lunedì 30 ottobre 2023

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

30° Domenica A – 29.10.2023

Esodo 22,20-26     -    1Tess 1,5-10     -     Matteo 22,34-40

Gesù ebbe a dire: “non c’è amore più grande di colui che dà la vita per chi ama”. Amore e vita sono correlativi, non c’è uno senza l’altro. Precisamente il fondamento della vita, l’inizio della vita è l’amore, e una volta ricevuto va donato perché ci sia più vita. A Dio restituito, al prossimo, come fa Dio, dato gratuitamente, in abbondanza, e precisamente con continuità, con totalità. Lo precisa la risposta di Gesù alla domanda che gli è stata fatta. “Qual è grande comandamento?”, tra i molti iscritti nella Legge. “Amerai il Signore tuo Dio e amerai il prossimo”, con  alcune precisazioni che ci aiutano nel nostro essere discepoli del Maestro.

Innanzitutto, “amerai”, cioè continuerai ad amare. Non: “lo farai domani”. Non è mai finito l’amore, non è di una stagione, di un’età, anzi la vita è tutte le età. Quando l’amore non è continuativo, permanente, forse non è più tale. Magari cambierà modalità di espressioni, ma non si può amare a tempo o fin tanto che.

E poi, ecco quel “tutto”, un aggettivo che può determinare la durata e la qualità dell’amore. Con “tutto”! L’amore è totalità, non calcolo, misura, non ha confini, non pone condizioni. Può essere respinto, questo sì, ma nell’offrirsi è totale. Non prevede risparmi anche se poi viene precisato che ci vuole intelligenza nell’amare.

 

Con tutto il cuore”. E’ l’entusiasmo, lo slancio, l’ebbrezza, la follia, la gioia…Fin qui va bene, e pure facile. Ma c’è anche il cuore stanco, triste, deluso, depresso. Sarebbe forse questo cuore improduttivo nell’amore? No! Incapace di amare? No! Perché l’amore non è un prodotto che viene da noi, ma dimora nel nostro cuore Vi è stato riversato in abbondanza, e se anche il cuore è screpolato, lacerato, ed ha delle perdite che non si fermano, la continua effusione sovrabbondante dell’amore di Dio, lo Spirito santo, non lo farà mai mancare. Amerai con tutto il cuore, in ogni condizione del cuore!

Con tutta l’anima”. Nessuno è senza anima, anche se il cuore sembra perdere colpi. Dio ha riversato nella profondità misteriosa e divina del nostro cuore umano una capacità di farne giusto tesoro e uso dell’amore: la libertà. Questa non è la licenza di fare nell’amore quello che si vuole o piace, ma è luce nell’anima, guida nello scegliere il maggior bene che appunto lo Spirito. Esso è il no alla condizione di peccato, il rifiuto di Dio, e il sì alla Grazia, cioè al Suo amore in noi.

Con tutta la mente”. Nell’amore non fa tutto Dio. Egli conta sulla nostra intelligenza, dono Suo anche questo comunque, sulla saggezza; quindi un amore saggio ed intelligente che sa regolare i nostri slanci e le nostre depressioni, che si studia di essere il migliore, il più bello, il più gioioso che una creatura può dare.

Questo è “amare Dio”, il primo comandamento . Il secondo è un altro primo: “amerai il prossimo”, perché lì c’è Dio. L’ha ricordato Gesù, e lo risentiremo tra qualche domenica: “avete amato” o “non avete amato me”. Questo amore deve mostrare il suo volto concreto, e le parole della prima lettura le accogliamo come degli esempi in attesa del Vangelo che verrà proclamato nelle domeniche che abbiamo davanti.

Abbiamo dei dubbi? Come fare? “amerai il prossimo come te stesso”. Mi permetto di fare un completamento. Gesù mi scuserà: “amerai tutto il tuo prossimo, senza distinzioni o preferenze, se non i più poveri e bisognosi. “Come te stesso”. Se ti vuoi bene, se vuoi il bene per te, saprai cosa volere e fare verso di loro. Con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente. L’amore ce l’hai già, non tenerlo per te!

 

 

lunedì 23 ottobre 2023

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

29° Domenica A – 22 Ottobre 2023

Matteo 22,15-21

Un tentativo per mettere in difficoltà Gesù, per prenderlo in castagna, un motivo per renderlo inviso agli occhi della gente o pericoloso per l’autorità romana. E’ assai conosciuta questa provocazione, e molti sono le letture che ne sono state fatte. Ma noi, che non abbiamo secondi fini, quale buona notizia porta? Non sarà magari troppo buona quella di dover pagare le tasse, peraltro per qualcuno pesanti, ma rimangono doverose e ci auguriamo che siano giuste, per il bene di tutti e non per ingrassare gli imperatori, i Cesari, di turno.

Questo tranello teso a Gesù è l’occasione per sentirci dire da Lui che noi apparteniamo, e sta qui la nostra grande libertà, la bella notizia, a colui del quale portiamo o siamo immagine. E’ una rivelazione straordinaria: vivere ad immagine e somiglianza di chi ci fatti, ci ama e continuamente si prende cura di noi. Immagine significa ciò che è fondamentale, irrinunciabile, costitutivo; somiglianza indica piuttosto la modalità mia propria che io sono chiamato a dare a questa immagine. L’immagine mi viene donata, alla somiglianza devo provvedere anch’io con il mio impegno e responsabilità, con la mia diversità.

Come conservare, custodire tale immagine e come provvedere alla somiglianza? E qui potrebbe far sorridere o sembrare troppo banale e superficiale, ma è soltanto un modo di dire che però indica quanto siamo cari, e come ci voglia, non solo bene, ma anche belli; sì, belli,  chi ci ha creati, passatemi il paragone, chi ci ha coniati. Noi siamo moneta preziosa, medaglia bella, artistica, vanto di Dio, riproduzione fedele e quel che più conta, viva di Lui. E una volta che ce ne rendiamo conto non possiamo sfuggirgli, accettare di essere barattati, o sparire e finire in fondo alla tasche, come succede ai nostri spiccioli, e smarrirci.

Il nostro volto ha bisogno di essere “lucidato” in continuazione, accarezzato, magari pulito, ed è quello che Gesù è venuto a fare; è venuto ad insegnarci a custodire e trattare bene la nostra immagine che riflette Dio. Spesso noi siamo rovinati da sfregi o porcherie, ed è necessario riportare pian piano l’immagine divina scritta dentro di noi alla sua originale bellezza. Questo significa “date, restituite a Dio quello che è di Dio, quello che Gli appartiene quello che da Dio viene, e che siete appunto, voi.” 

Non si tratta di pagare una tassa, perdere la libertà, ma affermarla e godere di ogni beneficio che dell’essere immagine e somiglianza di Dio, che non è un imperatore o un Cesare, ma un padre che provvede al bene di tutti i suoi figli. Egli stesso ci aiuti ad essere amministratori di nostri stessi, preziosi ai suoi occhi.

domenica 15 ottobre 2023

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

28 ° Domenica A – 15.10.2023

Isaia 25,6-10      Filippesi 4, 12-20       Matteo 22,1-14

A fronte di quello che sta succedendo e della recrudescenza della guerra, della violenza e morte, osa la Parola del Signore: “…Egli strapperà…Eliminerà la morte…lacrime” (cfr. prima lettura).

E’ un invito a non cedere alla paura, alla rassegnazione, o disperazione… “poiché la mano del Signore si poserà su questo monte” di dolore. Mentre vediamo immagini di distruzione, leggiamo notizie agghiaccianti, intenzioni di odio e di distruzione, custodiamo questa Parola, non per illuderci, ma per sostenere con la preghiera chi si prodiga per la pace, per confidare in Colui che vuole salvezza e pace per l’umanità, per tutti i suoi figli, in Dio.

L’invito che ci viene da Dio va oltre a non temere la violenza e la morte, la fine di tutto. E’ un invito a festa, e non è una mancanza di sensibilità e di rispetto per tanta sofferenza, tristezza e pianto. No, Dio vuole per noi davvero una festa, e precisamente un banchetto di nozze, perché sposando noi, “cattivi e buoni”, ci vuole sposare con il Suo Figlio, non solo commensali, e così prepara ogni cosa.

Perché proprio un banchetto? Perché quando invitiamo qualcuno  ad un banchetto, non è per dargli da mangiare e bene, cosa bella e buona. Invitare qualcuno significa farlo entrare nella propria familiarità, offrigli, amicizia. E’ condivisione di se stessi, è confidenza del cuore! Se si vuole tenere distante qualcuno, non  lo si invita mai a tavola. Quindi Dio vuole dare qualcosa di sé, molto di più di “grasse vivande, cibi eccellenti e raffinati, cibi succulenti”.

Ma ecco il rischio di deludere chi ci invita, e il rifiuto ci è facile. Acquista sapore amaro la nostra vita quando diciamo di no per tanti motivi, cerchiamo di addolcirla o di sfamarci in modo magro e triste. Il Signore non  demorde e fa chiamare, come dicevo, “cattivi e buoni” in quella sala. Può essere immagine anche della Chiesa,  la nostra chiesa, dove mi ritrovo anch’io, non so da quale parte, ma ci sono. Questa è buona notizia! Ringrazio.

Noi abbiamo raccolto l’invito, anche stamattina, no? Ma, indossiamo l’abito della festa, l’abito nuziale? Che non è l’abito da cerimonia, quello esteriore. E’ quello interiore. Ecco perché i servi, nella parabola narrata, non si sono accorti. Dice Sant’Agostino che quell’abito interiore è la carità! E precisamente così scrive: “voi siete già dentro la Chiesa, vi siete già accostati al banchetto, ma non avete ancora l’abito da indossare in onore dello sposo, poiché andate ancora in cerca dei vostri interessi, non di quelli di Cristo”. Contrariamente a quello che si dice, per una volta tanto, forse è il caso che guardiamo come siamo venuti in Chiesa stamane, come siamo vestiti! Non esteriormente, ma dentro!