BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia
22° Domenica B – 29.08.2021
Deuteronomio 4,1-2.6-8 - Giacomo 1,18-27 - Marco 7,1-8.14-15.21-23
Dopo aver ascoltato il vangelo di Giovanni in queste domeniche estive, ritorniamo al racconto di Marco. Incontriamo Gesù, lui, che profonde tutta la sua umanità nell’accogliere, soccorrere poveri, ammalati, provati dalla vita, si deve misurare con le piccolezze, le sottigliezze, anche meschinità, tradizioni e precetti di uomini che oscurano il cuore della legge, cioè l’amore insegnato da Dio stesso.
Agli occhi di scribi e farisei, dotti e zelanti osservatori della Legge ereditata dai padri, questo maestro, Gesù, è poco affidabile. Lascia che i suoi discepoli non si comportino bene secondo le buone maniere e come è stato insegnato. E sono pronti a giudicare e condannare. Gesù, di solito mite, si arrabbia, e rivolge contro di loro parole chiare e forti.
“Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Contro ogni formalismo, esteriorità, abitudinarietà, Gesù richiama all’autenticità nell’obbedienza alla Parola di Dio e non ai precetti norme di uomini.
La reazione di Gesù è severa perché grande è la posta in gioco: si tratta della verità del rapporto tra l’uomo e Dio, dell’autenticità della vita religiosa. L’ipocrita è un bugiardo, non è autentico. Una delle cantonate che possiamo prendere è quella di ritenerci a posto, di considerarci bravi cristiani, di illudere così noi stessi. Anche oggi il Signore ci invita a fare verità, a fuggire il pericolo di dare più importanza alla forma che alla sostanza.
L’apostolo Giacomo ci ricorda qualcosa di questa sostanza, della vera religione, con quel “visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo”. Il vero centro dell’esperienza di fede sta nell’amore di Dio e nell’amore del prossimo, purificandola dall’ipocrisia del legalismo e del ritualismo. Sta nel mettere in pratica la carità verso le persone più bisognose, più fragili, più ai margini; persone delle quali Dio si prende cura in modo speciale, e chiede a noi di fare altrettanto.
“Non lasciarsi contaminare da questo mondo” non vuol dire isolarsi e chiudersi alla realtà. Significa vigilare perché il nostro modo di pensare e di agire non sia inquinato dalla mentalità del mondo, ossia dalla vanità, dall’avarizia, dalla superbia. Ci vuole una ecologia del cuore! Chi vive nella vanità, nell’avarizia, nella superbia e nello stesso tempo crede e si fa vedere come religioso e addirittura arriva a condannare gli altri, è un ipocrita. E’ un cuore inquinato che inquina!
Dove sta il mio cristianesimo: sulle labbra o nel cuore?
Dio desidera, vuole il cuore, non chiuso in se stesso. Da lì sale alle labbra, alle mani, ai nostri gesti, il bene. Ma il cuore deve essere dimora di Dio, se abitato dalla parola di verità che è Gesù. Ma se è abitato solo da parole umane, fuoriesce un campionario di cattiverie e male come menzionato dal vangelo. Il cuore è luogo di bene se dentro di noi facciamo pulizia con umiltà e coraggio, siamo limpidi. Allora anche dalle labbra verranno cose buone. Si realizza, così, ma nel bene, l’augurio della Scrittura: le mie labbra parlino dell’abbondanza del mio cuore!