domenica 26 giugno 2022

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

13° Domenica C- 26/06/2022

Luca 9,51-62 - Galati 5,1.13-18

Una buona notizia ci è data dalla Parola di stamattina. Paolo scrive: “Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà!”. Paolo indica la libertà quale amore, vero bene, verso il prossimo; amore che ha la sua sorgente e guida in Dio: “camminate secondo lo Spirito e non sarete sotto regole, condizioni, mode, legami, catene imposte dalla mentalità del mondo”. Liberi! Diversamente finiremmo a farci del male, a distruggerci gli uni gli altri, anche nelle più belle relazioni, quali l’amicizia, le famiglie… Non possiamo negare l’ esperienza.

Nell’episodio narrato dal Vangelo, se con umiltà lo ascoltiamo, umiltà che è un inizio di libertà dalla nostra saccenza o sicurezza, riceviamo da Gesù, attraverso le risposte che dà ai tre, due dei quali gli avevano manifestato il desiderio di seguirlo, un’onesta chiarificazione al riguardo..

A colui che gli promette «Ti seguirò dovunque tu vada» . Gesù risponde che non avendo egli dimora fissa, dove posare il capo, non deve pensare di cercare una sistemazione, deve lasciare ogni prospettiva di comodità, qualsiasi interesse che non sia il Regno del Padre suo, e camminare con fiducia. Non si tratta di andare e vivere da sprovveduti, ma “levatevi dalla testa di cercare una sistemazione”, che spesso si rivela egoismo e chiusura agli altri. Incontro all’ignoto, con Gesù!

Al secondo che avanza una richiesta legittima, fondata sul comandamento di onorare il padre e la madre Gesù replica: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”. Con queste parole, volutamente provocatorie, intende che anche le realtà più importanti, più buone e sante, come la famiglia, non devono rallentare, ostacolare, rimandare, impedire, la sua sequela. Le relazioni rischiano di diventare una gabbia quando ci trattengono. Se i legami ci incatenano vuol dire che non sono sani. Un legame fecondo lascia liberi. Lasciare gli affetti più cari per Lui non è tradirli, abbandonarli, ma arricchirli della Sua Grazia. Con prontezza!

Il terzo personaggio, che pone la condizione di tornare a salutare i suoi, si sente dire dal Maestro: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». Io qui vi ho visto, oltre al lasciare la ricerca della sistemazione del primo, oltre il distacco pronto dagli affetti cari come richiesto al secondo, un  nuova distanza da prendere. Gesù invita a non voltarsi indietro, come chi, avendo messo mano all’aratro, si volge ossessivamente a guardare se il solco che ha tracciato è diritto o meno. Se ha fatto bene o no. La vita non è mai lineare, ma è fatta anche di pietre e di buche. Il problema non è non combinare guai, non commettere errori, e neanche andare dritti. Ma andare dietro Gesù, seguire lui anche per vie traverse e porte strette, pur con buche e cadute. Ma dietro di Lui!

Per essere capaci di fare questo occorre una libertà che fonda tutte le altre. Questa manca quando ci comportiamo come i samaritani che non vollero ricevere Gesù. Noi vogliamo permettergli di passare attraverso la nostra vita o preferiamo rifiutare la sua presenza nel nostro territorio? Gli diamo il pass per percorrere la nostra esistenza? Se lo facciamo con fiducia, vedrete!, lo pregheremo di fermarsi e di abitare con noi, uomini e donne liberi!

 

 

 

domenica 19 giugno 2022

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Corpus Domini – 19/06/2022

Gen 14,18-20 - 1 Cor 11,23-26   -  Luca 9,11-17 

Festa del Corpo e del Sangue del Signore, festa dell’Eucaristia che ci riunisce ogni domenica per celebrare il dono di Gesù: il suo corpo e il suo sangue, “il mio tessssoro”. Perché Gesù ci ha lasciato se stesso, poiché tale è l’Eucaristia, in questo pane e vino che diventano, per l’azione dello Spirito santo, la sua persona, viva vera, reale, nella sua umanità e divinità?

L’episodio narrato dal vangelo, la moltiplicazione dei pani, dice l’attenzione di Gesù alla fame della gente. Si premura che attraverso i suoi discepoli, cioè di noi, abbiano di che sfamarsi di cibo materiale i bisognosi. Ma l’episodio è preludio ad un altro intervento più prodigioso e più caritatevole: sfamare con il suo vero corpo e il suo vero sangue dati in cibo e bevanda, nel segno del pane e del vino, trasformati in Lui, il bisogno di vita e di salvezza che tutti portiamo nel cuore. Amore, verità, giustizia, pace, solidarietà, fraternità, vita che non vogliamo mai perdere, ma avere in pienezza e per sempre… la sua stessa vita, anche se non lo sappiamo, sono la fame più profonda che patiamo. Gesù ci ha dato l’Eucaristia per nutrirci di sé, del Suo offrirsi e agire con il Padre in una bella comunione d’amore per il bene nostro, del Suo offrirsi a noi con l’amore che il Padre desidera, cioè che ci ami fino al dono totale di sé. Quindi l’Eucaristia è il nostro cibo di figli suoi e di fratelli tra noi. Tali ci fa sempre più. 

Gesù ci lasciato l’Eucaristia per nutrirci di sé, ma non come clienti di un fast food che velocemente divorano il cibo e poi scappano perché hanno tante cose da fare. Ci ha lasciato l’Eucarestia come ad amici che sono contenti di stare a mensa con l’Amico. Ci ha lasciato l’Eucaristia per adorarlo questo amore fatto carne, fatto pane, fatto cibo; per adorare Dio in questo dono.

Adorare è entrare in stretta familiarità, intimità con Dio, l’intimità degli amanti, di chi si ama. “Adorazione” significa “bocca a bocca”, cuore a cuore. E in questa intimità davanti alla quale ci accomodiamo per la confidenza che Dio ci dona, o ci prostriamo riconoscendone la grandezza, noi gli mostriamo il bene che gli vogliamo, gli diciamo che per noi è importante, che senza di Lui non possiamo vivere, che abbiamo bisogno di sentire che ci vuol bene, che contiamo sul suo aiuto. Ma soprattutto gli rendiamo qualcosa dell’amore che ha per noi, Quando  andiamo a Messa e facciamo la comunione, è Gesù che di dà a noi. Quando andiamo all’adorazione, siamo noi che ci diamo a Lui. Anche lui ha bisogno della nostra presenza, della nostra attenzione amorosa, delle nostre coccole.

Gesù ha voluto rimanere con noi nell’Eucaristia per vivere noi l’Eucaristia, cioè diventiamo Lui e viviamo com’Egli è vissuto.  Diventiamo Suo corpo e sangue, ci offriamo e onoriamo il Padre,  nutriamo e “adoriamo”, nel senso sopra detto, i nostri fratelli. La carità, la comunione con i fratelli, dice la verità della nostra comunione con il Signore e della nostra adorazione, del nostro stare davanti a lui. Nell’inno proclamato prima del vangelo c’è questa invocazione a Gesù Eucaristia, vero pane: “nutrici e difendici”. E allora diciamo con umile riconoscenza e fiducia: Gesù ci sentiamo deboli, lo siamo realmente, sì, nutrici, dacci forza; Gesù, ti preghiamo, difendici dall’egoismo, dalla menzogna, dalla superbia, dalla violenza, “non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal maligno”. Amen. 

 

 

mercoledì 15 giugno 2022

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

SS. Trinità – 12.06.2022

Proverbi 8,22-31  - Rom 5,1-5   -  Gv 16,12-15 

Verità strana, difficile, ma non astratta, quella della SS. Trinità, il nostro Dio, in tre persone, come recita la professione di fede che ci qualifica come cristiani, discepoli di Gesù che ce l’ha rivelata, o almeno fatta intravedere. La festa che la celebra è un’occasione non per comprendere il mistero di Dio, ma per contemplare, per guardare con amore e renderci conto di come nella nostra esistenza noi vi apparteniamo. Un’appartenenza che ci liberi figli di Dio e fratelli tra noi!

La predica, stamane, è in un gesto, in un segno, quanto mai familiare a tal punto che diventa meccanico, superficiale, che facciamo inconsapevolmente, e a volte persino, purtroppo, scaramantico. Peccato! E’ un gesto, un segno, che può esprimere la nostra verità oltre quella di Dio Trinità. E’ il segno della croce: nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo. 

Il mio Dio è Padre! “Nel nome del Padre..” e mi tocco la fronte! Io sono nella sua mente, nei suoi pensieri. Egli mi pensa, mi ha pensato e voluto da tutta l’eternità. Mi ha chiamato ad  un progetto bellissimo, anche se in questo momento non ne conosco i particolari; un progetto che non m’impone, ma che vi offre per la mia felicità, la darmi pienezza di vita e di amore; per la felicità di chi mi ha messo accanto, perché l’umanità sia ricca anche della mia persona, e dei miei doni che Egli mi ha fornito volendomi al mondo. Io sono nella mente di Dio! Ma anch’io voglio avere Dio nella mia mente, nei miei pensieri! Questa è la fede!

Il mio Dio è il Figlio Suo, la Parola Sua fatta carne in Gesù. “…e del Figlio…” e mi porto la mano al cuore. Egli mi ha nel cuore, mi dona la sua amicizia, la sua fiducia, mi con fidai suoi segreti. Mi ama e mi insegna ad amare. Mi fa conoscere l’amore del Padre che è la stessa Misericordia. Nella sua unicità di Figlio primogenito del Padre mi ricorda che c’è una molteplicità di fratelli a cui voler bene, poiché l’amore è inclusivo e non esclude nessuno, non ha confini di spazio o di tempo. Nel nome del Figlio, con Gesù nel cuore, seguendo il suo esempio, io voglio amare. Al Suo comandamento io voglio obbedire. La sua carità vive in me!

Il mio Dio è lo Spirito Santo! “…e nello Spirito Santo!”. Ah, le spalle! Io sono sulle spalle di Dio, oltre che nel cuore e nella mente. Egli mi porta, io sono il suo “giogo dolce e peso leggero” perché mi ama. E nel nome dello Spirito Santo significa che dà pure forza alle mie spalle. Sotto ogni peso, ogni carico, ogni realtà, ogni responsabilità o situazione che mi schiaccia, è lo Spirito Santo che mi dà Grazia e aiuti adeguati, sapienza, pace, forza, mitezza, coraggio, libertà… Senza di esso non resisto, io schianto, e l’amore, riversato nel mio cuore non ha più forza, e la luce della mia mente diventa incerta. Ma con lo Spirito la speranza tiene!

Ecco la Trinità nella mia esistenza: nel Nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, io vivo.

In modo popolare e confidenziale: testa dritta, cuore il pace, spalle buone. Amen


domenica 5 giugno 2022

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia 

Pentecoste – 05.06.2022

Atti 2,1-11  -  Rom. 8,8-17  -  Gv 14,15-16.23-26

Pentecoste! E’ il 50° giorno dalla Pasqua e cambia la vita dei discepoli di Gesù. Totalmente. E’ la loro risurrezione. Da spauriti che erano, “morti” dentro per quello che era capitato e aver smarrito nuovamente il Maestro dopo averlo ritrovato, anche se li aveva rincuorati con una promessa, “io sarò sempre con voi, verrà lo Spirito”, ora sono totalmente diversi, più vivi che mai. La vicenda che sembrava al capolinea, viene insomma rinnovata dalla forza dello Spirito e quei discepoli sono cambiati in coraggiosi e gioiosi testimoni. Lo Spirito Santo fa questo: ci cambia la vita. Agli apostoli lo Spirito non ha reso le cose più facili, non ha tolto di mezzo problemi e oppositori, ma ha portato nella loro vita verità e amore. “Vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto”, cioè luce alla mente e calore al cuore.

Innanzitutto dentro di noi. E’ lo Spirito che fa vivere e rivivere Gesù in noi, che ci risuscita dentro. Dona lo Spirito, il Paraclito, cioè colui che consola e difende.  Noi tutti desideriamo la pace. Questa non consiste nel sistemare i problemi di fuori – Dio non toglie ai suoi tribolazioni e persecuzioni – ma nel ricevere lo Spirito Santo. E di qui la pace, quella pace che non libera dai problemi ma nei problemi, è offerta a ciascuno di noi.

Nel mezzo dei nostri problemi, nelle situazioni ingarbugliate e di non poca sofferenza, nella responsabilità di dare buon esempio, di prodigarci per il bene, e vedendo che non riusciamo a fare molto, che non siamo buoni testimoni del vangelo nel quale diciamo di credere, persino sollecitati da un nervosismo continuo che fa reagire male a ogni cosa, cerchiamo la pace senza trovare soluzione.

Abbiamo bisogno dello Spirito: è Lui che mette ordine nell’agitazione. Egli è pace nell’inquietudine, fiducia nello scoraggiamento, gioia nella tristezza, gioventù nella vecchiaia, coraggio nella prova. E’ lo Spirito che, come dice oggi San Paolo, ci impedisce di ricadere nella paura perché ci fa sentire figli amati. Ci trasmette la tenerezza di Dio. Senza lo Spirito la vita cristiana è sfilacciata, priva dell’amore, di armonia, senza gioia.

Lo Spirito Santo non porta solo armonia dentro, ma anche fuori, tra gli uomini, tra di noi che siamo diversi nella varietà delle qualità e dei doni. Lo Spirito, che li distribuisce con fantasia, costruisce l’unità, mette, appunto armonia. Quanta ce ne bisogno fin dentro le nostre case, oltre che nel mondo fatto di differenti culture  e fedi! Ci sono vere e proprie divisioni: c’è chi ha troppo e c’è chi nulla, c’è chi cerca di vivere cent’anni e chi non ha di che sopravvivere.  E poi, è paradossale: nell’era dei computer si sta a distanza: più “social” ma meno sociali. Abbiamo bisogno dello Spirito di unità, che ci rigeneri come credenti, comunità cristiana, unità pastorale, e come umanità intera, multietnica, luogo di figli e di fratelli. E vivendo secondo lo Spirito portiamo pace dov’è discordia, rispondiamo al male con il bene, all’arroganza con mitezza, alla cattiveria con bontà, ad uno sguardo che ci odia col sorriso sincero. Sì, solo con lo Spirito è possibile. Egli “viene dov’è amato, dov’è invitato, dov’è atteso” (S. Bonaventura)

Carissimi, invochiamolo ogni giorno: Spirito Santo, pace e armonia di Dio, Tu che trasformi la paura in fiducia e la chiusura in dono, vieni in noi. Dacci la gioia della risurrezione, la perenne giovinezza del cuore.

(cfr. Papa Francesco)