...nell'omelia
Neemia 8,2-10 1Cor12,12-30 Luca 4,14-21
3° Domenica C – 27.01.2019
Se quanto avvenuto alle nozze di Cana era “l’inizio dei segni”,
quest’oggi due tratti ci sono offerti dalla Parola che ci è stata
annunciata e incoraggiano il nostro cammino.
Il primo è dato
dall’essere qui riuniti in un’unica “assemblea convocata” (Chiesa) dalla
Parola stessa per una grande “grazie” (Eucaristia), attorno alla mensa
dove Gesù, con l’annuncio dell’amore del Padre e il suo stesso Corpo,
ci nutre.
Apprendiamo dalla seconda lettura. Come il corpo ha
molte membra, ma è uno solo, così anche la nostra “assemblea” (Chiesa),
qui e fuori di qui. Ognuno di noi è “corpo”, come le varie membra sono
corpo, ma solamente insieme hanno e danno vita. Così anche noi solamente
insieme abbiamo e diamo vita perché questo nostro mondo l’abbia in
abbondanza.
E’ nostra salvezza, e non solo, essere insieme
convocati dalla Parola di Dio, come avvenne per le tribù d’Israele
convocate in un momento particolare della loro storia (cfr 1° lettura)
quando fu ritrovato il libro della Legge, smarrito durante le vicende
dell’esilio. Forse lo smarrimento della Parola di Dio tocca anche noi.
Ci tocchi anche il suo continuo ritrovamento, la nostra bella
familiarità con essa.
E qui ci è offerto l’altro tratto di questa “assemblea” e della vita di ognuno.
Leggiamo oggi: “Tutto il popolo tendeva l’orecchio alla lettura della legge… e piangeva…”, piangeva di commozione, di gratitudine, forse di rimpianto per essere stati orfani, magari colpevolmente, per tanto tempo di quel libro.
Leggiamo oggi: “Tutto il popolo tendeva l’orecchio alla lettura della legge… e piangeva…”, piangeva di commozione, di gratitudine, forse di rimpianto per essere stati orfani, magari colpevolmente, per tanto tempo di quel libro.
E’ il nostro volto di popolo, di convocati,
poiché non si può essere cristiani da soli, per conto proprio
(“christianus unus, christianus nullus” – S. Agostino – un cristiano da
solo è un cristiano da nulla!); convocati, come avviene ogni domenica,
per tendere l’orecchio alla Parola di Dio e piangere… , ma di gioia
(esorta a questa colui che guidava quell’assemblea).
Questa Parola che dà vita ha un volto, per noi è Gesù.
Nella sinagoga di Nazareth, leggendo il brano del profeta Isaia, ha il coraggio di dire: “oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. “Gli occhi di tutti era fissi su di lui”. E così quelli che lo fissano e lo fisseranno, lo vedranno con amore assumeranno il suo volto, diverranno il suo volto per “portare ai poveri il lieto annuncio” che Dio ci ama.
Nella sinagoga di Nazareth, leggendo il brano del profeta Isaia, ha il coraggio di dire: “oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. “Gli occhi di tutti era fissi su di lui”. E così quelli che lo fissano e lo fisseranno, lo vedranno con amore assumeranno il suo volto, diverranno il suo volto per “portare ai poveri il lieto annuncio” che Dio ci ama.
Occorre tenere “fissi gli occhi su di
lui”, con gli occhi e gli orecchi, anche il cuore diventando il “corpo”
di Cristo. Tenere fissi su di lui che è nei “poveri, nei prigionieri,
nei ciechi, negli oppressi”, tra i quali in diverso modo siamo pure noi.
Con costoro si è immedesimato Gesù dopo aver detto di essere venuto per
portar loro un annuncio di liberazione e di grazia.
E allora,
guardando a lui e guardandoci reciprocamente in volto, “non vi
rattristate, perché la gioia del Signore, è la vostra forza”.