sabato 23 aprile 2016

DOPO e... VERSO LA TEMPESTA !

(...in giorni d'attesa!) 

 
S’allunga lo sguardo
alla pianura e monti,
s’allarga il cuore
a rimirar bella luce,
a respirar calore.

Sprofondano occhi
di meraviglia pieni,
nubi nere e tuoni
han passato la mano
a cinguettii e dolci suoni.

Qui su colle di grazia
a ricever carezza,
m’affascina la voce
di tanta corte d’amore
e diventa generosa foce.

Non solo parole buone,
certo tenero abbraccio,
vado in sicura mano,
ora son lieto e forte
non aver posto fiducia invano.

Ancor verranno violenti
venti di tempesta,
mai la vita sarà distorta,
avanti a me sta, cammina,
accoglie, apre, colui che è la porta.

“Portinaio” mi fa
a fratelli e sorelle cari,
ministro di vita sicura,
lotta, gioia, ferite e grazia,
sono date senza misura.

Libera e consola
l’evangelica guarigione
a chi domanda felicità,
benedizione coraggiosa
nell’invitta cruciale carità.

Né tenebra né spiriti
ad oscurare la terra,
attende la sua bellezza,
fugga ogni nube avversa
del Pastore la bontà e saggezza.

Confido in Lui
di Misericordia sorgente,
acqua viva zampilla,
sangue versato in amore,
intercede forte nella fede,
la Madre del mio Signore.


OMELIA

 
4° di Pasqua C – 17.04.2016

- Giovanni 10,27-30

“La mia voce, la mia mano!”. E’ misericordia!
Che cosa cerco in chi mi ama? che cosa desidero da chi mi vuol bene?
La dolcezza e la sicurezza! Io le trovo in Gesù e in chi mi ama come Gesù!

Egli, il risorto, il vivente, è qui! Raggiunge i suoi che, rassegnati, erano andati a pescare per andare avanti, benedice la loro fatica, mostrando premura li convoca a mangiare attorno a sé, e riserva a Pietro, che l’aveva rinnegato, un nuovo incarico di grande fiducia: “tu pascerai il mio gregge, ti prenderai cura delle mie pecore”. In quale modo e con quale cuore questo avverrà, lo intuiamo dalle parole del vangelo di oggi tratte dalla similitudine del buon pastore, del bel pastore che Gesù è.

In queste poche parole io scorgo quello che cerco e desidero trovare in chi mi vuol bene. Ecco perché mi affido a Lui. e di riflesso vorrei poter anch’io, nel  ministero che svolgo in nome di Gesù – ma potrebbe essere per ciascuno di noi nella propria vocazione – manifestare questa singolare misericordia, un cuore ricco di tenerezza verso gli altri. Dicevo: la dolcezza e la sicurezza, offrire dolcezza, un affetto caldo, tenero, e dare  sicurezza, un amore forte che difende e protegge.

La voce e la mano. Così si esprime la misericordia!

Provate a riandare con la memoria al vostro primo incontro, agli sguardi che si sono incrociati, ai convenevoli che vi siete scambiati, alle parole che vi siete detti (se le ricordate!)… Io penso, non sbaglio di molto, se dico che un effetto forte, tutto particolare, quello che vi ha preso il cuore, è stato il modo con cui si è rivolto a voi, il tono usato, la voce. La voce vi ha ammaliato, affascinato, calda, dolce sicura, anche semplicemente educata e rispettosa…le parole, magari non le ricordate, ma il suono, il tono, la musica, di quella voce ancora vivo. Certo la voce può essere ingannevole. Ma questo, purtroppo succede tra noi. Ma è la voce rivela quello che c’è nel cuore: commozione, aggressività, richiesta di aiuto, simpatia…
Allora io mi alleno ad ascoltare la voce del Pastore, sapendo che non può che dirmi cose buone, mi piace riudirla più volte, le cose mele faccio ripetere, non perché non ci credo o non sono d’accordo ma perché la voce mi riempie il cuore. “Parla, Signore; dimmi quello che vuoi, ma parlami. Io ti ascolto”.
“Quante volte te lo devo dire?” “Tutte le volte che voglio ascoltare la tua voce”.
Poi l’ascolto diventa familiarità stretta, intima, sequela. Alla fine la voce mi conquista davvero. Come vorrei che così fosse anche il mio dire, la mia voce, presso di voi e il mio ascoltare la vostra voce!

E poi la mano. “Nessuno può rapire dalla mia mano coloro che il Padre mi ha dato”. E’ la sicurezza di cui ho bisogno presso chi mi ha a cuore e che, anche qui, pure io vorrei garantire a chi amo. “Ti ho dato e ti ho preso nella mia mano; siamo sicuri l’uno nell’altro”.
Il Pastore, poi, che del Padre è l’immagine vivente, è una sicurezza certa dal momento che è disposto, e l’ha dimostrato, a dare la vita per noi. La sicurezza è la condizione di vita che ovunque vorremmo oggi, talvolta anche rinunciando alla dolcezza che giudichiamo magari debolezza, ingenuità, ma alla sicurezza no: nel lavoro, nella famiglia, nella casa, nelle relazioni, nei nostri risparmi, nella salute, nel presente e nel domani… La sicurezza soprattutto e in tutto. Anche nei programmi di vario genere. Per carità, non è da buttare o trascurare. Ma Colui che mi dà quella vera, che persino alla morte la fa, è Lui, Gesù, il Pastore forte perché dolce, giusto perché misericordioso, misericordioso perché ai suoi occhi divento giusto vale a dire degno di amore pur con i miei errori, debolezze e cattiverie.

Carissimi nella voce e nella mano è la nostra salvezza! La bellezza delle nostra vita!






sabato 16 aprile 2016

OMELIA

3° di Pasqua – 10.04.2016

Gv. 21,1-19

Gesù, il Risorto, il Vivente, è qui! Questa la nostra certezza, il cuore, il punto forza della nostra fede cristiana, Per essere confermati in essa si ripete per noi l’incontro con lui di cui ci narra oggi il vangelo. Lo ripercorriamo.

Anche noi, dopo i tempi dei sogni, progetti, attese, con momenti di smarrimento e disillusione – come è stato per discepoli di Gesù che lo avevano seguito fino alla tragica conclusione del Calvario; dopo i momenti tra emozione, paura, immensa gioia ed entusiasmo – quando se lo sono visto davanti Vivente - , anche noi ce ne torniamo alla vita di sempre, alla fatica quotidiana, se vogliamo vivere… Non lo vediamo più e bisogna andare avanti. Coltiviamo ricordi, com’è stato bello, bella Pasqua, bel Natale, belle feste, ma adesso: piedi per terra, rassegnati. Discepoli rassegnati. La nostra vita senza Gesù!… “quella notte non presero nulla”!

Ma ecco, “quando già era l’alba”, e fatica ne era stata fatta, “Gesù stette sulla riva”. Fa loro visita. Non è lontano, assente, non è andato via il Signore. Anche se non lo riconosciamo – “non  si erano accorti che era Gesù”, come succede a noi - Egli è lì. Benedice la nostra fatica. “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. Noi non sappiamo, ma ci vengono date le indicazioni giuste perché il nostro impegno, il nostro ritornare a lavorare insieme, anche se non tutti, sia benedetto. Impariamo a fidarci, perché siamo discepoli visitati, non dimenticati o abbandonati. Egli è qui, sulla riva, sulla barca della nostra vita.Il bene è assicurato.

“Portate un po’ del pesce che avete preso or ora… Venite a mangiare”. Discepoli invitati, attesi e convocati attorno a Lui. Questi siamo e rimaniamo, come quella sera di intima amicizia al Cenacolo, anche se a noi capita di abbandonarlo, di fuggire, di nasconderci. Siamo discepoli chiamati alla comunione, alla familiarità e amicizia con Lui e tra di noi, dove ci nutre. Egli già prepara per noi “un fuoco di brace con del pesce sopra e del pane”, bellissima immagine delle premura con cui ci accoglie sulla riva calma e talvolta sugli scogli taglienti del nostro mare difficile, e li unisce a ciò che possiamo metterci noi, della nostra fatica, da lui benedetta. Amici convocati!

Rimane l’ultimo frammento di questo incontro. Ci parla di Pietro, ma può essere di ognuno di noi. Pietro l’aveva contestato, rinnegato,abbandonato. Gesù poteva avere ben motivo di rimproverarlo più di tutti. , ma,ecco, l’incontro si risolve in una “promozione”, in un nuovo incarico, in un credito grandissimo di fiducia. E Gesù s’accontenta che Pietro dichiari semplicemente di volergli bene – non di amarlo con tutto la propria vita, come quando aveva dettocce sarebbe stati disposto a morire per lui – Gesù s’accontenta , ora del minimo, poi questo crescerà, oh se crescerà! Discepoli promossi alla più grande fiducia, continuamente.

Ecco che cosa siamo, risorti con il Risorto: tentati a rassegnazione nella fatiche ordinarie per andare avanti, ma visitati dal Signore,  convocati e serviti dalla sua premura, promossi alla vita per fare il bene nostri fratelli e far conoscere l’amore di Dio. No, la Misericordia non ci abbandona, e sempre si manifesta nella nostra vita.