...nell'omelia
Ascensione – 13/05/2018
- Atti 1,1-11
; Efesini 4,1-13 ; Marco 16,15-20
Domenica scorsa il conforto per
le parole di Gesù: “rimanete nel mio
amore, la mia gioia sia in voi, il mio comando, voi siete miei amici”. Una
bella notizia: siamo amati!
Oggi, diversamente, quello che
sentiamo sembra smentire tutto ciò. Gesù se ne va, torna al Padre, priva della
sua presenza fisica i suoi, e noi con loro ci sentiamo come orfani, anche se
Egli assicurava che non sarebbe stato così.
Paradossalmente celebriamo come
festa questo avvenimento, giacché ci conferma che davvero il Cristo disceso dal
cielo è Dio fattosi a noi vicino nel suo Figlio che ha preso carne umana, ha
vinto la morte e ora ci precede nel ritorno al cielo, nella pienezza della vita.
L’Ascensione di Gesù, che fa parte del
prodigio della Pasqua, della risurrezione, è annuncio, promessa, caparra della
novità per la quale siamo fatti.
Rimane il fatto che Gesù se ne
va, racconta la 1° lettura, e noi, desiderosi come tutti di vedere cose nuove,
il mondo rinnovato, lo guardiamo smarriti, forse un po’ delusi. Ancora una
volta siamo daccapo. L’abbiamo appena riavuto Gesù, ed ecco che ci sfugge di
nuovo.
Eppure la “buona notizia” c’è
anche oggi: Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo ad ogni
creatura”. La sua fiducia, il compito che ci assegna, sono “buona notizia”
Non possiamo
rimanere con il naso all’insù, inerti, e disorientati, come potevano apparire i
discepoli secondo l’evento narrato nella prima lettura. Ed ognuno potrà
concorrere a realizzare questo annuncio secondo i doni che ha ricevuto e nelle
responsabilità in cui è stato posto.
Il vangelo è
affidato alle nostre mani, alle nostre labbra…potenziati dallo Spirito di Gesù
che verrà comunicato. Ne abbiamo l’assicurazione nella testimonianza che “il
Signore agiva insieme a loro – vale per quei discepoli, ma anche per noi
oggi - e confermava la Parola con i
segni che la accompagnavano”.
Il bene che
il Signore stesso ci aiuta a mettere in atto è un rifiorire di vita fino alla
misura della pienezza di Cristo. Lo conferma Paolo scrivendo ai cristiani di
Efeso, nelle righe finali del testo che abbiamo ascoltato.
Allora i demoni, quali la sete di
denaro, il protagonismo aggressivo, possesso delle persone, la menzogna…si
allontaneranno, come pure chi è all’origine e vive di tutto ciò; ci sarà un
linguaggio nuovo, quello dell’amore; e passeremo indenni in mezzo alle
cattiverie senza esserne avvelenati; aiuteremo chi è malato a riprendersi la
vita. il veleno non nuocerà più e i malati riprenderanno a vivere.
Annunciamo il Vangelo innanzitutto con la vita; poi, se
Dio lo concede, con le parole. Gesù, salito al cielo, non ci ha abbandonati.
Viviamo e muoviamoci con letizia e fiducia.