lunedì 27 dicembre 2021

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Santa Famiglia – 26/12/2021 

1 Samuele 20,28          1Giovanni3,1-2.21-24            Luca 2, 41-52

Dal Bambino alla famiglia. Allora, “gloria in cielo e pace in ogni famiglia”, nel cammino di ogni famiglia. Perché ogni famiglia è un cammino. La Parola di Dio ci narra: due famiglie compiono il loro pellegrinaggio verso la casa di Dio. Elkanà e Anna portano il figlio Samuele al tempio di Silo e lo consacrano al Signore, prima lettura. Nel Vangelo, Giuseppe e Maria, per la festa di pasqua, si fanno pellegrini a Gerusalemme insieme con Gesù. Papà, mamma e figli, insieme, si recano alla casa del Signore per santificare la festa con la preghiera.

E’ un insegnamento importante che viene offerto anche alle nostre famiglie. La vita della famiglia è un insieme di piccoli e grandi passi, un cammino, una strada, certamente non sempre agevole, ma anche con momenti di consolazione e di gioia, verso l’amore, la sua pienezza, e verso Dio che la pienezza offre, Gesù.

In questo cammino della vita condividiamo anche il momento della preghiera, dove, magari, un papà e una mamma  possono benedire i propri figli tracciando un segno di croce sulla fronte dei più piccoli, con gesto o un semplice saluto con il cuore verso i più grandi: “Dio, ti benedica, figlio/a mia” (oltre le solite raccomandazioni).Benedirli i figli è affidarli al Signore, come hanno fatto Elkanà e Anna, Giuseppe e Maria, perché sia Lui la loro protezione e il sostegno nei vari momenti della giornata.

Guardando alla famiglia di Nazareth, di cui narra il vangelo,  dopo tre giorni di ricerca e di timore, al termine del pellegrinaggio che tutti tre insieme avevano fatto a Gerusalemme, trovano nel tempio nel tempio, seduto tra i dottori, intento a discutere con essi. Alla vista del Figlio, Maria e Giuseppe “restarono stupiti” e la Madre gli manifestò la loro apprensione dicendo: “Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”.

Stupore e angoscia non mancano mai nelle nostre famiglie. Lo stupore non può mancare mai neanche in un momento drammatico, che pure c’è nelle nostre case, come lo smarrimento di Gesù. Lo stupore è accorgersi e meravigliarsi del bene che pur c’è negli altri, in primis nei figli, anche i più difficili. Ci vuole lo sguardo di Dio! E questo aiuterà a guarire le ferite familiari.

Anche l’angoscia è presente. Può essere benedetta o triste. La prima quando, come Maria e Giuseppe, mettiamo al centro gli altri, quando ci interessiamo con amore dei figli, quando vogliamo e curiamo il loro bene perché crescano. Come è avvenuto poi a Gesù, una volta ritornati a Nazareth, “cresceva in età, sapienza e grazia”.  L’angoscia triste, invece, ha motivo di esserci quando siamo lontani da Lui, quando siamo lontani da Gesù, ci dimentichiamo di Lui, non sentiamo il bisogno della sua presenza e della sua consolante amicizia; quando l’abbiamo perduto. Eppure Egli ci parla, ci offre la sua Parola, ci illumina, illumina il nostro cammino, ci dona il suo Corpo nell’Eucaristia da cui attingiamo vigore per affrontare le difficoltà di ogni giorno.

Che la nostra famiglia cammini verso Dio che è venuto tra noi, conosca lo stupore di essere benedetta, amata, e nei momenti di angoscia ritrovi Gesù. E’ ancora Natale, Dio con noi!

sabato 25 dicembre 2021

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Giorno di Natale – 25 Dicembre 2021 

Carissimi, non è troppo tardi! Anche se la notte è finita da tempo, anche se ormai la giornata è giunta a conclusione, non è mai troppo tardi per lasciarci sorprendere dall’annuncio portatore di gioia: “Oggi è nato per voi un Salvatore”. Viene a salvarci dal male con il bene che ci vuole, dal peccato mediante il perdono infinito che ci accorda, dalla morte attraverso la morte e la risurrezione che Egli conoscerà, Gesù, Dio fatto uomo.

“Andiamo a vedere, vediamo cosa è successo”. Benedetta curiosità dei pastori che, pur preoccupati di far la guardia ai loro greggi, non resistono all’annuncio gioioso degli angeli, e nel Bambino vedranno il Pastore che darà vita per tutti noi! Andiamo oltre le cose che ci tengono legati, potremmo dire anche noi, occupati a difendere i nostri beni, beni che non potranno mai darci la gioia che il neo nato Bambino ci regala. Andiamo oltre le pesantezze e tristezze della vita. Andiamo alla grotta, alla povertà, di Betlemme dove un bambino in fasce, il nostro Salvatore, riveste la nostra umanità, la onora, le riconosce una grande dignità che perfino un Dio la desidera per sé perché pure noi abbiamo ad amarla.  Sì, andiamo, muoviamoci dai nostri modesti interessi o ingannevoli risorse, poiché in Gesù ci è dato molto di più.

E davanti al Bambino, alle sue povere fasce, davanti allo squallore del luogo che Giuseppe avrà cercato di rendere più abitabile per esseri umani, davanti al silenzio e alla semplicità di Maria, andiamo oltre le apparenze che il nostro sguardo coglie. Il Natale di Gesù , purtroppo, è nascosto, falsato ai nostri occhi e al nostro cuore, soprattutto, perché ci fermiamo alle apparenze. Sia quelle di cose belle, talvolta futili e passeggere, superficiali,  con cui abbiamo incartato questo regalo di Dio; sia perché ci sembra impossibile che il nostro Dio abbia scelto un così basso profilo per la Sua gloria. La gloria! Cantata dagli angeli, non è altro che la pienezza dell’amore che si riversa sulla terra e quando la tocca si trasforma in pace che noi desideriamo e vogliamo raccogliere. Ci fa problema che l’amore di Dio si rivesta di povertà, umiltà, semplicità. Eppure Egli viene per abbassare i prepotenti e proclamare la dignità dei poveri, degli ultimi. Andiamo oltre le apparenze e vediamo con gli occhi della fede e dell’amore.

E, infine, andiamo oltre quella grotta “glorificando e lodando Dio”. Così si compie il Natale di Gesù! Portandolo agli altri, nel mondo, nella nostra quotidiana esistenza e fatica. Portando la pace che non solo augurata, ma donata dal cielo a tutta la terra, agli uomini amati al Signore. Glorificare significa riconoscere e accogliere nella nostra vita, e davanti agli altri lodarlo, che Gesù è il nostro salvatore e che la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini si sono stati manifestati e dati in Lui.  Glorificare è aprirsi a questa verità di Dio di cui non dobbiamo aver paura, e di cui, pure noi stupiti, vogliamo essere testimoni.

Carissimi, come i pastori portate questo annuncio con un vita buona. Unitevi al canto degli angeli, glorificate e lodate Dio, fate in modo che anche altri ne conoscano l’amore lo glorifichino e lo lodino. E lo potranno fare se il Natale di Gesù non si spegnerà dopo queste ore, se Gesù nascerà in voi, crescerà, e abiterà con voi. In particolare, su chi soffre il grigiore o la pesantezza della propria vita, e l’affanno o il dolore la consumano, sia la pace e l’interminabile benedizione di Dio, Gesù, l’Emmanuele, Dio con noi, Buon Natale!

domenica 19 dicembre 2021

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

4° Avvento C – 19.12.2021

Luca 1,39-45 

Domenica scorsa così ci esortava la Parola di Dio:“State lieti, sempre, state lieti, poiché il Signore è vicino”.

Questa gioia è pure l’incoraggiamento che troviamo oggi nell’incontro di Maria ed Elisabetta. Sono due donne in dolce attesa, l’una, Maria di Nazareth, del Messia, del Figlio di Dio, Gesù; l’altra è la cugina Elisabetta, incinta di Giovanni il Battista, colui che da grande farà da apripista alla predicazione di Gesù.

Dal saluto di Maria alla cugina, dalla stupita accoglienza di Elisabetta, a colui che danza nel grembo di quest’ultima, possiamo dire che la gioia è entrata in quella casa. E qui abbiamo una grande rivelazione: la gioia è di casa nella casa dove viene il Signore.

Tanta tristezza, tensione, nella nostre case, nelle nostre famiglie, non possono essere semplicemente attribuite ai pensieri, alle preoccupazioni, alle divergenze generazionali, quanto piuttosto alla mancanza di cuor contenti, che tali potrebbero essere se fanno spazio, se portano e accolgono Gesù e quanto opera Dio; cose anche impossibili, come la maternità di una donna troppo anziana per generare, vedi Elisabetta, o addirittura di una Vergine come Maria.

Quali possono essere i motivi della gioia in quella casa, in quell’incontro? Vediamo se possono valere anche per noi. Il brano del vangelo ascoltato non prosegue, ma sappiamo che il motivo della gioia di Maria, oltre che vedere la cugina in attesa del figlio tanto sperato, era lo sguardo di Dio su di lei: “Dio ha guardato alla mia pochezza” vale a dire Dio mi ha amato e mi ama, ha scelto la mia povertà per un Suo progetto. 

Ecco il primo motivo della gioia. Sapere e sentire su di noi gli occhi di Dio, il suo sguardo buono. Dio che per noi e con noi fa grandi cose: ci ricolma della Sua misericordia, ci difende e ci solleva, ci valorizza, ci ricolma di beni, anche se non sono quelli che ci aspettiamo noi. Insomma, ci ama. Siamo amati da Lui. Questo è il primo motivo di gioia. E noi vi collaboriamo con la nostra fede! La nostra beatitudine!

Il secondo motivo della gioia è dato dalla carità. Non solo quella relativa al soccorso e all’aiuto che Maria porta in quella casa alla cugina prossima alle fatiche del parto. Già questa attenzione e delicatezza ci insegnano che dare una mano a chi è in qualche difficoltà significa portare sollievo, serenità e gioia.

Ma desidero sottolineare che mettere gioia dove viviamo è condividere, narrare, le cose belle che sono in noi, o meglio quelle che Dio fa in noi, le nostre esperienze interiori, le scoperte dell’anima, semplici momenti di grazia che abbiamo vissuto, fatti quotidiani che ci hanno fatto contenti e che vogliamo spartire con altri. “Sì va là, mi ridono addosso, mi prendono in giro, gli altri non mi capiscono”. No, non ha importanza! La comunicazione del cuore porta gioia e arricchisce chi l’accoglie. In questi giorni di vigilia del Natale, le nostre conversazioni dovrebbero dirigersi non sui programmi della notte o del giorno di Natale, di come o dove lo passeremo, di che cosa mangeremo o che cosa regaleremo, ma su come e quello che il Signore fa per noi e come e dove l’abbiamo incontrato o sentito vicino. 

La carità più grande, il regalo più bello, è quello di dirci, di comunicarci quello che abbiamo dentro, proprio come queste due donne; quando questo è la gioia del Signore, è bello sostare in questi giorni, come sala d’attesa dove, tra qualche giorno, saremmo sorpresi dal vagito del Bambino che nasce, e dal canto degli angeli che annunciano che, appunto,  una grande gioia ci è data, l’Emmanuele, Dio con noi.

 

 

 

mercoledì 8 dicembre 2021

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Immacolata – 08.12.2021 – Santuario Madonna dei Miracoli, Lonigo

Carissimi, quest’oggi un grande imbarazzo mi prende nel rivolgervi la parola. Di solito l’imbarazzo segnala un disagio, un fastidio. Invece stamattina mi dà una gioia immensa, una commozione grande, nella solennità che celebriamo, e che abbiamo la grazia di farlo in questo santuario, che è Maria stessa il Santuario, e non solo l’edificio. Sì, Maria è Santuario  perché ha accolto in sé il Figlio di Dio grazie allo Spirito santo, come l’assicura l’angelo; l’ha cresciuto in sé, e generato, donato  quale Salvatore all’umanità.

Ebbene in questa solennità qui due verità si contengono lo sguardo mio, il mio cuore, la mia vita, e spero anche il vostro sguardo, il vostro cuore, a vostra vita. Due verità: la bontà di Dio, la sua sapienza, la sua bravura nel creare un’opera meravigliosa e la bellezza stupenda, inimmaginabile, della creatura “piena di Grazia”. E’ l’Immacolata, la creatura libera dal peccato fin dal primo istante della sua esistenza nel grembo della madre. Dove dirigiamo la nostra gioia? Ora va al creatore o va sull’opera stessa.

In questo stupendo smarrimento, confusione di sentimenti di ammirazione, gratitudine, affetto, verso il primo, Dio, e verso la seconda, la creatura, Maria Immacolata, mi coglie la curiosità di indovinare quale sguardo tra loro può esserci? In quale reciproco abbraccio saranno Dio e Maria? E noi, senza rovinare questa bella intimità come possiamo entrare nella loro comunione di Grazia? Sì, perché il prodigio dell’immacolata  esistenza di Maria, libera dal peccato per tutta la sua esistenza, ci riguarda come annuncio che anche per noi, per vie diverse, c’è la liberazione dal male profondo che vuole distruggere la bellezza originale del progetto di Dio in cui noi siamo parte preferita.  

Ella è stata salvata da Cristo Gesù godendo in anticipo il frutto della sua venuta tra noi, della Sua passione, morte e risurrezione, della Sua vittoria sul peccato. E se noi, invece, incappiamo nel peccato e ci lasciamo abbindolare e incatenare da esso, non vogliamo dimenticare che ciò che ci è stato tolto all’origine ci sarà dato alla fine, l’immacolatezza, la pienezza della Grazia, la vita di Dio. Lo dice Paolo nella lettera agli Efesini ora ascoltata:  Dio ci ha “scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati”; ci ha predestinati, in Cristo, ad essere un giorno totalmente liberi dal peccato, passati attraverso il “bagno” purificatore della grazia di Dio, il Battesimo e la nostra vita vissuta fedeli e  immersi in esso.

Celebrare e vivere bene quest’opera della Grazia, che è l’Immacolata Maria, meraviglia delle meraviglie nella storia d’amore di Dio con noi, meraviglia che apre a quella più alta, anticipandone l’efficacia, e cioè l’Incarnazione del Figlio di Dio, la venuta di Gesù nel mondo, entrare in quell’abbraccio a cui ho osato timidamente fare cenno tra Dio e la creatura, richiede di partecipare e innalzare la lode altissima che solo gli angeli sanno dare, la lode che Maria ha saputo cantare, la gratitudine mai finita con cui vogliamo rivolgerci a Dio; richiede di guardare a Maria e di contare su di Lei come Dio ha fatto, innamorandosi di questa creatura e affidandoLe il compito darGli carne tra gli uomini.

Ecco, noi celebriamo la festa dell’Immacolata lodando e cantando a Dio, affidandoci e contando su Maria. Però viviamo concretamente in questa lode e in questa fiducia “per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità”. Che il nostro sguardo e il nostro cuore contemplino la bontà di Dio e la bellezza incontaminata di Maria! Colmati di Grazia, vivo sarà Gesù in noi! 

 

 

domenica 5 dicembre 2021

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

2° Avvento C – 05.12.2021 

Baruc 5,1-9       - Fil 1,4-11        - Luca 3,1-6

“Vegliate in ogni momento pregando”, questo l’incoraggiamento che ci veniva Domenica scorsa iniziando il tempo di Avvento e di attesa del Signore: Vigilanza e preghiera . Oggi, seconda domenica di Avvento, ci viene indicato come dare sostanza a tale attesa, quella di incontrare il Signore che viene, nel Natale, ogni giorno, e alla fine della storia; come rendere concreta questa attesa intraprendendo un cammino di conversione.

Guida per questo cammino oggi è Giovanni il Battista, il quale, dice il Vangelo stamane, “percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati”. E’ l’antica profezia di Isaia, che dice così: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato”.

Convertirci? Ma siamo matti? “Perché dovremmo convertirci? La conversione riguarda chi da non credente diventa credente, da peccatore si fa giusto, ma noi non abbiamo bisogno, noi siamo già cristiani! Quindi siamo a posto”. Beh, non è proprio del tutto vero. E’ proprio da questa presunzione – che siamo cristiani, tutti buoni, che siamo a posto – che dobbiamo convertirci: dalla supposizione che, tutto sommato, va bene così e non abbiamo bisogno di alcuna conversione, che è molto di più di una rottamazione della nostra vecchia vita cristiana.

Ma proviamo a domandarci: è proprio vero che nelle varie situazioni e circostanze della vita abbiamo in noi gli stessi sentimenti di Gesù? Davanti a qualche torto o affronto, riusciamo a reagire senza animosità e a perdonare di cuore chi ci chiede scusa? Sappiamo condividere gioie e dolori, soccorrere chi è nella necessità? Affrontiamo e portiamo con saggia generosità le nostre responsabilità? Manifestiamo la nostra fede con coraggio e rispetto, con semplicità senza vergognarci del Vangelo? Questo piccolo esame di coscienza forse rivela che siamo bisognosi di conversione per essere integri e irreprensibili per l’incontro con il Signore, come dice Paolo nella seconda lettura.

Non è facile la nostra conversione; non è facile additarla, con l’esempio e le parole, agli altri. E’ come un gridare nel deserto. Nessuno ti ascolta, nessuno ti presta attenzione. Non ti badano, di deridono, ti urlano di tacere. “Voce di uno che grida nel deserto”, persino in una famiglia, e dove la vicinanza d’affetti, cioè la carità, scrive ancora Paolo, si raccomanda abbia crescere sempre. “Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato”. Cos’è questo burrone in casa mia? Il disprezzo, la dignità tolta a chi mi è accanto, la non considerazione di chi si prodiga per il bene di tutti…Cosa sono questi monti e colli dà abbassare? La superbia, l’arroganza, la volontà di dominio e di possesso…Burroni prodotti dalla freddezza, insensibilità; tante asprezze causate dall’orgoglio e dalla prepotenza.

Il credente, dicevo, è colui che grida, e predica, nel deserto, ma è anche colui che apre strade nel deserto, dove si vive seguendo la mentalità del mondo. Come può avvenire questa apertura? Come è possibile colmare, sanare, raddrizzare? La risposta la possiamo intravedere, scrive Paolo, “nel desiderio di bene, che nutro per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù”. Solamente volendo il bene di tutti, con l’amore di Gesù!