mercoledì 29 febbraio 2012

A.C.R.

(nel compleanno di Alice)

Alice Caliaro Regalo di vita,
apre la fila bella, associata, assortita
di mamma, papà, Giulia, Gioele, Sara,
chi vuol starci corre e impara.

E’ dono o sfortuna che non reca malanni
compiere la giusta età ogni quattro anni,
bisesto il tempo trascorre ugualmente,
con giochi, libri, amici per il corpo e la mente.

Paese di meraviglia  abita la bambina
quando apre gli occhi e il cuore alla mattina,
poi la scuola, i compagni, le maestre puntuali,
i giorni passan lieti, mai noiosi e uguali.

Ci pensa pure la famiglia intera in castello,
i nonni pronti con il sole e con l’ombrello,
a fare dell’allegra e vivace compagnia
un nido caldo, tenero, che protegge la via.

Germoglia, cresce, matura felice
guardata, stuzzicata, spronata Alice
da sorelle fratello un po’ birbanti,
ne approfittano perché sono in tanti.

Tanti sono l’affetto, il sorriso, i pensieri, i progetti
di Serena mamma e di papà Dino nel cuore detti
al buon Dio che ha voluto per la gioia dei suoi cari
un tesoro sì bello e generoso che non  ha pari.

Quattro volte tanto è festeggiata tale ricchezza,
paziente cura, dolce e ferma, porterà a pienezza,
i doni del Signore non ammettono sorprese
se non per colmare di felicità il cuore, le mani aperte e tese.

Ti chiama, un po’ ti inquadra,  ti accarezza e ti piglia,
Alice Caliaro Regalo la vita sia di meraviglia, 
tutti stupiti e felici in abbondanza
tu doni sorrisi e volteggi nella danza.
AUGURI!



SULLA VIA di GESU'


Quaresima 2012

Pensiero del Mercoledì 29.02.2012 – 1° Settimana


*  - Quaresima è percorrere la via di Gesù con lo sguardo di Gesù.
Si “vede” con gli occhi. Si scorgono le cose, gli avvenimenti,
si “guarda” con il cuore. Si va dentro le cose, gli avvenimenti, dentro il loro significato e messaggio. Si intuisce il mistero di ogni cosa e persona, non per carpirlo, non per capirlo o entrane il possesso, ma per amarlo, accoglierlo, servirlo, rispettarne la libertà.

* - Lo strumento per “guardare” come guardava Gesù è la Parola.
Quello che Gesù era,appunto Parola del padre, quello che Gesù riceveva dal padre, cioè la comunione profonda, familiare, intensa con lui.

* - La “Parola” nel cuore e nei passi!
Essa è innanzitutto un “sguardo d’insieme”, prima dei particolari, prima di muovere i passi che poi facciamo uno alla volta. Ci consente di intuire un tracciato, un sentiero, un percorso che può essere previsto, studiato a tavolino come si prepara un viaggio, un’escursione, ma che poi ci apre a sorprese, fatiche, meraviglia, coraggio, stupore…E’ entrare nel clima della via!

* - Uno “sguardo d’insieme” è quello che la Parola ci offre in questa prima settimana di Quaresima. Sfogliando il vangelo di questi primi giorni lo individuiamo per attrezzarci adeguatamente ai passi che ci sono chiesti, rimanendo comunque aperti a possibili sorprese.

* - “Laceratevi il cuore e non le vesti”, era il primo incoraggiamento; “convertitevi con tutto il cuore”, viene oggi ripetuto. 
Da qui, dal cuore muovono lo sguardo e il cammino di questi giorni:
-    carità : Matteo 25,31-46
-    preghiera : Matteo 6,7-15
-    digiuno : Luca 11,29-32 e Giona 3,1-10
-    per la fiducia nel Padre : Matteo 7,7-10 e Ester 4,17ss
-    modello di misericordia e perdono : Matteo 5,20-26
-    persino dei nemici : Matteo 5,43-48

* - La carità apre e chiude lo sguardo d’insieme, la carità è la via sulla quale posano tutti i nostri passi.




martedì 28 febbraio 2012

VIENI PRESTO!

 
Sì, viene presto, è già qui, inattesa
la primavera bella, gratuita sorpresa,
germogliano timidi, fiori ed erba, visi,
incontro qua e là larghi sorrisi.

Autunno triste, cuore pavido e grigio,
avea fatto temere la fine di ogni prodigio,
i giorni corti, il tempo stretto e veloce,
portavan fatica, stanchezza precoce.

Freddo l’inverno ove morte custodisce vita
nascosta in grembo di terra, nel cuore ambita,
silenziosa segreta amorevole calda gestazione
l’amore mai si ferma, rimane in dolce azione.

Fioritura coraggiosa chiama luce e calore,
resiste un po’ fredda l’aria, tepido, sicuro l’amore.
Pazienti il cuore, in graduale attesa fiducioso, 
il mondo risorto, nuovo, si risvegli glorioso.

Così si compie per l’umana esistenza amata
il miracolo della vita presa per essere donata,
e sarà sole alto, luminoso, forte, senza sera
l’estate del mondo e dell’umanità intera.

Allora unica voce di tanti cuori rinnovati,
eco di cielo e terra sposi innamorati,
il cammino dell’uomo non è della morte,
la speranza muove, l’amore vince più forte.

Giorni di via son quelli di Quaresima santa,
gli altri di Pasqua portan luce e gloria tanta,
dal “prodigioso duello” viene stagione di vita,
non più paura, ma pace e gioia infinita.


Tacciono parole, versi o rime, il respiro
si fa lento, ampio, profondo sospiro,
“maranathà” è desiderio che brucia quaggiù,
“sì, vieni presto, Signore, Gesù!”



domenica 26 febbraio 2012

OMELIA

1° Quaresima B – 26.02.2012

- Genesi 9,8-15
- Marco 1,12-15


La Quaresima è la via di Gesù. Porterà alla Pasqua che è la pienezza della vita, perché è pienezza d’amore nella morte e risurrezione. Ci siamo incamminati dietro di lui, noi suoi discepoli, per avere pure noi tale pienezza.  Ciò che ci muove su questa via è innanzitutto la volontà di alleanza che Dio offre all’ umanità tutta, all’intera creazione. Lo rivela la prima lettura ascoltata che ci racconta, con il linguaggio poetico caratteristico dei primi libri della Bibbia, delle vicende di Noè.  A noi, sotto un diluvio di fragilità, miserie, cattiverie, infelicità, un diluvio di morte. Dio promette e dà pace, armonia, equilibrio, vita, che il segno dell’arcobaleno al termine del diluvio, colora di serenità. Questo è il primo passo, la volontà di Dio che vuole la vita per noi.

Come si attua questo progetto? Ecco lo Spirito che “spinge Gesù nel deserto”.
Due parole significative anche per la via che l’attende, Lui in cui è tutta  l’umanità e quindi siamo anche noi. L’abbiamo conosciuto per esperienza, ma non l’abbiamo mai accettato, ci ha dato fastidio e rabbia, quando abbiamo appreso che nella vita si va avanti per spinte, spintarelle, spintoni. Eppure ci sono delle spinte sante perché vengono da dentro, dallo Spirito non da capricci o voglie, o da altri. Non è violenza, costrizione a far qualcosa, mancanza di rispetto, limitazione della libertà. Le spinte dello Spirito sono espressione del progetto e della volontà di Dio che in fondo ci attrae, ci affascina, ci coinvolge, e lentamente scopriamo che sono per la nostra vera libertà e pienezza di vita.

In concreto quali sono queste spinte dello Spirito? Io vi posso rivelare le mie. Mi raggiunge una telefonata: “c’è un povero da aiutare”: è un spinta dello Spirito;  visito una famiglia e mi sento dire “occorre pazienza con quella persona” : è una spinta dello Spirito. Ho ricevuto un richiamo, meritato: è una spinta dello Spirito; mi chiama chi potrebbe approfittare di me : se fosse una spinta dello Spirito? Faccio una proposta impegnativa e rischio di essere deluso:  può essere una spinta dello Spirito. Sono sicuro che anche per voi, nella vostra quotidiana via, nella famiglia, nella relazione con i vostri cari, con gli altri, queste spinte non mancano. Un bell’esercizio lungo il cammino è avvertire queste chiamate che indirizzano a conversione, a cambiamento. Ricordiamo che già una volta siamo venuti alla luce di questo mondo mediante delle spinte di dolore e di amore!

Nel deserto! È la vita dentro la quale impariamo a essere liberi, come per gli ebrei che nel deserto sono stati a lungo, tra difficoltà, prove, tra fiducia e scoraggiamento, fedeltà e infedeltà. La via sulla quale seguiamo Gesù è il deserto la cui vocazione finale è diventare o ritornare ad  essere giardino stupendo per bellezza e ricco di buoni frutti, perché così Dio aveva pensato, e non ha cambiato idea, la vita per il suoi figli. 
Una particolare vigilanza s’impone, perché non confondiamo le spinte e rendiamo davvero arido e terribile il nostro deserto. Mettiamo in conto, come è stato per Gesù, la tentazione di Satana, il cui nome significa inganno, menzogna , divisione. C’imbroglia, ci mette gli uni contro gli altri oltre che contro Dio. Possiamo contrastare quest’opera di disturbo e di morte accogliendo Dio che vicino come annuncia Gesù. Solo la presenza del bene può vincere il male!

Il tempo della Quaresima tra spinte dello Spirito e tentazioni di Satana, sia un tempo di pace, di equilibrio, di armonia, poiché l’alleanza, la vicinanza buona, promessa di Dio all’uomo, non tarda a realizzarsi proprio in Gesù. Questi “stava con le bestie e gli angeli lo servivano”, espressione fantastica che fa intuire come terra e cielo, fragilità e grandezza, umanità e spiritualità, possono abitare e camminare insieme. Proprio vera alleanza d’amore!






sabato 25 febbraio 2012

FUOCO CRESCE


(nel compleanno di Elia)

E’ il giorno di Elia, piccolo caro e mite uomo,
che abbia spirito grande di fuoco e di tuono.
Nome è  soffio di coraggiosa missione
unito a mamma, papà, e Francesco, vivrà con passione. 

 
Intanto cresce tra libri, hobby e suoni,
con sudore gioioso disponibili nonni.
Mamma Daniela, precisa, puntuale, dolce severa,
vuole per i suoi figli, Elia esempio, bella primavera.

 
Così fiorisce la vita dono e segreto di dolcezza,
maturan, benedizione divina, frutti buoni in bellezza.
Accidenti il viver di corse non risparmia di sicuro,
papà Giacomo e la legge dell’amore insegnano a tenere duro.

 
Coraggio generoso, del Signore innamorata forza,
Elia, e pur Francesco, bruceranno il mondo dall’ingrata scorza,
cammineranno qual profeti di fedeltà e di pace nutriti
in mezzo agli uomini ancora confusi e smarriti. 

 
Oggi son festa e sorrisi, stupore e zelo
sulla via di Elia, terra “deserto” sa di cielo
con affettuoso, sincero, incoraggiante bacio
di amici, Dio, pur di me, porta l’abbraccio. 

 
Un giorno sarà fuoco ardente, robusto per tutti chiaro,
Elia, scintilla già accesa, amata, attizzata, sempre caro!
AUGURI!



giovedì 23 febbraio 2012

NEL PARCO


(inizio deserto della quaresima: una mattina a Villa Guiccioli)

Il deserto ? Il parco!

Silenzio,
voci appena lontane di uomini ci stanno,
impegno responsabile al mio cuore non fan danno!
 

Silenzio,
stormir di fronde, è brezza leggera,
luce delicata, tepore di primavera!
 

Silenzio,
tra voli d’uccelli, tic tac picchia ritmato,
alzo lo sguardo e cerco ammirato!
 

Silenzio,
son uno, due, tre, quattro, forse non fuggono,
scendono, salgono, ritornano, saltano,
scoiattoli minuscoli, veloci, agili e furbi,
fermo sto, che il mio passo non turbi.
 

Eccolo, l’ha trovato il cibo per oggi, non per domani,
nelle zampette lo tiene, come pane buono tra le mani.
forse una bacca, una ghianda, qualcosa da rosicchiare,
no, non mi muovo, è poco rispettoso anche ansimare.
 

Silenzio,
solleva la testina, drizza le orecchie, sbircia attorno,
freme il pelo, ritorna al nutrimento, non serve contorno
 

Silenzio,
avvolge di stupore, suggerisce sorriso e penetra di pace,
la mente, il cuore, ogni fibra del corpo sosta e tace
 

Silenzio,
l’ascolto è pieno di riconoscenza, gioia e amore,
lode, canto e benedizione vanno al Creatore.

Voli, salti, gorgheggi e strida,
è preghiera segreta, pubblica, collettiva,
con cipressi, pini, faggi, platani, rami nudi,
foglie secche, germogli teneri di natura viva.
Respiro universale, unico soffio dà vita,
un cielo per gli uccelli,
una terra per gli uomini,
un sentiero per me,
la via di Gesù!






 

Nel deserto arido e faticoso del lavoro,
nella famiglia cara, nella solitudine loro,
o Signore e Custode del “parco”
tu non aspetti i tuoi figli prodighi al varco
li sorprendi con amorevole dolce forte abbraccio.
Conducili ad acque limpide, disseta e ristora,
nutri e sazia la fame della triste ora.
E’ la via di Gesù, ove fiorisce in abbondanza ,
sui passi che ogni dì riprendono
la comune bella speranza.










OMELIA
 
(mercoledì delle ceneri - 22.02.2012) 

Nel giorno della Ceneri prende il via il cammino quaresimale. E’ un itinerario consueto che facciamo ormai da tanti anni, ed è pure una via nuova che conduce a novità l’esistenza, la novità della Pasqua dove la morte è sconfitta, il peccato è perdonato e quindi vinto, la vita dei figli amati dal Padre è ritrovata in tutta la sua bellezza e verità. Questa novità non è un’improvvisa rivoluzione che si compie nei giorni di Pasqua, anche se quei giorni sono unici e in essi ora continuiamo a vivere per il dono dello Spirito. Come l’Avvento è stato un tempo di attesa lungo il quale si è concretizzata l’incarnazione del Figlio di Dio nel grembo di Maria, anche la Quaresima è un tempo di gestazione della nuova vita che ora viene data a noi. Gesù nasce a Natale, noi rinasciamo nella Pasqua, la sua e nostra Pasqua. Queste settimane sono tempo di formazione, di conversione, tempo per ritornare, come dice la liturgia oggi, a Dio con tutto il cuore, per ritornare e ritrovare la sua immagine in noi e fare in modo che, collaborando con la grazia e la misericordia che incontriamo in questo tempo,  davvero diventiamo i suoi figli,  quelli che Egli ama e vuole felici.  Se la via di Dio è stato l’uomo, come ci ha ricordato il tempo dell’Avvento, quella dell’uomo, di ogni uomo che voglia essere se stesso, è la via di Gesù. La Quaresima è la via di Gesù.


Come percorre Gesù questa via? Un passo è ispirato dall’amore del Padre ui e per il Padre, un passo è ispirato dall’amore per gli uomini. Gesù cammina con una mano al Padre e con un mano ai fratelli.

E’ un’immagine che mi è assai cara e di grande conforto; una verità nella quale trovo fiducia e forza non per lasciarmi trascinare, ma lasciarmi portare dal pastore come la pecora ferita e per seguire l’Amico, il Maestro e Signore, Amore che si consegna sulla croce.

In quale modo Gesù tiene la sua mano nella mano del Padre? Come i suoi passi si muovono nella comunione e non solo in sintonia con il Padre suo? Sintonia è quando c’è uno stesso sentire, comunione è quando c’è lo stesso amore. Il sentire può essere diverso, e in Gesù uomo il sentire era messo alla prova, poiché anch’egli si interrogava, cercava, ed ha conosciuto la prova, l’incertezza, la tentazione fino alla notte dell’agonia. La comunione è essere nello stesso amore, avvolto come il bambino nel grembo della mamma. Gesù viveva avvolto dall’amore del Padre, ne era nutrito e cresceva come il Figlio che doveva rivelarlo.

Questa comunione, questo essere di Gesù una cosa sola con il Padre, questo tenere la propria mano in quella del Padre, significa che Gesù viveva nella preghiera, viveva della preghiera, della presenza e del dialogo, anche senza parole, con il Padre. Una delle prime note del vangelo ci ricorda che Gesù si ritirava in luogo appartato a pregare, si alzava di buon mattino per stare il preghiera, ascoltava il cuore del Padre che gli comunicava l’amore che riversava sugli uomini, sui poveri, ammalati, sui peccatori, sulla vita quotidiana di coloro che lo incontravano. Alcuni l’accoglievano, altri lo contestavano, altri l’hanno rifiutato.

Il nostro primo passo sulla sua via in questa Quaresima, è allora vivere anche noi della comunione con Dio nella preghiera quotidiana, feriale, semplice, confidenziale; preghiera che si giova e si unisce a quella di Gesù in modo straordinario partecipando all’Eucaristia, alla Messa, nel giorno della domenica, e qualche volta pure nei giorni della settimana, con qualche piccola  fatica o organizzazione nelle nostre cose o doveri; preghiera che scopre anche il silenzio di sostare qualche momento davanti a Gesù Eucaristia in quell’atteggiamento di adorazione che non è distanza o abbassamento nostro, ma confidenza e familiarità che Gesù stesso ci offre e a cui ci attende. Per questo inizieremo questi passi di Quaresima con la proposta di 24 ore di veglia d’amore o catena di preghiera come l’abbiamo chiamata.

 La preghiera si alimenta con l’ascolto della parola di Dio che leggiamo nel vangelo, che leggiamo nella vita, che leggiamo sul volto dei fratelli e nelle loro necessità di amore e di aiuto. Anche la modestia del nostro tenore di vita, una misura peraltro sana nel soddisfare le esigenze del vivere quotidiano, la sobrietà nell’uso delle cose, del cibo, delle nostre possibilità, possono renderci liberi per questo ascolto, e pure attenti e responsabili degli altri.

E qui ecco la mano di Gesù agli uomini, mano che ci sorregge e ci insegna a muovere i nostri passi da fratelli, gli uni verso gli altri. La mano di Gesù è l’amore, dicono anche qui le prime note del vangelo, è una mano che si tende verso il povero, l’ammalato, il lebbroso, il peccatore, e lo tocca senza paura di venire infettato dalla miseria che incontra o che gli si fa incontro, e che la comunione con il Padre gli chiede di non fuggire, ma di portare e di guarire. Gesù segue i passi dei poveri o si fa trovare là dove essi si nascondono, vergognandosi della loro condizione, il ciglio della strada, gli angoli delle piazze, i luoghi solitari. Se invece, questi poveri, sono peccatori non teme di visitarli nelle loro case e nella loro sicurezza di sentirsi a posto, nella loro illusione e presunzione di essere creditori di Dio. La via di Gesù, il suo passo è sempre l’amore, la su mano agli uomini è la carità.



Fin qui la nostra riflessione. La possiamo continuare in modo molto concreto leggendo alcuni tratti del messaggio del Papa per questa Quaresima.


“Il nostro impegno è fissare lo sguardo sull’altro, prima di tutto su Gesù, e ad essere attenti gli uni verso gli altri, a non mostrarsi estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. Spesso, invece, prevale l’atteggiamento contrario: l’indifferenza, il disinteresse, che nascono dall’egoismo, mascherato da una parvenza di rispetto per la «sfera privata». La voce del Signore chiama ognuno di noi a prendersi cura dell'altro. Dio ci chiede di essere «custodi» dei nostri fratelli di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell'altro e a tutto il suo bene. Il grande comandamento dell'amore del prossimo esige e sollecita la consapevolezza di avere una responsabilità verso chi, come me, è creatura e figlio di Dio: l’essere fratelli in umanità deve portarci a vedere un altro se stessi, amato in modo infinito dal Signore. Se coltiviamo questo sguardo di fraternità, la solidarietà, la giustizia, così come la misericordia e la compassione, scaturiranno naturalmente dal nostro cuore.
L’attenzione all’altro comporta desiderare tutti il bene, sotto i vari aspetti: fisico, morale e spirituale. Il bene è ciò che suscita, protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione. La responsabilità verso il prossimo significa allora volere e fare il bene dell'altro, desiderando che anch'egli si apra alla logica del bene; interessarsi al fratello vuol dire aprire gli occhi sulle sue necessità. Stiamo in guardia dal pericolo di avere il cuore indurito da una sorta di «anestesia spirituale» che rende ciechi alle sofferenze altrui. Nella parabola  del buon Samaritano, il sacerdote e il levita «passano oltre», con indifferenza, davanti all’uomo derubato e percosso dai briganti, e in quella del ricco che banchettava lautamente, quest’uomo sazio di beni non si avvede della condizione del povero Lazzaro che muore di fame davanti alla sua porta .Questi comportamenti sono il contrario del «prestare attenzione», del guardare con amore e compassione.
Che cosa impedisce questo sguardo umano e amorevole verso il fratello? Sono spesso la ricchezza materiale e la sazietà, ma è anche l’anteporre a tutto i propri interessi e le proprie preoccupazioni. Mai dobbiamo essere incapaci di «avere misericordia» verso chi soffre; mai il nostro cuore deve essere talmente assorbito dalle nostre cose e dai nostri problemi da risultare sordo al grido del povero. L’umiltà di cuore e l'esperienza personale della sofferenza ci risveglino alla compassione e alla solidarietà.
Il «prestare attenzione» agli altri comprende la premura per il loro bene spirituale, al quale si concorre anche con l’aiuto e la correzione fraterna. Siamo sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli.
E’ importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Non bisogna tacere di fronte al male. A volte, per rispetto umano o per semplice comodità, ci si adegua alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono il vangelo e non seguono la via del bene. Il rimprovero cristiano, però, non è mai animato da spirito di condanna o recriminazione; è mosso sempre dall’amore e dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene del fratello.
E’ un grande servizio quindi aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria vita e camminare più rettamente nella via del Signore. C’è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona, come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi.
La  comunità tutta allora non cessa di fare penitenza e di invocare perdono per i peccati dei suoi figli, ma si rallegra anche di continuo, gioisce e si adopera per il bene e la carità che in essa ci sono… Attenzione agli altri è anche riconoscere il bene che il Signore compie in essi e ringraziare con loro per i prodigi di grazia che il Dio buono e onnipotente continua a operare nei suoi figli. Quando un cristiano scorge nell'altro l'azione dello Spirito Santo, non può che gioirne e dare gloria al Padre celeste.
Questo tempo della Quaresima, come tutta la nostra vita, è prezioso per scoprire e compiere le opere di bene, essendo la tentazione della tiepidezza, del soffocare lo Spirito, del rifiuto di «trafficare i talenti» che ci sono donati per il bene nostro e altrui, sempre presente.”


E’ tempo per tenere una mano a Cristo e con Cristo a Dio, di tenere una mano a Cristo e con Cristo ai fratelli, per stimolarci nella carità, per giungere alla piena maturità di Cristo, per fare la sua stessa via.





mercoledì 22 febbraio 2012

NEL SEGRETO


 ("Mercoledì delle ceneri")

La luce radiosa di questo mattino
colora il grigio cenere del nuovo cammino,
annuncio quasi anticipo di primavera
che nella pasqua di Gesù fiorisce bella e vera.

Un passo non oscuro e dolente mi chiama,
mi conduce con sé Colui che ama,
ed inizio di vita ritrovata e risorta
lo Spirito verso la pienezza mi porta.

Dei colori dell’amore non manchi nessuno,
tra tutti brilli carità, preghiera, digiuno.
Gioioso pianto il mio andare,
è perdonato il peccato, sono libero di amare.

Nel segreto del cuore cresce l’amore,
riconcilia, dà pace, perdono ad ogni dolore
che umana superbia infligge al fratello vicino
facendo triste e pesante il comune cammino.

Nel segreto del cuore la preghiera matura,
abbraccio sostiene sulla via sì dura,
il passo si fa lieve e desiderato,
ascolto, scopro, gioisco di essere amato.

Nel segreto del cuore il dono di carità
urge per il fratello nell’angosciosa povertà,
non trattiene condivide generoso il pane quotidiano
del Padre segno, sua provvidenziale mano.

La luce già riscalda, illumina il viso,
ogni passo che m’attende apra al sorriso,
confesso il peccato, ancor più l’amore.
Lo fa tempo di grazia e non di mestizia,
dal segreto del cuore al mondo
già venuto il perdono, germoglia pasquale letizia





domenica 19 febbraio 2012

PER BENE

(dalla pienezza di una settimana!)


Il tempo incalza, il ritmo freme, progetti e programmi,
ricorda: annunci il vangelo solamente se ami!
Corse, incontri, pensieri, tentativi generosi
cercano la vita pieni di fiducia,
e sempre più osi.

Discorsi, fantasie, anche vuote parole,
oscurano il cuore a non vedere il sole,
la luce sua bella, calda e radiosa,
l’unica che ama,
lavora paziente senza posa.

Di questa sii limpido specchio e umile raggio,
cammina lieto, servi contento, ama con coraggio,
tu fai il resto, ma Lui fa tutto, per bene,
le tue son briciole e gocce di sudore,
benedetto e prezioso viene dall’amore.

A volte lacrime brillano tra sorrisi,
gioia e fatica mai son divisi,
fecondi di vita, ricchi di speranza
quando il povero triste e il bambino bello
l’uno e l’altro verso di te avanza.

Non far preferenza, accogli e ama tutti,
 il cuore, le braccia  ad ognuno offri e butti.
Occhi di bambino guardano stupiti e non sanno,
mani si tendono, in dono lasciano ciò che hanno,
non è molto, forse poche parole balbetta ancora,
lezione d’amore per giorno, notte, ed ogni ora.

La settimana va, a servire la settimana viene,
l’impegno chiama, il passo c’è, la responsabilità tiene,
porta l’umana tua “barella”,
non più di dolori giaciglio,
parola stupenda t’accompagna, “figlio”.




OMELIA


7° Domenica B -19.02.2012
 
Marco 2,1-12

Gesù non è soltanto un uomo di buon cuore, determinato a volere il bene del povero, capace di immedesimarsi nelle condizione di costui, come ci mostrava il vangelo di queste domeniche. Vi è in  lui un’autorità speciale, che la gente gli riconosce a differenza dei sapienti scribi che lo contestano, e questo la dice lunga anche sulla nostra disposizione errata o pregiudizio con cui siamo la davanti a Gesù. In forza di questa autorità che è la familiarità stretta con il Padre suo, Gesù libera dal male, rialza, riabilita e conferma l’amore a chi, per una mentalità sbagliata si sente maledetto e castigato. Questi i gesti precedenti a quello che conosciamo oggi. Un gesto di grande estensione e profondità nei confronti di un uomo paralizzato, malattia che è immagine dell’umanità tutta e di ogni umanità paralizzata non nel corpo ma nel cuore, nello spirito, a causa del peccato, come nelle espressioni più umane del vivere. Gesù va oltre la guarigione fisica, e punta subito a quella profonda, mediante il perdono. «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Diagnosi e terapia con risultati immediati.

Diagnosi. Quante indagini oggi, esami clinici, con annessi ticket, per valutare sintomi e malanni che ci affliggono. A Gesù basta uno sguardo e una parola.

“Vedendo la loro fede”: Gesù vede l’intraprendenza dei quattro che gli calano davanti il povero ammalato, vede sopratutto in questo azzardato gesto la loro fede, vede quanto di buono c’è in loro, sempre in questi quattro e forse, ma soltanto forse (poiché niente è detto di lui) nel paralitico.
Si accoglie davvero chi è nel bisogno, e ci si dispone ad aiutarlo, vedendo e lasciandoci stupire da ciò che di buono vi è in quella persona. Inoltre, questo episodio del vangelo, dice che sono gli altri, la loro fede, lo strumento della mia salvezza, e se la mia paralisi spirituale e morale mi impedisce di avvicinarmi a Gesù, sono gli altri con la loro pietà a portarmi sulle loro braccia.. Diventiamo così gli uni per gli altri occasioni di grazia e di aiuto, ci facciamo carico gli uni degli altri con la nostra preghiera e con gesti di carità perché lo sguardo di Gesù ci raggiunga tutti.

E oltre lo sguardo, decisiva per la diagnosi è la parola “figlio”, una parola che dice tutta la compassione, tutta la solidarietà, tutta la volontà di intervenire a sanare. Quando il nostro sguardo sugli altri e la nostra parola che lo spiega sono d’amore, la diagnosi è meno impietosa, è veritiera, perché tale deve essere, ma non crudele e senza speranza, qualunque sia il male. La parola buona e affettuosa, “figlio”, con cui Gesù si rivolge all’ammalato contiene già la guarigione. Gesù chiama “figlio”, ed è Dio che lo fa attraverso Gesù, chi è paralizzato non tanto nel corpo, ma nello spirito dai peccati. Se la diagnosi è difficile, e solamente allo sguardo di questo singolare medico del corpo e dell’anima compete, la terapia si rivela efficace a partire dalla parola buona che l’accompagna.
Dello sguardo ammirato di Gesù e della sua amorevole parola, possiamo essere eco l’uno per l’altro,  ed ecco anche la terapia con immediato effetto che ci regaliamo: “Ti sono perdonati i tuoi peccati”.

La terapia di cui abbiamo bisogno è il perdono. Perché possiamo prendere con noi  la “barella” della nostra povera umanità fino a questo momento paralizzata, e farcene carico non più con vergogna o come castigo, per prenderla sotto braccio non da irresponsabili ma come un trofeo, è necessario il perdono di quel rifiuto dell’amore di Dio e degli altri, dalle tante manifestazioni, che va sotto il nome di peccati. Forse non abbiamo ancora lo sguardo di Gesù che vede la fede e la ferite degli altri, la sua Parola amorevole e efficace non riusciamo ancora a farla nostra, almeno ci sia in noi la meraviglia e la lode che ci aprono a tutto ciò.




domenica 12 febbraio 2012

ANNIVERSARI


10, 20,25, 50, 60,
non importa il numero,
carezze, baci,abbracci,
non sono mai in esubero.

Sposi semel, sposi sempre,
fino a che morte non separi,
sposi preziosi oggi più rari.

Alcova e cucina portano letizia e non danno,
gli amanti si guardano negli occhi luminosi
e si tengono stretti indissolubili la mano.

Fedeltà nome forte dell’amore,
motivo sorprendente di stupore,
rossori, sentimenti, emozioni,
sono sempre validi e mai finzioni.

Frutto bello dell’amore è dei figli la vita,
felice o difficile sempre gradita,
dono e mistero di infinità carità,
seme e scintilla di stupenda eternità.

Agli sposi d’argento, d’oro e diamante,
il giusto premio non è mai distante;
è la persona cara e amata,
luce degli occhi e gioia del cuore
della famiglia fonte fresca d’amore.

Conta i giorni a venire della bella scadenza,
chi di sorrisi e fatiche d’amore non può far senza,
con un po’ di invidia, il grazie di tutti e quello mio
è per voi, sposi, che siete vangelo vivo e volto di Dio




OMELIA
6° Domenica B – 12.02.2012

- Marco 1,4-45

Ogni domenica prendiamo in mano il vangelo, lo leggiamo, lo ascoltiamo, lo mettiamo nel cuore, incontriamo Gesù per conoscerlo sempre di più. E per conoscere Dio che è il Padre suo; per conoscere anche noi stessi che di dio siamo parenti, suoi figli. In questa conoscenza non c’è la teoria della vita, c’è la vita stessa, la sua salvezza, bellezza o pienezza, come si voglia dire.
Cosa conosciamo oggi di Gesù, di Dio e di noi, dall’incontro che il vangelo ci narra?

1. Gesù è un uomo di buon cuore. A lui ci si rivolge dicendo: "se vuoi", espressione con cui ci si affida alla sua sensibilità e bontà.  Ci si consegna, nella nostra povertà e miseria, confidando che lui possa fare qualcosa di buono per noi.  Dire ad una persona  “se vuoi” significa manifestare umiltà e porre fiducia in lei, condizioni necessarie per promuovere il bene. Gesù tende una mano per guarire il lebbroso, ma questi tende a sua volta la propria mano forse monca della dita in quella supplica “ se vuoi”. Così ci rivolgiamo anche a Dio nella nostra preghiera quando diciamo “sia fatta la tua volontà”. E per quanto sta a Lui  questa volontà di bene non ci è mai negata.
Così vorremmo essere gli uni per gli altri: persone di buon cuore sulle quali gli altri possono contare, e alle quali gli altri affidano le loro fragilità e miserie, speranze e desideri. Non temono di rivolgerci a noi, ma sono gli incoraggiati dalla bontà che traspare dalla nostra persona. Essere persone di buon cuore che gli altri non hanno paura di avvicinare.Se uno mi comanda di far qualcosa forse resisto, ma se chiama con sincerità in causa il mio buon cuore non posso resistergli. 


2.  Gesù mostra un cuore determinato nel volere il bene della persona, la sua guarigione nel caso del lebbroso. Ma quale guarigione? Non solamente quella del corpo e nemmeno quella dall’emarginazione sociale a cui la malattia lo condannava. C’era un male più profondo in quell’uomo, conseguenza della mentalità del tempo, e cioè davvero si considerava un rottame, un fallito, uno colpevole senza saper di cosa per trovarsi in quella situazione, non aveva stima di sé, non si voleva più bene. Gesù possiede un cuore che non può tollerare che un uomo viva questa condizione, s’inganni così, non può accettare il male, accettare che quell’uomo abbia ribrezzo di sé e allora non solo si commuove, non solo prova compassione, ma anche rabbia e determinazione. “Lo voglio, sii purificato. Rialzati, riprendi la stima di te, di chi sei amato da Dio,e io te lo dimostro.” Sì, anche Dio è determinato a non lasciarci nel male, lo riconosciamo nella preghiera, “liberaci dal male”. E pure noi vogliamo esserlo, capaci di commozione e compassione, ma anche di santa indignazione e azione, con un cuore che non può accettare di vedere soffrire una persona, che non può e non vuole lasciarla in balia della sua miseria o depressione. Un cuore che ci porta a fare il bene e togliere di mezzo il male.


3. Un cuore così ha le sue conseguenze anche per noi, come per Gesù. Egli, paradossalmente, prende il posto del lebbroso. Questi era condannato a vivere fuori di città e villaggi, lontano dalla gente,era un emarginato a causa della malattia. Gesù diventa un emarginato a causa dell’amore che profonde, certo un emarginato che viene da tutti cercato, annota il vangelo, ma questo gli crea dei guai e una esistenza  non facile. Egli possiede un cuore che lo porta a conoscere, a vivere in un certo senso, la condizione di chi vuole aiutare. Dio ha mostra questo cuore appunto prendendo posto tra gli uomini proprio con Gesù. Anche noi dobbiamo sapere che se abbiamo, quali discepoli e imitatori di Gesù, buon cuore come Lui e come il suo determinato, possiamo trovarci nella situazione di non avere più vita tranquilla, di non avere più pace, ma di dare vita e di dare pace. Forse questo è vangelo, questo è amore!



sabato 11 febbraio 2012

FRAMMENTI di VITA


LEZIONE !

Oggi pomeriggio l’ennesimo “fratello” marocchino! Mi è stato mandato: da chi? Da una persona amica, da Dio, da una necessità enorme quanto l’angoscia che manifestava? L’ho accolto con malavoglia, diventata fastidio quando ho visto che altre volte l’avevo aiutato. “Ancora? Ma non è possibile. Ci sono pure gli altri. E anche più gravi". 
Ma chi è il "più grave"? E' colui che mi sta davanti in questo momento, e non coloroche potranno venire e ai quali mi ritroverò a dire le stesse cose.
Ero incapace di aprire cuore e portafoglio, mentre lui, con occhi supplici e qualche balbettio, si scusava e implorava. Alla fine gli ho dato la somma per cui mi era stato mandato. 

Più tardi alla fine della Messa, condividendo questa amarezza e imbarazzo con chi mi aveva coinvolto, ho raccolto l’invito a dare accoglienza e ascolto per poter un po’ comprendere la situazione drammatica in cui questi “fratelli” si trovano, derivante anche dalla loro mentalità con cui guardano alla vita e alle loro relazioni parentali. Sono davvero poveri. 

Ho pensato che c’è sempre il pericolo di chi ne approfitta, ma chi non rischia non…ama. Certo se io avessi famiglia, bollette da pagare, scadenze a cui far fronte… capirei anche il diniego o la “contata” l’elemosina con cui a volte sono accolti questi poveri. Non manca la generosità nelle nostre case, anche se una mentalità di accoglienza da parte di un maggior numero potrebbe aiutare di più chi viene nel nostro paese e suona alle solite cinque porte. Un po’ per ciascuno è una benedizione per chi fa fatica ad avere di che vivere per mancanza di lavoro o sostentamento dignitoso. 

A me invece non manca, grazie alla comunità, quello di cui ho bisogno, e per il momento non  ho particolari preoccupazioni…Se vi saranno delle necessità, vi sarà anche la provvidenza. Ci sarà sempre resistenza quando qualcuno mi chiederà aiuto. A volte mi sembrerà opportuno, poiché impossibile, non esaudire chi domanda. Mi resterà l’amarezza, la vergogna, tenterò di giustificare…Che sia salutare anche questo rimorso incolpevole! 
  
"Così non risolviamo il problema", mi dice una persona amica. 
Penso che non si tratti di risolvere il problema. E' compito delle istituzioni e delle leggi. Dobbiamo insistere perchè facciano la loro parte. 
Il problema che mi riguarda, invece, è questo: chi è nel bisogno si senta amato, si senta partecipe della famiglia, sappia che mi è caro come uno dei nostri. No, non si risolve il problema, ma si dice a questo fratello: "ti voglio bene". 

Facciamo in modo che sia giusto ed evangelico, con l’aiuto di altri, sia facendoci insieme carico delle persone in necessità che si presentano sia ricercando un saggio, prudente e coraggioso consiglio, “avere buon cuore per accogliere e ascoltare, essere determinati nel non tollerare che altri soffrano e nel togliere il male, accettare di essere io emarginato… per amore” (pensieri all’omelia del giorno!). Per dire con l’atteggiamento e la parola che i poveri ci sono cari, che sono parte di noi, perché così è Dio con noi!

Questa sera, alla porta della chiesa, dove solitamente accolgo e saluto chi viene per la Messa, una persona mi ha messo inaspettatamente in mano una busta. Era la somma esatta che io avevo dato al fratello marocchino!



venerdì 10 febbraio 2012

BRICIOLO DI VITA


Minuto, leggero, gentile,
su lembo di Pra’ verde
imbiancato cortile,
saltellava,
la testa, le piccole ali muoveva,
chi avrebbe detto che ancora viveva?
Rumori di passi l’han destato,
se n’è volato,
debole cinguettio, sommesso respiro,
posando su fragile ramo caro,
se non dal freddo, da ogni intruso riparo.
Minuscola creatura, di ogni peso senza,
suscita tenerezza e chiama provvidenza,
Briciolo di vita, di piume, di canto,
a noi stupore e insegnamento rimane,
conta sul Padre,
e viene buona la briciola di pane!



giovedì 9 febbraio 2012

TRASPARENZA

(presenza della piccola Emma alla S. Messa del nonno!)

Trasparenza luminosa occhi innocenti
rivelava l’anima, bellissima!
Era lì davanti.
Quanto desideravo mi entrasse
nel cuore nella vita nello spirito!
Al confine delle mie parole, era lì.
Ad un soffio dai miei gesti,  era lì.
Sguardo limpido sacerdotale di bambina
ricettacolo prezioso di realtà divina.
Bocchiuccia chiusa, occhi sgranati,
sospiro e silenzio curiosi meravigliati.
Era lì, accanto alla mamma,
a Marta in bella fraternità,
Gesù sull’altare e in braccio al papà.
Emma il suo nome e l’Eucaristia
stasera stupore sulla mia via.
Era lì davanti.
E dentro di me trasparenza veniva
commozione, bacio, lode ed evviva!






PASSI

(ritorno da una passeggiata… meditativa)

Berretto calato sulla fronte, calcato sulla testa,
sciarpa di calda lana fin su gli occhi,
mani in tasca nude a sentir la pella,
i passi calmi sull’asfalto degli uomini
vanno i piedi verso volti, cuori, parole e silenzi.

Ora la via è sterrata, asciutta, pulita e sicura,
tutto tace, timido rombo lontano,
il tepore delicato del sole vicino.

La giornata ha preso luce. Domani chissà!
Oggi ancora una carezza, un po’ fredda ma cara,
che ad aprirsi induce.

Grazie per questa pace,
e promessa alberi spogli nella loro nudità
presto rivestiti a primavera sono di verità,
per tutti buon auspicio e  bell’ annuncio
che vivere e dire io non rinuncio.

Foglie scricchiolano sui passi
come semi frantumati a dare vita,
caprette al pascolo singolare odore
guardano mute curiose passare …il pastore.

Un raggio tenta più caldo e luce mi pennella,
tocca nel cuore, è pace, in mattinata sì bella,
vanno e vengono pensieri e desideri,
sospiri e preghiera al Signore sinceri.

Che porterò ai fratelli in cammino?
Sarò per loro Regno che si fa vicino?
La quaresima il capo inchina
a ricevere ceneri e compagnia,
a percorrere insieme di Gesù la via

Silenzio e orazione,
digiuno e azione,
carità, pace riconciliazione,
battiti di cuore che ama,
s’alza, cammina, Gesù chiama.
Nella quotidiana via Egli s’immerge,
muore d’amore ed è vivente,
gioia, luce vita per tanta gente.

Ora m’affascina, parla il silenzio,
mi tiene stretto quest’eremo e il suo sentiero,
invoco pace, benedico il mondo intero.
Qui il tempo vorrei fermare,
è forse tentazione ma per amare
chi Dio non sa e non conosce,
ascolta soltanto le proprie angosce.

Verso casa il ritorno è familiare,
attese, doni da rispettare,
così in ogni tempo e clima il passo va,
sole caldo, neve freddo, vento o pioggia
il respiro è carità!




DILEMMA

La casa, il Regno vicino, la famiglia,
logorano i pensieri, rialza la meraviglia!
Dilemma lacera la vita cara
fatta sorriso dolce e lacrima amara.

I giorni ancora freddi e attuali
si rincorrono mai uguali,
triste, ghiacciato invernale,
o sprazzo di luce, persino sole inusuale.

Scoprirsi e consegnarsi?
Difendersi e non fidarsi?
Dilemma!
Alla temperatura cedere o resistere, può darsi
che uno sia vivere e l’altro ammalarsi,
…forse all’incontrario avviene,
la salute e l’umore niente tiene.

Tenerezza accoglie le miserie,
fermezza provocano le cattiverie,
commozione viene da pietà,
indignazione grida crudeltà,
compassione si fa medicina,
rabbia incontenibile è vicina,
accoglienza e il dolore è mio,
non è assente, freddo, giudice, Dio.

Dilemma tra ferite di spirito, carne, affetti cari,
con lacrime e pianti non affatto rari,
impazienza e decisione non lasciano spazio
al male che cattura e a chi non è mai sazio.

Scegliere non facile il giusto abbraccio
che guarisce e libera chi è provato dal proprio laccio,
tra pianto e grido, compito persino doloroso,
impotente o irruente, sì oneroso.

Altalena dallo Spirito in alto portati
agli estremi di umanità divino-incarnati,
tra lotta e misericordia
nella debolezza la fortezza.
Presenza, sostegno, aiuto, difesa,
silenzio fecondo, fiduciosa attesa,
carezza tenera o gesto forte, a chi dar voce?
Sono seme e armi d’amore vero e dolce!

domenica 5 febbraio 2012

OMELIA

5° Domenica B – 05.02.2012

- Marco 1,29-39

“Il Regno di Dio è vicino!” Così aveva cominciato la sua predicazione Gesù. Ma quanto è vicino? “Dio è vicino!” Ma dove? Ecco la bella rivelazione che il vangelo di oggi ci dà: nella casa! Sì, nella casa dove abitiamo, nel luogo ordinario, quotidiano, feriale della nostra esistenza. La casa: nido di affetti e groviglio di pensieri, laboratorio di progetti, ambulatorio per ferite, custodia della vita; luogo dove anche le gelate della stessa, inevitabili, non solo quelle legate al tempo di questi giorni, quali la malattia e la sofferenza non fanno male, non impediscono l’ospitalità gioiosa e persino il servizio. Il luogo più solito e scontato da dove si fugge tutte le mattine  è luogo di grande vicinanza. 
Certo può essere testimone di qualche screzio, arrabbiatura, scoraggiamento, rivelarsi luogo di febbre, di dolore, di pianto, ma se guardiamo con stupore e con il cuore di Gesù la casa, la nostra casa, come quella di Pietro e di Andrea, è luogo di grazia, dove il regno di Dio, dove Dio si manifesta nella bontà di Gesù. 
Il vangelo di oggi ci apre gli occhi perché possiamo accorgerci che prima che noi andiamo da Dio, è Lui che ci visita e ci guarisce nella nostra quotidianità.


Come Dio entra e si fa presente nella nostra casa?
Il Signore entra nella nostra casa o famiglia perché non ha paura di contrarre le nostre miserie, non teme di sforare o sfidare le convenienze. Gesù va casa di Simone dove c’è una persona ammalata, una donna, in giorno di sabato. Cosa inaudita per le prescrizioni della legge! Tanto meno può avvicinarsi e toccarla come avviene. Eppure Dio è così, partecipe della nostra umanità e Gesù non teme di infrangere quella regola, quella legge dettata da uomini per il bene di una persona. Egli sa bene quale febbre paralizza le nostre famiglia, costringe a non vivere, mette in pericolo la loro salute e serenità. Forse noi che ne siamo in parte colpiti, o ne sono colpiti i nostri cari, non sappiamo che cosa abbiamo, se non che facciamo fatica ad andare avanti, siamo preda di malessere tristezza, ci sentiamo morire, incapaci o stanchi di voler bene e servire.



La suocera di Simone era a letto con la febbre e Gesù “si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano”. Ecco qui cosa e come Egli fa a mostrare Dio e come possiamo farlo noi che lo accompagniamo o lo accogliamo nella nostra casa? 

La vicinanza che non è restare sulle proprie posizioni, non voler nulla a che fare, ma lasciarsi coinvolgere anche se questo può sembrare poco conveniente o recare qualche malinteso; una vicinanza che diventa condivisione, partecipazione a quanto ferisce gli altri e impedisce loro di gustare la vita, con uno stile di tenerezza e di affetto che il gesto di Gesù insegna. 

“Prendere per mano”, senza parole, è più eloquente di mille discorsi, ed è efficace per far bel bene, per rialzare chi è abbattuto qualunque sia le febbre che lo affligge. Un afferrare la mano di chi è provato non semplicemente per commiserarlo, anche se una carezza sincera è già un grande gesto, ma per dare forza, per comunicare quella che c’è in noi la nostra vita. Proprio come ha fatto Gesù: in lui era la vita e l’ha comunicata con tutta la sua forza alla donna. Questa ha ritrovato energia, ma soprattutto dignità di padrona di casa. 

“Sollevare, rimettere in piedi”: questo è il regno di Dio che si manifesta nella casa, nella famiglia, ed è un gesto che tutti siamo chiamati a donarci reciprocamente. Il primo luogo dove il vangelo si manifesta è la nostra casa! Lì viene Gesù, lì siamo noi. Rimessi in piedi, sollevati da questa vicinanza possiamo andare in piazza con Gesù, come racconta ancora il vangelo, cioè aprirci alla vita fuori e continuare a fare il bene che ci ha guarito e stupito.











sabato 4 febbraio 2012

 FRAMMENTI di VITA

" ADORAZIONE "


(confidenziale a tutte le persone che mi sono care!)


Carissime/i,
                   ho preso carta e penna e vi sto scrivendo guardando a Gesù Eucaristia, qui nella cappellina attigua, mentre fuori la neve, soffice, ha cominciato ad imbiancare la terra che tanto mi è familiare. La persona che era venuta a condividere questa sosta di silenzio e preghiera se n’è tornata a casa, anche su mio invito perché preoccupato per la condizione della strada. Ma ella è qui in spirito e amore, come so che lo siete voi, miei cari. Sono certo che non mancate di parlare di me a Gesù, proprio come hanno fatto i suoi amici a proposito della suocera di Simone che era a letto ammalata quando lui è entrato in quella casa. Lo narra il vangelo di questa domenica: Marco 1,29-30.


Anch’io sono in quel frammento di vangelo, perché nella mia casa è entrato Gesù, ha portato il Regno del Padre suo, regno d’amore, di bontà, di pace. Nell’ “adorazione”, cioè nella confidenza più bella e stretta con lui presente nel pane eucaristico, che è tale anche per le mie mani sacerdotali, rivivo l’incontro che avviene presso il giaciglio della donna ammalata.


“Adorazione” è Gesù che si china su di me prima che io possa inchinarmi davanti a lui. Anzi, egli non desidera inchini da parte mia, ma solamente un abbraccio; desidera che io mi lasci guardare abbracciare da lui che mi si fa vicino, familiare, intimo, in modo così nascosto e umile come è un pezzo di pane; lui che non ha bisogno che io gli rivolga suppliche o preghiere. Gli basta vedermi e ascoltare gli altri, voi, che gli parlate di me con l’affetto e la preoccupazione tenera che avete verso la mia persona.


“Adorazione” è bella familiarità per cui Gesù e io ci incontriamo, ci guardiamo negli occhi e nel cuore, senza parlare. Egli conosce i miei pensieri, le mie fantasie, e distrazioni, e non sono queste che lo allontanano; neanche il cattivo umore a cui a volte acciacchi di vario genere, spirituali o pastorali, mi inducono.


“Adorazione” è stare davanti a lui “disteso” nella mia febbre, paralizzato dalla malattia che neppure io so chiamare con il nome giusto e che sfugge ad ogni diagnosi. Ancor di più sconosciuta è la terapia. Ma sono contento, stupito, meravigliato di questa vicinanza o “adorazione” di cui lui mi onora.


E non è inutile, pro forma, ma efficace, perché mi solleva, mi rialza dalla mia prostrazione, dalla condizione di debolezza e rassegnazione che avverto nelle mie membra e nelle mie corse o attività nelle quali mi prodigo.


Sento, credo che Egli mi vuol bene. E’ la mia fede. Credo che Gesù è innamorato di me e mi vuole in piedi; una vita da risorto mi dona. Perché vuole aver bisogno del mio servizio, vuole che io riabbia tutta la mia dignità di persona  che ama e per questo serve la felicità dei fratelli.




Di tanto in tanto alzo gli occhi da queste righe che scrivo con semplicità e senza pudore perché mi sono date come dono che voglio condividere con voi come avviene con le persone più care. Fisso gli occhi con stupore e riconoscenza su Gesù Eucaristia, e avverto che anche le forze del mio cuore si rialzano, riprendono vigore, sono confermate e benedette. Gesù non mi tiene chino, mi chiama accanto a sé, nella mia casa, o meglio nella sua casa dal momento che ora il Regno è venuto ad abitarla. Sono io l’ospite e Lui il mio Signore!

Mi prende per mano! Ecco il cuore dell’ “adorazione”, della confidenza, dell’intimità dell’amicizia e della preghiera! Gesù mi prende per mano come lo sposo la sposa, come il padre il figlio, come l’amico colui che gli è caro, mi trae a sé, mi comunica la sua vita; mi unisce a sé e nello stesso tempo si appoggia a me. Mi offre “adorazione” e cerca “adorazione”.


Carissime/i, mentre mi rialzo, il mio pensiero, il mio sguardo, la mia preghiera, sono anche per voi, perché anche voi vi rialziate e non abbiate a temere nessuna febbre, nessuna malattia del corpo o dello spirito. La mia mano è in quella di Gesù, l’altra e per voi. Una mano a Gesù, e una mano a voi, per godere della vostra amicizia e aiuto, ma pure con il desiderio di trasmettervi un po’ della forza e dell’amore che lui mi dà.


Sto per concludere questa mia sosta davanti a Gesù Eucaristia, ma lui stesso starà presso di me tutta la notte, come sempre fa. Continuerà la sua vicinanza e la sua mano non mi lascerà. Né lascerà voi! 

Un segno?
La neve che aveva cominciato scendere ha steso un leggero manto bianco. Le strade rimangono un po’ infide. Ma ecco…due persone entrano nella cappellina e mi chiedono di fermarsi un po’ con Gesù e con me…La mano del Signore non si è fatta per nulla corta; si è prolungata nella vicinanza, nella preghiera di chi non teme né febbre né neve. L’amore, l’ “adorazione”, scioglie la seconda e vince la prima.


Vi auguro una notte serena nella mano di Dio e dei vostri cari.

Don Francesco