7° Domenica A – 23.02.2014
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Levitino 19,17-18
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Matteo 5,38-48
Parole
e cose dell’altro mondo!. Del mondo che ha in mente e nel cuore Dio per i suoi
figli, quel “regno” che Gesù è venuto ad annunciare.
Una domanda mi frulla per la testa, arrovella la mia
mente. Perché una persona deve accettare di essere maltrattata, vilipesa,
tradita o percossa, ripetutamente? Perché accetta di passarne continuamente e
l’unico modo di reagire è “porgere l’altra guancia”? E’ ingenuità? E’
stoltezza? E’ mancanza di responsabilità? E’ favoreggiamento e incentivo al male?
Piuttosto:
Perché non vi si legge invece la concessione che
l’altra persona, proprio perché insiste nel fare il male, prima o poi, possa
rendersi conto di quello che fa? “Voglio
aiutarti a renderti conto che mi fai del male e che ti fai del male!”.
Questo strano aiuto si chiama fiducia. Fiducia nel
bene che in ognuno è pur nascosto in qualche parte, e finché non ha vomitato
tutto il male, il suo volto non ritorna sereno, il cuore pulito, la testa
libera… Si chiama amore che accetta di perdere perché nell’altro il bene alla
fine venga fuori!
Lo vogliamo per lui, lo vogliamo per noi: “Amerai
il tuo prossimo come te stesso”.
Questa “passività” concede a chi mi percuote di
interrogarsi su quello che fa, è anche fare appello alla sua intelligenza. Così ha fatto Gesù quando la ricevuto lo
schiaffo al momento della passione.
“Perché mi percuoti? Mostrami dov’è lo sbaglio!”.
La fiducia nel bene che c’è in ognuno, l’amore più
grande del male che ci riceve, sono il segno del vero perdono che si arriva
concedere. Il perdono, perché sia efficace, prima che ci venga chiesto, va
offerto. Anzi, esiste solo in offerta! Questo vero perdono è comunque grazia di
Dio, perfezione che non si guadagna ma che Lui ci comunica. E potrebbe anche
non bastare per frenare il male, ma la sua offerta è il primo immancabile
passo.
Se domenica scorsa la parola era rivolta a chi fa o
può fare del male, negando la riconciliazione, tradendo lo sposo o la sposa,
usando la menzogna, in questa domenica la parola è rivolta a chi il male lo
subisce,e si riassume in un'altra parola. “vinci il male che ti viene fatto,
con il bene!”.
Alla cattiveria che ha qualcosa di diabolico, si
risponde con una bontà che ha qualcosa di divino!
“Amate i vostri nemici
e pregate per quelli che vi perseguitano”. Così l’umanità, società, famiglia,
relazioni, si salva
dall’autodistruzione, diventa nuova, come è nel progetto di Dio.
Non si tratta di dare cittadinanza al male o legittimare chi lo compie.
Non va dimenticata la giustizia che è la virtù che
impedisce che il male sia fatto… agli altri!
Se io vedo un violento che percuote un mite, uno che
fa del male ad un altro, uno che ferisce chi non sa o non ha la possibilità di
difendersi, uno che approfitta di un povero, uno che distrugge “il tempio di
Dio” che è ogni persona….io sono in
dovere di intervenire. “Rimprovera apertamente il tuo prossimo”, dice la
prima lettura;e anticipa quello che Gesù dirà un giorno sulla necessità della
correzione fraterna.
Se la guancia percossa è quella di un fratello o
sorella, il vangelo mi chiede di intervenire.
Se invece lo fa a me, vorrei, e per questo prego il
buon Dio, sempre secondo la parola di Gesù, essere capace di porgere l’altra
guancia perché il fratello arrivi a capire la stoltezza che compie o intraveda
il ben che gli voglio. Non posso fermarmi a guardare se uno subisce il male, e
a dirgli “poveretto, rassegnati, porta pazienza”! E no! Diversamente, se invece
il male viene fatto a me.
Gesù mi aiuti ad essere come Lui: difendere gli
altri e affidare a Dio la mia difesa.