4° Domenica di Pasqua –26-04.2015
Chi è
Gesù il Risorto? Chi sono io, risorto con lui?
La
parola di Dio, in questa quarta domenica del tempo pasquale, ci dà un’immagine
che ci sembra un po’ fuori del tempo, ma assai significativa e comprensibile
quando Gesù l’ha accostata alla sua stessa persona: “io sono il pastore,
buono, il pastore bello”.
Gli
uditori di Gesù riconoscevano Dio come il proprio pastore, colui che si
prendeva cura con particolare affetto e premura,addirittura potenza del suo
popolo. Gesù, il Figlio di Dio, incarna la sua presenza tra loro e tra noi.
Chi è
il “pastore”? Quali sono le sue prerogative, le sue caratteristiche?
Quale amore manifesta?
Due
tratti emergono dalla Parola ascoltata dalle labbra di Gesù, due tratti che
uniti tra loro determinano proprio l’amore ( un po’ come dire l’idrogeno e
l’ossigeno, solo insieme danno l’acqua!).
Gesù il
Pastore, il Risorto, la pietra d’angolo cioè fondamentale per la costruzione
(dice l’apostolo Pietro) mette insieme fortezza e tenerezza. L’amore non può
essere privo di uno di questi due elementi. Se fosse solo fortezza, rischia la
durezza aspra; se fosse solo tenerezza, rischia la debolezza poco utile. Il
primo fa fuggire, toglie la confidenza, e il secondo non difende, non provvede
bene, non salva.
Gesù è
fortezza! Quanti “lupi” ci assalgono, mentalità di morte che ci assediano, ci
rapiscono e ci disperdono! Quanti “mercenari” si fanno avanti, imbonitori,
fasulli difensori che mirano al proprio interesse, e non importa nulla di noi.
S’impossessano della nostra esistenza, ci tolgono la libertà, a proprio
vantaggio.
Allora
Gesù è fortezza, se ci consegniamo a lui, se restiamo nelle sue mani siamo al
sicuro; al sicuro è quanto ci è caro, il desiderio della felicità, il
conoscerla questa felicità, e poi la famiglia, le relazioni più belle, i
progetti legittimi sono custoditi bene. Egli è la fortezza nello smascherare i mercenari, la
fortezza nell’intravedere anche da lontano le aggressioni al patrimonio di
valori dell’umanità. Se lo lasciamo per seguire
altri che “pastori” non sono, finiamo
male.
Gesù è
tenerezza. Quanto bisogno di essere conosciuti, chiamati per nome, di essere
importanti per qualcuno; di poter contare su qualcuno che per noi è disposto a
dare la vita; qualcuno la cui voce ci è cara, e che mai c’infastidisce anche quando
ci sembra sia troppo presente; qualcuno che ci guida a libertà, che ci fa
crescere. Gesù è costui. “In nessun altro c’è salvezza!”.
Questo amore fatto di tenerezza e di fortezza è
l’amore che vogliamo sia tra noi, nella nostra casa, nella famiglia, nelle
relazioni. Non può essere diversamente, e diventiamo “pastori” gli uni degli
altri.
Non è facile miscelare in giusta dose le due
caratteristiche, e solamente rimanendo con Gesù, può avvenire. La fiducia in
lui, la frequentazione di lui, l’ascolto della sua voce e della sua parola ci
costituiscono “pastori” nelle responsabilità che ci sono affidate in mezzo ai
nostri fratelli.Un servizio che non ci toglie la pace e la gioia di volere per loro il bene.