domenica 26 ottobre 2014

ALBA


Tra le fronde
cinguettio
l’accompagna,
colonna sonora
dolce e gioiosa,
il sorgere lieto
del sole.

Lento svelto sale
come palla di fuoco
nel gioco della vita,
spettatori non ammessi
né espulsione,
umane trame
d’amore.

Ora tra nubi
filtra il suo chiarore,
e il garrire di colombi
che s’affiancano
su nudo palo
è preghiera d’incanto
alla luce.

Voci e rumori,
alto danzano i passeri,
tengono lezione, 
s’arrossano,
si fendono le nubi,
partorita
è  la vita.






lunedì 13 ottobre 2014

TEMPO DI GRAZIA !


(… nella visita pastorale
del Vescovo Beniamino!)

Non kronos
il kairòs,
non cronaca
tutto è grazia,
il lieto annunzio,
posta sul monte
e campagna buona,
Monteviale tocca
feconda converte,
a nuovi passi guida

Ministero autunnale
di frutti maturi,
cadono le apparenze
di foglie ingiallite,
tradizione cara
di sempre caldi colori.
e germogli coraggiosi
fan nuova  primavera 
fuori stagione
dentro l’amore

Tempo di grazia,
viene il pastore
di nostra vigna custode,
la Vite cura e offre,
missionario,
per un banchetto
di vini eccellenti
raffinati
i tralci pota,
a spremere più gusto.

Tempo aperto
a missione nuova
il cuore mio
accoglie libero,
una volta donato
non più ripreso,
sarà eterno tempo
di “quel giorno” pieno
d’amore vita festa,
il mio ministero.

OMELIA


28° Domenica A – 12.10.2014

- Isaia 25,6-10
- Filipp. 4, 12-20
- Matteo 22,1-14

In quel giorno preparerà il Signore  per tutti i popoli, su questo monte, (che è tutto dire! E’anche il nostro!) una festa inimmaginabile

Io vivo e, quando sarà il momento, morirò per “quel giorno” (1° lettura) dove morte, lacrime, vergogna e tristezza non sono più definitivamente, ma solo festa e gioia, esultanza.  “In quel giorno” io ci sono già anche se soltanto all’inizio, e verrà la sua pienezza,  con l’alba luminosa delle risurrezione di Gesù!

“Quel giorno” non è soltanto un mio, un nostro, bisogno,  ma è il desiderio, la promessa, il progetto di Dio, una grande festa di nozze in cui tutti si scoprono i suoi figli, e non solo invitati. Dio ci prepara qualcosa di bello, mi diceva una persona. Ma è importante che questa “bellezza” sia in modo vero intesa e ad essa ci disponiamo, come lascia intendere la fine della parabola ascoltata.

Dopo alcune parabole sulla “vigna”, che ci fanno capire che il regno di Dio è lavoro, impegno,  quest’ultima ci dice che è anche festa, convivialità, godimento. Appunto una festa di nozze, un banchetto dove si gustano vini eccellenti e raffinati. E l’idea fissa di Dio è che questa sala di festa sia stracolma. Di cattivi e di buoni.

Noi che siamo ora tra gli uni e ora tra gli altri, di inviti ne riceviamo continuamente. Le stesse vicende dell’esistenza ce li recapitano: persone, incontri, fatti avvenimenti, … Vogliamo essere pronti in ogni situazione, nella sazietà e nella fame, nell’abbondanza e nell’indigenza, ci ricorda Paolo (2° lettura), mettendo la nostra forza, la possibilità di aderire a tale chiamata, solo in Gesù.

C’è un particolare nella parabola che dà coraggio. E’ l’insistenza di questo re di voler allargare i suoi inviti, di non demordere, di non scoraggiarsi. Vorremmo imparare anche noi da questo padre, noi che quando troviamo una resistenza, un ostacolo, un rifiuto, chiudiamo – così si dice – baracca e burattini. Dio, invece, allarga, trova vie nuove. Esce e fa uscire per le strade continuamente perché desidera una festa per tutti.

Le cose che possediamo, gli affari a cui badare, la sazietà che pretende di riempire il cuore, e non lo fa, ci fanno declinare l’invito, non ce ne curiamo e lo rispediamo al mittente. Le conseguenze del rifiuto sono sotto i nostri occhi. Non sono il castigo di Dio – anche se nella parabola la reazione di questo re è piuttosto piccata e terribile - ma sono il risultato della nostra stoltezza. Ma più di questo ritorna la volontà del re di non rinunciare alla festa, e che sia per tutti, cattivi e buoni. Prima i cattivi perché l’amore  che Dio si prende cura di chi sembra essere fuori strada.

L’ultimo particolare di questa parabola. Si risponde all’invito e si partecipa indossando “l’abito nuziale”. Questo “abito” è Cristo Gesù, “le opere giuste dei santi”, ricorda il libro dell’Apocalisse (19,81), il cuore aperto che sa ricevere per donare a tutti.

Siamo venuti qui con la nostra nudità, con i nostri poveri stracci. Rivestiti di Gesù facciamo già della nostra esistenza che conduciamo fuori di qui,m, l’inizio e la conferma di “quel giorno” per cui siamo stati creati.







martedì 7 ottobre 2014

BRICIOLE di VITA


Bollettino parrocchiale, Settembre 2014

IL MIO TEMPO !


Agosto se n’ va,
estate non pervenuta, 
innamorata fedeltà,
vero sole,
calore e tepore.
Stagione che fine non ha,
all’eternità aperta,
tessuto di storie care,
silenzio parole preziosi,
per mano tiene,
brillan gli occhi,
né perso né ritrovato,
gravido d’amore
il mio tempo sei tu!


Carissimi,
                    “non ho tempo”, “mi manca il tempo”, “non trovo il tempo”, o “il tempo è tiranno”, “il tempo è ingrato”, “il tempo è infelice”, “non è proprio il tempo”, e, se ci fosse… tempo, si potrebbe anche continuare.
Quante delle nostre relazioni dipendono dal tempo, dall’umore più che dall’amore, o dall’eternità che è già qui se facciamo degli “altri” il nostro “tempo” ! Viviamo gli anni che ci sono dati, una stagione o più stagioni, con il loro relativo clima, tepido o mite, rigido o torrido, come luogo dove liberare il bene, sciogliere la vita, costruire umanità nuova. Non “perdiamo tempo”; anzi, lo allarghiamo estendendo la nostra attenzione e disponibilità là dove esso viene meno. Non ce ne impossessiamo o lo imponiamo, ma lo doniamo con pazienza, e provvidenza, nelle situazioni difficili, avverse, o nei cambiamenti che ci sono chiesti  dal…tempo.
Miei cari, che la comunità nostra, il nostro prossimo, quello più bisognoso di bene, di aiuto, di luce, sia davvero il  tempo” nostro, non pieno di corse e di cose, ma “gravido d’amore” che genera vita e fraternità. E quando, insieme, siamo con Gesù, anche se…passa, non finirà mai, non esiste più,  siamo nell’eternità, “come in cielo, così in terra”. Per  questo, molti o pochi gli anni ancora, voi siete sempre “il mio tempo”! Il più caro!
Don Francesco



BRICIOLE di VITA

Bollettino Parrocchiale, Ottobre 2014


TEMPO BELLO

Libri su banchi
di prova e sudore,
sospiri, speranze,
gemiti di stupore
ad imparare,
grandi e piccoli,
nel tempo bello
seme d’avvenire.
Compito di studio,
a scuola,
compito d’amore,
a casa,
incontro, custodia
è tempo di grazia!


 
Carissimi tutti,
                         non è questione di tempo. E’ questione del cuore! E’ questione della vita e della passione che nutriamo per essa. E’ questione del dono e dell’opportunità che ci sono date per crescere insieme come seme d’ avvenire per un’umanità nuova. “Imparare” Gesù non è materia ostica, e fatica ingrata. Giustamente, e con qualche apprensione, vogliamo che i nostri piccoli conoscano questo e quello, sappiano “leggere e far di conto”, con qualche aggiornamento multimediale che oggi va di moda, e pur ci vuole. Desideriamo che sviluppino l’arte della danza, la passione dello sport, la bellezza del dare fondo ai loro, forse anche nostri inesauditi, talenti. Davvero tanti sospiri, speranze, gemiti di ogni tipo, nel bel compito di tirar su la donna e l’uomo di domani ma che già lo sono pienamente quale preziosa custodia di doni che fanno bene al mondo. Non può essere che una benedizione!
E’ tempo bello la stagione dell’educazione, anche con i rovesci che possono sempre sorprenderci. Per questo “imparare” tutti, grandi e piccoli, Gesù, la sua umanità, far nostro il suo insegnamento, metterlo in testa e soprattutto nel cuore, non è materia “cenerentola” da relegare all’ultima ora, e dopo altre pur belle e utili scoperte. Nel nostra Comunità la Visita del Vescovo che accogliamo come fratello e maestro che impara con noi faccia del nostro un “tempo di grazia”
Io in banco con voi, con il vostro aiuto. 
Don Francesco

OMELIA


Santo Rosario – 05.10.2014

Oggi è la festa, come da tradizione, del Rosario. Onoriamo la Madonna del Rosario, con questa preghiera familiare cui stIamo davanti a Dio, meditiamo Gesù,  con Maria.

Prima di dire qualche pensiero su questa festa, un appunto. E’ tradizione buona non quella che mantiene nella nostalgia del passato o nel rimpianto (Ah si’,una volta era bello!” – guardate dove siamo finiti con il disfacimento dell’esistenza personale, familiare, sociale), quella che porta al rinnovamento della vita! La tradizione non ha inciso sulla vita.
Tradizione e rinnovamento sembrano contraddirsi, eppure non è così se rettamente intesi.

Bene, teniamo la bella tradizione della festa del Rosario, come altre, e vediamo in cosa può consistere il rinnovamento per la nostra vita.



Maria, madre di Gesù e nostra, che onoriamo oggi come “Madonna del Rosario” è donna della preghiera; ci insegna che la preghiera non è dire le preghiere e le orazioni; è stare con Dio in un rapporto d’amore, di intimità, che ci dona lo Spirito santo; è legame che ci dà vera libertà e ci libera da paura, orgoglio, presunzione, egoismo.
Pregare è “uscire” da questa prigionia che ci ruba la speranza, è aprirsi allo Spirito Santo, alle sue sollecitazioni e suggerimenti, è affidarci alla sua forza; “uscire” con la modalità propria di ognuno, chi pregando con parole proprie o imparate, con grida e lacrime, con occhi di stupore, con silenzio, ora davanti alla vita e alle sue vicende, ora su una pagina di vangelo, ora sostando davanti all’Eucaristia, ora con la recita familiare dell’Ave Maria o il Rosario…ma tutti con il cuore, con gratitudine, umiltà e fiducia.

Maria è donna della preghiera perché in lei la gratitudine e la lode, la consapevolezza di essere piccola, la fiducia grande nella benevolenza  di Dio, - appunto ricca e piena di grazia – sono tratti interiori e manifesti del suo essere creatura, della sua femminilità.

E poi, che fa del nostro stare con Dio vera preghiera è lo stare con i fratelli Non può esistere la “mia” preghiera se non c’è la “nostra” preghiera. Ecco perché il radunarci, il riunirci  casa, in chiesa, nella comunità: perché la preghiera comune, questo “metterci d’accordo”, avere un cuore accordato con gli altri – dirà Gesù – è la più efficace. Se non c’è questa armonia, sono tutte parole inutili e false.


Maria ci aiuta in questo duplice stare:  con Dio con il cuore, con i fratelli nella vita.La parola ascoltata nella prima lettura ci ricorda che lei radunava i discepoli per invocare con essi lo Spirito, e così, - scrive papa Francesco – ella ha reso possibile la loro esplosione missionaria, il loro “uscire” nel mondo ad annunciare il vangelo.

E’ l’effetto della preghiera. Non ci chiude in recinto, fosse anche il cenacolo, quasi difenderci, ma ci “spinge fuori” con fuoco di carità e coraggio che è lo Spirito santo. Nelle nostre famiglie, nella nostra comunità, genitori ed educatori, soltanto nella preghiera possono adempiere con fiducia e frutto il loro compito d’amore.
Maria è la “missionaria”, comunica a tutti la forza rivoluzionaria dell’affetto e della testimonianza, fa’ anche di noi “missionari” dell’amore di Dio.






OMELIA


26° Domenica A – 28.09.2014

- Ezechiele 18,25-28
- Matteo 21,28-32

Siamo davanti ad uno specchio. Nei due figli vediamo riflessa la nostra doppia immagine.
Il primo è deferente, equilibrato, appare responsabile, ma dentro ha una sottile ribellione che ne fa un bugiardo.
Il secondo è scomposto, indisciplinato, ma poi si rivela di cuore valido, buono ed esemplare.

Se siamo dei “formalisti”, ci teniamo ad apparire per bene, rivendichiamo stima dagli altri (“quella sì che è una brava persona”) rischiamo di essere ben rappresentati dal primo che però non “compie la volontà del padre”.
Se ammettiamo di essere spesso nella categoria dei “ribelli”, insofferenti, siamo sì tra i peccatori ma abbiamo il vantaggio di sapersi ricredere, come i pubblici peccatori e le prostitute che pur dicendo “no” arrivano ad accogliere l’annuncio di Gesù e a ravvedersi. Questo sapersi ricredere è la nostra salvezza. Non siamo insensibili, refrattari, chiusi alla “voce paterna” che il Cristo ci ha fatto conoscere nel cuore, una voce che chiama, invita, attrae alla conversione.

Nel primo caso, quello dei benpensanti o formalisti. come scribi e farei, abbiamo magari la religione e la legge sulle labbra, ma il cuore va in tutt’altra direzione che non è quella della vigna, cioè della vita che il padre ci affida. Siamo cristiani di parole, di bella figura.
Capaci, invece, di pentimento, rovesciamo il passato, cambiamo parere e decisione e ci mettiamo sulla via della giustizia, cioè della volontà di Dio. Facciamo il sì. E che cosa significhi “sì”, che cosa sia il “sì”, rileggiamo, prima di lasciare la chiesa, la seconda lettura di questa domenica. E’ chiara già di per sé.

Davanti alla specchio della parola di Dio non vediamo solamente noi stessi, la nostra immagine sdoppiata che ci può creare confusione. La buona notizia, la bella immagine che io intravedo è quella del padre; padre che dice poco, ma quel poco è assai significativo.

E’ un padre che si limita, dice la parabola, a “rivolgersi” ai figli. Non alza la voce, non grida, non comanda, non batte i pugni, non impone. Piuttosto invita, esorta, forse richiama responsabilità, semplicemente chiede, potrebbe anche pregare perché la sua richiesta  inizia con quella parola che non è parla di padrone, parola che sa d’amore e non di dominio. “Figlio”, chissà con che cuore l’ha detta! Conta sui figli, sulla loro maturità, sul bene che vuole per essi, non li ricatta, e accetta la risposta che danno, in silenzio. Forse noi diremmo è una padre debole che non sa farsi rispettar. E’ padre che sa amare!

Ecco io m’immagino qualcosa del volto di Dio, del suo sguardo su di me, della sua voce, del suo cuore. Lo posso anche ingannare, ma non riuscirò mai a deluderlo.Mi capita dirgli di noi. Lo accetta, appunto, confidando che poi il cuore e il senso di responsabilità che mi ispira mia aiuteranno a ricredermi, a farmi partecipe protagonista e beneficiario della vigna e dei suoi buoni frutti.

“Se il malvagio, dice la prima lettura, si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso”. Così nessun “no” ci allontana dall’ amore, dalla salvezza, che Dio vuole per i suoi figli. egli Ed è per questo che possiamo andare nella vigna con gratitudine, con fiducia e con gioia,anche, come si diceva una volta, cantando.