sabato 29 marzo 2014

CONFERMAZIONE

               (... vigilia della Cresima!)


Fronde
silenziose pronte a fiorire,
verrà “tuono” del cielo
al giardino di risurrezione,
s’alzerà  il “vento” d’amore
nella “brezza” che l’annuncia,
e il sole “lingue di fuoco”…

…e così
quale “colomba”
farà nido cercato
in giovani cuori
a confermare compiacimento
di Chi conosce
solo gioia d’amare, il Padre

….

Infonde
lo Spirito i doni
ad ungere le membra,
aprire la mente,
maturar di cuori.

Effonde
il profumo di bontà
olio di letizia,
unzione santa
di sacerdote re profeta.

Diffonde
la Parola bella
di carne e sangue
a nutrire il mondo
e l’umanità di vita.

Confonde
la forza dolce
paura e timore,
giovinezza regala
su vie di luce muove.

Profonde
la grazia e la bellezza
son dimora del mistero,
il Cristo in me nuovo
è “confermazione”!





lunedì 24 marzo 2014

OMELIA


3° Domenica A – 23.03.2014



- Giovanni 4,5-30

Domenica scorsa, sul monte dove aveva condotto Pietro, Giacomo, Giovanni,  Gesù era “uscito” allo scoperto: “il suo voltò brillo come il sole e le sue vesti divennero candide come la neve”. Svelò lassù in alto il mistero della su divinità. “E’ bello!”, disse Pietro.

Oggi, quaggiù in basso, al pozzo, dove attende la donna senza nome, che ci rappresenta, che assomiglia a tutti noi, Gesù, con l'umiltà di un povero che tende la mano, esce allo scoperto e mostra la sua umanità : “ho sete. Dammi da bere”. E la donna alla fine di questo inaspettato incontro,di questo singolare dialogo, testimonia: “Mi ha detto tutto ciò che ho fatto”, cioè “quello che ho in cuore”. Ancor di più, è come se dicesse: “mi ha fatto bene!”.

Gesù! “E’ bello”, “mi fa bene”. Vi confesso che non so quale delle due esclamazioni preferire. Ognuno, mi auguro, trovi, quella che sostiene il suo passo e lo aiuta ad “uscire” verso una umanità nuova.

Intanto Gesù esce verso di noi con la sua propria umanità.
Presso questo “pozzo”, lì dove cerchiamo un po’ di ristoro e salvezza, Gesù ci precede, ci attende, ci incontra. Non nasconde la sua stanchezza, la fatica, la calura che lo spossa. Vuole metterci a nostro agio, noi pure affaticati dal vivere quotidiano e dalle nostre debolezze. Di questa sua umanità, così simile alla nostra, eccetto nel peccato, cioè nel rifiuto dell’amore, egli ne fa occasione per avvicinarci o per lasciarsi avvicinare. E’ lui pure assetato non solo di acqua, ma di attenzione e di amore.

Mostrare la nostra umanità, anche nella sua fragilità, e non nascondere le necessità che portiamo dentro, è il modo migliore, più rispettoso e delicato per accogliere l’umanità degli altri, le loro necessità. Uscire allo scoperto con la nostra umanità se vogliamo essere di aiuto a coloro che incontriamo nel nostro cammino.

Quale aiuto? Se io mi presento con la mia umanità ad un altro, anche costui non avrà paura di mostrarsi, e magari dopo le prime resistenze, svelerà, innanzitutto a se stesso, e poi farà conoscere anche a me il suo bisogno profondo; mi domanderà, senza parole, aiuto, accoglierà quello che gli posso offrire.

L’umanità di Gesù porta la donna a gettare la maschera, ad aprire il proprio cuore, a confessare la propria sete, sete di essere amata, sete di amare. Dapprima ella tenta di sviare il discorso su tematiche religiose (“dove bisogna adorare Dio?” - e qui c’è dato di capire che quasi quasi le domande religiose sono per depistare il nostro cuore dalla vera ricerca!), ma poi cede totalmente a questo Messia di suprema delicatezza, volto bellissimo di Dio, “acqua viva” per la sua esistenza.  Anzi, Gesù è una sorgente con un di più di vita e amore,  e questa non sarà lontana o fuori da lei; ma lei stessa, che è domanda di amore, diverrà sorgente per gli altri. L’umanità di Gesù fa bene all’umanità della donna, alla mia umanità!

Carissimi, ecco il nostro nuovo passo: uscire con la nostra umanità incontro agli altri perché anch’essi prendano coscienza della propria; sappiano che da Gesù è attesa, è a lui cara anche nel disorientamento e nella fragilità, che, quasi semplice e povero pozzo, provvidenziale ma sempre “pozzo” scavato nella polvere, diventa sorgente inesauribile di freschezza e bellezza che fanno a tutti un gran bene. 






lunedì 17 marzo 2014

OMELIA


2° Quaresima A – 16.03.2014
- Genesi 12,1-4
- 2Timoteo 1,8-10
- Matteo 17,1-9

“Abramo, esci dalla tua terra, dalla tua parentela, dalla casa di tua padre, verso la terra che io ti indicherò”. Esci dalla tua visione della cose, dall’idea che ti sei fatto della vita, anche dai tuoi progetti, io ti indicherò e ti guiderò ad una nuova vita, ad una nuova storia, e sarà benedizione.

Paolo all’amico Timoteo: “Ricordati che Dio ci ha salvati e ci ha chiamati a ad una vocazione santa”, cioè ad una condizione nuova, liberi dalla morte per mezzo del vangelo.

E, nel vangelo, ecco la singolare esperienza di Pietro, Giacomo, Giovanni, che, davanti al volto di Gesù bello come il sole e  davanti le sue vesti candide come la neve, sono portai ad  “uscire” dalla non conoscenza del mistero che c’è nel loro Maestro, poiché ignoravano ancora, non avevano le idee chiare, non comprendevano appieno chi fosse e la sua missione.

Anche noi, chiamati come Abramo, come i discepoli del Signore, come questi suoi tre amici più stretti, siamo condotti ad “uscire” dal nostro modo di considerare la vita, di fare la storia, di portare avanti la nostra quotidianità.
Non perché non sia dignitosa, vissuta con responsabilità e buona volontà. Forse è fin troppo ristretta, persino quasi prigioniera, del nostro modo di vedere, pensare e volere le cose. Può essere buona la nostra esistenza, senza pretese o troppi affanni.
Ma Dio, il nostro Padre, ha in serbo per i suoi figli, per noi, qualcosa di più grande, di più bello, una vita e una benedizione speciali, un salvezza ,dalla morte, impensabile, una storia di luce pur attraverso i momenti bui che può conoscere. Lo lascia intendere anche l’ultima confidenza di Gesù ai suoi, mentre scendono dal monte (“Non parlate a nessuno di questa visione, prima che io non sia risorto dai morti”).

Lungo il percorso della nostra vita non sempre abbiamo le idee chiare, conosciamo confusione o dubbio, non sappiamo a cosa andiamo incontro; oppure viviamo situazioni di stallo, rassegnazione, monotonia; oppure coltiviamo sogni che potrebbero rivelarsi illusioni, o essere tentati dalla paura…

Abbiamo bisogno, io ne ho, che ci sia dato, anche inaspettatamente, di vedere qualcosa di bello, di vedere “brillare” la vita davanti a noi; abbiamo bisogno, io ne ho, di contemplare qualcosa di luminoso, qualcosa che splenda ai nostri occhi e al nostro cuore. Proprio come è stato per questi tre, stupiti e pure intimoriti per l’insospettabile rivelazione fuori di ogni loro pensiero di cui sono testimoni: “il volto di Gesù come il sole e le sue vesti candide come la neve”.

Per uscire, se non dal buio, almeno dal grigiore della nostra esistenza, per non rimanere limitato nel tran tran quotidiano, a volte nel non senso della vita ignorando il mistero che porta in sé, e che io porto in me, per darle una nuova direzione, un passo nuovo, nuove prospettive, noi abbiamo bisogno, io ne ho, di un volto luminoso attorno a me, di una presenza solare, al fine di poter dire “è bello! E’ bello stare con te”, è bello camminare  in questa vita, fare questa “salita”; abbiamo bisogno, io ne ho, di avere davanti a me un’umanità che ha “vesti candide come la luce”, un’umanità che veste di bellezza, di pulizia, di onestà, di giustizia .

Gesù, innanzitutto, ci offre questa presenza, solare e luminosa, questa umanità in cui è la sua divinità; e noi la cerchiamo ora nello stare con lui, e camminare con lui. Ma siamo chiamati ad offrircela anche tra di noi poiché questa luce ci abita. Vogliamo farlo con la bontà che era in Gesù, con gesti e parole che la esprimono, per “uscire”e avere la vita che Dio vuole per i suoi figli.







sabato 15 marzo 2014


 OMELIA

1° Quaresima A – 09.03.2014

- Matteo 4,1-11

Quaresima, tempo per un cammino di conversione, di liberazione da servitù o schiavitù in cui siamo caduti e adagiati; liberazione da un’umanità non vera, non quella che Dio vuole per i suoi figli; nell’ascolto della Parola del Signore che traccia con noi la via, cerca i passi che già ci sono nel nostro battesimo, essendo immersi e uniti a Gesù, passi che siamo condotti dallo Spirito a compiere con maggior decisione e generosità e anche fiducia perché ci sono sempre la misericordia e il perdono a risollevarci.

Questo percorso ha la sua figura nell’Esodo, quel cammino che Israele ha fatto per uscire dalla prigione e schiavitù dell’Egitto. Anche noi siamo chiamati ad uscire per testimoniare la passione di Dio per la vita dell’umanità. Ma uscire da cosa? Non vogliamo essere “servi”. Siamo “figli”.

Ecco tre tentazioni o inganni che rischiano di essere la nostra prigione, dalla quale lo Spirito  che era in Gesù, e che è in noi, ci spinge a venir fuori..

  tentazione - “Essere servi delle cose”, pur necessarie. “Non di solo pane, vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. E Dio proferisce parole di umanità, di libertà,  di giustizia, di verità, di misericordia, di pace, di bontà…Non sono necessarie solamente le cose materiali, i beni della terra,. “Preoccuparci” di che cosa mangeremo, di che cosa berremo,  con che cosa ci vestiremo, come ci ricordava il vangelo domenica scorsa può diventare la prima elementare schiavitù.
La sobrietà nella ricerca e nell’uso delle cose, il far posto a beni che non si misurano nella quantità  materiale ma nella qualità delle relazioni fraterne e solidali che generano, ci aiutano ad uscire da questa umanità che si accontenta di poco.

2° tentazione - “Servirsi di Dio”. Siamo credenti, persino praticanti, affermiamo di aver fede, e tiriamo Dio dalla nostra parte, che non è sempre pacifica e limpida. Vogliamo servircene per avere la vita facile, o almeno non tribolare, non correre troppi pericoli o incorrere in disastrose e rovinose cadute.
Invece di “mettere alla prova il Signore tuo Dio”, per vedere se mi dà una mano, se mi salva, fa i miracoli per me, prima di tutto non posso essere spericolato, superficiale, avido di successo nelle mie scelte e azioni. Caso mai, voglio mettere me stesso alla prova con intelligenza e umiltà, e  devo pensare a camminare con i piedi ben saldi per terra, altroché mirare al punto più alto del tempio.
Nell’ascolto della Parola saggia e buona del Signore che richiede non voli pindarici o angelici, ma passi di uomo vero, nel dialogo con lui, nella preghiera del tuo cuore e con i fratelli, abbiamo spiragli di libertà, la possibilità di uscire da questa prigione, quella di “servirci di Dio” per i nostri comodi che spesso non fanno il bene degli altri e nemmeno nostro.

3° tentazione - “Fare servi di sé gli altri”, “asservirli alla nostra ambizione di dominio, di potenza, di grandezza”. E’ la prigione più oscura nella quale costringiamo anche chi vorrebbe uscire, incateniamo gli altri alle nostre voglie di essere ammirati, adorati, meglio sarebbe dire, invidiati e temuti.
L’umiltà, invece, nel servire come ha fatto e insegnato Gesù fa saltare i chiavistelli a questa terribile prigione, mette fine a tanta schiavitù che fa del male a tutti,  ci dà modo di respirare aria pulita, e umanità nuova.

“Fuori tutti”, potrebbe essere la preghiera di questo inizio Quaresima. Non più servi delle cose, non servirsi di Dio, non fare nostri servi i fratelli.
Questo il nostro Esodo, il nostro uscire nel deserto, i primi passi. E il deserto fiorirà fino alla pienezza di vita e di umanità che sarà la Pasqua.






mercoledì 5 marzo 2014

BRICIOLE di VITA


Vita parrocchiale – Marzo 2014



Il gesto

“ Quel gesto tuo
l’ attendo
cerco e spero;
un sorriso
carezza o buffetto:
 “mi sei cara”
“mi sei caro”.
Ritrovarsi,
non più lontani,
in perdono e fiducia.
Lo sento sulla pelle,
ora viene puntuale
nel cuore prima mesto,
Sì, l’amore non tarda,
arriva presto”.

Carissime/i,
                        mi è corso incontro il bimbetto, appena aperto l’uscio di casa; ha afferrato le mie ginocchia, per non cadere lui, per non lasciar cadere me … Un piccolo gesto, commovente, a dire che contava su di me, o forse che io potevo contare su di lui. Un altro mi gironzolava attorno, mi prendeva con un sorriso per salirmi in braccio. Una bimbetta, bocciolo di rosa, mi sorprende in chiesa, s’avvicina e mi saluta con la sua manina. Saluta Gesù!
E’ la bellezza e la forza delicata dei gesti piccoli, semplici, quotidiani, familiari, non convenevoli artificiali e poco sinceri. E’ la presenza di chi non s’appropria di te, non ti ruba niente, ma ogni cosa ti dà per vivere. Come non posso dimenticare l’attenzione e la tenerezza di cui ho goduto nella mia malattia. Il ricordo ancora mi commuove! 
Sono piccoli gesti di amore gratuito e feconda fedeltà; e un caldo affetto in ogni “tocco” che, rispettosi, ci regaliamo per guarire e far crescere la nostra umanità. Nessuno è talmente povero da privare gli altri di buoni e benefici semi di giustizia e di pace. 
                                                                                                                             
                                                                       don Francesco






OMELIA


8° Domenica A – 02.03.2014

- Isaia 49,14-15
- Matteo 6,24-34

Dopo le parole forti delle domeniche precedenti, parole che svelano il cuore e delineano il volto dell’umanità nuova che Dio vuole per i suoi figli, i tratti del “regno” che Gesù è venuto a portare, ecco queste parole, queste immagini cariche persino di poesia (gli uccelli del cielo, i gigli del campo, le vesti splendenti di Salomone…), Non sono meno forti e dirompenti per la nostra mentalità o situazione in cui siamo, tutti nella “preoccupazione” ( chi per necessità, chi per paura, chi per insaziabile avidità) ad avere di più, a “servire”, secondo l’espressione che usa Gesù, il “padrone” sbagliato.

L’umanità nuova che Gesù tiene a cuore è quella che non fa il male (vangelo di quindici giorni fa!), è quella che vince il male con il bene ( vangelo di otto giorni fa), è quella, vangelo  di oggi, che non cede all’affanno delle cose.
Ascoltando Gesù, mi chiedo: “io chi servo?”. “A chi ho dato la mia vita, tempo, forze, energie, persino affetti”?. “Servo Dio o il denaro?”.
Se c’è questo affanno da cui ci metter in guardia Gesù, e che va ben oltre la legittima occupazione, se c’è questa malattie delle cose, non c’è vera fede: siamo come i pagani. La fede, quella vera, secondo Gesù, ci libera dalla febbre delle cose, da ricercarle con affanno.

Non voglio insistere su questo punto. Conosco l’affanno e la preoccupazione di persone e famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese, ad assolvere serenamente pendenze e necessità della  quotidiana esistenza. Gesù riprende l’affanno di chi vuole avere di più e meglio, non quello per avere il necessario di che vivere di cui peraltro, “il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno”.

Certo, forse la soglia del necessario l’abbiamo spostata, innalzata,e adesso non ci arriviamo più. Occorre riportarla a misura più umana, veramente umana, accontentandosi di meno.

La “buona notizia” in questo richiamo di Gesù, è appunto l’assicurazione che il Padre sa di cosa abbiamo bisogno per vivere; è la conferma di quello che già il profeta Isaia aveva detto nella prima lettura: “Si dimentica forse la donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio della sue viscere?”. Se anche ci fosse, “io non ti dimenticherò mai”.

Ecco la “buona notizia”: tu conti di più, molto di più degli uccelli del cielo,e Dio vuole per te una bellezza maggiore di quella di Salomone. Qualunque cosa ci accada, tu non sarai dimenticato. No avere preoccupazione! Non preoccuparti nel dire: “ Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”.

Se cerchiamo “prima il Regno di Dio e la sua giustizia”,se cioè c’impegniamo per questa umanità nuova, tutte questa cose  ci sono date in aggiunta, queste cose le riavremo. Non c’è più l’avidità o la paura,  ma la solidarietà e la condivisione. I beni della terra contagiati dall’affanno diventano muri, o pareti che dividono. Se liberati dall’affanno sono opportunità per un modo più giusto e migliore, un mondo di veri figli di Dio.