lunedì 30 settembre 2013

OMELIA

26° Domenica C – 29.09.2013


- Luca 16,19-31

La parola di Gesù è per il ricco e per il povero, anche se con possibili differenti risultati. La parola di Gesù è a anche per il nostro cuore, qui stasera, lieto e amico, o abitudinario e pacifico, fin troppo, triste, lacerato da ferite profonde. Perciò dalla parabola narrata per “i farisei che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si burlavano di lui” colgo alcune suggestioni per la mia vita.

1 – “C’era un uomo ricco che vestiva di porpora e di lino finissimo e si dava a lauti banchetti”. Quest’uomo senza nome; definito unicamente da ciò che possiede. E come quando noi diciamo di uno: “quello della macchina grossa” o “quello che ha una splendida villa” o “quello che ha tanti appartamenti” o “quello che ha fatto tanti soldi… Ma non ha un nome! E’ privo di identità vera! Che tristezza!

Davanti a Dio chi ha un nome un volto è il povero! Come Lazzaro, “Dio aiuta”!
Nella povertà, sia essa fisica e materiale, o morale e spirituale, affettiva, noi non siamo sconosciuti. Dio ci conosce per nome, lo porta scritto sul palmo della mano, oltre che custodirlo nel proprio cuore.

2 – “Un povero di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco…”. La “porta” e la “tavola”, quale distanza! Quale abisso tra Lazzaro e il ricco! E’ ciò che Dio non vuole, e che purtroppo diventerà definitivo e tragico per il secondo al termine dell’esistenza. Ne dovremo rendere conto, come mette in guardia il profeta Amos (Amos 6,1.4-7)

Questo tempo ci è dato per colmare le distanze che ci sono tra me gli altri, l’abisso tra chi sta bene e chi soffre. Dio non vuole questa divisione tra fratelli. Tralasciare di fare il bene, omettere il bene, è mantenere le distanze, lasciare gli altri alla nostra porta. Ci sono varie distanze da annullare e abissi da colmare: abissi di odio, di indifferenza, di egoismo…

3 – Che cosa può aprirmi gli occhi e aiutarmi a colmare questi abissi? Non la paura dell’inferno, né particolari miracolo o prodigi, ma la Parola di Dio, la sua familiarità, che insegna ad “evitare queste cose” e “tendere alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza” (1Timoteo 6,11).

Dio, nostro Padre, che ci conosce per nome poiché siamo i tuoi figli poveri che ama, non ci hai lasciato alla porta, ma in Gesù è venuto a chiamarci e ci ha fatto entrare nella sua vita, dandoci la possibilità di sfamarci d’amore.
Ci aiuti a condividere tanta ricchezza di benevolenza, come pure i beni materiali di cui godiamo, così che il suo regno abbia qui già inizio e si compia nell’eternità.

 

 




martedì 24 settembre 2013

OMELIA



25° Domenica C – 19/09/2010

- Amos 8,4-7
- Luca 16,1-13

Parabola di non facile comprensione. Quando poi si parla di soldi, di ricchezza, di beni, anche la riflessione e soprattutto il commento si fanno problematici. Ma incoraggiano le parole di Papa Francesco proprio nell’omelia quotidiana di ieri mattina.

1° - Con questa parabola Gesù non parla per gli altri. Si rivolge ai suoi discepoli. Il che è tutto dire.
Un amministratore accusato di sperperare i beni del padrone, viene da questo licenziato in tronco. Cosa fa l’amministratore? Si procura una scappatoia. Dato che non sa zappare né vuol mendicare, ragiona tra sé, continua a fare quello in cui è bravo: è stato disonesto fin lì, e ora continua a farlo, si fa furbo. Quando uno diventa una cosa sola con la disonestà, non se ne libera tanto facilmente. Si attira così il favore dei debitori del padrone dimezzando il loro debito.
 Il padrone, imbrogliato ancora una volta, lodò l’amministratore disonesto perché aveva agito con scaltrezza. Ma come si fa a lodare una persona disonesta? Evidentemente padrone e amministratore sono della stessa risma, ragionano in base agli stessi criteri. Capita così anche oggi: il disonesto ha ammirazione per i disonesti, anche se poi ci rimette, come succede a questo padrone.

2° -  Ma Dio non loda la corruzione. La parabola loda invece la capacità di cogliere al volo una situazione, l’ acutezza nell'affrontarla, la genialità nell'escogitare lì per lì, sui due piedi, un rimedio. Il comportamento dell’amministratore che sta per essere licenziato diventa per Gesù l’occasione per dire ai suoi, “figli della luce”, ma poco furbi e incapaci di strategie efficaci nella vita, che la medesima determinazione, prudenza, saggezza, vanno messe in atto per la ricchezza vera, per non essere lasciati fuori dalla vita vera nelle “dimore eterne”.

3° - Come si esercita questa scaltrezza o saggezza? “Fatevi amici con la ricchezza disonesta”. Non è un’istigazione alla corruzione, ma “passate ad un uso diverso di quello che possedete, del posto che occupate, delle responsabilità che avete”.
Servirci del denaro sì, ma essere servi del denaro no: è idolatria. Il denaro è un idolo a cui si arriva purtroppo a dare un culto. Possiamo sì cercare un giusto benessere, se lo ricerchiamo per noi e per gli altri insieme: questa è la condizione che lo rende giusto. Ma servire il denaro, cioè dare il cuore al denaro no! Quando al denaro dai il cuore, allora tutto è possibile, allora -come dice con la sua parola veemente il profeta pecoraio Amos-, allora arrivi a comprare il povero per un paio di sandali e lo giustifichi dicendo che queste sono le esigenze del mercato. Amos e il vangelo ci mettono in discussione.  Veniamo qui chiesa, ma il nostro Dio è in banca. Diceva il papa: “ci sono cattolici che vanno a messa e sotto sotto fanno i loro affari”!.

4° - Una parola su questo termine ripetuto insistentemente: ricchezza disonesta. Ma se uno ha lavorato sodo, si è impegnato, ha rischiato, ha sudato correttamente per raggiungere quello che possiede, perché ostinarsi e insistere nel chiamare la ricchezza disonesta? Nelle parole di Gesù la ricchezza è disonesta perché ti fa sentire importante,e così vanità, orgoglio, autosufficienza ti catturano, ti imprigionano. Il denaro è idolo che corrompe. “Non potete servire a due signori, non potete servire Dio e la ricchezza”, è la forte dichiarazione di Gesù. La nostra sicurezza o la mettiamo in Dio, e mettere la sicurezza in Dio significa impegnarsi a condividere quello che siamo e quello che abbiamo con chi non ha…oppure ci affidiamo a questo idolo, che diventa la nostra disgrazia!

Che fare? A fronte di situazioni di ingiustizia e corruzione non basta recriminare, non basta lamentarci . Occorre pensare, inventare, immaginare passi concreti che ci portino - come oggi diceva Paolo - alla possibilità per tutti di "trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità".





martedì 17 settembre 2013

PAROLE...di vita!


                                (… Luca 7,11-17)


Parole mute,
parlano le lacrime,
il pianto alla gola,
occhi velati.

Parole di compassione,
ferma il dolore
il cammino dell’uomo,
apre il cuore.

Parole di vita
toccano la morte,
osa il respiro divino,
e rivive l’umano.

Parole di lode
non trattengono gloria,
l’oscuro timore
si fa luminosa meraviglia.

….

Nubi nere dense,
pretesa di pioggia,
s’adombrano cariche,
foschia ad oriente.

Colline oscure,
perdura l’ombra,
orante l’attesa
porta breccia al chiarore.

Soffio di speranza
allontana pensieri,
mutano le cose, i volti,
il loro colore.

Limpidi i monti,
nitidi di luce,
alzo gli occhi
di stupore velati.

Tempo per vita e amore,
ogni evento è lieto messaggio,
profezia e visita di grazia,
mio Dio,
ora piena luce e salvezza.


















domenica 15 settembre 2013

OMELIA


24° Domenica  C – 15.09.2013

- Es 32,7-14
- 1Tm 1,12-17
- Lc 15,1-32

Con queste tre parabole - le parabole della misericordia- noi tocchiamo il cuore del vangelo, il cuore di Dio. E ci lasciamo toccare il cuore da Dio!
Con delicatezza e stupore vorremmo accogliere questa pagina; magari l’abitudine che abbiamo – l’abbiamo ascoltata tante volte -  ci fa superficiali e frettolosi. Evitiamo pure la durezza che viene dalla pretesa o malintesa convinzione di essere bravi, a posto, in regola come…servi.

Alla fine della parabola più nota, quella dei due figli, il Padre fa conoscere che il suo desiderio grande è di avere figlie non servi in casa, figli amati e non servi interessati o impauriti, filmiche fanno festa con lui e non “scribi e farisei che mormorano” o trovano da ridire sulla sua bontà, perché “riceve i peccatori e mangia con loro”, Gli scribi e i farisei erano infastiditi dall’ intesa, dal feeling tra i peccatori e Gesù. Ne erano scandalizzati.

Se la Chiesa, i cristiani, vuole essere simile al suo Signore dovrebbe scandalizzare per la sua misericordia. Mostriamo di avere conosciuto Dio. Altrimenti passiamo dalla parte dei “mormoratori” o del figlio maggiore della parabola, dalla parte di coloro che non capiscono Dio. Non capiscono Dio, non lo accettano soprattutto.
Il cuore vero della parabola non è tanto un messaggio sui peccatori, ma l’annuncio bello, la “buona notizia” su Dio. Più che la pecora perduta o la moneta smarrita, o il figlio che se ne va sbattendo la porta, in evidenza è il pastore, la donna, il padre di quei due figli. Tutti luoghi e manifestazioni di premura, presenze stupende di affetto.

La pecora, la moneta, il figlio… si perdono. Ma anche Dio si perde. Si perde dietro a uno solo. Dio perde la testa per uno solo. Non siamo una massa indistinta per lui. Ognuno è unico e prezioso. Chi di noi non ha mai perso al testa, il sonno, l’appetito, la serenità, per un figlio, per la persona che più ama?

Nel prima lettura: “ Dio si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo”. Non la minaccia ci sorprende, valutando Dio con le categorie umane nella sua progressiva rivelazione, ma ci appare paradossale il fatto che egli  “si converte”alla testa dura del suo popolo. Dio “si converte” alla fragilità dei suoi figli, dopo aver dato loro la massima e più bella libertà: uno lo abbraccia, l’altro esce a pregarlo! Dio non sa nuocere, non sa punire. Dio che si pente… non è un “padrone”. Non è da servire, ma da amare, soprattutto accogliendo il suo amore e condividendolo con gli altri.
Il suo è cuore di padre, che ama come una madre. Il nostro cuore sia cuore di figli sorpresi, stupiti, felici della sua  bontà.








PREGHIERA


Gesù, Maestro e Signore mio, affido a te la croce che mi sta davanti.
Essa è l’amore che mi precede, attrae, e conduce. Con il dono del tuo Spirito, e la presenza di Maria, dàlle la misura di carità e di abbandono che avevi, perché io voglio credere e annunciare l’amore grande del Padre, unica volontà che dà salvezza e vita.

Gesù, Maestro e Signore mio, primo tra i fratelli e le sorelle cari, nella solidarietà con quanti sono feriti e chiamati all’amore porto la croce che ogni giorno mi viene consegnata. Accanto a chi pena e offre per il suo peso, per la mancanza d’amore, che io metta il mio cuore. Maria è la madre dà conforto, lo Spirito la forza, perché il cuore, questa dimora del Padre è anche la casa dei miei fratelli. In essa trovino pace e festa.

Gesù, Maestro e Signore mio, tu che hai dismesso la condizione divina e ti sei fatto uno di noi, aiuta anche me a spogliarmi, a motivo della croce, a misura dell’amore, di ogni egoismo e ambizione, paura o cattiveria. Una croce di povertà, di bella libertà da ciò che ancora mi lega, diventi spazio e luogo di ricca misericordia, dono di ogni bene che accolgo dal Padre, raccomando a Maria e pongo sotto il soffio dello Spirito Santo.

Gesù, Maestro e Signore mio, per la materna custodia di Maria che la nostra Comunità onora Assunta in cielo accanto a Te, da questo colle, la Croce, la tua vita, il nostro paese, il mondo intero, la mia persona povera, rechino in particolare a quanti soffrono nel corpo, nello spirito, negli affetti, il segno che tutto vince, l’Amore che dà speranza e pace, gioia e festa, da qui all’eternità. Amen






PENSIERI

Commemorazione 100 anni Croce del Monte delle Caldiere – 14. 09.2013

Essere convenuti qui non è una nota di folclore paesano, non è un’iniziativa estemporanea per richiamare l’attenzione della gente. Siamo qui per un gesto di gratitudine, un rendere grazie (appunto “eucaristia”) alla Croce, nel segno di questa grossa croce di pietra, e soprattutto, per Chi sulla croce che noi onoriamo vi è apposto.

La croce per i credenti è vita, a dispetto del suo immediato messaggio che la indica come luogo dove si soffre e si muore, e quindi somma disgrazia; è vita perché misura d’amore. Quanto più la croce ci appare alta, larga, ampia, anche pesante, tanto più, in Cristo Gesù, diventa luogo di un amore alto, largo, ampio, amore che ha un peso decisivo per la vita dell’umanità.

La croce è la vita di Gesù.
La croce è la vita del nostro paese e delle sue famiglie.
La croce è la vita del mondo.

La croce è la vita di Gesù, il riassunto, la sintesi, il vertice delle sua esistenza per gli altri. Qui è la rivelazione più alta dell’amore di Dio, poiché Gesù condivide con il Padre la volontà di amare fino in fondo i fratelli , di amare tutti, anche coloro che lo rifiutano; da qui per tutti effonde il dono dello Spirito che dà la vita.
La vita di Gesù, una via d’amore fino al massimo grado per dire questa verità: Dio mi ama tanto da morire e per questo Gesù ha dato se stesso per me!
Ogni realtà umana che Gesù ha toccato, ogni situazione che ha attraversato, ogni persona che ha incontrato, peccatori e giusti, poveri e ricchi, malvagie buoni, niente nessuno è fuori dalla croce, da una misura così folle di amore, a nessuno è precluso di sostare presso questo luogo, questo trono di misericordia e trovare grazia. Qui ci sentiamo amati; qui siamo a lezione di amore. Sia ad immagine di questa la croce nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nei luoghi di lavoro e di servizio; questo ci ricordi la piccola croce che portiamo appesa al collo e soprattutto quella più pesante che abbiamo nel cuore ferito, ferito perché amante.

Questa croce di pietra è, simbolicamente, è la vita del nostro paese, la storia sua centenaria, segnata da fragilità, dolori, lacrime, lotte, sangue, divisioni, dal peccato nelle sue manifestazioni, ma mai abbandonata dall’amore, dalla provvidenza, datanti bei esempi, dalla misericordia, dal perdono.  Noi non riusciamo a custodire tanti anni di vita, pur con tutte le cronache che possiamo stendere, anche perché la vita è profondità, e la vede, la conosce bene Dio.
Rendiamo grazie di questo sguardo e presenza d’amore con cui, quale testimone, ha accompagnato, condiviso, sostenuto la storia delle nostre famiglie, dei nostri genitori, nonni, avi, e continua  a farlo con noi.
La perdita di affetti cari, la malattia, la morte, la divisione,  la lacerazione dei legami familiari più belli e d’amicizia, ci feriscono profondamente. Abbiamo bisogno ancor oggi della misura folle dell’amore della croce, luogo di perdono, per dare speranza alla vita quotidiana, al cammino della storia.

Questa croce di pietra volge lo sguardo suo e indirizza il nostro oltre noi, le nostre famiglie, il nostro paese. E’ croce sul mondo. E non è più di pietra: è di carne. Il desiderio grande di pace e giustizia, la necessità di fratellanza che unisca le genti, la difesa dell’amore e della famiglia, il rispetto della vita in tutte le sue fasi, l’accoglienza dei bambini esposti alla violenza di ogni tipo, l’accudire con amorevolezza chi è ammalato o anziano, la solidarietà con i più poveri e abbandonati, che cercano lavoro, casa, dignità, libertà, vere croci viventi, carne di Cristo, ci ricorda papa Francesco, ogni persona ferita o deviata da inganni… quale misura alta e vasta d’amore, quale casa di misericordia ci è indicata e offerta dalla croce di Gesù!

Abbiamo, nella nostra Comunità, una presenza familiare che ci aiuta a stare presso la croce non per maledire la vita, ma per coglierne la benedizione. E’ Maria, madre di Gesù, custode del nostro paese. A lei, fisicamente sotto la croce, ma spiritualmente, esistenzialmente, con il Figlio, affidiamo la nostra preghiera, il nostro sospiro, le lacrime, la gratitudine e la speranza, il desiderio forte di una così grande misura d’amore, l’unica più forte del male e della morte. Amen.

 

giovedì 12 settembre 2013

PASSIONE ?


( … l’interrogativo a compimento del 14° anno, alla notizia…!)

Quattordici son compiuti,
verrà l’ultimo
cinto la corona
di dolore e d’amore,
“nascosto con Cristo in Dio”,
dà la vita l’icona del buon pastore?

Passione di carità
il ministero ordinato,
m’abbandono all’abbraccio
paterno forte misericordioso,
la croce offerta all’indegno,
m’affido su “trono” umile glorioso?

Passione di solidarietà
di fraterna vicinanza,
consegnato a forza sorgiva
partecipo il coraggio
in fragilità e umane ferite
che anche il corpo fan santo e saggio?

Passione di povertà,
spoglio me stesso,
la carne, la mente, i sogni,
m’abbasso nell’umano sentire
al progetto divino dato,
l’unico a salvare e stupire?

Passione di libertà
i dubbi e le paure fragili
m’interrogan in quest’ora
sia essa giunta o da venire di là,
innamorata fede pasquale
alterna speranza timori serenità.

Passione di carità
di fratelli amanti premurosi,
vangelo qui a me vicino,
tocca, accarezza, cambia il cuore,
amicizia tenera, preghiera cara,
m’è accanto il mio Signore.

Passione folle d’amore,
Tu sulla croce mia,
io sotto la croce tua,
ancor un piccolo povero bacio,
preliminare dolce amoroso
dell’infinito stupendo abbraccio.





mercoledì 11 settembre 2013

BRICIOLE di VITA

( Bollettino parrocchiale - Settembre 2013)


L' incontro


P. sso Tonale (mt. 1884) - 30 agosto 2013 - note personali

“… aperti spazi il sole illumina,
il cielo azzurro profondo
le nubi fanno più vicino,
su pareti verdi che non soffocano,
danno respiro,
in alto macchiate di bianco,
rigate da acque fresche
di lieto canto e sollievo.
Sopra ogni cosa volti
incontro,
vanno a catturare attimi d’estate
che non siano più ricordo
ma senza confine,
spazi del cuore anch’essi aperti …”



… E così l’estate se ne va, tra due parentesi d’...incontro!
La prima. I ragazzi del campeggio, vacanza (sic!) piena di vivacità, allegria, irrequietezza e voglia di “far rumore” (dice Papa Francesco!); incontro con la vita che è davanti, e chiede di crescere, che a volte si confonde e sbanda, ma anche fa da traino, ha il fiuto dell’avvenire, un pizzico di incoscienza… salutare…

La seconda. Varietà di volti, di cuori, e di età! La persona anziana che ringrazia e benedice, quella che domanda conforto e speranza, la famigliola con bimbi incantati, perle di vangelo, gli sposi che si dicono fedeltà e perdono, il giovane che s’offre alla montagna in arrampicate mozzafiato o colpi di pedale, quasi ad aggredire con passione la vita...

La vita è … “incontro” che non finisce mai. Si prolunga oltre l’estate, il tempo delle vacanze, campeggio o riposo, ferie e  lavoro. “Incontro”, ora piacevole ora impegnativo, ora sorpresa ora responsabilità, ora cercato ora rinviato, ora gratuito ora doveroso…  è sempre la parola prima che apre all’amore!

Carissime/i, nell’ “incontro” io desidero continuare il cammino con ognuno e con tutti voi nella nostra Comunità; con quanti me ne daranno occasione (che io accolgo con discrezione e rispetto) perché la vita ci accomuna con la sete di bene e di felicità che portiamo nel cuore.

Non faccio distinzioni tra anziani, adulti, giovani, bambini, ma, se mi è concesso una preferenza che nessuno esclude, vorrei poter offrire il più sincero, cordiale, amichevole “incontro” a famiglie giovani o ancora giovani, sposi che hanno avuto il coraggio di mettere su famiglia, genitori che conoscono la “passione” di tirar su i figlioli, altri giovani  che nel matrimonio vogliono dare fondamenta e frutto al  bene che li ha messi insieme.

Carissime/i, anche voi avete qualcosa da dirmi e da darmi nell’ascolto reciproco; e poi sono convinto che  l’ “incontro”  non è di sole parole, ma nella semplicità e nella verità dell’accoglienza e dei gesti; nel rispetto della gradualità del cammino di ognuno.

Nelle vostre case o dovunque vorrete, vi confermo la mia disponibilità all’ “incontro”, perché  io sono di Gesù e sono… vostro! Con affetto.

                                                                               don Francesco




OMELIA


Natività di Maria – 08.09.2013

Celebrare questa ricorrenza dell’8 settembre, per noi festa familiare, onorare Maria, la madre di Gesù, persona a noi cara, con il titolo di Madonna di Monte Berico, custode della chiesa vicentina, porta con sé il fresco di un mattino, il clima, il tepore, la tenue e rassicurante luce dell’inizio di una giornata, ci ridà respiro, ci apre alla vita e alla speranza… anche se la giornata si preannuncia afosa, pesante, carica di preoccupazioni e sofferenze.
Il riferimento è alla giornata che il mondo tutto sta affrontando in questi tempi, all’ansia e alla paura che la stoltezza e l’egoismo degli uomini possano recare ancora più distruzione e morte all’umanità già sofferente. Ad ogni risveglio ci auguriamo sia la giornata buona perché abbiano fine tutte le cattiverie che feriscono il mondo. Oggi questo risveglio ci è dato nell’aurora che è Maria, anticipo del sole che unico può dare piena luce e calore d’amore, vera salvezza a donne e uomini angosciati, resi infelici da altri.
Allora viviamo questo giorno di festa prolungando la preghiera e l’invocazione, il grido per la pace che ieri ha unito non solo i cristiani, ma anche donne e uomini di altre fedi religiose, persone di buona volontà che amano la pace.

Come può incoraggiare il nostro cammino, sostenere la fiducia e dare speranza alla nostra storia, alla storia dell’umanità tanto minacciata, questo evento che la fede cristiana oggi celebra? Può ancora la Parola di Dio illuminare momenti tanto bui che sembra ancora notte, e notte profonda? Non possiamo attendere che questo buio sia rischiarato dai lampi, dal chiarore mortale di missili e bombe. Come ci rassicura Dio e come possiamo, paradossalmente ma non troppo, aiutarlo a dare salvezza al mondo? 

La storia, storia d’amore e di salvezza, è nel cuore di Dio , è nelle mani degli uomini.
Innanzitutto la Parola, ascoltata anche questa mattina, ci dice che progetto, desiderio grande di Dio, sono la vita e la felicità dei suoi figli, che siano liberi da ogni male, che abbiano pienezza di bene. Questo egli porta in cuore, e in questo senso agisce interpellando, affidandosi alla libertà dell’uomo, alle sue mani; mani operose nel fare il bene, nell’astenersi dal male; mani che costruiscono  e non che distruggono; mani che accolgono e abbracciano i fratelli, e non mani che impugnano e imbracciano armi di ogni genere per ucciderli.

Ora, mentre il cuore e il progetto di Dio rimangono fedeli, la volontà e le mani degli uomini sembrano volgersi altrove. Ma Dio non demorde, ed anche attraverso fatti, eventi, non facili da comprendere, persone insospettabili o ritenute inadatte, fa avanzare il suo sogno anche su strade difficili, impensabili. Questo fino al punto luce più notevole, la venuta del Salvatore, Gesù, il Principe della pace, come lo riconosce la Scrittura, il figlio di Dio fatto uomo nel seno di Maria di Nazareth di cui festeggiamo oggi la nascita, e che onoriamo e invochiamo, accogliendo l’invito di Papa Francesco, quale regina della pace.

Come è stato per Maria, scelta da Dio, per dare corpo alla salvezza, come è stato per Maria che ha dato la propria responsabili disponibilità, così avviene anche per noi oggi interpellati da Dio e dalle sofferenze di tante donne e uomini nel mondo. Dio non vuole fare tutto da sé, vuole coinvolgere la creatura nel realizzare la sua felicità; l’uomo non può fare tutto da sé, ha bisogno di chi sorregga le sue mani e soprattutto lo faccia partecipe di un cuore grande. Maria di Nazareth oggi nasce e ci apre la via, aurora di una giornata di sole.




venerdì 6 settembre 2013

PENSIERI


Impossibile. Eppure vero.
Una persona intelligente, critica e inattaccabile, 
un’altra vuota, 
una coppia di giovani genitori immaturi, 
un’altra di superficiali, 
persone volonterose e impotenti…

Una giornata dalle più svariate emozioni e sentimenti.
Com’è possibile far fronte ad ogni situazione, ad una richiesta di aiuto o di servizio, a volte da ogni pretesa? Come ‘prendere’ le cose? O le persone.

“Lasciati ‘prendere’ il cuore", mi dice Gesù.
“ Ma sei tu il Pastore”.
“ E tu sei il mio fidato amico e servitore. Sei icona di me.
E il tuo sguardo è il mio!”.

Allora giornata nuova, di nuovo sguardo.
Nulla e impossibile al cuore di Dio.
E incontro…
una persona intelligente, retta,… “non lontana dal regno di Dio”,
un’altra… povera,
una coppia di giovani genitori che… la responsabilità chiede loro di crescere,
un’altra di… semplici e pure volonterosi,
persone impotenti… che non scoraggiano…

Non son più io che guardo, che amo, che vivo.
E’ Gesù che vive in me!




domenica 1 settembre 2013

OMELIE


22° Domenica C – 01. 09.2013

- Siracide 3,17-20.28-29
- Luca 14, 1.7-14

Invitati al banchetto della vita con Gesù e come Gesù, chiamati a sederci con lui al tale festa, Egli non manca di rivolgerci una parola “buona”, anzi due.
La prima non ci risuona, a dire il vero, come tale, ma può farci del bene, e quindi è una parola “buona”.
La seconda ci fa addirittura onore, ci lusinga (come se anche noi ricevessimo una telefonata dal papa!).

Non ci nascondiamo che nella vita, essere primi, i  migliori, essere davanti, è un istinto che ci portiamo dentro. Spesso viene pure alimentato da un martellamento continuo, se non addirittura aiutato da un’educazione errata:  “mi raccomando, devi essere il primo!”).

Mirare il alto in sé non è male, ma quando cercare il primo posto ci mette addosso arroganza, mancanza di rispetto verro tutti e verso tutto, a spese dei più poveri o della legalità, allora no!

Ecco la prima parola “buona” di Gesù: “cedigli il posto”.
Cedilo a chi è più degno di te. Non essere davanti o sopra, prima di chi è umile e mite perché per costoro, dice la prima lettura, Dio ha una preferenza.
“Cedigli il posto”: abbandona i tuoi interessi, la ricerca di prestigio e potere. Dai tu le dimissioni, potrebbe anche dirci. Lascia perdere l’orgoglio, la superbia, l’ambizione che non ti fanno attenti a chi è veramente nel bisogno di trovare posto dignitoso e giusto nella vita. “Cedi il tuo posto”: e tutti noi abbiamo la nostra sedia a cui siamo attaccati.

La seconda “buona” parola”, pienamente “buona notizia” cioè vangelo: “Amico, vieni più avanti!”.
E’ rivolta a chi va a mettersi all’ultimo posto, a chi sceglie per vera umiltà ( cioè non è gonfio di sé) e per mitezza ( non fa a sportellate di vario genere per avere o conservare il posto in prima fila!).

“Amico”. Già questo termine dice la simpatia che il Signore ci riserva, con cui ci guarda; uno sguardo che vede la mia dignità, mi riconosce, mi da del “tu” ma confidenziale.

“Vieni più avanti”, perché il Signore è là, davanti nella vita, non sta indietro. L’amore non è mai dietro, ma sempre davanti” diceva don Primo Mazzolari. Il Signore mi precede e vuole che io sia con lui.

Che bella notizia!. Oggi  mi dice: “non hai motivo di stare indietro, non sei l’ultimo; sei il primo per me, sei unico, sei l’amico, vieni avanti…Riscopri la tua dignità, considera il valor e che tua hai per me; dai, non demoralizzarti”.

Quante occasioni per abbatterci, per vergognarci , per commiserarci di noi stessi, quando non sono gli altri ad umiliarci. E Gesù mi dice: “Amico, vieni più avanti”. Se oggi fossi venuto in chiesa anche soltanto per ascoltare questa parola, avrei già ricevuto un dono grande! E’ una parola “buona” che mi fa immensamente bene.

Voglio che questa parola (me lo insegna ancora Gesù) riferendosi a colui che l’aveva invitato a quel pranzo) sia “buona” per gli altri; questa attenzione, predilezione, amore siano per coloro che si trovano costretti davvero all’ultimo posto nella  vita, nella società, nella chiesa, gli emarginati, i poveri, quelli che sono privi della possibilità di gustare pienamente della vita.
Costoro sono le persone più degne a cui cedere il posto, perché il banchetto della vita sia già qui inizio e segno della festa del cielo.

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21° Domenica C – 25.08.2013

-  Luca 13,22-30

Anche oggi ci è offerta una parola “buona”, una “buona notizia”. Che cosa fa di una parola una parola “buona”? Quando detta a modo, con gentilezza, con attenzione? Quando una notizia è “buona”? Quando non riporta disgrazie, lotte, incidenti, violenze,sofferenze?
Che cosa fa del vangelo una “buona notizia”?
Il cuore che la porge, la bocca che ce la racconta. Gesù è cuore di bontà, bocca di verità, e la parola, la notizia non può che essere “buona”!
E poi la parola è “buona”, e tale è la notizia, quando ci fa del bene. può essere anche poco piacevole, ma ci fa del bene. E’ quello che dice Gesù ci fa del bene, è per il nostro bene.

Oggi è per il nostro bene il richiamo. A chi si preoccupa degli altri, o meglio di sapere degli altri, Gesù dice: “pensa a te stesso, perché tu non ti,preda, non tirocini, tu non abbia la salvezza”.
Dio non castiga , non punisce, non condanna nessuno, ma “tu puoi essere causa della tua infelicità, qui e oltre. Non basta che tu sia qui a mangiare e a bere in mi compagnia. Ci vuole qualcosa di più. Stai attento, sii prudente, sii intelligente nel vegliare”, diceva qualche settimana fa.

L’avvertimento non è minaccia, è amorevole premura come l’amore di una mamma o papà che richiama i figli perché non si facciano male. E’ anche il senso della “correzione” a cui fa cenno Paolo nella seconda lettura.

Altra parola “buona”: “la porta stretta”. Per tanto tempo ed educazione sinonimo di rinuncia, sacrifici, fatica, penitenze, pianto e dolori…Non questo il significato e l’intenzione di Gesù. Certo questo incoraggiamento a “sforzarsi” poterebbe farlo pensare. Ma “la porta stretta” è porta di speranza, è porta nella notte…
Alla notte, al calar del sole, chiudeva rimaneva chiusa la grande porta della città. Nessuno poteva più entrarvi e trovare riparo. Rimaneva una piccola entrata di sicurezza, appunto “ la porta stretta”, una porta di speranza e di salvezza per chi era colto dalla notte buia o dalle intemperie, o inseguito da nemici…Non c’è notte nella vita che non abbia una porta di salvezza! Nessuno, neanche nella notte più nera, è condannato a rimanere fuori dalla vita, dalla pace, dalla sicurezza. La “porta stretta” che ci dà salvezza è Gesù!

Perché in realtà questa “porta stretta” è “il suo cuore largo” che si apre ad accogliere tutti. nessuno esclude, nessuno lascia fuori. Come vorrei che donne uomini smarriti, spaventati, sorpresi dalla notte e dalle sue insidie, si avvicinassero a questa porta,a questo cuore!
Diventiamo noi, dopo averla ascoltata, questa buona parola, questa buona notizia, il vangelo. Noi custodi della a”porta stretta” che è Gesù.