domenica 30 gennaio 2022

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

4° Domenica C – 30.01.2022 

Geremia 1,4-19   -   Luca 4,21-30

Un flop clamoroso e pure pericoloso, la prima uscita pubblica di Gesù nella sinagoga di Nazareth. In quel luogo familiare, Gesù si presenta come colui sul quale si è posato lo Spirito del Signore, lo Spirito Santo che lo ha consacrato e lo ha mandato a compiere la missione di salvezza in favore dell’umanità. Il Vangelo di oggi è la prosecuzione di quel racconto e ci mostra lo stupore dei suoi concittadini nel vedere che uno del loro paese, “il figlio di Giuseppe”, pretende di essere il Cristo, l’inviato del Padre, il Suo profeta. Passati i primi momenti di meraviglia i suoi compaesani, gli stessi componenti della sua famiglia o tribù, lo avversano e si aspettano da lui dei segni che avvalorino, a dir loro, quanto ha appena osato proclamare: “questa Parola che voi avete udita, io sono venuto compierla, a realizzarla”. Pretendono dei miracoli lì, a Nazareth, come ha fatto nei paesi vicini.

Gesù non vuole e non può accettare questa logica, che non corrisponde al piano di Dio: Dio vuole la fede, loro vogliono i miracoli, i segni, e così l’ammirazione del primo istante è mutata in un’aggressione, una ribellione contro di Lui, tanto che i presenti “si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero sul ciglio del monte, per gettarlo giù”. La missione di Gesù comincia con un rifiuto e con una minaccia di morte, paradossalmente proprio da parte dei suoi concittadini. Non proprio una buona notizia! Fin qui la vicenda di Gesù.

Questa parola ci è detta e data per comprendere anche la missione di chi è chiamato ad essere profeta, e noi lo siamo per il Battesimo ricevuto, per la fede che diciamo di professare. Il profeta non è colui che predice il futuro, fa profezie; dice, invece, parole di verità, parole di Dio, parole di Dio che ha nel cuore. Alla luce di quanto capita a Gesù ora sappiamo bene che la fatica di essere compresi, il rifiuto, la persecuzione, l’insuccesso e la sconfitta, vanno messi in conto. C’è un prezzo da pagare se vogliamo essere profeti, testimoni di Dio. Ha un sapore, particolarmente amaro questo rifiuto perché avviene in un ambiente familiare, dove tutti si conoscono o pensano di conoscersi e quindi si giudicano. Gesù a Nazareth, nel suo paese, tra i suoi, conoscenti e parenti…

Vi confesso che la cosa mi ha fatto riflettere e pensare a quello che succede anche in mezzo a noi, o che può accadere nella nostra stessa famiglia, dove il profeta, non chi si atteggia a maestro, ma vuole essere discepolo di Gesù, viene ignorato, contestato, ostacolato, deriso e sbeffeggiato, privato di stima, allontanato. Il rifiuto non scoraggia Gesù, né arresta il cammino, la sua testimonianza, Egli va avanti per la sua strada, confidando nell’amore del Padre, e sfidando con una coraggiosa libertà le minacce che gli erano addosso e che non potevano toglierla. Questa sì che è una buona notizia anche per noi che conosciamo, purtroppo, simili situazioni.

Ne abbiamo un bella conferma nella prima lettura che riferisce la scelta e la chiamata di Geremia da parte di Dio. “Ti ho stabilito mio profeta…, tu sei forte, indistruttibile e libero…perché io sono con te per salvarti”.

 

lunedì 24 gennaio 2022

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

3° Domenica C – 23.01.2022 

Neemia, 8,2-10   -    Luca 4,14-21

Ogni domenica veniamo qui ad ascoltare la Parola di Dio. Ci auguriamo di sentire una buona parola, provare un’emozione che tocchi il cuore e faccia bene alla nostra vita, La abbiamo qui nel libro. è qui scritta e da qui letta, proclamata a noi riuniti in assemblea, come il popolo di cui narrava la prima lettura. Ma soprattutto E poi questa Parola è nella carne di Gesù, è la persona stessa di Gesù, presente nella piccola assemblea della sinagoga di Nazareth ove osa riferire a sé la profezia contenuta nel testo di Isaia che gli è dato da leggere.

Quell’oggi che Egli ha tenuto a precisare in quella circostanza per annunciare che quanto detto dal profeta era venuto a compierlo, quell’oggi è il nostro, qui adesso, in questa situazione, in questo momento della storia. In questo tempo così travagliato e lacerato, reso persino cattivo, reso tale da noi stessi, si compie il Regno, la Parola che Egli è.

Tutto il popolo d’Israele era consapevole che quando furono trovati i rotoli della Legge smarriti al tempo dell’esilio, poi letti, venerati pubblicamente, che udire quella Parola era la fine della prova in cui erano stati per non pochi anni. Anche noi siamo finiti in una prigionia, che non è semplicemente il virus, il male che sembra non aver fine; molto più lo sono, prigionia e male, invece, la divisione, la lotta, la cattiveria che si sono instaurate tra di noi, ove l’egoismo e la paura per sé ci tengono incatenati. Pure per noi annuncia la salvezza.

Perché, oggi, quella Parola è fatta carne. Gesù, può darci la libertà, non di fare quello che vogliamo, ma di non lasciarci sopraffare da quanto in questo momento ci opprime nel corpo, nel cuore, nelle nostre relazioni, nella comunità umana, nella comunità cristiana, nella stessa famiglia.

Certamente quella Parola, Gesù, ci ricorda e ci riporta al nostro nome: poveri, prigionieri, ciechi, oppressi. Questa la nostra condizione. In vario modo e misura, lo siamo: poveri, prigionieri, ciechi, oppressi. E il peccato, il rifiuto di Dio, pur professandoci credenti o cristiani, vivendo come se Lui non ci fosse o contro di Lui, concorre a questa condizione.

Ma ecco anche i nomi di Dio che quella Parola, sempre Gesù, ci svela e vuole per noi: liberazione, luce, libertà, gioia, grazia. Tutto questo Egli è e offre a noi, oggi! Vogliamo ascoltarla questa Parola, accogliere per davvero Gesù.

C’è una grazia da chiedere: non distogliere gli occhi da Lui. “Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui”. Lo sguardo dipende dal cuore, la vista o la cecità sono lì di casa, e non dimentichiamo, come è stato scritto, che non si vede bene che con il cuore. Educhiamo e aiutiamoci ad avere sguardi dal cuore e allora tutti vedremo la buona notizia dell’amore di Dio, conosceremo il Suo e il nostro vero nome, oggi.

lunedì 17 gennaio 2022

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

2° Domenica C – 16.01.2022

Isaia 62,1-5     -     Giovanni 2,1-11

Domenica scorsa, in occasione del Battesimo ricevuto da Giovanni il Battista al  Giordano, Gesù si era sentito dire dal Padre: “Tu sei il Figlio Mio, l’amato”. Oggi, con questo “inizio dei segni”, segni che Lui compirà nel corso della sua missione, Egli anticipa quell’ora – oggi si direbbe spoilerare, svelare il finale – che, sulla croce per amore, dirà ancor di più su di Lui. Egli non è solo il Figlio amato in questa umanità, ma è anche lo Sposo amante di questa umanità!

All’inizio della vita pubblica di Gesù si colloca una festa di nozze, perché in Lui Dio ha sposato l’umanità: è questa la buona notizia. Anche se quelli che l’hanno invitato non sanno ancora che alla loro tavola è seduto il Figlio di Dio e che il vero sposo è Lui. A Cana di Galilea questo sposo divino, Gesù, comincia a rivelarsi. E’ lo sposo del popolo di Dio, annunciato dai profeti, e ci svela quale relazione ci unisce a Lui: è una nuova Alleanza di amore, un matrimonio. E i nostri matrimoni sono chiamati ad essere segno - lo chiamiamo sacramento - luogo, manifestazione visibile di questo mistero, e vanno vissuti come tali, santi.

Dio unito in matrimonio con l’umanità, Dio che ha una storia con l’umanità. E’ anche il nostro modo di dire, no? Quando due si vogliono bene: hanno una storia insieme. Noi abbiamo una storia insieme, Dio e noi, proprio come due amanti! Gesù è lo sposo! Miei cari, ho cercato di immaginare cosa sia o chi sia uno sposo; potreste dirmelo meglio voi, gli sposi stessi, o la sposa. Allora conoscerei meglio il mio Signore, mandato dal Padre a salvare la nostra umanità e a procurarci quanto è necessario per una autentica e gioia della vita.

Da cosa capisco che Gesù è lo sposo, qui, in questo fatto? Fatto il prodigio, il più gratuito tra i miracoli, e magari anche pericoloso per chi ha dipendenze dal vino, - tra mille necessità, malati, poveri, e contagi, Lui si occupa del vino! – Gesù sparisce dal racconto, e colui che dirige il banchetto si rivolge proprio allo sposo di quelle nozze congratulandosi con lui per il vino buono tenuto in disparte per quel momento finale che poteva danneggiare pesantemente la festa. Lo sposo è colui che ha in serbo per tutti gli invitati il vino buono, quello migliore, nel momento peggiore.

Il vino buono? Ricordiamolo, quando nel momento della sua ora, qui anticipata, al banchetto della Pasqua con i suoi discepoli, Gesù offrirà: “Prendete e bevetene tutti: questo è il mio sangue, la mia vita data per voi, a voi”. Per amore! Sì, il vino buono è l’amore di Sua produzione. E’ Lui stesso! La sua vita, la sua morte data per amore. Gesù non disdegna l’ “acqua” del nostro amore, di quello che ci resta del nostro volerci bene, ma, segnalata la cosa da Maria, vera maestra di tavola, interviene a valorizzarlo e trasformarlo nel Suo.

Carissimi, “non hanno vino”! Può succedere anche a noi,  nelle nostre famiglie. La vita s’intristisce, la festa finisce, ma non è questa la volontà di Dio che ha sposato l’umanità. E allora, accogliendo la strana raccomandazione della Madre di Gesù ai servi – riempire le anfore dove gli invitati di purificavano, si lavavano mani e gomiti, prima di stare al banchetto – “qualsiasi cosa vi dica, fatela”, diamo fiducia a Gesù lo, Sposo. Rileggendo le parole profetiche della prima lettura, egli non tace e non si dà riposo, per la sua sposa, per noi; ci onora, ci protegge, ci custodisce, perché noi siamo la sua gioia, la sua delizia. “Sì, come lo sposo gioisce per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te”. Lo crediamo! 

 

 

lunedì 10 gennaio 2022

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Battesimo di Gesù – 09.01.2022

Isaia 40,1-11   -   Tito 2,11-14; 3,4-7   -   Luca 3,15-16.21-22

Oggi celebriamo la festa del Battesimo del Signore. Anche se è un evento che riguarda Gesù già adulto, è legato al Natale – oggi si conclude infatti, il tempo natalizio - in quanto momento che rivela ancora di più chi è quel Bambino, ormai trentenne, nato a Betlemme; e possiamo conoscere più pienamente Gesù.

Nel racconto del battesimo, conferito da Giovanni il Battista nelle acque del Giordano, come atto di purificazione ed espressione della volontà di conversione, Gesù, prima di immergersi nell’acqua, è il caso dire, si “immerge nella folla, si unisce ad essa assumendo pienamente la condizione umana, condividendo tutto, eccetto il peccato. Il Figlio di Dio si è fatto carne proprio per prendere su di sé e togliere il peccato del mondo: prendere le nostre miserie, la nostra condizione umana. Perciò anche quella di oggi è una epifania, perché andando a farsi battezzare da Giovanni, in mezzo alla gente penitente del suo popolo, Gesù manifesta la sua missione.  

E lo Spirito Santo che discende sopra di Lui “in forma corporea, come una colomba” è il segno che con Gesù inizia un mondo nuovo, una “nuova creazione” per tutti coloro che lo accolgono nella loro vita. Anche a ciascuno di noi, che siamo rinati con Cristo nel Battesimo, sono rivolte le parole del Padre: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.

Questa solidarietà di Gesù con i peccatori, ci dice che anche noi, nella nostra santità di battezati, che non è una qualità morale bensì un costituzione che non ci può essere tolta, non siamo superiori o più bravi di altri ma ugualmente e sempre bisognosi di misericordia. I peccatori, quelli che fanno fatica o non vogliono sentire il vangelo, sono dei nostri e noi siamo dei loro.

C’è un'altra immersione che rende comprensibile e accettabile  la prima. Dopo l’immersione nel popolo e nelle acque del Giordano, Gesù si “immerge” nella preghiera, cioè nella comunione col Padre. La sua missione di  inviato del Padre a manifestare la sua bontà e il suo amore per gli uomini, ha nella costante e perfetta unione con il Padre e con lo Spirito Santo la sua ragione d’essere, la sua efficacia. Pure il nostro battesimo in Gesù, la nostra missione, per essere fedele e fruttuosa, è chiamata ad immergersi in Dio mediante la preghiera. Per rigenerare continuamente la nostra vita cristiana, gli impegni che ne derivano, la testimonianza, occorre stare nella preghiera, uniti a Cristo Gesù.

Nella festa del Battesimo del Signore rinnoviamo con gratitudine e convinzione le promesse del nostro Battesimo, impegnandoci a vivere quotidianamente in coerenza con esso. Il Natale, in queste festività e domeniche, è stato un percorso che ci ha portato, come i pastori, a vedere cosa era successo a Betlemme, ad ammirare il Bambino e questa singolare sua famiglia, a contemplare il mistero del Figlio Verbo di Dio, Parola fatta carne, ad adorare con i Magi. Ora si conclude, o meglio si apre in una via ampia quanto il mondo bisognoso di sapersi amato, cioè vivere quello di cui siamo stati fatti partecipi, vivere Gesù, nostra salvezza.

(cfr. Papa Francesco 2019)

 

venerdì 7 gennaio 2022

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Epifania A - 06.01.2022

Isaia 60,1-6 - Matteo 2,1-12

Il mistero del Natale è un percorso da compiere. Quello del Figlio di Dio che è disceso a noi in quel Bambino Gesù che nasce a Betlemme, quello dei pastori e oggi quello verso tutte le genti, rappresentate dai Magi. Questo percorso, breve o lungo, conduce proprio a Gesù. Con uno scopo che l’evangelista Matteo, nel narrare il fatto, descrive così: i Magi videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono”. 

La Parola del Signore ci guida a conoscere quest’ultimo atteggiamento, poiché adorare significa consegnare se stessi, riconoscere il Dono nella sua grandezza, il Figlio di Dio, il Dono che non possiamo comparare con i nostri doni, fossero pure preziosi come quelli dei Magi. Adorare, consegnare ste stessi, riconoscere qualcuno più grande di noi, sottometterci a qualcosa. Suvvia, non diciamo troppo facilmente, noi non ci sottomettiamo a niente e a nessuno, non adoriamo niente e nessuno. Intanto adoriamo noi stessi, e poi, se vogliamo essere onesti, ci sono un’infinità di cose e situazioni, magari li chiamiamo doveri o necessarie distrazioni, che adoriamo alle quali consegnano tutto di noi, energie, tempo, denari, riposo, salute…

Abbiamo bisogno, sì, di adorare, ma rischiamo di sbagliare obiettivo; infatti, se non adoriamo Dio, si arriva ad adorare degli idoli. Nel nostro tempo si è un po’perso il senso dell’adorazione, salvo, sembra, stare davanti ai social, tabernacoli nelle nostre case o continuamente in mano nostra. Vogliamo imparare ad adorare!

Per farlo occorre “alzare gli occhi”! Già l’ha detto il profeta Isaia nella prima lettura alla comunità di Gerusalemme, ritornata da poco dall’esilio e prostrata dallo scoraggiamento a causa di tante difficoltà: “Alza gli occhi intorno e guarda” . E’ invito a mettere da parte stanchezza e lamentele, a non ripiegarci su noi stessi e sulle nostre preoccupazioni, leggerezze o ansie, delusioni; non lasciarsi cioè imprigionare da pensieri che portiamo dentro, pur pesanti. Non vuol dire negare la realtà, fingendo o illudendosi che tutto vada bene. No. Si tratta invece di guardare in modo nuovo ciò che ancora ci fa soffrire e le angosce, sapendo che il Signore conosce le nostre situazioni difficili, ascolta attentamente le nostre invocazioni e non è indifferente alle lacrime che versiamo.

Al contrario, quando rifiutiamo di alzare gli occhi a Dio, la paura ci prende e disorienta, dando luogo alla rabbia, allo smarrimento, all’angoscia, alla vergogna, alla depressione. Alza gli occhi intorno e guarda: il Signore ci invita ad avere fiducia in Lui, perché Egli si prende realmente cura di tutti. Egli non ci abbandona mai: il Verbo si è fatto carne e rimane con noi, tutti i giorni Sempre.

Quando alziamo gli occhi a Dio, i problemi della vita non scompaiono, no, ma sentiamo che il Signore ci dà la forza necessaria per affrontarli. “Alzare gli occhi”, allora, è il primo passo per giungere all’adorazione. Da dove sono partiti i Magi? Alzando gli occhi al cielo, cercando qualche segno che fosse risposta a quello che nel cuore loro già chiamava. Alziamo gli occhi sulla vita, sui fratelli, ritorniamo a vedere il loro volto. Può essere un cielo senza stelle, tutto buio. Ma chi ama saprà scorgere nella notte più nera un chiarore, seppur tenue, che l’attira e pure indica il cammino. Arrivati all’adorazione di Gesù, s’aprirà un’altra strada per la vita. 

(cfr. Papa Francesco)