domenica 25 maggio 2014

CHIESE


(…a Roma – 20/21.05.2014)

Partenza mattutina


Buio, celeste, fresca rosea,
si fa l’aere e la volta,
respiro agitata euforia,
già intasata la papale via.

S. Pietro


Imponente, solenne, audace
San Pietro in fronte al mondo,
dell’evangelo la grandezza,
ma la verità è piccolezza.

S. Maria Maggiore


Il sì dell’umile donna
a generare la vita
è Maria, la Maggiore,
grazia piena, serva del Signore.

S. Giovanni in Laterano


Discepolo amato del maestro,
S. Giovanni in Laterano sede,
il cuore dell’eterna città,
sia esempio a tutti di carità.

S. Paolo fuori le mura


Infaticabile apostolo delle genti,
conquistatore a Cristo conquistato,
Paolo fuori le mura memoria
custodisce dei papi, e della la storia.

All’udienza


Vera chiesa con papa Francesco,
dalla fine del mondo preso,
con gioia, preghiera e cuore,
lui riconduce all’unico buon Pastore.






VERA MISERICORDIA


(…alla chiesa dell’amore misericordioso
    - Collevalenza – PG – 19.05.2014)

Mamma supplice il volto,
sospiro d’amore è colto
al muover di labbra in preghiera
per la figliola, ferita, sincera.

Sguardo paterno immoto
intenso non vuoto,
di sofferenza e tenerezza piene,
la piccola mano tiene.

Il capo bambino appoggiato
dolce, di chi si sente amato,
occhi boccuccia viso,
sulle ginocchia, viene il sorriso.

Non belle pietre e cemento
del mistero di Dio son sacramento,
nell’amore di mamma e papà,
nella grazia della figliola è somma la carità.

Casa d’affetto e dolore,
fede forte, speranza nel Signore,
vero santuario pur gioioso,
questo dell’amore misericordioso.





OMELIA


6° di Pasqua – 25.05.2014

- Giovanni 14,15-21

Domenica scorsa , su una parola, una promessa del Signore ai suoi discepoli, “Vado a prepararvi un posto”, dicevano che l’esistenza nostra, la sua riuscita o il suo fallimento, è legata, come dire, al “posto”: desiderare, trovare o perdere il posto, stare al posto giusto, avere la testa a posto, mettere le cose a posto, fare posto agli altri… Questa è parola il cui uso può indicare varie situazioni…Per noi il posto che ci dà vita e salvezza  non è comunque un luogo, ma una persona che ci ama, che ci vuol bene. Dio è il nostro posto! Come Gesù.

Oggi ho girato la domanda a Dio: “Qual è il tuo posto? Dove abiti? Se il mio ‘posto’ è in te, tu dove sei di casa? Dove ti trovo? Che ‘posto’ occupi?”.
Risposta: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti ( “se mi amate”, perché purtroppo ci può essere l’osservanza esteriore senza amore!)”; e io pregherò il Padre ed egli ridarà un altro Paraclito (Consolatore) perché rimanga con voi per sempre. Questo “amore” è presenza, è la dimora, il posto di Dio in noi; è lo Spirito che rimane con noi, e in noi, per sempre, lo Spirito della verità, dell’amore, appunto.

“Non vi lascerò orfani”, assicura ancora Gesù. Dio vuole essere con noi, in noi. Allora dov’è Dio? Dove lo troviamo? Dove lo vediamo? Bellissima e quanto mai vera l’esortazione di Pietro nella seconda lettura: “adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori” . Se veniamo qui in chiesa, non è perché qui, in questo edificio, c’è più Dio che altrove; se andiamo in pellegrinaggio a qualche santuario, non è perché lì c’è più Dio che altrove; se ci immergiamo nella natura, non è perché lì c’è più Dio che altrove.  No, Dio è “nei nostri cuori”! Qui, nell’ascolto della Parola, nel partecipare insieme all’Eucaristia, siamo aiutati a diventare un “cuore solo” che Dio abita come era Gesù. Chiamati ad unità, il suo “posto” è nei cuori nostri.

 “Va’ dove ti porta il cuore”, ma perché Dio l’abita. E Dio l’abita, il suo posto è lì, se accogliamo il Suo Spirito, se l’abita l’amore per il Padre e per i fratelli.
Se vogliamo trovare Dio dobbiamo sapere che è dappertutto, e anche che non è solo… Egli porta con sé i nostri fratelli. Non è possibile far posto a Lui e lasciar fuori i fratelli. I “senza dimora” non sono semplicemente quelli che non hanno casa o che sono profughi. Sono coloro a cui non diamo posto nel nostro cuore, ai quali diciamo non c’è spazio per te, ai quali neghiamo l’amore.

“Se vai in capo al mondo, trovi le orme di Dio; se vai nel profondo di te stesso, troverai Dio in persona”, diceva un donna mirabile, abbagliata da Dio, coraggiosa e ricca di umanità nel portare il vangelo nelle strade del mondo (Madeleine Delbrel). La comunione, la familiarità, l’intimità tra Gesù e il Padre sono anche nostre. Dio ci abita. Noi siamo il suo cielo, il suo posto.
Lo Spirito stesso ci guidi alla piena e bella consapevolezza di questa presenza. Ci aiuti ad aprirci ad essa, a corrispondervi. Ci aiuti a porre rimedio ad una domanda che questa donna si poneva e che anche noi spesso sentiamo nel nostro cuore: “mio Dio,se tu sei dappertutto, se sei in me, come mai io così spesso sono da un altra parte?”

















sabato 17 maggio 2014

ANTEPRIMA

             (…verso il campeggio di Auronzo – 09.05.2014)

Cime innevate,
pareti imbiancate,
vertigine allo sguardo,
nostalgia la cuore,
non più il passo,
vive lo stupore.

Giochi di ombre e di luce,
le nubi io vento conduce
nell’azzurro il sole caldo,
nella mente è memoria
di volti passati e cari,
tesori di vita e di storia.

Verde intenso e tenere foglie
sono annuncio di sante voglie,
desiderio d’armonia,
pace al ministero,
la guida del Pastore bello
fa beato, generoso, il mio sentiero.

La voce pria che la parola buona
nel cuore confuso ora risuona.
Egli è.
Traccia la via di vita
con verità, cammina innanzi,
m’insegna passi di libertà.

Libertà è strada e vetta mia,
scendere nell’amore, seguire la scia,
altri verranno non dietro a me,
Lui la meta donata e vera
a peccatori e santi, giusti ed ingiusti,
poveri tutti di questa terra..

Nel bosco odoroso e silente
non voglio nulla, non cerco niente,
il canto di acque generose,
la roccia salda di fedeltà,
volteggiar d’uccelli e insetti,
è fantasia di Sua bella carità.

Sì, presto, con il cuore io verrò,
“fuori di tenda”, provato, sarò.
Attenzione cara e dolce premura,
di più non merito né tanto oso,
amici a fianco, proprio essi
sono a me amore e riposo.











PELLEGRINO
  (…al Santuario della Vergine della Cornabusa
               e a Sotto il Monte – BG – 07.05.2014)


Su verdi colline s’inerpicano strette
vie valli sinuose di storie benedette
a custodire segni di fede e di vita,
volti, cuori, di misericordia infinita.

Fiorisce la natura,sveglia la primavera,
odora di nuovo, meraviglia sincera,
sale la stradina nel folto bosco,
possa io trovare speranza al mio posto.

Roccia nuda s’è fatta grembo tenero
ove il sì di Donna umile venero,
fede robusta, stabile, forte,
generosa offerta oltre la morte.

Il sasso oscuro silenzio chiede,
qui il cuore rimane, riposa il piede
del pellegrino che cerca luce e pace,
ogni triste umore si spegne e tace.

Musica dolce d’acqua sottile,
limpida stilla, gocciola sul cortile,
sosta lo sguardo ammirato
di chi da grazia è stato chiamato.

Libere fontanelle qua è là,
chiaman acqua viva e carità,
il torrente di sotto corre e canta,
porta a tutti notizia buona e santa.

Bellezza nella natura e storia è data
all’umanità non più sola, amata,
qui, il Papa buono e materna protezione
sono del cielo aiuto e benedizione.







domenica 11 maggio 2014

OMELIA


4° di Pasqua  11-05.2014

Con una immagine suggestiva del tempo ma ancora significativa per la carica affettiva e di dedizione che porta con sé, oggi ci viene annunciato e presentato Gesù il Risorto quale nostro “pastore bello, buono”. L’odierna quarta domenica di pasqua è cosi dedicata, per tradizione della chiesa, alla preghiera per coloro che nella vita sacerdotale e religiosa sono chiamati alla rappresentanza della carità pastorale di Gesù. Andando oltre questa intenzione, c’è anche la necessità di riconoscere che ogni genitore, educatore, insegnante, animatore, ognuno al quale è affidata la cura e la crescita degli altri, è “pastore”. Questa immagine è per tutti noi.
Quali i tratti, allora, dell’umanità, nuova, di ogni “pastore” qualunque sia la sua vocazione e responsabilità?

1° - La cara familiarità, la bella vicinanza, la delicata confidenza. Ed è la voce che svela questa relazione d’amicizia, l’interesse amorevole che nutriamo gli uni per gli altri. L’amore si riconosce dalla voce con cui ci rivolgiamo gli uni vero gli altri, con cui ci parliamo, ci chiamiamo. Facciamo poca attenzione a questo spesso iniziale modo di incontrarci. Io stesso, nel mio ministero, io che vi parlo in pubblico e in privato patisco questo limite, e sento di aver bisogno del vostro insegnamento, ed anche correzione. E’ il modo, prima ancora che le parole, e che queste a volte storpia e tradisce, che è determinate nell’opera di educazione. Provate a pensare come ci parliamo, se ci parliamo, come ci chiamiamo in casa magari per chiedere o offrire un aiuto, per dire grazie, per dire ti voglio bene. Sì, siamo riconosciuti, come lo è il pastore buono, dalla voce che si fa attenta, che dice il nome di ciascuno, mostra un amore, un’intimità personalizzata.

2° - La libertà. Come il pastore, chi educa chiama per nome, come ricordavo, e conduce fuori, fuori dei recinti, in spazi di autentica libertà. A volte pensiamo che qui ci sia tutto, bastiamo a noi stessi, e non c’è bisogno di cercare niente altrove; rimaniamo e teniamo chiusi anche gli altri. Non lo facciamo solo per difesa, più per paura o per egoismo, che non ci tocchi condividere tempo ed energie, e noi ne restiamo senza. “Io sono la porta”, dice Gesù. E lo siamo anche noi, a lui uniti. “Se uno entra nella vita attraverso di me”, e lo può dire ogni genitore chiamato a introdurre nella vita i suoi figlioli, ogni educatore, insegnante o animatore, “sarà salvato”, cioè conoscerà la bellezza, la bontà di questo dono. “Entrerà e uscirà e troverà pascolo”, troverà di che vivere in libertà, cioè scoprendo ciò che lo realizza pienamente, lo fa felice. Non facile esse pastori o genitori, educatori così. Oscilliamo, ognuno nel nostro posto, e anch’io la sento come tentazione che a volte mi cattura, tra il voler tenere tutti ben stretti, sotto controllo, o li lasciamo andare, ma non li conduciamo con amore, con sapienza, con fiducia e coraggio.

3° - Con fiducia e coraggio. Sono il terzo tratto del pastore che io vedo in quel “camminare innanzi davanti ad esse”, riferendosi alle pecore. Il “guardiano”, cioè Dio non ci ha affidato il compito di essere donne uomini delle retrovie, quasi che il nostro dovere principale sia quello di sorvegliare e di pungolare. Non abbiamo il bastone della responsabilità per pungolare, per percuotere. No, Gesù, il Pastore del vangelo è avanti, apre cammini, è capocordata. Il bastone del pastore non è una minaccia alle spalle, ma sta avanti, a segnare una via, incoraggiare, a significare una presenza che rassicura.
Vi confesso che questo bastone mi pesa, non poco. Venuto anni fa tra voi, sempre bene accolto e ben voluto in questo tempo, facendo tesoro del passato, conosco la fatica di proporre passi nuovi e la resistenza che incontro, cammino, finché posso, nella speranza di aiutare altri e sapendo di perplessità e di qualche critica; non vi scandalizzate se vi dico che sperimento qualche momento in cui mi sembra di avanzare da solo e temo di sbagliare. Come se non bastasse c’è chi, in vario modo tira indietro e chi invece corre più avanti. Camminare innanzi, avendo occhi e cuore per ognuno, ma camminare avanti! Vale per me, e vale per ciascuno di voi, genitori, educatori, insegnanti, animatori. Tracciare vie nuove, camminare avanti!

“Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”, è l’assicurazione di Gesù. E’il credito che con lui vogliamo godere anche noi.











PENSIERI


                                                                                                                  09 maggio 2014

Carissime/i,
                         mentre si scalda l’acqua ( mi faccio un “buon” piatto di spaghetti al pesto!), prima di buttare la pasta, mi affretto a buttar giù i sentimenti che sono in ebollizione nel mio cuore. Sono sicuro che, nella vostra esperienza, saprete riservare loro una giusta cottura, un ottimo condimento, la misura appropriata di sapienza e di comprensione.

Oggi mi sono regalato una giornata speciale nella quale siete entrati tutti voi. Eravate con me…a Palus S.Marco! 
A fronte della confusione, tanta e molteplice che in questo tempo occupa la mente mia e l’animo (il fisico è altra cosa!) quasi ad impedire la risurrezione, tale “uscita” mi ha aiutato ad alleggerire questo peso che di più, paradossalmente, pesa su gli altri.
Nella tarda mattinata, ho potuto accogliere la misericordia del Signore nell’abbraccio del Padre presso il Santuario della Madonna dell’ Olmo a Thiene. Poi ho preso la strada verso il…campeggio! Viaggiavo in solitaria, ma non ero solo. Voi, come vi ho detto eravate con me, dentro di me, nei miei pensieri.

Le colline feltrine mi vennero presto incontro, boschi e tanto verde. Poi ho deciso per la strada più lunga e goderci così tutto il paesaggio che suggeriva tanta pace e bellezza.
Su per l’Agordino, poi Alleghe, e quindi, di tornante il tornante, la salita al Passo Falzarego (mt. 2109). Pensavo di quanti “tornanti” è fatta la nostra vita, il nostro stare insieme in famiglia, nella comunità, impegnativi nello salire e pericolosi nel discendere. Per fortuna c’è chi mette a servizio degli altri la propria esperienza! Grazie quindi anche  a voi!

Il panorama, ovunque mi giravo senza perder di vista il tornante di turno, era meraviglioso: dal verde inteso a quello tenero dei boschi, dalle cime innevate alle rocce imbiancate, da cumuli o tappeti di neve sui prati, a chiazze di “asciutto”, per modo di dire, dove sbucavano crocchi e fiori primaverili. Mi faceva un certa impressione, mi veniva il sorriso, vedendo l’erba “moscia” appena lasciata dalla neve. Sembravano i capelli di chi esce, ristorato e ben pulito dalla doccia! Senza preoccuparsi del fon.  L’aria era assai fresca, il sole però caldo, il cielo azzurro, qualche nuvola non guastava. E poi tanto, tanto, intenso silenzio. Nessun anima viva, alcuni motociclisti, qualche mezzo della manutenzione stradale (le abbondanti  nevicate hanno fatto parecchi danni, con rami e piante divelte, smottamenti…) e poche auto, forse di qualche  “confusionato” come me. Prima di giungere Passo Falzarego ancora uno sguardo al Civetta che lasciavo, alla Marmolada della mia adolescenza, e tanta roccia addolcita dalla neve.

La neve è stata una visione stupenda, immensa, per tutti noi,  mentre la strada prendeva la discesa  verso Cortina. Non ve ne siete accorti? A sinistra le imponenti Tofane (che io ho sempre ammirato da lontano), e a destra una sconfinata distesa bianca sul Nuvolao (solo di nome!) e alle Cinque Torri! Come non andare con nostalgia a quando, in tempi per me più clementi, anche con i ragazzi del campeggio vi ci siamo recati. Ora ci mancano i…mezzi! Contenere le spese non significa mortificare lo sguardo e il desiderio!

Ho passato via in fretta Cortina. Non si addice a me, forse nemmeno a voi (anche se, dopo tante fatiche casalinghe e parrocchiali, una vacanza da vip ve la meritereste! Sarà in un altro mondo!). Via, verso passo Tre Croci, il più povero e trascurato, per me il più ricco e caro, luogo di affetti e di sudori, di sorrisi e di lamenti. Come non rivivere ogni passo, ogni corsa per riprendere chi si smarriva o restava indietro. Non c’era il sentiero che porta al Sorapiss ( il 217, con corde e scalette, e soprattutto con il lago “azzurro” tanto amato!): tutto era neve. Ma presto ci sarà chi ci traccerà nuovamente la via.

Di qui un salto a Misurina. Il lago, ancora in parte ghiacciato. Meraviglia delle meraviglie! Una larga coppa di “granita”… da gustare!  E il Col del Varda, il Cristallo, le tre Signore “Cime di Lavaredo”, anch’esse in bianco! Pur se la strada è per qualche metro scivolata via, vale la pena osare per vedere un tale spettacolo. Di emozione in emozione.

Era ora discendere a Palus S.Marco. Di fronte ecco la parete regale del trono di Dio, il Sorapiss.
Ho cercato di puntare l’occhio (il cuore c‘era già arrivato!) per individuare il Rif. Vandelli, il più familiare! Con sorpresa gioiosa m’hanno accolto i nostri amici del ranch. Stanno bene, la nonna Rita compie 80 anni, il genitori lavorano, Roberto e con la giovane sposa e il pupo, sono l’avvenire. Ci siamo raccontati, brevemente, un anno di disgrazie. A loro la neve, anche dopo Pasqua, ha fatto molti danni e messo in ginocchio con i servizi essenziali (comunicazioni, luce, gas, persino acqua!) saltati.

Ho intravisto il “nostro” amato campo, e tutte le corse i giochi, i salti, i bei pensieri, le grida, il buon cibo, le veglie… che prenderanno il posto della neve che ancora lo copre in parte. Ho visto bene ognuna e ognuno di voi, carissime/i, animatrici/tori, cuoche e collaboratori di campo, vecchi e nuovi, con i vostri doni e il vostro entusiasmo; c’era anche chi, come Sandra e Corrado, sono nell’impossibilità di essere fisicamente tra noi, ma non senza il cuore chiamato ad altra animazione”. Era un’ “uscita” comunitaria la nostra! L’anteprima di “fuori di tenda!”

Prima di lasciar il ranch per il ritorno a casa ho fissato le camere per le nostre donne bisognose di una custodia sicura; e, in obbedienza a voi, una anche per me. Sapete? Penso che un po’ della confusione che mi ha spinto ad “uscire” dipenda dalla mia difficoltà, forse mancanza di volontà, ad “obbedire”. Obbedire alla vita, a Gesù, alla sua parola e chi mi vuol bene. E poiché anch’io ve ne voglio, mi riprometto di esservi “obbediente”…

Ecco ora l’acqua bolle, getto la pasta… E il primo piatto del campeggio servito!

E per secondo ?
Lo prepariamo e lo consumiamo insieme:
- una bella porzione di coraggio (“rischiamo il coraggio!” diceva don Luigi Verdi). Conosciamo i nostri limiti, sappiamo della vivacità dei ragazzi, anche quelli più “difficili”, accettiamo il tempo che farà, proponiamo passi belli e impegnativi, facciamo del bene….
- un abbondante contorno di amicizia (“liberare l’amicizia”! ancora don Luigi Verdi). Amicizia tra di noi, così diversi per carattere e sensibilità ma non privi di questa; amicizia che non cede alle crepe e scossoni, cemento della vita comunitaria, in campeggio, ovunque nel servizio, nei gruppi…
- una dolce passione per la vita (“abitare la vita!” sempre don Luigi Verdi). Vita è la realtà delle piccole cose, dei piccoli gesti,  dei semi di bontà che consideriamo “buttati” e invece sono posti con amore nel solco della quotidianità che non sempre è decisa e programmata da noi ma è scelta da coloro che ci sono affidati, in casa e fuori…

La cena è pronta. Non posso più aspettare. Altrimenti la pasta si fa “scotta” e anche il secondo non è più appetitoso. Ma poiché l’avete preparata con me e per me, mi “gusta” molto. Grazie!
Il maestro di tavola che è Gesù ci serve tutti!


Don Francesco, “fuori di …tenda!” ma con voi nel cuore!







OMELIA


3° di Pasqua  04.05.2014



Questo incontro con Gesù, che dà fondamento al nostro ritrovarci ogni domenica, ci fa progredire nell’esperienza del Risorto e dell’umanità nuova che ci svela.

Domenica scorsa dovevamo confessare le nostre paure che come i discepoli del Signore ci tengono spesso prigionieri in un’umanità vecchia dalla quale invece Gesù risorto ci libera: “Pace a voi!”. Ma non ci sono solamente queste. Vi è anche uno stato di delusione in cui cadiamo: “Noi speravamo che fosse lui, Gesù, a liberare Israele”, confidano i due viandanti affiancati da un terzo, che, per il momento, non riconoscono.

Quante speranze tradite nella nostra storia. Abbiamo sognato, investito tanto, lottato, e siamo rimasti a mani vuote, con l’amaro in bocca, la tristezza nel cuore. tutto finito. “Torniamo a casa”, sembra dire il cammino sconsolato dei due, che tra l’altro non mancano ridiscutere animatamente tra loro, quasi litigano. E’ la nostra vecchia umanità: disillusioni e discorsi. Tante parole, ma non per approfondire e scoprire il senso di quello che accaduto, parole per lamentarci e magari per aggredirci.

Così siamo “stolti”, cioè superficiali di fronte alla vita e al suo svilupparsi. Siamo “lenti di cuore a credere”,  dare fiducia alla storia, che non va secondo i nostri schemi e programmi, attese o prospettive. Umanità non risorta, questa!

Ma Gesù, il risorto”, da “sconosciuto”, si affianca al nostro cammino.

Ci aiuta a risorgere il leggere le nostre vicende in modo nuovo. Più che le nostre parole, ascoltiamo la Sua parola che ci riscalda e fa ardere il cuore. Egli si presenta proprio nella parola, la Parola della Scrittura che qui leggiamo ogni domenica insieme,e a cui possiamo accostarci con familiarità anche personalmente. Sul momento non ci accorgiamo, ma poi un po’ alla volta si riaccende la speranza, che è la nostalgia del futuro, illuminato dalla sapienza pasquale, dalla croce vinta nella risurrezione. Basta con le nostre parole. per uscire dalla delusione, dalla rabbia, per ricostruire la speranza e dare realmente vita ai sogni, ecco la Parola del Signore Gesù.


Egli poi conferma questa parola spezzando il pane con noi., come capita in quel luogo familiare, in quella casa che accoglie i viandanti, dimora così simile a questo luogo dove noi ci fermiamo ogni domenica, ma anche, mi piace pensare, proprio  alla casa nostra dove ogni sera ritorniamo per riposare, trovare affetto e forze. “Resta con noi, Signore, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Che bellissima preghiera questo invito. Dovrebbe esserci sempre nel nostro riunirci per la cena familiare.
Cogliendo questo invito, anche atteso e cercato con la confidenza con cui aveva conversato, Gesù svela pienamente la sua presenza. Anche per noi, qui, avviene la stessa cosa. Ascoltiamo la sua parola e riceviamo il pane spezzato, il pane buono, il pane dell’Eucaristia, che è Lui stesso. E i nostri occhi si aprono; uno sguardo nuovo ci fa tornare e rimettere in cammino, di corsa. Non abbiamo più speranza, ma la certezza che Egli è vivo, è presente, non ci abbandona. Ci fa partecipi e portatori di una nuova umanità.
Questa novità non ci allontana dalle situazioni difficili, non ci spinge a fuggirle, come era fino a poco prima il cammino dei due che lasciavano la città. Piuttosto ora vi ritornano con un cuore, una mentalità diversa, viva, portandovi l’amore che li aveva affiancati, ascoltati, fatto ardere il cuore e aperto finalmente gli occhi.
Non possiamo mancare.La parola che chi ci è dato di ascoltare, il pane che qui viene a noi spezzato, è Gesù risorto che ci rida vita.













BRICIOLE di VITA



Vita parrocchiale – Maggio 2014

Il cuore


O amato cuore
a morte ferito,
sepolcro spalancato   
di vita fiorito,
umanità nuova
ti sgorga feconda,
 in luce e bellezza.
Unguento odoroso
profumo al vivente,
alba sì bella
giorno nuovo incipiente.
Mattutino stupore,
la tomba s’è fatta
grembo vivo,
cercato ritrovato Amore.


Carissime/i,
                       un fraterno forte richiamo e una parola buona, un rimprovero benevolo e un sincero incoraggiamento, un no amareggiato che non toglie la stima e un sì che conferma tutto l’affetto… la lavanda dei piedi e la carezza sulla guancia! Che cosa possono avere in comune queste manifestazioni d’amore? Il cuore! Il cuore “risorto” perché già abitato dal Risorto. Gesù è uscito dalla tomba, dal sepolcro del mio egoismo, paura, e morte, ed è entrato nel mio cuore come seme fecondo che io coltivo; è entrato, attraverso il mio cuore, per “uscire” nelle periferie del mondo (papa Francesco) con il passo e il “servizio” della misericordia.
Lavando i piedi  ad alcuni fratelli e sorelle nel nome di Gesù io compivo un gesto di misericordia. Nel ricevere, quella sera, una carezza da uno di essi, ho ricevuto molto di più. Non più ero io Gesù, ma il fratello, la sorella, che si affidava e mi superava in affetto e incoraggiamento. Tutto questo dal cuore, a volte solo, a volte confuso, ma sempre dentro l’amore di Gesù, per “uscire” e “far uscire” la nostra umanità alla vita vera e bella.
Anch’io , dal cuore, dal giardino della risurrezione!