lunedì 30 dicembre 2013

OMELIA


Santa Famiglia  A – 29.12.2013

- Colossesi 3,12-21
- Matteo 2,13-23

Se il Natale di Gesù ha portaTo la nostra attenzione il nostro cuore su Bambino che è nato, in questa domenica successiva il nostro sguardo si allarga, mostrando tenerezza e preoccupazione alla famiglia terrena di questo Bambino, con Sua madre e Giuseppe.
Tenerezza e preoccupazione sono anche i sentimenti e gli atteggiamenti che conosciamo verso ognuna delle nostre famiglie.
Questa tenerezza e preoccupazione sono messe alla prova, chiamate in causa, da una fitta e confusa problematica odierna. Cos’è famiglia? E ognuno dice e pretende  di dire la sua, o quella dell’opinione pubblica che riscuote maggior consensi. Non voglio dissertare sul fatto che nella nostra società sembra esserci un progetto di sovvertimento e demolizione della famiglia. Cerco, piuttosto, quello che può far bene alla famiglia, alla luce della Parola di Dio, anche quella ricordata da Paolo e così spesso motivo di confusione e controversie: “La parola di Cristo abiti tra voi… Voi, mogli, accogliete con la grazia che vi è propria, e con la vostra forza sorreggete i vostri mariti come fa il Signore. E’ questo il significato vero dell’espressione “mogli, sottomettevi ai mariti.” Dall’esperienza sappiamo come sia la donna che maggiormente tiene su la casa, tiene unita la famiglia. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza”.In altra parte dirà “date la vita per loro come Cristo”.

Ma ora, portando il nostro sguardo sull’esperienza drammatica che si trovano a vivere Maria, Giuseppe, e il Bambino, come è narrato nel vangelo di oggi, un espressione dentro la quale questa esperienza si muove può offrire davvero luce ad ognuna delle nostre famiglie. La famiglia vive di tre parole:

“Alzati!”, non rimanere né abbattuta, né inerte, non sei ancora vinta, anche se incertezza e rovesci economici ti mettono alla prova, anche se la malattia e la sofferenza ti inchiodano o ti tolgono la gioia di andare avanti, anche se malintesi e incomprensioni che sono nella tua stessa casa ti vorrebbero far pensare che è tutto e finito e che non c’è più nulla tra di voi, “Alzati!” non indulgere, non cedere al lamento dei profeti di sventura né alle illusioni degli imbonitori di false promesse. “Alzati!” non aver paura di andare contro corrente, anche se i tuoi figli potranno non capire e certamente non mancheranno di farti notare che gli altri non fanno così, e che le famiglie dei loro compagni si comportano quelli sì alla moda. “Alzati, famiglia, vedi nella notte la tua dignità fatta di sentimenti, di affetti, di gesti d’amore che la fanno segno efficace, cioè sacramento di Dio.

“Prendi con te il bambino e sua madre”. E’ questa la ricchezza vera della famiglia, e della famiglia cristiana, che è poi anche la risorsa per andare avanti nella storia, ragione per continuare a sperare ad impegnarsi pur in mezzo alla traversie dell’esistenza. Non ci sono, a dire il vero, tante cose da salvare perché la famiglia viva: l’amore, la fedeltà, il dialogo, un luogo, una casa ove abitare, l’impegno responsabile di tutti, un lavoro che dia tranquillità, non eccessive difficoltà di salute… Non può mancare la custodia e protezione di credenti a quanto di più caro ha la nostra fede, riassunto in questa espressione in questa premura di Giuseppe: il bambino e sua madre. Molte incertezze e difficoltà sono accentuate perché in non poche delle nostre famiglie questa presenza è diventata secondaria, non è tra quanto ci sta maggiormente a cuore.

Fuggi in Egitto… e poi “va nella terra d’Israele”. La famiglia non è mai ferma, sempre in cammino, in movimento, in crescita, attenta e prudente per fuggire il male, gli inganni, il furto e il tradimento dell’amore, ciò che mette in pericolo l esistenza stessa della famiglia; che di contro, è fiduciosa e pronta a rimettersi in cammino per cercare sempre il meglio, soprattutto quello a cui il progetto di Dio, chiama, cioè essere liberi e corresponsabili.
Questo andare, questo muoversi, questo cammino della famiglia, è un partecipare al cammino più vasto dell’umanità, al cammino di tutto il popolo di Dio. Quindi l’impegno della famiglia sempre un impegno di solidarietà. Non può richiudersi una famiglia e dire “le altre si arrangino”. Il cammino di ognuna aiuta il cammino di tutte, e la strada fatta insieme diventa sostegno a chi può incontrare maggiori difficoltà.
La vicinanza e la partecipazione di Dio, il sorriso che ci ha donato con il suo Figlio, vivono in ogni famiglia.






mercoledì 25 dicembre 2013

DONI di NATALE



Disagio, fitte, dolore,
lamenti, smorfie,
nulla spegne
il generato Amore.

Nasce l’umanità,
sogno del Padre,
dello Spirito fantasia,
nel Figlio verità.

Carne di paradiso
abita ora la terra,
al mondo triste in pianto
offre vita e sorriso.

Più di ogni lamento
son gesti d’affetto,
d’amicizia e comunione,
davvero mi fan contento.

Una parola, un piccolo dono,
familiare abbraccio,
come fasce e mangiatoia,
dicon l’amato che io sono.

E’ la sera
che più m’innamora,
legami intimi e cari,
felice son per loro,

ma quel Bambino,
silenzio!
non io,
Lui m’adora.








OMELIA


Natale 2013

Sulla strada e sui sentieri dei pastori anche noi siamo giunti qui stanotte. Passi diversi ci hanno condotto a renderci conto della “buona” notizia che ha squarciato quella notte e continua a squarciare tutte le notti del mondo.
Passi diversi, passi della fede e passi della ricerca, passi di convinzione e passi di tradizione, soprattutto passi del cuore, qualunque esso sia. In questa notte si muovono persino passi di donne uomini di altre fedi religiose o non credenti, perché la venuta del Figlio di Dio è dono offerto a tutta l’umanità. Ognuno viene a cercare qualcosa di vero, e ci veniamo tutti perché il Natale non è per pochi intimi o per i puri.
Questa singolare presenza divina che nasce a Betlemme, che per i cristiani è il Salvatore, Cristo Signore, è avvertita e la vivono, anche se non la sanno riconoscere, tutte le donne e gli uomini di buona volontà, o meglio tutti, che Dio ama.
Di quell’evento incredibile e inaudito si è come impregnata l’aria, si è tessuta e imbevuta la storia, a tal punto che non si può più cancellare o disfare. Ecco perché il Natale è per tutti, tutti lo celebrano, a loro modo, e ne siamo felici; ed è sorgente di fraternità per tutti i popoli, dono di pace al mondo intero.Che è poi quello che desidera Dio.

Noi stanotte, siamo qui come i pastori di Betlemme o come gli angeli del cielo, o come Giuseppe che dà fiducia, o come Maria, custode silenziosa di tanta grazia. Ognuno di noi è toccato.
Lasciatevi toccare, carissimi, toccare dalla grazia di Dio che è apparsa, dice Paolo nel suo scritto.
Lasciatevi avvolgere, carissimi, dalla benevolenza, dalla misericordia, dalla piccolezza di Dio. Perché questa è la luce che illumina e dà salvezza, quella specifica di cui ognuno ha bisogno e quella comune che tanto ci è necessaria per vivere nella pace. Non la grandezza, non la potenza, non la forza, non la bagarre di grandi promesse, ma la semplicità, la quotidianità, ciò che non apparirà mai nella cronache dei nostri giornali, la povertà di gesti umili, umanissimi, persino poveri, come le fasce di un bambino che nasce e viene deposto in una mangiatoia per animali.

Ecco il segno del Natale cristiano: le fasce e la mangiatoia. Qui Dio si abbassa, Dio sconfina (e a noi non piacciono gli sconfinamenti, facciamo guerra!), sconfina dal cielo per partecipare e assumere la fragilità dell’umana carne. Dio si fa piccolo in un bambino, principe della pace, che chiede di nutrirsi d’affetto unicamente per insediare tra noi l’amore; Dio in un figlio d’uomo che crescerà insegnando che il mondo può migliorare solo nella giustizia e nella condivisione. Crescerà rivelando che siamo tutti figli di Dio, e quando non lo riconosciamo più dimentichiamo anche di essere fratelli degli altri uomini.

L’amore e la giustizia sono il Natale, sono la presenza di Dio nella carne dell’uomo. E non possono fare a meno di umiltà, di povertà, di abbandono di ogni prepotenza che viene dalle cose.
“Nella misura in cui Dio regnerà tra noi la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti” scrive Papa Francesco (E.G. 180).

Noi, poveri, tanti in questo momento anche nelle cose, e molti di più nel cuore perché privati o derubati dell’umanità, saremo beati finché come i pastori sapremo metterci in cammino per accogliere questa presenza, non lasciandoci scoraggiare dalle nostre distanze, nemmeno dalla nostra distanza da Dio. Anzi, il Natale cancella ogni distanza. Il cristianesimo è innanzitutto umanesimo e così dà speranza e riferimento alle persone semplici. Natale è nuovo inizio di umanità per noi.

Allora, carissimi, “non temete”, dai, non abbiate paura, “vi annuncio una grande gioia”. E’un invito che prende il cuore, sempre tentato di incertezza, attraversato dal dubbio: ma sarà poi così grande questa gioia? Durerà fuori le chiese? Durerà più di una giornata? Ripiomberà nel grigiore e nel lamento la nostra vita? Diamoci reciprocamente una spinta, un aiuto fraterno concreto, un incoraggiamento a vincere pigrizia, lamento e pessimismo. Ma soprattutto, lasciamoci sorprendere, da questo bacio di Dio che è il Figlio, bacio che egli stampa sulla guancia indurita e nel cuore ferito del mondo; lasciamoci commuovere, cioè muovere insieme dal sorriso di Dio che è Gesù e che Maria, stanotte ci ha regalato.
E proprio nel sorriso vicendevole sia il reciproco dono di Natale.

 

 

 

 

 

sabato 21 dicembre 2013

CERCANDO PAROLE

                     (...primo giorno d'inverno, vigilia natalizia!)


Voci,
cori,
discorsi,
auguri,
parole vo cercando.

Tempo d’attesa
nel grembo della terra,
sciame d’auspici,
cumuli di parole
chiamano la vita,
sotto amara scorza
forse la sotterrano.

Non freddo rigore
indurisce la zolla,
già caldo tepore
di promessi sposi,
sorpresi e turbati,
è presagio fecondo
“del generato dallo Spirito”.

Regola matematica
offre soluzione,
mentre sproloqui,
vuoti suoni
di uomini,
illusioni e bugie 
s’appropriano del futuro.

Meno + meno
dà più,
silenzio di Maria,
silenzio di Giuseppe,
e viene la Parola.



domenica 15 dicembre 2013

SERA


( “… cos’è questa oscurità? Come si chiama? 
Chiamala: propensione alla sensibilità. 
Chiamala: ricca sensibilità che ti rende uno. 
Chiamala: la tua capacità di essere vulnerabile.” 
                                                        Meister Eckhart)

Sagome nere
non metton
paura
sul crinale,
il filo delle colline
fa netto l’orizzonte,
l’arrossato cielo
già custodisce e prepara
 il chiarore
che farà nuovo il domani
con fuoco della sera.

Oscuri timori,
inerti,
su fondo di luce
che ritorna e va
per ritornare ancora,
mai spenta,
e dove finisce il giorno
inizia,
deposto nel grembo della notte,
sino allo squarcio dell’alba.
Ogni amore rinasce a sera!

Benedetto riposo,
cara compagnia,
volti ritrovati
a familiare desco,
sospiro che accoglie
e segrete carezze,
oscurità feconda
ti fa vulnerabile,
amabile,
“non aspettare altro”,
è il puzzle della sera!






OMELIA


3° Avvento A – 15.12.2013

- Isaia 35,1-10
- Giacomo 5,7-10
- Matteo 11,2-11

Nell’ascoltare la parola di Dio l’animo oscilla quest’oggi, terza domenica di Avvento, tra l’ esultanza, l’allegria, l’euforia, come esorta e incoraggia il messaggio del profeta Isaia, che sembra peccare di ottimismo, e la delusione, il dubbio, la depressione, che lascia trasparire l’interrogativo di Giovanni il Battista che manda i suoi discepoli ad indagare su Gesù.

A sostenere un animo lieto e pieno di fiducia le parole stesse di Gesù a coloro che lo interrogano circa la sua persona, parole non vuote promesse, ma indicazione che chiara di opere che sono segno che la novità è iniziata. Diversamente, a calcare la mano sul dubbio, invece, la situazione triste di Giovanni che dopo aver predicato con forza che qualcosa stava per cambiare, si ritrova in carcere.
Questa diversità di sentimenti e di atteggiamenti che ne potrebbero derivare, è determinata dalla situazione in cui anche noi spesso ci troviamo, e ci fa propendere ora per uno sguardo positivo, incoraggiante, ora invece pieno di pessimismo.

Nello stesso tempo non vogliamo farci condizionare troppo da quanto avviene attorno a noi. E’ importante leggere la vita alla luce della Parola del Signore di cui ci fidiamo; parola che ci è data nel messaggio del profeta Isaia che annuncia un rinnovamento totale del mondo, una ritrovata bellezza, un vigore e una gioia di vita, una felicità perenne, per tutti i tribolati, la fine di ogni tristezza e pianto. Non sono sogni di illusi, o promesse di politici, o inganno di chi racconta favole. Sono parole che si realizzano se diamo spazio al vangelo. Mi domando se tutta la rabbia che monta in questi giorni nella nostra società ci sarebbe se tutti dessimo più spazio al vangelo, all’umanità che è venuto a portare.
A fronte di chi, purtroppo, rema al contrario, già donne uomini di buona volontà, di ogni, lingua, razza, popolo, si adoperano per realizzare quest’opera. Rendiamo omaggio a costoro, oggi mentre il mondo saluta nella persona di Mandela chi ha pagato e contribuito a far progredire l’umanità nella libertà, nella giustizia, nell’uguaglianza; non sono ancora perfette, ma là dove queste opere si compiono non c’è bisogno di “aspettare un altro”, perché il Regno, il mondo voluto da Dio è già cominciato.

Il breve passo della lettera di Giacomo ci esorta, infatti, ad avere pazienza e speranza. Come quella del lavoratore che aspetta dalla terra il frutto delle sue fatiche. Ma anche chi aspetta, può patire qualche dubbio.

Ed è su questo aspetto che io vorrei un po’ di conforto e di luce; qui io ho bisogno di aiuto. Se mi vengono delle difficoltà perché, retto, pratico la giustizia, mi batto per un mondo migliore, ben vengano, ma quando dentro comincia venirmi qualche dubbio se quello che sto facendo sia la strada giusta, allora il tormento si fa davvero grande. E il buio m’insidia. Eppure il profeta, l’uomo di Dio, non è esente da questa prova, perché non ha certezze, ma è soltanto un cercatore della verità che sempre lo sorprende.

La domanda di Giovanni è la domanda di ogni essere umano nella sua ricerca di vita: "sei tu quello che aspettiamo, sei realmente quello che può colmare la nostra speranza, o dobbiamo aspettarne un altro?". Gesù gli risponde segnalando la nuova realtà che sta prendendo vita: lì dove si fa il bene, lì dove si libera l'essere umano dalle sue oppressioni, ossia, lì dove "i ciechi vedono e gli storpi camminano" e dove "ai poveri è annunciata la Buona Notizia”, lì sta "colui che dobbiamo aspettare", colui che è oggetto certo della nostra speranza come esseri umani. Al contrario: se un esistenza umana non è liberatrice, se un atteggiamento umano non è di amore e di liberazione, qui non c'è Dio, qui non c’umanità..

Molti tra noi sentono confusamente oggi nel loro cuore questo "dobbiamo aspettare altro": un altro tipo di vita, un'altra immagine di Dio, persino una chiesa veramente "altra", un’umanità veramente diversa a tutti i livelli. Non ci vergogniamo della fatica a credere, non la nascondiamo. Ma soltanto opere di consolazione, di guarigione, di giustizia e di liberazione, possono aprire i nostri occhi ciechi, infondere coraggio e forza, dare letizia perché questo ci dice che il Signore è qui.






sabato 14 dicembre 2013

CROCE

(... nella memoria liturgica di San Giovanni della Croce :
“per accedere alle ricchezze della sapienza divina la porta è la croce”
                                                                                dal “Cantico spirituale”)

Senza lavoro,
è croce,
maligno tumore,
è croce,
affetto negato,
è croce,
amore respinto,
è croce,
amicizia tradita,
è croce,
solitudine crudele,
è croce,
pastorale insuccesso,
è croce,
morale debolezza,
è croce,
spirituale aridità,
è croce,
incomprensibile tragedia,
è croce,
cattiveria subita,
è croce.


Croce,
nostra vera nudità,
fa amabile,
cercata e scelta
da Dio
l’umanità.

Croce,
a Betlemme culla,
al Cenacolo mensa,
sul monte ostensorio,
attira salvezza
di carità.

Croce,
è Bambino
che vive d’accoglienza.

Croce,
è Pane
che nutre conoscenza.

Croce,
è porta
che apre a sapienza.

Crocifissi,
non condanna o vergogna,
né colpa o dileggio,
nudi e impauriti,
all’Amore
è dato privilegio.

Ancor più
“per voi è nato il Salvatore”,
non timore,
gioia grande,
nella croce
ricca si espande.








venerdì 13 dicembre 2013

RITORNO


Luminoso,
rosso,
fuoco dorato,
su nebbia grigia,
freddo invernato,
scioglie
tristezza e timori
il tempo nuovo
dell’astro ritornato.

Il tuo volto caro,
viva luce,
ritorna bello
allo sguardo mio,
sempre desiderato
mai perduto,
qual sole
che m’illumina:
sì, sono amato!

Vieni,
amica, amico mio,
giorni di silenzio
e di esultanza
son dati,
non parole
ma battiti confusi,
a narrare con stupore,
a vivere innamorati.

Ovunque sei
sono anch’io,
ovunque vivo
brilli, rischiari tu
la quotidiana via,
ove fatica e attesa
pensieri, sentimenti
fanno gravida
la felicità mia.

Ritorna
la vita nostra,
affetti e abbracci,
a sostenere il cammino,
sua verità e bellezza
non cose straordinarie o grandi,
ma la semplicità, il sorriso,
son raggi di sole
donati in pienezza.




lunedì 9 dicembre 2013

INCONTINENZA

              (...benedetta!)

Né controllo
né freno,
alla partenza,
è generosità.

Né disagio
né vergogna,
alla destinazione,
è verità.

Dell’umano
bisogno,
incontinente
son io.

Ma fonte viva
zampilla amore,
più incontinente
è Dio.

Natura
e carne
diventano presto
Sua dimora,

di grazia
e gloria
l’umanità povera
riveste e onora.

Sconfinano,
materiali necessità,
mi fan bambino
nella mia presenza.

Ancor più sconfina
Sua carità,
mi fa Bambino
la divina incontinenza.
















domenica 8 dicembre 2013

OMELIA


Immacolata Concezione di Maria – 08.12.2013

- Gen 3, 9-15.20
-  Ef 1, 3-6.11-12
- Lc 1, 26-38


Siamo alla 2° domenica di Avvento, tempo di attesa per l’incontro con il Signore che viene nella celebrazione del Natale, viene nella vita di ogni giorno, verrà quando questa toccherà la pienezza. Celebriamo quest’anno, nel contempo, la festa in onore di Maria nella sua Immacolata Concezione, cioè nella sua esistenza totalmente libera dal peccato, chiusura a Dio e agli uomini, fin da primo istante nel silenzio tenero di un grembo, il grembo di sua madre.

Domenica scorsa Paolo diceva che è ora di svegliarsi dal sonno. E chi si sveglia, chi attende, se non chi è innamorato? Ed è a costui o a costoro che Paolo può dire: “rivestitevi di Cristo” se volete partecipare al sogno di Dio, il sogno di un’umanità nuova.
Ebbene, questa festa ci ricorda il sogno di Dio. Maria ne è il primo risveglio, il germoglio che ora si vede, perché “pensato” da Dio. Siamo anche noi pensati. A volte ci commuove sentircelo dire da persone cui vogliamo bene: "ti penso", "ti ho pensato". Perché è come se ci sentissimo vivere. E proprio perché pensati veniamo “rivestiti di Cristo”.
Maria è l’immacolata perché rivestita di Cristo, della sua grazia, dello Spirito di questo Figlio che poi avrebbe ospitato nel suo grembo.
Essere rivestiti di Cristo, santi e immacolati nella carità, nell’amore, essere dentro il progetto di Dio per me, per la mia famiglia, per la società, per questa terra, è una cosa che non possiamo fare da noi. Ecco allora l’opera, il prodigio di Dio, il suo atto d’amore che ci fa nuovi. Avviene in Maria, la creatura in cui si inizia la nuova creazione. Ma come lei, anche noi mediante l’incontro con Gesù nel battesimo e nell’accoglienza di Lui nella nostra responsabile esistenza.

C’ una condizione per essere rivestiti. Ed io l’ho letta nel racconto della Genesi, le prime pagine della Bibbia che abbiamo oggi ascoltato. Non vergognarci di essere “nudi”. Della nostra nudità, lungi dall’essere una vergogna, si dà pensiero amorevole Dio. Per essa compie meraviglie.
E’ questa condizione, non le doti, i talenti, la bravura, la perfezione che ci rende amabili. Dio ci ama per la nostra nudità, che sono i nostri errori, i limiti, le miserie, gli smarrimenti che spesso ci portano fuori del suo progetto a  tal punto che non sappiamo neanche noi dove siamo, come Adamo ed Eva, nudi di umanità e dignità; smarrimenti per i quali ci cerca e ci chiama senza rimproverarci.
Ma nudità è pure l’umanità umile, semplice, di Maria che non oppone difese o resistenze se non una comprensibile e intelligente domanda. E poi s’affida a Dio.

L’esperienza di queste settimane di sofferenza e di esposizione della mia nudità fisica, e non solo, mi hanno portato a pensare a questa condizione di povertà e dipendenza che diventa risorsa, condizione per accorgermi che sono amato.

Una promessa c’invita a venire allo scoperto invece di fuggire o cercare soluzioni per nasconderci, e pensare di cavarcela da noi stessi. E’ detta con parole proprie di queste pagine della Genesi: “la stirpe di Adamo (Cristo) schiaccerà il capo di quel serpente”. Non siamo preda del male, non siamo perduti, il progetto di Dio di una umanità nuova è felice non è andato perduto. Rimane il suo pensiero, la volontà originaria che vuole per noi la gioia.

Una parola piccolissima e grande ci riporta dentro il disegno di Dio, la parola che attraversa tutta la Bibbia, Abramo, Mosè, Samuele, fino a Maria, la parola su cui Dio costruisce il suo sogno, la nostra vita: “Eccomi”. E’ parola che dice umiltà e disponibilità,  parola che commuove Dio: “Rivestimi di te”.





sabato 7 dicembre 2013

BRICIOLE di VITA

Vita parrocchiale – Natale 2013


Il sorriso


“ Sorriso,
squarcio di cielo
sulla terra,
mi bacia;
al dischiudersi dolce di labbra
lievitano leggere le gote,
s’illumina il viso;
ogni sentire fa sereno,
stupita emozione,
bella relazione;
Sorriso,
incanto e coraggio,
il buon sapore
d’una briciola di paradiso”.


Carissime/i, il Bambino che nasce nella povertà di Betlemme, il ragazzo e giovane che cresce nel silenzio di Nazareth, l’uomo che percorre con passione e “pienezza” di vita la vie di questo mondo, e muore con amore vittorioso a Gerusalemme è… il Sorriso di Dio!

E’  il paradiso sceso sulla terra per darle il sapore del cielo, anzi per svelarle che è qui in questa nostra umanità, per portarle i colori belli della vita, il gusto dell’amore, il bacio della felicità.
Gesù è il “sorriso di Dio”, come il figlio è la belleza della mamma e del papà, e dove noi lo scorgiamo, lo doniamo, lo accogliamo, lì è il vangelo, la buona notizia che Dio ci ama. Rende affascinante anche il nostro volto, gonfia il cuore di gioia grande, uscire a darne lieti l’annuncio, fatta pace in noi e tra noi.

Il sorriso èsempre espresisone di tenerezza e misericodia. Chi sorride si rende disponibile, accogliente, apre uno spazio alla relazione. Il sorriso è attenzione, invito, segno di incoraggiamento. Chi sorride all’altro (non lo deride!, porta comprensione e conforto. Il sorriso, soprattutto quello di Dio!, è sguardo di indulgente e misericordioso sull’altrui debolezza; viene da un volto che ti vede amabile; è un incontro amoroso, che non di rado salva dalla disperazione.

Il volto di Dio, il volto luminoso e sorridente di Dio che è apparso in Gesù di Nazareth, vi accompagni e sia benedizione per tutti.

Carissima/o, benedizione vera sia anche il tuo volto, il tuo sorriso, per la pace, la benevolenza, la vicinanza, l’accoglienza che lo compongono. E quando una smorfia di dolore o un sussulto di rabbia lo tentano (non c’è sempre tanto motivo di sorridere!), ancora più fedele e incoraggiante è quello di Gesù. Sii tu, ovunque, benedizione per quanti ti incrociano, dentro questo mondo che cerca sguardi e gesti di umanità. 
Sia benedizione il tuo volto, il tuo sorriso. Il paradiso è qui!
Buon, e sorridente,  Natale!
                                                                                                      
                                                                                                   don Francesco