strada per venire a noi.

La Grazia, la benevolenza di Dio, è una delle due corsie di questa strada che consente l’incontro suo con noi, incontro che ci dà salvezza. Viene da Lui, discende verso di noi in Maria:  “rallegrati, piena di grazia…hai trovato grazia presso Dio”, è l’annuncio.

L’altra, che possiamo dire sale, è la fede di Maria nella sua risposta: “Eccomi…avvenga per me secondo la tua parola”. A dire il vero in Maria l’atto di fede fu suscitato dalla grazia dello Spirito Santo. E’ come un’invasione di corsia da parte di Dio, non per causare disastri, ma per sollecitare la risposta. La fede, per rimanere in quello che succede a Nazareth, è una specie di concepimento. La creatura non può farlo da sola; Dio perciò l’aiuta senza toglierle la sua libertà.

Grazia e fede sono le due corsie che ci conducono all’incontro che dà salvezza; oppure i due piedi per camminare in un’unica direzione verso la pienezza della vita o le due ali per volare in essa.

Vogliamo dire a Dio, non certo con superficialità, ma con sincera preghiera, le parole stesse di Maria: “Eccomi, sono il servo, o la serva, del Signore: si faccia di me secondo la tua parola! “. Non in uno stato d’animo di mal celata rassegnazione, come chi, chinando la testa, dice a denti stretti: “ Se proprio non si può farne a meno, ebbene si faccia la tua volontà! “. Maria ci insegna a dirlo diversamente. Sapendo che la volontà di Dio a nostro riguardo vuole il nostro bene, il bene di questo mondo, noi diciamo, pieni di desiderio e quasi con impazienza, come Maria: “Si compia presto su di me, o Dio, la tua volontà di amore e di pace!

Sulla scia di Maria, come punta di un vascello, che in questo mare della vita ci apre alla speranza e ci fa avanzare nella carità, andiamo all’incontro con Gesù che viene ed è qui. Non temiamo di essere contagiati dalla sua fede. Questo contagio non è per la morte, ma per la vita.




lunedì 14 dicembre 2020

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

3° Avvento B – 13.12.2020 

- Isaia 61,1-2.10-11  - 1Tess 5,16-24  - Giovanni 6-8.19-28

Come preparare i sentieri di Colui che viene a noi? Come rendere diritta la via del Signore? E’ la continua esortazione di Giovanni Battista che corre davanti a Gesù per annunciarne la manifestazione ai suoi contemporanei. Vale anche per noi che ci apprestiamo a celebrare la sua venuta nel Natale.

Innanzitutto accettando la testimonianza di chi ci aiuta o di ciò che attorno a noi ci sveglia dal torpore, fa sorgere domande, di chi scuote il nostro cuore, ci mette alla ricerca della verità, e della salvezza. A volte sono persone che il Signore manda avanti a sé e ci fa incontrare, a volte sono avvenimenti e fatti dell’esistenza che ci interrogano, altre volte sono prove in cui ci imbattiamo, il tempo stesso in cui siamo. Sì, questo tempo può essere un incentivo per muoverci a preparare i sentieri, a rendere diritte le vie del Signore. Non per la paura e il timore, l’ansia che ci prendono, ma perché in questa situazione il Signore stesso osa farci un annuncio che ci sembra poco rispettoso delle difficoltà in cui siamo.

Ma dobbiamo e vogliamo dargli credito. Se ne fa portavoce Paolo: Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi”. Mentre noi siamo spaventati, preoccupati e tristi, la Parola del Signore si fa avanti attraverso il profeta Isaia nella prima lettura, Parola che Gesù applicherà a sé quando inizierà la sua predicazione: “lo spirito del Signore Dio è su di me”, e lo mostrerà con le relative opere di giustizia, bontà, grazia, liberazione. Questo annuncio, questa promessa, ci aiutano a darci da fare con animo giusto, a preparare, l’incontro con il Signore, in ogni momento. Quindi vogliamo dare credito a questa parola, e rimanete lieti nella fiducia e forti in ogni prova.

Un secondo atteggiamento ci viene suggerito direttamente dalla testimonianza di Giovanni. Per rendere diritta la sua via non dobbiamo intralciarla. Non dobbiamo prendere il suo posto. Le domande dei sacerdoti e dei leviti del tempio mandati dai Giudei ad interrogare quest’uomo, gli danno l’occasione per precisare come stanno le cose. E lo fa con la più assoluta sincerità, egli che vedeva le folle accorrere a sé. Non ruba la scena a Colui che sta per venire. “Tu chi sei?...Io non sono il Cristo…Sei Elia?…Non lo sono…Sei il profeta?...No”.  Rubare il posto Cristo! Noi lo facciamo quando lo estromettiamo dalla nostra vita, quando lo mettiamo dopo le cose che ci paiono più importanti, la nostra volontà di non cambiare, i nostri interessi. Com’è diverso l’atteggiamento di Giovanni da quello che a noi capita di assumere, noi che vogliamo farci valere mostrando i nostri titoli, a volte potenza e prepotenza, arroganza: “tu non sai chi sono io, lei non sa chi sono io”. Invece: “Io non sono; è un altro Colui che è”, così Giovanni prepara la strada a Gesù, tirandosi indietro, con umiltà: “non sono degno di slegare il laccio del sandalo”.

Con la letizia del cuore per la fiducia che poniamo in Colui che viene e con l’umiltà di cedergli il passo nella nostra vita, noi prepariamo, rendiamo diritta la sua via. Rendiamo retto il nostro cuore!

 

 

mercoledì 9 dicembre 2020

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Immacolata – 08.12.2020

Nella liturgia della seconda domenica di Avvento Giovanni il Battista era “voce” che grida la parola nel deserto; oggi onoriamo Maria che scriverà, con il suo sangue materno, la Parola nella storia dell’umanità. La festa dell’Immacolata Concezione di Maria, la Madre di Gesù, il Figlio di Dio che da lei ha preso la nostra umanità, conferma la “buona notizia” che Gesù viene a darci salvezza. La Madre sua, misteriosamente per un piano divino, gode della  liberazione dal peccato, rifiuto di Dio e dell’amore Suo, fin dal primo istante del suo concepimento. Le viene evitato il “contagio” e fatta piena di Grazia, di Dio stesso.

Dalla prima lettura, con un linguaggio che interpreta l’azione del male e la presenza della sofferenza nel mondo, sembrerebbe questa la triste condizione della creazione tutta. Lo strano dialogo tra Dio e la creatura, lascia uno spiraglio di forte speranza di una possibile soluzione a tanto male. No, non ci deve schiacciare il peso di una maledizione alla quale ci ostiniamo a fare attenzione e che a volte la incentiviamo con le nostre scelte.

La seconda lettura ci annuncia e rassicura che noi non siamo di o sotto una maledizione, dipendenti di questa che ha nel peccato il suo segno più grande e devastante la vita dell’uomo e del mondo. Noi siamo, veniamo, ci ha generati alla vita una benedizione: “ Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti per avere una vita santa e immacolata”, e precisa, nella carità, nell’amore, quali figli Suoi grazie a Gesù Cristo, il Figlio”. Non abbiamo motivo di cedere all’angoscia, all’ansia, alla paura. Non c’è posto per la maledizione. Solo per la gratitudine verso Dio e la speranza.

Che non siamo sotto la maledizione, ma che, invece, viviamo della benedizione del cielo, ce lo dice Dio con Maria di Nazareth, creatura, chiamata al mondo per collaborare con Lui a ricreare l’umanità secondo la sua bontà originale. Sì, perché, per gratuita benevolenza di Dio, prima del peccato originale, c’è la bontà originale, e Dio non rinuncia, nonostante i rifiuti degli uomini, al suo progetto di vita e felicità per tutte le sue creature. 

Di questo anticipo di ricreazione che sarà completa quando Cristo Gesù sarà tutto in tutti, beneficia Colei che lo darà alla luce nella carne umana.

Maria, fin dal suo concepimento, per grazia e in vista della maternità di Gesù e dell’opera da Lui compiuta con la Sua morte risurrezione, è tratta fuori dalla dipendenza del peccato, non è intaccata da questa tara con cui noi tutti veniamo al mondo, e che mira ad impedire il progetto di Dio; una condizione che non l’ha esentata, però, dalla tentazione e dalla prova Maria ha avuto il suo inizio nella libertà profonda dalla corruzione del peccato,  libertà che è pure promessa a noi. Maria è, per noi creature, la libertà di Dio!

Oltre alla libertà dal male, Immacolata dice la bellezza della natura umana quando è pervasa, toccata, abitata dalla Grazia. Quella bellezza che Dio aveva in mente quando ha creato l’umanità. Maria è l’umanità di Dio, prima ancora che arrivi il Figlio suo Gesù, anzi, perché arrivi Gesù. Maria è già “buona notizia”, primo vangelo al mondo.

Eleviamo grazie a Dio, onoriamo Maria, l’Immacolata, invochiamola perché ci aiuti a vincere il male e a ritrovare la bellezza di essere creature amate. E la buona notizia che si ripete dai secoli, ancor prima della creazione del mondo, sarà sempre una parola che ci fa nuovi, una “novità”!