venerdì 30 marzo 2018

CONTEMPLAZIONE

Venerdì Santo - 30.03.2018

Gesù, ieri sera, nel piccolo pezzo di pane e nel grande comandamento ci facevi sedere a mensa con te, ci chiamavi a partecipare e a nutrirci del tuo amore che per noi volevi sino alla fine; un amore che era lode al Dio altissimo, tuo e nostro Padre per i prodigi operati nel corso della storia e per quelli che ancora tu stesso avresti fatto. Questa sera, tale fine o vertice dell’amore ci è svelato e noi lo contempliamo, lo adoriamo.

Ti adoriamo, Maestro e Signore Gesù! Questa tavola a cui ci invitavi, è la croce alla quale, tu Dio, sei appeso, non per costrizione, nemmeno per cattiveria e odio di chi ti ha voluto inchiodare, ma per amore del Padre tuo e per amore di noi.
Gesù, tu sei un cuore solo con chi ti ha mandato nel mondo, e tutto avviene in obbediente comunione con Lui, il Padre anche se hai conosciuto e gridato la paura di essere abbandonato. Tu sei, pure, solidale con noi peccatori, facendo tua la nostra sorte, la nostra morte, che il peccato ci dà. E lo fai perché lì, feriti mortalmente dal male che scegliamo e commettiamo non abbiamo a disperare.
Su questo legno, Gesù, stanno il peccato e l’amore! 
Il peccato che crocifigge l’umanità, l’amore che la redime.  Questo tu sei!

Prendi su di te il primo, il rifiuto che tante volte manifestiamo con la nostra esistenza, il male che infliggiamo a noi stessi, agli altri, al mondo, al creato. Non ti sei tirato indietro, non ti sei lasciato frenare nemmeno dai tuoi, non sei sceso dalla croce. Sei rimasto sul legno dei malfattori. Con la tua fedeltà al Padre ha vinto in te anche la tua passione per noi, umani, tuoi fratelli. Così, i chiodi della crocifissione sono la chiave che ci apre la porta della vita eterna.

Questa vita ce la consegni nell'amore che dà speranza e salvezza, perché nella stessa morte che dà compimento a tutto il tuo operare per il Padre e i fratelli, c’è già la vittoria della risurrezione, o crocifisso glorioso.
Ci consegni l’amore nel sangue e nell'acqua che scaturiscono dal tuo fianco squarciato, frantumato come vaso di profumo prezioso, dal tuo cuore lacerato da tanto odio e ingratitudine prima ancora che dal colpo di lancia.

Gesù, non vogliamo sia disperso tutto questo amore. Lo vogliamo raccogliere, ogni goccia ci è immensamente cara. E’ nella tenerezza che riveli verso la Madre tua e il discepolo che le è accanto. E noi, ancor più perché siamo con Lei in questo caro Santuario, ci sentiamo da questo tuo amore affidati alla sua materna premura.
Infine in tuo amore è nella potenza impercettibile, come lo è l’affanno di un morente, del tuo ultimo respiro. E’ l’effusione dello Spirito, l’unico che ci ricrea, ci consente di vivere da figli di Dio, da creature da Lui amate, lo Spirito sorgente di vita, di libertà, di bellezza.

Con sentimenti di commossa gratitudine, di affetto che nessuna nostra debolezza può, per tua misericordia, intaccare, Gesù noi ti abbracciamo, noi ti adoriamo; ti deponiamo nel nostro cuore non per seppellirti, ma come seme che ci dà vita; vogliamo essere grembo che ti darà nuovamente alla luce e noi con te.

Con il gesto che ora con fede compiremo avvicinandoci a te, divino Crocifisso, con il bacio o la carezza che lasceremo, ti portiamo con noi, accanto ai crocifissi che ci sono nel mondo, ammalati, poveri, famiglie nel dolore, uomini, donne, bambini, violati…Così rendi benedetta ogni croce, Tu, il Benedetto di Dio. Amen.


BRICIOLE di PAROLA...
...nell'omelia


Giovedì Santo - 29.03.2018

Carissimi, è la cena di Pasqua, la cena delle meraviglie con cui il popolo di Dio, Israele, celebrava la propria liberazione dalla schiavitù dell’Egitto; appunto una grande meraviglia.
Ma ancor più grande, per noi discepoli di Gesù invitati a questa Cena, è la Meraviglia del Suo amore sino alla fine, nell’ora del passaggio al Padre.
Meraviglia perché ci sorprende nelle sue manifestazioni; meraviglia perché senza misura questo amore!

A conferma di tale amore, ecco il suo dono e la sua lezione, un piccolo pezzo di pane e un grande esempio che ci è insegnamento.

Il piccolo pezzo di pane “spezzato”, unito al sangue “versato”, è la sua vita, la sua morte. Nutrendocene partecipiamo e viviamo di quello che sta per avvenire, la sua morte e risurrezione. Ci è data liberazione dalle nostre prigionie e schiavitù mangiando quel piccolo pezzo di pane che egli mette nelle nostre mani, in quelle del traditore Giuda, in quelle di Pietro che lo rinnega, in quelle dei suoi che fuggono! Non abbiamo paura, non pensiamo di mancargli di rispetto ricevendolo con fede e delicatezza nelle nostre mani!  E’ il Suo amore!

Nel grande insegnamento, “come ho fatto io, Maestro e Signore, fate anche voi”, è invece il nostro amore, quello che ci impegna, gli uni verso gli altri. E rende proficuo ed efficace quello che abbiamo da Lui. Se non avviene così, noi inutilmente mangiamo di questo pane, inutilmente facciamo Pasqua con Gesù, inutilmente ci consideriamo suoi discepoli e amici. Salvati e liberati dalle nostre paure, egoismo, peccato, diventiamo con Gesù custodi e salvatori, perché servi”, dei fratelli.

Proprio nel gesto del servo che Gesù osa compiere a questa Cena, ad ogni Eucaristia o S. Messa, sta il nesso tra il piccolo pezzo di pane e il grande insegnamento.
Nel piccolo pezzo di pane Gesù si inginocchia davanti a noi, me, Pietro giuda, o qualsiasi altro io sia, e, servo, mi lava i piedi, mi rende giusto, mi fa sapere che sono amato e che mi vuole alla sua “tavola” con sé, che poi sarà l’amore massimo della croce.
Nel grande insegnamento, sono io invece che mi faccio servo, e lavo i piedi ai fratelli, li onoro della mia amicizia e dell’offerta della mia vita sino alla fine.

Carissimi, Gesù si abbassa a lavare i piedi dei discepoli, è il “pane” che si fa piccolo. Alla stregua di Pietro non comprendiamo come osi tanto, ma ne siamo toccati e ci lasciamo lavare, cioè amare. E in questo concederci ci facciamo anche noi un po’ più piccoli, cessiamo di essere arroganti e presuntosi.
Nello stesso tempo, custodendo la lezione che Egli ci dà, l’insegnamento che la spiega, non possiamo che chiedere umilmente un cuore grande per amare e servire tutti.

Nell’ umile piccolo gesto che ora la liturgia di questa Cena ci propone, la lavanda dei piedi, è la grande, ampia carità, quella di Cristo, che ci dà salvezza, liberazione e gioia.


mercoledì 28 marzo 2018

BRICIOLE di PAROLA

…nei giorni dell’…angoscia? No! Verso il dono dato in libertà!

Giovanni 12,1-11:
La Pasqua dipende dalla relazione che io ho con Gesù. E la relazione è fatta di cuore!
Qual è il mio? Quello di Maria, sorella di Lazzaro, con il suo silenzio e il suo cospargere di profumo i piedi del Maestro? O quello di Giuda, dalle parole eticamente corrette ma prive di amore?
Forse, come per Maria, c’è qualcosa da “rompere” anche in me per profumare d’amore, per eccedere nell’amore. 
Devo scegliere: o il buon profumo, misura da pazzi, o l’odore di morte, camuffato da buon senso.

Giovanni 13,21-28:
Stare accanto a Gesù. Ma come?
Come Giovanni, che poggia il capo sul petto del Maestro? 
E’ amico che raccoglie e corrisponde.
Come Pietro, che teme di essere coinvolto? Condivide, ma fino ad un certo punto.
Come Giuda, che nel proprio cuore è già nella notte, nelle tenebre? 
Un chiamato…deluso.

Matteo 26,14-25:
Non quanto costa il mio Signore, ma quanto costo io a Lui per darmi salvezza?
Io gli costo l’abbassamento del Figlio di Dio a peccatore, a condannato, a preda della morte.
Cosa ci guadagno io con il mio Maestro? Non “trenta denari”, non una misera libertà o la soddisfazione dei miei sogni  (roba da…impiccarsi!), ma la vita vera, la pienezza della vita stessa, più forte della morte, dell’odio, del peccato.


lunedì 19 marzo 2018

BRICIOLE di VITA...in poesia


IL CHICCO di GRANO

19.06.1976 – 19.03.2018

Minime dimensioni,
peso specifico massimo,
visibilità minuta,
grande fecondità.

Nella ferita scende,
profondo squarcio
al cuore della terra
d’amore solcato.

Non caduta casuale,
ma serena volontà
lo pone nel grembo
origine d’ogni bellezza.

Vita nasce nella morte,
atto d’amore,
e germoglia alla luce
macerata in dono.

In basso va il seme,
s’innalza l’umanità,
molto è il frutto
di divina carità.

Stagione lunga,
son quarantadue,
il tempo s’è fatto grazia
a maturar ancora.

Benedizione grata
di quel dì che dura,
lo Spirito su di me,
io nel solco posto.

Ove c’è gioia il morire
e con il Seme risorgere,
a tutti il ministero
sia abbondanza di vita.

In cuore rinnovato
è lode il canto,
nella fiducia dono,
in Lui anch’ “io sono”!


domenica 18 marzo 2018

BRICIOLE di PAROLA


5° Quaresima B – 18.03.2018

Geremia 31,31-34
Giovanni 12,20.33

Vogliamo vedere Gesù, vogliamo conoscere Gesù”. Se anche la noi alcuni stranieri facessero la stessa richiesta fatta da alcuni pagani a Filippo e ad Andrea, dove li condurremo? In una chiesa, in un Duomo, in un santuario?  Ma no! Da Gesù stesso! E non dimentichiamo che tale richiesta è anche il desiderio nostro, di noi che magari a Gesù siamo accanto, lo seguiamo, e nello stesso tempo siamo come in ricerca di avere conferme di bene, vita, amore.

Dove e come, allora, incontrare Gesù? Insomma, chi è Gesù?
Ci pensa lui a dare la più bella definizione di sé. Gesù è un chicco di grano, anzi è “il chicco di grano che caduto interra muore, produce molto frutto”. E’ qualcosa, qualcuno di molto piccolo, ma di grande potenza e fecondità che scompare nella terra, che viene sepolto nel solco. Proprio per questa sepoltura, grazie a questa morte, il chicco germoglia, fiorisce, matura la vita, vita in abbondanza.

Che significa questa sepoltura? Che vuol dire cadere nel solco dell’esistenza?
E’ “perdere la vita” in questo mondo; e qui ritorna quello che aveva detto a Nicodemo, e cioè che Dio ha tanto amato “questo” mondo, un mondo non romantico, idilliaco, ma cattivo e violento, sconvolto dal male; in “questo” mondo e non in altro Dio ha mandato il suo Figlio.
“Perdere” non è buttare via, non è essere privati o derubati di quei beni che fanno felici noi; ma è donare invece quei beni che fanno felici gli altri!

Non è facile. Anche in Gesù c’è un turbamento, dice il Vangelo. Gli uomini comprenderanno la mia scelta? Forse no! Ma l’amore è tale quando accetta e corre il rischio di essere incompreso, respinto, rifiutato tradito, ucciso. Cosciente di correre questo rischio sono venuto nel mondo; “sono giunto a quest’ora” per sorreggere la vostra paura di “perdere”, sembra dire Gesù.
La sua preghiera: “Padre glorifica il tuo nome”. Che vuol dire: aiutami a mostrare quanto peso ha il tuo amore in me, il nostro amore, per la felicità degli uomini, perché loro abbiano la vita”.

Quanto pesa un “chicco di grano” nella salvezza del mondo? Pesa quanto pesa l’amore di una persona che dà la propria vita per tanti altri. Forse, pensiamo, un’inezia, pochi grammi; forse, pensiamo, non cambia il corso delle cose, non modifica la situazione. Il suo peso, cioè la sua fecondità ed efficacia sono inversamente proporzionali alla sua piccolezza, e alla sua sorte. Quanto più piccolo è, quanto più scende nella terra, quanto più sta nel solco di questo mondo con amore, tanto più bene produce.  Più in basso va, più innalza l’umanità. E la attira alla vita.

Questo chicco di grano è Gesù, un chicco di grano voglio essere con Gesù!



giovedì 15 marzo 2018


BRICIOLE di PAROLA

…Esodo 32,7-17 e Giovanni 5,31-47

Credere in Gesù?
Chi me ne dà testimonianza, chi mi garantisce che non è una fregatura, un’illusione, un inganno…?

Possono farlo gli uomini, retti, giusti onesti, come Giovanni, “lampada che arde e risplende”, ma non basta. Poi, alla fine, si scorgono i difetti!

Può farlo Dio stesso con le opere i “miracoli” che diciamo tutti di vedere o che sperimentiamo in prima persona…Ma poi ci si abitua, perdiamo la capacità di stupore, o, peggio, ogni “miracolo” o opere riteniamo frutto della nostra bravura.

Possono farlo le Scritture, la Parola di Dio… che, purtroppo, conosciamo poco. Ma la loro conferma non è sufficiente. Altre “parole” hanno il sopravvento.

Allora, cosa mi manca? Cosa ci manca? Lo dice Gesù:
“Non avete in voi l’amore di Dio”.
Che non è semplicemente l’amore per Dio o verso Dio, ma soprattutto il Suo Amore versato in noi. E non perché Dio p non voglia ricolmarci del suo Spirito, appunto, l’Amore, ma perché siamo “tappati” chiusi, impenetrabili a causa della nostra paura, presunzione, superbia…; a causa di quella “dura cervice” o di quella “durezza di cuore che abbiamo messo a nostra difesa.
Signore, scardina le mie difese!



domenica 11 marzo 2018

BRICIOLE di PAROLA

...da omelia 4° Quaresima B - 11.03.2018


2Cronache36 – Efesini 2,4-10 – Giovanni 3,14-21

La nostra vita cristiana avviene accanto a Dio, seguendo Gesù, ora nel deserto (dove viviamo in armonia tra “bestie selvatiche e angeli”), ora sul monte della bellezza che si rivela (Tabor), ora al tempio (dove impariamo ad essere sinceri e determinati). Sono luoghi e circostanze dove la fedeltà di dio ci è manifestata e dove noi manifestiamo la nostra accogliendo la sua Parola.

Ma la nostra vita cristiana avviene, ed è questa la paradossale ma vera bella notizia, anche lontano da Dio, perché è lì che Dio ci raggiunge mandandoci Gesù; è lì che Gesù ci segue, stavolta, Lui. Ci segue in una esistenza sbagliata, su una via errata, in un percorso tortuoso o storto, nei nostri sbandamenti, nel nostro peccato. Non ci abbandona.

E’ la verità dell’amore suo che possiamo scorgere nella Parola del Signore che ci è data oggi.
A fronte dell’infedeltà del popolo, delle beffe che questi si facevano dei profeti, in mezzo alle prove e sofferenze, al male, che vengono come conseguenza di una condotta scriteriata e malvagia, giunge inaspettata non la punizione, ma un editto di libertà. La liberazione tanto sognata dalla schiavitù in cui il popolo era caduto ora è concessa, e si realizza, persino, attraverso un re pagano, Ciro. Il Signore era andato in esilio con il suo popolo infedele, l’aveva seguito, e ora gli dona il ritorno a casa.

La conferma di questo modo di amare e di agire di Dio ci viene dalla “bella notizia”, sorprendente, che ci danno le parole di Gesù: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito…perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. Ha amato “questo” mondo, ferito dal male, sconvolto dalla cattiveria e ingiustizia, il mondo “reale” che tanta sofferenza custodisce, il mondo di cui tanto ci lamentiamo.

Come abbia amato “questo” mondo, Gesù lo fa comprendere richiamando alla mente del suo interlocutore Nicodemo quanto era accaduto nel deserto con Mosè. Questi, obbedendo ad una parola del Signore, per far fronte ad una infestazione di serpenti che con i loro morsi portavano la morte tra il popolo, aveva innalzato su un palo un serpente di bronzo. Chiunque, sempre secondo la parola del Signore, l’avesse guardato, sarebbe stato immune dalle conseguenze letali dei morsi letali dei rettili o sarebbe guarito.

Cosa può significare questo strano fatto? Noi siamo continuamente morsi dal male, avvelenati, moriamo alla vita vera a causa del peccato. Allora Dio ha mandato il Figlio suo a “farsi peccato” perché noi, guardando la nostra miseria, la nostra colpa, il nostro male, il peccato…. noi vediamo lì presente Gesù e ci affidiamo, anche nel nostro peccato a lui, crediamo in lui che può guarirci. La nostra guarigione sta nell’innalzare lo sguardo verso Colui che il Padre ha mandato ed è stato “innalzato” per noi. 
“Fratelli, Dio, ricco di misericordia, da morti che eravamo ci ha fatti rivivere con Cristo. Per grazia siete salvati, avete la vita….” Nessun spazio viene concesso alla maledizione, alla condanna, alla morte, se crediamo in Gesù.

domenica 4 marzo 2018

FRAMMENTI...

... dagli ESERCIZI SPIRITUALI

con fra Michael Davide Semeraro – Monaco benedettino
“TESTIMONI di CRISTO CHE DONA LA VITA IN ABBONDANZA”


Camposampiero 26/02/18 - 02/03/18

Appunti 26.02.2018

* “Testimoni di Cristo che dona la vita in abbondanza” : ma noi siamo “capaci” di accoglierla? Fare spazio all’abbondanza? Fare “vuoto”?

* Occorre lasciarci sedurre da Gesù ( che non è …seducente, poiché rispetta la nostra libertà!), senza diventare sedotti, ma entrare nella “sequela”. Egli ci vuole “fratelli” e “figli di Dio”.

* Chi è il Signore Gesù? E’ colui che ha il desiderio, la pretesa, la passione d’amore di entrare nella nostra vita, poiché di noi è innamorato. Egli ci dice “Io ci sono” dentro la nostra storia. Egli ci rivela Dio che non è quello che dice “Io posso” o “Io non posso”, ma “Io ci sono”, “Io sono qui, accanto a te”.

* Quando Gesù chiede ai suoi  “Chi sono io per voi?”, e Pietro dice “Tu sei il Cristo”, Egli lo fa per rispondere sua volta e poter dire “Tu sei Pietro”. “Tu sei Pietro per me”. Egli, allora, non cerca semplicemente la risposta di Pietro, ma vuole che Pietro sappia come è visto dagli occhi di Dio e conosca se stesso. “Tu sei Cristo”, “Tu sei Pietro”. Quello che Gesù svela ha un valore terapeutico: “Tu sei questo per me!”. Il “per” è la preposizione propria di Cristo. Quante volte nel vangelo di Giovanni  appare che Gesù è … “per”! Sono venuto per…!

* Due persone , nel vangelo di Giovanni, hanno narrato e manifestato la sua venuta in modo singolare (anche se non ci sono i vangeli dell’infanzia):
- Giovanni il Battista che non “prepara la strada”, ma è colui che…”fa ombra alla luce”. E’ l’ombra che dice la luce! Calcolando l’ombra si capisce a che punto è la luce della giornata! Così Giovanni non confonde se stesso con la luce (“Io devo diminuire”). Così egli “mette al mondo Gesù” indicandolo, mettendo la luce sul candelabro. E questa luce ci strapperà dal buio…paura, vergogna, senso di colpa.
- La Madre che a Cana di Galilea “mette al mondo Gesù” con la “rivelazione” a cui lo spinge. Rivelandolo lo impegna. Gesù è venuto perché la festa non abbia fine. E subito dopo, contestando quello che avviene al tempio, farà comprendere che il vero tempio è là dove le persone vivono, non dove…macellano.

Appunti 27.02.2018

* Il progetto di Dio sull’umanità è la vita in abbondanza, è la gioia. Per questo il Salvatore si “compromette” per noi (“Io ci sono”). Partecipa alla nostra vita e alla nostra morte.

* Gesù è venuto ad annunciare non  l’ “eccellenza” della vita ( essere i primi, i migliori, i più bravi,…i più santi!), ma l’ “eccedenza” della vita, un di vita, la pienezza della vita. Non è importante “eccellere”, essere i primi, davanti, perfetti… ma “eccedere” nel dare vita!
Con quello che avviene all’inizio a Cana di Galilea e alla fine presso la tomba di Lazzaro, Gesù offre dei “segni”. Ad un matrimonio e anche ad un funerale Si “compromette” perché abbiamo più festa e vita.

* L’eccedenza della vita vale più di tutti i sacrifici, l’eccedenza d’amore pone fine ad ogni sacrificio. Ed ecco che Gesù contesterà subito quello che avviene al tempio. (cfr Gv 2).

* Nicodemo (cfr Gv. 3) nella sua visita notturna Gesù sembra intervenire per “integrare” Gesù che si presenta così rivoluzionario. Ma Gesù non si lascia “integrare” con ciò che non dà lode al Padre e beneficio ai fratelli. Guida, pian piano, Nicodemo ad “uscire” da un vecchio sistema di “sacralità” del tempio per “entrare nel Regno di Dio”, la santità della vita.
Anche noi corriamo il rischio di avvicinare Gesù, di fargli i complimenti per ammansirlo secondo le nostre idee. Ma Lui non ci sta; Egli che conosce che cosa c’è in ogni uomo. Così in un itinerario che si concluderà con la sepoltura di Gesù, dove Nicodemo è presente, questo discepolo di Mose e della legge, diverrà discepolo di Gesù e del Padre Suo. Ma lentamente e con coraggio deve uscire dallo schema antico per entrare nella testimonianza, testimonianza che Gesù è per la vita vera.

Appunti 28.02.2018

*Pure Giovanni il Battista viene usato dai farisei per tentare di far ripensare Gesù (cfr. Gv 3). Vogliono creare o insinuare la concorrenza; controllare il flusso della vita, che sia tutto in ordine, a posto. Mentre, invece, il ministero è ministero di indicazione, non di gelosie… “Io devo diminuire, lui crescere”. Così il Battista compie la sua missione senza volerla continuare. Giovanni non etra nello schema dei farisei di far entrare tutti nel loro gruppo, nella propria logica, quella del controllo.
Non controllare, ma dare spazio alla vita, fiducia alla vita, all’umanità, non pensando che “sono fuori”. E poi, non purità, ma sanità…santità!

* Con la donna di Samaria (Gv 4) Gesù sta al pozzo nella debolezza, nella vulnerabilità di chi è stanco e assetato. Non teme la situazione problematica della donna (Egli che conosce cosa c’è nel cuore e nella vita di ognuno!). Così qualunque incontro è l’occasione per avviare un processo di salvezza, per aprire e abbondare davvero in vita.
Non dobbiamo avere paura dei problemi delle persone e accoglierle solo quando non ne hanno. Ma allora che salvezza possiamo annunciare e offrire?

* Gesù conduce la donna a “dire il vero”, a dire se stessa, la sua storia, l’attesa di salvezza, l’attesa del Messia che deve venire. Egli viene corteggiato dalla “verità” della donna e dalla sua condizione. Perché non mi salvi? Probabilmente soffriva per la legge del levirato che prescriveva ad una donna a cui fosse morto il marito di prendere un parente di costui per dare un figlio. E aveva avuto ben cinque “uomini”. E nessun figlio…

* La donna rimane colpita dall’atteggiamento rispettoso e illuminante di Gesù che gli ha detto tutto quello che aveva fatto. Questi le ha salvato la vita perché le ha permesso, l’ha aiutata a dire il vero e a confessare il suo bisogno di speranza, la sete profonda.
Ciò che ha salvato questa donna è stato un uomo “umanizzato”, cioè capace di rivelarsi nella sua parte più debole, capace di relazione…da umanità a umanità! E’ stata salvata da se stessa, dalla paura di se stessa, che non le permetteva di dire quello che poi ha detto. Ha trovato libertà!

Appunti 01.03.2018

* Giovanni 11: la risurrezione di Lazzaro. Non è semplicemente il miracolo ultimo e più grande che Gesù dà della sua persona. E’ il “segno” che prefigura  quello che attende  e vivrà Gesù, il mistero della sua morte e risurrezione. E’ pure illuminante sull’esperienza di morte risurrezione a cui siamo chiamati anche noi.

* Lazzaro malato e in pericolo di morte rimanda alla debolezza, alla vulnerabilità di Gesù. Solamente questa diventa luogo e occasione di salvezza. Ciò che salva, dà vita e offre speranza, non è la prova di forza, ma l’esporsi anche alla possibilità di essere rifiutati e sconfitti.

* Gesù ritarda e fa silenzio per due giorni prima di raggiungere l’amico che ne frattempo muore. Questo spazio incomprensibile dice ciò che non è stato detto nei due giorni che sono seguiti alla morte di Gesù, e cioè il silenzio del Padre. Lazzaro è davvero l’icona di quello che Gesù ha vissuto nella passione e come mai il Padre non si è precipitato ad impedirne la morte o a risuscitarlo.
Anche noi non sempre dobbiamo precipitarci perché non succeda il peggio, ma affinché si compia ciò che si deve compiere. E questo per la fiducia che riponiamo in Dio e nel suo progetto. Inoltre, non necessariamente c’è qualcosa da dire. Meglio attendere in silenzio la salvezza del Signore!

* Lazzaro, il morto, ode la voce di Gesù, perché “le sue pecore ascoltano la sua voce”. Non c’è morte che tenga! Non può rimanere nella tomba, nessuna pietra può impedirgli di “uscire”.
Pure noi aspettiamo che la morte faccia il suo corso, perché solo allora sarà risurrezione; altrimenti sarà solo rianimazione o sopravvivenza. Noi siamo fatti per vivere non sopravvivere e per questo dobbiamo attraversare la morte.

* La risurrezione è l’insurrezione della speranza possibile solo quando si tocca il fondo. E’ inutile arginare la morte. Dobbiamo accettarla avendo fiducia nel Padre come l’ha avuta il Figlio.
“Padre, ti ringrazio, perché mi hai ascoltato…”. Ecco il senso di questa preghiera di Gesù prima di chiamare Lazzaro fuori dalla tomba con un “grido” – “le pecore ascoltano la sua voce” - che dice lo strazio e la fiducia.

* “Liberatelo e lasciatelo andare”: la risurrezione, ogni risurrezione, anche quella spirituale, è liberazione, è dare libertà, e non dipendenza. E’ allargamento di orizzonti, non sopravvivenza.

* Giovanni 12 : a Betania Maria unge e asciuga i piedi di Gesù e apre così alla sua passione. Gesù impara dalla donna non un gesto cultuale ma un’eccedenza d’amore e di intimità che dicono proprio quello che Egli farà e vivrà. La cena di Betania dà a Gesù l’dea come vivere la Sua ultima Cena. Ha imparato l’eccellenza dell’amore dall’eccedenza dell’amore!
Giuda invece segue la logica del calcolo. Egli è il discepolo deluso di Gesù che cercherà un risarcimento delle sue aspettative, arriverà al tradimento. E richiama al dovere, mentre Gesù, il  “povero”, colui che sta per morire, insegna che davanti al mistero della Pasqua si deve entrare nella logica dell’eccedenza. Io sono discepolo “in eccedenza d’amore” o “di calcolo del dovere”?

* Giovanni 13 : nella lavanda dei piedi Gesù esprime e si muove nella “femminilità”, cioè nella intimità che ha imparato da Maria a Betania, nella vulnerabilità, nella capacità di dare senza mantenere posizioni di forza (anche se dirà, “io , il Signore e Maestro”). Gesù parla con i gesti, cambia il posto a tavola…non è colui che presiede, spezza il pane… fa gesti del servo e di chi è intimo. Essere servi= essere intimi!
Pietro, pur lento nel comprendere, di Gesù si fida. A differenza di Giuda, il discepolo deluso che del Maestro non si è fidato. Infatti “no. tutti sono puri, mondi”.

* Giovanni 21,12 : “Venite a mangiare”. L’abito del Risorto è quello della madre (ancora una donna!) che prepara e invita a mangiare i discepoli, ma lei non mangia. La “femminilità, ovvero la vulnerabilità, l’esporsi, riveste il ministero, la passione , la morte (sangue e acqua…sono elementi vitali “femminili),la risurrezione. E così Gesù rivela Dio!

Appunti 02.03.2018

* Giovanni 18 : Gesù si fa arrestare, perché “Padre, conoscano tuo amore!”. “Ed io attraverso questo amore sia in loro”. La sconfitta, e poi la morte, sono un’opportunità di… amore, e quindi di una nuova vita, un di più di vita.

* Il Getsemani è il luogo del torchio, del frantoio, della…trasformazione.
E Gesù viene trasformando la costrizione in libertà. La libertà non è evitare il pericolo, ma attraversarlo. “Nessuno mi toglie la vita, sono io che la dono”.
Così, in ogni momento della sua passione, Gesù non sta subendo, ma sta assumendo per dare testimonianza della Verità.

* Giovanni 19. La Verità del Vangelo: ciò che permette di esercitare un potere (vedi Pilato) è ciò che serve ad incrementare la vita dell’altro! Così, solamente nella relazione  si fa la Verità, e di qui la libertà (“la verità vi farà liberi”). La libertà è scegliere in che cosa investire o pagare di persona perché ci sia per tutti “vita in abbondanza”.








BRICIOLE di PAROLA

...nell'omelia dell 3° Domenica di Quaresima B - 04.03.2018 
Esodo 20,1-17
Giovanni 2,13-25 

 
Il mio saluto rinnovo a voi, di vero cuore. Ringrazio tutti del ricordo e della preghiera che avete avuto per me in questo tempo. Sono contento ora di ritornare ad affiancarmi a voi in questo tempo di quaresima. Andremo insieme verso la Pasqua di Gesù e nostra.

E’ la nostra vita discepoli, la vita cristiana, è una conversione ancora una volta alla Verità più grande di tutti, l’amore di Dio: vogliamo ritornare a Lui come ci esortava la Sua parola all’inizio di questo tempo di grazia.

Questo cammino è fatto sì di prove e tentazioni, ma con l’aiuto dello Spirito avviene pure in armonia, tra “bestie selvatiche e angeli”. Ce lo ricordava la prima domenica. E’ pure un salire e poter dire “oh, è bello!” quello che intravvediamo come è successo ai tre che Gesù, domenica scorsa aveva portato sul monte.

Il cammino nella vita cristiana non è un passeggiata idilliaca, romantica, e richiede di avere ide ben chiare e capacità di decisione; bisogna essere determinati nelle scelte da fare. Ci vuole, insomma una passione una tenacia, una forza che può apparire poco rispettosa e accondiscendente di uno stile sistema di vita che non quello vero, quello secondo il progetto di Dio.
Quello che succede al tempio con Gesù, come narra il vangelo in questa domenica, ci insegna che bisogna “essere pieni di zelo per la casa del Padre”, per quel tempio che è vita degli uomini, la nostra vita di tutti i giorni. Essere molli, indecisi, poco veri o compromessi, non ci fa camminare nella vita cristiana.
Siamo chiamati ad essere in pace sì, capaci di meraviglia sì, ma anche di santa umanissima indignazione per ciò che è falso; appassionati e pieni di zelo come Gesù per ciò che vale agli occhi di Dio. I fiumi di sangue che scorrevano nel tempio, ridotto ad un macellatoio di animali, il commercio religioso dei sacrifici, suscitano la contestazione violenta di Gesù. E’ finito il tempo dei sacrifici, lo dirà in più occasioni. Tuonerà altre volte: “Misericordia e non sacrifici", spesso fatti per metter a posto la coscienza, per guadagnare meriti davanti a Dio o scongiurare i suoi castighi.

Se sacrifici facciamo, perché così siamo stati educati, se sono veri lo si vede dai frutti. Mortificazioni, rinunce, penitenze… quali sono i loro frutti? Favoriscono l’umanità, la qualità della vita, la libertà, la giustizia, la solidarietà, il rispetto del creato…? Allora sono veri! L’unico sacrificio per cui ci appassioniamo e siamo pieni di zelo, di impegno, è l’eccedenza di amore, di carità, di giustizia, il di più di vita, di umanità, di festa.

Va bene, ma come la mettiamo con i comandamenti che ci sono stati ricordati nella prima lettura?  Gesù dirà: “non sono venuto ad abolirli, ma a dare loro compimento, pienezza, con una eccedenza di amore. Non vogliamo l’eccellenza della vita, ma l’eccedenza della vita, dell’amore.
E’ l’unico sacrificio che Dio gradisce, da vivere, in armonia, con meraviglia, e con tanta passione.