domenica 28 febbraio 2021

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

2° Quaresima B – 28.02.2021 

Genesi 22,1-18   -   Romani 8,31-34   -   Marco 9,2-10   - 

Gesù, domenica scorsa, narrava il vangelo, era spinto nel deserto dallo Spirito, spinto cioè dall’amore a confermare la fedeltà al Padre suo senza cedere, nella lotta, alle tentazioni di Satana, oggi sale un alto monte per una straordinaria rivelazione. Là nel deserto è la presenza delle tenebre con la loro insistenza, qui, sul monte, c’è un’esperienza indimenticabile di luce; là, nel deserto, immaginiamo Gesù prostrato, nella prova, forse sfigurato dalla fatica, ma non vinto, forte, deciso a non farsi ingannare; qui, lo vediamo, per quanto è possibile capirne, “trasfigurato, con vesti splendenti, bianchissime”. Se nel deserto era stato Gesù a dirsi fedele al Padre, qui è il Padre che gli conferma il Suo amore: “Questi è il Figlio mio, l’amato”.

In questo accostamento tra quello che Gesù vive nel deserto e quello che accade sul monte sta la buona notizia che incoraggia il nostro cammino di conversione. Possiamo trovarci nel momento più nero e difficile, provati e torchiati in mille modi, lottiamo nel nostro deserto, il cuore, perché in noi sopravvivano con l’aiuto di Dio le intenzioni più belle e buone, eppure noi siamo in un mistero di luce davanti a Gesù; noi stessi siamo luce, “con vesti splendenti, bianchissime”, se Gesù è in noi. Seguire Gesù comporta anche un oscillare tra il deserto e il monte, tra le tenebre e la luce, tra momenti di prova e momenti di grazia che mai ci lascia soli. Quell’ “ascoltatelo” che la voce del Padre fa risuonare ai discepoli di Gesù, “spaventati” per quello che i loro occhi vedevano, è paragonabile al comando di prendere con noi, in noi, Gesù. In quell’ “ascoltatelo”, Dio ci dice “prendetelo con voi”.

Perché Dio ci ha mandato il Figlio suo. Ha fatto il sacrificio di darci suo Figlio. Quello che non ha voluto da Abramo, che pensava di doverglielo sacrificare secondo la mentalità del tempo, l’ha fatto Dio. E il Figlio , sappiamo, ha detto sì.

Paolo nella seconda lettura fa sapere che Dio “non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi”. Se noi lo accogliamo e lo ascoltiamo, “come non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui”, ancora Paolo. “Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!”. Ben allora si comprende, per quanto è possibile, la vicenda di Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte al vedere Gesù trasfigurato, luminoso, anticipo del Risorto, Figlio che Dio ha mandato per la nostra salvezza. Se nel deserto, nelle tentazioni che ha conosciuto, c’è stata la fedeltà di Gesù al Padre, se nelle nostre lotte restiamo fedeli anche noi, il Padre non manca di dirci e darci la Sua fedeltà, il Suo Figlio. “Ascoltatelo!” 

Essere e stare con Gesù nella fede e nell’amicizia con Lui, non ci storna o distrae dalla realtà, anche se Pietro è uscito con quella esclamazione: “E’ bello, Signore, stare qui. Non andiamo più via. Facciamo tre tende”. Quando si va in paradiso non si ha più voglia di lasciarlo (ecco perché nessuno torna dal di là!). essere e stare con Gesù non ci fa dimenticare che dobbiamo tenere i piedi per terra. Tant’è che, scendendo dal monte, Gesù raccomanda ai suoi di non dire nulla di quello che avevano visto se non dopo che fosse risorto dai morti. Parole che lasciano presumere che la lotta non era terminata, e vie faticose dovevano essere ancora percorse. Aveva già annunciato la sua morte.

Ma intanto, poiché Dio, Padre buono, come abbiamo pregato prima, ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio, rimaniamo saldi nella fede perché seguendo lui la nostra conversione diventi luminosa, inizio di quella trasfigurazione nella quale è la nostra vera identità: figli di Dio, amati!

 

domenica 21 febbraio 2021

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

1° Quaresima B – 21.02.2021 

Genesi 9,8-15  -  1Pietro 3,18-22  -  Marco 1,12-15

Anche se siamo entrati nella Quaresima da qualche giorno, non siamo privati della buona notizia che Dio ci è vicino e ci vuole bene. Protesi alla gioia pasquale,  come invita la preghiera della Chiesa, oggi, questa buona notizia contempla che Dio vuole fare alleanza con gli uomini; “con tutte le generazioni”, recitava l’orazione qualche istante fa. La conclusione del disastro del diluvio, narrato nella prima lettura, lo conferma: “ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi”. Quel segno dell’arco che si tende sulle nubi, dice che il cielo si piega sulla terra, Dio si avvicina all’uomo. E le nostre iniquità, cattiverie, i nostri peccati, non  possono oscurare e nascondere la relazione amicizia, d’amore, che Dio vuole con noi.

Il nemico di Dio e dell’uomo, colui che odia questa alleanza, Satana, tenta di rovinare questo progetto, e si riversa contro l’uomo per distoglierlo, confonderlo, mettergli il sospetto che Dio lo voglia ingannare. Per ottenere questo Satana circuisce l’uomo, circuisce noi in mille modi. Dare credito all’offerta di Dio diventa una prova non di poco conto, e non sempre vi riusciamo. Ecco allora il peccato: venir meno all’alleanza da parte nostra. Verrà il momento che questa sarà unilaterale, cioè Dio si dichiarerà fedele e lo mostrerà anche se noi gli giriamo le spalle. Già la promessa che non distruggerà più, cioè non abbandonerà più gli uomini alle conseguenze delle loro cattiverie, ci anticipa questa alleanza nuova che sarà stipulata e firmata da Gesù con l’amore Suo fino al sangue; alleanza della quale siamo beneficiari mediante il Battesimo, ci ricorda Pietro nella seconda lettura.

Gesù comincia a tendere questo “arco”, ad avvicinare il cielo alla terra, accettando di provare la tentazione che noi tutti conosciamo, e alla quale ci concediamo troppo facilmente. E’ spinto dallo Spirito, cioè dall’amore, ad entrare in questa lotta dove Satana tenta chi vuol essere fedele a Dio. Così Gesù è stato tentato. “Cristo fu tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato anche tu…Egli ti ha insegnato a vincere quando sei tentato” (Sant’Agostino). Non può esserci vita fedele a Dio, ricerca e ascolto del Padre e della sua volontà senza attraversare la tentazione, cioè il fascino, l’illusione, l’inganno di poter condurre la nostra esistenza lontano da Lui. Misteriosamente Dio permette che Satana intervenga nel “deserto”, nelle prove e fatiche che incontra il nostro cuore teatro di lotta e di combattimento spirituale per la vita, o, purtroppo, per la morte.

Le poche e curiose parole, nel deserto Gesù “stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”, sono illuminanti per il cammino di conversione nostro. Crescere nella conoscenza e nell’amore del Padre, diventare cristiani, vivere il nostro essere amati, ricercare la nostra missione, essere nel deserto è contemporaneamente esperienza di terra e di cielo, di umanità che fa i conti con ciò che è materiale, animale (le bestie selvatiche) e di umanità che è attratta da ciò che la supera, la compie, la perfeziona (gli angeli che lo servivano). Non sono due realtà che fanno a pugni, sono la nostra condizione. Terra e cielo, fragilità e grandezza, umanità e spiritualità, miseria e grazia, possono abitare in buona armonia e camminare insieme. Proprio vera alleanza d’amore!

Restiamo fedeli al nostro battesimo, invocazione di salvezza, dice Pietro nella sua lettera. Resi vivi dallo Spirito, viviamo le nostre contraddizioni, scopriremo che Dio è la nostra libertà vera. Camminiamo pure in esse e usciremo dal deserto anche noi annunciando il vangelo.

 

 

 

 

 

lunedì 15 febbraio 2021

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

6° Domenica B – 14.02.2021 

Lv 13,1-2.45-46    -    1Cor 10,31-11,1    -   Mc 1,40-45 

Andiamo subito al cuore della bella notizia che da qualche domenica, attraverso il racconto dell’evangelista Marco ci è data. E senza tanti giri di parole e commenti lo individuiamo e ne amplifichiamo il battito affinché tutti lo possiamo auscultare, proprio come si fa, appunto, con il cuore. Non dovrebbe essere difficile, e nemmeno necessario nessun strumento particolare, perché è chiaro, potente, questo battito. Il cuore della bella notizia che Dio ci ama ed è qui sta in questo “voglio”, “lo voglio, sii purificato!” con cui Gesù risponde alla supplica del povero ammalato di lebbra.

Questo “voglio” è dichiarazione aperta esplicita della volontà di Dio che ha inviato Gesù per manifestare il Suo amore, la cura che ha di noi, per la nostra guarigione e liberazione, qualunque sia la malattia o la lebbra che ci affligge. In special modo quella lebbra dell’anima che vorrebbe tenerci lontani da Lui e dagli altri, il peccato; che vorrebbe portarci a rompere ogni più bella relazione d’amore con loro. La lebbra che colpiva il corpo era temuta perché la legge condannava chi ne era semplicemente toccato a ritenersi un maledetto da Dio e a lasciare ogni legame sociale. Dio smentisce tutto ciò. Come pure dalla lebbra spirituale, il peccato, di cui la malattia fisica è solo un paragone, guarisce. “Lo voglio, sii purificato!”.

Troppo spesso ancora ci riferiamo alla volontà di Dio quando ci capita qualcosa di sgradevole e di infelice, mentre invece Dio vuole la nostra guarigione, che non coincide sempre con la salute del corpo, ma una salute più profonda, una liberazione che ci consenta di sentirci amati da Dio e non abbandonati o maledetti, ci consenta relazioni che ci fanno sentire vivi e importanti anche per gli altri.

Gesù, venuto a compiere ciò che Dio vuole, possiede un cuore capace di compassione, che in questo caso non è semplicemente pietà, ma un moto di rabbia, di determinazione, perché non può tollerare che un uomo viva questa condizione; non può accettare il male, accettare che quell’uomo abbia ribrezzo di sé e allora :“Lo voglio, sii purificato. Rialzati, riprendi la stima di te, che sei amato da Dio, e io te lo dimostro.” Sì, anche Dio è determinato a non lasciarci nel male, lo riconosciamo nella preghiera, e lo diciamo : “liberaci dal male”.

E con il cuore compassionevole e determinato, ecco la mano che osa toccare trasgredendo la legge che imponeva di fuggire chi era colpito da malattia, osa andare oltre quello che era prescritto pena l’esclusione da ogni convivenza civile e religiosa. La trasgressione qui appare come un tratto della compassione viene dall’amore che Gesù ha per l’uomo, e non può rimanere impassibile davanti alla sofferenza e all’ingiustizia. Dopo la mano tesa alla suocera di Simone per rialzarla dalla febbre, ecco la mano che rende degno di vita a tutti gli effetti quest’uomo.

Io penso che anche Gesù sia stato toccato da costui, con quella parola che supplica, come una mano monca della dita ma con il cuore ben vivo: “se vuoi”. Si affida alla sua sensibilità e bontà, e alla sua potenza, “puoi”. Dire ad una persona  “se vuoi” significa manifestare umiltà e porre fiducia in lei, condizioni necessarie per aprirsi al bene, alla volontà di bene che da parte di Dio, per quanto sta a Lui, non ci viene mai negata. E ci dirà: “lo voglio”, ci farà sentire il suo cuore, la sua mano su di noi.

Il cuore, la mano, la parola: ecco il protocollo dell’amore! Gesù lo osserva per primo. Se noi lo accettiamo di metterlo in pratica, la buona notizia della nostra profonda guarigione diviene realtà.

domenica 7 febbraio 2021

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

5° Domenica B – 07.02.2021

Giobbe 7,1-7  - Marco 1,29-39 

Dalla sinagoga, alla casa, in piazza. “Il regno di Dio è vicino!”, Dio è vicino, è qui. Ecco il percorso della buona notizia che Gesù porta, anzi, è. Dalla sinagoga, che con il tempio era il luogo, si presume, più deputato all’incontro e all’ascolto della Parola di Dio, come narrava il vangelo di domenica scorsa, giunge ad un luogo familiare, luogo di affetti, di gioie e dolori, dove la parola si deve vivere, oggi la casa di Simone e Andrea, e di qui poi viene portata in piazza, crocevia di ogni povertà e di ogni speranza. Ovunque, n ogni posto la buona notizia che Dio ama e vuole libero l’uomo, ristabilita la dignità dell’umanità, guarita da ogni febbre, malattia e infermità, lascia il segno che non la smentisce.

E’ desiderio, volontà di Dio intervenire, chiedendo la fiducia e l’accoglienza degli uomini, per la loro, la nostra salvezza. Di noi, poveri Giobbe! Sì, noi siamo tali, e siamo ben narrati nella prima lettura dove il lamento del Giobbe di cui racconta la Bibbia è il nostro lamento, la nostra preghiera. “Mi sono toccati mesi di illusione e notti di affanno mi sono state assegnate…, no, non le merito!”. “Ricordati che un soffio è la mia vita!”.

La risposta a questo umanissimo lamento è nella buona notizia che adesso cammina per le strade del mondo. E’ Gesù.  Arriva a noi in compagnia di Giacomo, di Giovanni, di Simone e Andrea, nella cui casa Gesù entra. Sono i primi ad aver intuito, e ad avervi aderito, che qualcosa di nuovo, impensabile, stava accadendo. Gesù li aveva accolti, e loro ripagano la fiducia e l’ospitalità. Ma sono loro conducono, che portano in giro Gesù, la buona notizia che Dio è qui. Questa premura mi fa pensare che noi possiamo frenare o far circolare il vangelo di cui abbiamo bisogno fin dentro le nostre case. Come non sentire le accalorate parole di Paolo : "Guai a me se non annuncio in vangelo", se non faccio circolare la buona notizia. Non dobbiamo perderci d’animo se qualcuno ci dirà : “basta”, “ma finiscila!”. Là dove il vangelo giunge, lascia il segno. E difatti nella casa di Simone e Andrea, davanti alla suocera del primo, ammalata e con la febbre, Gesù “si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva”. Ridà salute e dignità alla donna. 

C’è ancora una cosa che possiamo fare per indurre Gesù a non tardare ad intervenire. Questi uomini “subito gli parlarono di lei”, si sono preoccupati della donna, hanno mostrato che stava loro a cuore. E Gesù, quando vede che amiamo coloro che soffrono, non sta con le mani in mano. Non dobbiamo temere o stancarci  di parlargli di chi vediamo soffrire; e magari impareremo la compassione che è il primo intervento. La compassione di Gesù, il suo lasciarsi condurre “tutti i malati e indemoniati” senza negarsi a nessuno…questa è la risposta alla molteplice sofferenza in cui sta tanta gente, e in varia misura stiamo tutti. Una risposta che dà libertà, senza la quale non può esserci vita. Dà libertà anche da quella febbre dell’anima che ci abbatte e ci conduce alla morte interiore, ed è il peccato, il rifiuto di accogliere nella nostra casa, nella nostra famiglia, la buona notizia che Gesù è.

La giornata di Gesù era intensa. Marco narra qui la giornata tipo, ed era proprio piena. Tutti gli potevano risucchiare le forze, sfinirlo; del resto era uomo e conosceva la stanchezza, il coinvolgimento nelle sofferenze che incontrava. I suoi discepoli un giorno sarebbero stati mandati a fare altrettanto in questa passione di annuncio che Dio non si ferma e opera ovunque per il bene dei suoi figli. E allora ecco il segreto di tanta forza, che non dobbiamo trascurare per noi: “Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava”. Se vogliamo anche noi farci portatori della buona notizia più forti di ogni stanchezza, ammiriamo Gesù quando fa il bene e seguiamolo nella sua preghiera.