domenica 31 agosto 2014

OMELIA


22° Domenica a – 31 Agosto 2014

- Matteo 16,21-27

Domenica scorsa Pietro aveva ottenuto l’ammirazione di Gesù per la riposta che gli aveva dato alla domanda “Voi chi dite che io sia?”. “Tu sei il Cristo , il Figlio del Dio vivente”.  Tale confessione di fede gli era valsa il riconoscimento: “E tu sei la roccia del nuovo popolo di Dio, dei credenti”.

Ora anche la roccia, la pietra, si sgretola, e diventa, per Gesù, sasso d’inciampo. Infatti Pietro osa strattonarlo e rimproverarlo per quello che va dicendo a riguardo della sua missione di inviato del Padre. E Gesù non gli risparmia il titolo di “Satana”; gli ordina di mettersi dietro e non davanti. Il discepoli vuole insegnare al Maestro.
E’ la tentazione di tutti noi credenti, della stessa Chiesa, quando non pensiamo “secondo Dio, ma secondo gli uomini”, scegliamo e seguiamo la mentalità del mondo che non ammette rallentamenti e sconfitte. Animati anche da buoni sentimenti, possiamo essere “pietre friabili” che non sostengono più i fratelli, non offrono stabilità al progetto di Dio. Non costruiamo la Chiesa, segno e seme di nuova umanità.

Il nostro andare con Gesù è un metterci davanti a Lui e dettargli come deve essere il vangelo, come deve essere la nostra vita di credenti, di discepoli? Siamo nella necessità di ritornare a metterci dietro e seguirlo su passi che rimangono poco comprensibili?

 “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.
Questa affermazione di Gesù ha destato in me una domanda, una curiosità: Qual è stata la croce di Gesù? Certamente quella finale sul Calvario. Io penso che la croce di Gesù sia stata, prima di quel supplizio, prima  degli avversari che gliel’ hanno imposto, sia stata proprio la cerchia dei discepoli e amici.
Gli volevano bene, lo ammiravano, si compiacevano di lui, erano testimoni delle sue opere prodigiose , ma non mancavano di contrastarlo perché i loro pensieri non erano secondo Dio. L’amore di Dio che in lui si manifestava era contrastato. Allora la croce di Gesù era la contestazione dei suoi e la solitudine in cui ritrovava.

Pensiamoci bene: è la croce del profeta, è la croce del pastore (quando è profeta, quando dice le parole che Dio gli affida), come appare nella 1à lettura la figura di Geremia: “Sono diventato oggetto di derisione, ognuno si fa beffe di me,e la parola del signore che io annuncio mi attira lo schermo della gente”.
E’ la croce di chi ama, e non vede ascoltato l’amore che indica la via. E’ la croce di una mamma, di un papà, incompresi e contestati dai figli. E’ la croce di una sposa, di uno sposo, che non riescono a condividere quel progetto di vita per cui si erano promessi amore per sempre. E’ la croce di amici che cercano di aiutare altri ad uscire da false illusioni.
Il risultato di questa incomprensione e relativa contestazione è la solitudine, pur continuando a sentirsi dire, “ti voglio bene, ti sono vicino”. E’ la croce di chi educa, di chi serve, ma non sono condivise le sue scelte!

Ma non dobbiamo perderci d’animo, non cediamo alla paura e allo scoraggiamento – ed è questa la bella notizia che ci sorregge – se in noi c’è quello che il profeta Geremia avvertiva dentro di sé: “un fuoco ardente nel mio cuore, trattenuto nelle mie ossa”. Questo fuoco è l’amore, l’amore di Dio, che investe anche il fisico, che ci consente di portare, come dice Gesù, la nostra croce.“Mi sforzavo di contenerlo. Ma non potevo”. Ecco, l’ impossibilità di trattenere l’amore o liberarmi di esso è la mia forza, la salvezza della mia vita, del mio ministero, e anche, spero, di voi!









mercoledì 27 agosto 2014

OMELIA


21° Domenica A – 24.08.2014

- Matteo 16,13-20

Quel Gesù che affascina le folle con le sue parole, quel Gesù che sorprende con la potenza dei suoi gesti di compassione, chi è per me? Lo chiede lo stesso Gesù a noi come lo ha chiesto ai suoi discepoli un giorno. La risposta vera non può venire da ciò che ci hanno detto e insegnato: “cosa dice la gente di me?”. La troviamo prima di tutto dentro di noi! Nel cuore che non è semplicemente un ricettacolo di sentimenti a volte contrastanti e confusi, ma la dimora di Dio, dello Spirito di Dio che ci insegna la verità. “Non la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio”.

“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”: una risposta magari non compresa pienamente da chi la proferisce, ma detta con il cuore che dà fiducia, ha delle conseguenze inimmaginabili, sorprendenti.  Non solo per Pietro a cui viene riconosciuto una particolare chiamata ad essere “roccia”, come a dare stabilità a quella esperienza che sta sorgendo attorno a Gesù, vero e unico fondamento della comunità seme e segno del regno di Dio, dell’umanità nuova che Dio vuole per i suoi figli. Quella risposta data da Pietro è di ognuno,e in essa sta il segreto della nostra salvezza.

Qui vengo a voi con la confidenza che riguarda anche il nostro rapporto. Ormai non sono pochi gli anni che io sono con voi, tra voi. Ogni tanto faccio il mio esame di coscienza e mi chiedo che posso fare di meglio, a che pro sono qui, che cosa butta il mio ministero in mezzo a voi… Non lo faccio perché posso aver motivo di lamentarmi, anzi. Benedico e ringrazio il Signore di questa famiglia che mi vuol bene e che io amo. In mezzo al mio dire, predicare, scrivere, agire servire, visitarvi e incontrare le persone, il mio desiderio più grande è che io, voi, noi, ciascuno, tutti, arriviamo davvero a confessare con il cuore, con le parole, di conseguenza con la vita, quello che Pietro ha confessato a Gesù: “tu , per me, sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.

No, non è limitarsi ad imparare una definizione di catechismo, un’affermazione teorica, una ripetizione di quello che possiamo aver letto o ci è stato insegnato. E’ una scoperta che viene dall’esperienza che vorrei ognuno facesse di Gesù. Questo io desidero e tutto quello che insieme riusciamo a fare, organizzare, inventare e portare avanti, di ogni genere, a questo vorrei conducesse. Altrimenti è fatica bella, ma passa e non contribuisce a costruire il regno di Dio. Questa confessione, che ripeto è di ognuno – “sì, tu sei per me, il Cristo, il  Figlio del Dio vivente” - ha delle conseguenze dalla portata rivoluzionaria per ognuno, conformemente alla sua vocazione e responsabilità.

L’immagine delle chiavi, del legare e dello sciogliere, è presa dal linguaggio giuridico del tempo. Ma in Gesù l’espressione  va più in profondità di un compito istituzionale.
Significa che chi confessa la fede in Gesù Figlio di Dio è “pietra viva” nell’edificazione del suo regno perché si ritrova davvero con la capacità di legare il male, porre un freno all’odio, vincere la cattiveria, vincere la morte; con la capacità di sciogliere il bene, di liberare la vita, di dare spazio alle sue più belle manifestazioni. Questa capacità di essere umani figli di Dio viene potenziata dalla fede. Ed è questa confessione di fede che innerva la vita, non concede al male di prevalere, qualunque sia la sua manifestazione arrogante o subdola, fa invece fiorire il bene che io voglio per voi, per cui vivo e corro con voi, servo tra voi. Altri risultati, per quanto ammirevoli, non mi bastano. No, non è indifferente avere la fede in Gesù o no, amare Gesù o no, perché questa potenzia risana libera vita, le nostre relazioni, il nostro impegno.

Gesù ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. Anche questa è una parola dal significato preciso. Ma io la disattendo oggi dicendovi ancora una volta che “sì, Gesù, per me è il Cristo il Figlio del Dio vivente”, e spero di darvene testimonianza col tempo che sarò ancora tra voi, con quello che potrò fare e dire, con il bene che mi aiuterete a donarvi.



mercoledì 20 agosto 2014

PRODIGIO


(…una nuova vita!)

Deposto dall’amore
in fertile grembo
della vita il seme
gioiosi accolgono.

Fiorirà in bellezza,
in bontà il frutto
di tanta passione
che l’universo regge.

Sorpreso il piccolo,
non dice parole,
balbetta felicità,
innocente, teme il posto.

Rimani tu il primo,
di  mamma e papà
nell’abbraccio sicuro,
impari l’amore.

Moltiplica il bene,
e nessuno ne manca,
la maestra mamma
tiene a bella lezione.

Si brinda e si offre
con papà al banco,
in alto il cuore calice
trabocca di stupore.

Con loro tutti ebbri
di gioia ed esultanza,
il Dio della vita chiama
al nuovo passo di danza.

Settimana di Pasqua
sarà novità al mondo,
e biblico nome scelto
ci ricorderà salvezza.

Carissimi, nove mesi d’attesa?
Dall’eterno viene l’amore,
principio né fine non ha,
voi date carne a Dio.

Gratitudine a Lui,
benedizione a voi,
fiducia nella vita,
nuovi nasciamo anche noi.






martedì 19 agosto 2014

AGOSTO !


Riposo indolente,
lenta ripresa,
giorni d’agosto,
verrà la vita temuta e attesa.

Squarci di sole,
burrasche improvvise,
si preparano pronte
ansia e fiducia mai divise.

Estate mai fiorita,
promessa e desiderata,
 icona di passione
qui ancora la mia chiamata.

Aperto all’altrove
ove porta il cammino,
gesti e parole di vangelo
del maestro divino.

Nessun piano o programma
a fare la mia storia,
sono di Gesù l’amico
a condividere fatica e gloria,

Non meriti o bravura
al fianco suo mi pongono,
 parole di vita eterna,
grande misericordia attraggono.

Ben venga il tempo davanti,
pensieri passi illuminati,
pazienti coraggiosi,
annuncio che tutti sono amati.

Erba alta, sì bella, nei campi
lavoro per pioggia eccessiva,
dai, vinca il calore sano,
ogni cosa maturi e viva.

Non consenso né successo,
buon frutto vien dall’amore,
lo Spirito nel ministero
a dire che Gesù è il Signore.

Cammini la comunità,
fratelli sorelle cari,
di dono di carità ricchi,
di bontà mai ignari.

Se altra via sarà proposta
l’accompagna benedizione,
il progetto bello del Signore
rimane a me dono di elezione.



OMELIA


20 Domenica A – 17.08.2014

- Matteo 15,21-28

Quattro pensieri, quattro suggestioni, o provocazione, che aprono al regno dei cieli, la vita nuova che Dio vuole per i suoi figli. Possono suscitare in noi un certo scandalo, cioè diventare ostacolo, ma colti in umiltà predispongono, o ci correggono, ad accogliere il vangelo, la bella notizia di Dio che ci vuol bene e far nostro il suo stile per mostrarlo davvero il vangelo.

1° - Domenica scorsa grido di spavento di Pietro che osando camminare sull’acqua si vede affondare: “Signore, salvami”. Oggi il grido di dolore, straziato, della mamma per la propria figliola “tormentata da un demonio” : “Signore, aiutami”.
Il grido è la preghiera di chi non ha fede o ne ha poca, come viene rimproverato a Pietro da Gesù; è la preghiera di chi non ha una fede completa, non conosce perfettamente Gesù, come la donna, ma gli riconosce che può fare qualcosa per la condizione di prova, dolore, infelicità in cui si trova.
E allora, io dico, gridiamo, con la voce o in silenzio, perché noi creature fragili, abbiamo bisogno di salvezza, di conoscere la bontà e la potenza del Signore. Quando avremo incontrato e sperimentato Gesù, perché ci ha dato la sua mano, ci ha guarito, o aperto gli occhi, allora il nostro grido sarà testimonianza, testimonianza del regno di Dio.

2° - Pietro riceve soccorso. Gesù, là sul lago, lo afferra, Alla donna, a questa mamma disperata, Gesù, dapprima, “non le rivolse neppure una parola”. E’ uno scandalo il silenzio di Gesù, riconosciuto come uomo di compassione. Dov’è finita la compassione” E’ solamente per i suoi? Così rimane un mistero il silenzio di Dio, davanti a tante grida di dolore.  Ho cercato di darmi una possibile risposta a questo scandaloso  atteggiamento di Gesù.
Proprio per la partecipazione intensa di Gesù alla nostra umanità anch’egli, davanti un dolore immenso, ad una sofferenza ingiusta che non conosce limiti, si trova senza parole, e, come allibito, non sa più che cosa dire. Io penso che anche Dio non sa più cosa dire quando vede i suoi figli farsi del male, uccidersi. Con i nostri odi e cattiverie ammutoliamo perfino Dio.
L’altra risposta che ho sentito risuonare in me. Dio non ha più una parola con cui rispondere alle nostre grida di dolore e smarrimento perché ce la già data, l’ha gi detta e data tutta. Questa parola è lo stesso Gesù. La sua risposta è “ascoltatelo”, “io sono sempre con voi”. E Lui il regno di Dio.

3°-  La compassione dei discepoli è il nostro pericolo: “esaudiscila questa donna perché ci viene dietro gridando”. E’ un volersi togliere dai piedi chi li sta importunando. Non è partecipazione alla suo dolore; non vogliono la liberazione sua, ma liberarsi di lei. Mio Dio, come la mia compassione rischia di essere simile a quella dei discepoli, invece che a quella di Gesù, che tace, ma mostra poi di partecipare. Questa falsa compassione non fa crescere il regno di Dio.

4° - Un donna, per giunta pagana (chissà quale dio pregava!) insegna a Gesù. Stavolta è lei che gli apre gli occhi; gli fa fare un passo importante, che egli avrebbe certamente fatto prima o poi, ma gli mette fretta. Un po’ come Maria alle nozze di Cana. E’ sempre una donna che fa muovere anzitempo Gesù, gli fa rivelare cos’è il regno di Dio.  L’obiezione di Gesù: “io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele…. Per cui non è bene prendere il pane dei figli (come si considerava  Israele) e gettarlo ai cagnolini ( così si indicavano i pagani)”, è quella della mentalità che vigeva al suo tempo. Anche Gesù poteva esserne condizionato e rallentato nel suo cammino di rivelazione. Ma ecco che la donna rompe gli indugi: “noi cagnolini, ci sfamiamo con le briciole”. E Gesù sconfina, esce dalla rigidità delle legge; non ci sono più quelle che sono dentro, e hanno diritti, e quelli che ne sono fuori, gli esclusi. Mostra che Dio ha un amore universale, Lui è davvero “cattolico”. Una donna lo insegna a Gesù.
Forse ci può essere anche per noi qualcuno o qualcosa che ci fa fare un passo oltre, dentro il vangelo; qualcuno o qualcosa che ci aiuta a svelarlo perché il vangelo è dentro di noi, nel nostro gridare il bisogno di vita, nel nostro silenzio che non sopporta il male, nella giusta compassione che non allontana ma avvicina, nel riconoscere che tutti siamo amati figli di Dio e fratelli tra noi; il vangelo è in una manciata di briciole che non dobbiamo aver paura di lasciar cadere dalla nostra ricca tavola perché non muoia chi ha bisogno di pane e di aiuto, di liberazione e speranza. Questo il progetto di Dio e la liberazione di cui tutti abbiamo bisogno.







venerdì 15 agosto 2014

OMELIA


ASSUNTA – 15.08.2014

La Vergine Maria finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste col suo corpo e la sua anima, e dal Signore esaltata come la regina dell’universo.  Questo oggi noi festeggiamo, e lo facciamo con particolare gioia poiché Maria in cielo è custode della nostra Comunità, delle nostre famiglie,  a lei affidate.  La Madre di Gesù è l’immagine e la primizia della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, e così sulla terra brilla come segno di sicura speranza e di consolazione per noi che siamo in cammino.
La bella notizia appena ascoltata nelle letture si concentra su tre parole: lotta, risurrezione, speranza .

La prima, dal libro dell’Apocalisse,  non ci deve far paura, ma è “lotta”. La visione della lotta tra la donna e il drago ci ricorda che il cammino nella storia è lotta dove però il male e chi lo compie, il maligno e i suoi seguaci, non l’avranno vinta. La figura della donna, che rappresenta la Chiesa, è da una parte gloriosa, trionfante, e dall’altra ancora in travaglio. Così in effetti è la Chiesa, di più l’umanità tutta: se in Cielo è già associata alla gloria del suo Signore, nella storia vive continuamente le prove e le sfide che comporta il conflitto tra Dio e il maligno, il nemico di sempre. In particolare le persecuzioni di questi giorni di tanti fratelli nella fede lo confermano. Ma non sono solamente queste.
E in questa lotta che i discepoli di Gesù devono affrontare – noi tutti, noi, – Maria non li lascia soli; la Madre di Cristo e della Chiesa è sempre con noi. Sempre, cammina con noi, è con noi. Entrata nella gloria del Cielo, non significa che sia lontana, che sia staccata da noi ; anzi, Maria ci accompagna, “prega per noi”, lotta con noi, sostiene i cristiani nel combattimento contro le forze del male. La preghiera con Maria, in particolare il Rosario, è preghiera che sostiene nella battaglia contro il maligno e i suoi complici.

La seconda Lettura ci parla della risurrezione. L’apostolo Paolo, scrivendo ai Corinzi, insiste sul fatto che essere cristiani significa credere che Cristo è veramente risorto dai morti. E il mistero dell’Assunzione di Maria in corpo e anima è tutto inscritto nella Risurrezione di Cristo, ne è conseguenza, frutto. Come Gesù è entrato nel mondo per Maria prendendo la lei l’umanità, così l’umanità di lei, Madre sua, è entrata con Lui nella vita eterna, che chiamiamo anche Cielo, Paradiso, Casa del Padre. Cristo è la primizia dei risorti, e Maria è la primizia dei redenti, la prima di «quelli che sono di Cristo». E’ nostra Madre , ma anche possiamo dire è la nostra rappresentante, è la nostra sorella, la nostra prima sorella, è la prima dei redenti che è arrivata in Cielo.

Il Vangelo ci suggerisce la terza parola: speranza . Speranza è la virtù di chi, sperimentando il conflitto, la lotta quotidiana tra la vita e la morte, tra il bene e il male, crede nella Risurrezione di Cristo, nella vittoria dell’Amore. Abbiamo sentito il Canto di Maria, il Magnificat: è il cantico della speranza, è il cantico del Popolo di Dio in cammino nella storia. E’ il cantico di tanti santi e sante, alcuni noti, altri, moltissimi, ignoti, ma ben conosciuti a Dio; il cantico dei nostri cari che ci hanno trasmesso ed educato alla vita di fede. Questo cantico è oggi particolarmente intenso e fiducioso là dove il Corpo di Cristo patisce oggi la Passione.
Dove c’è la Croce, per noi cristiani c’è la speranza, sempre. Se non c’è la speranza, noi non siamo cristiani..
Uniamoci anche noi, con tutto il cuore, a questo cantico di pazienza e di vittoria, di lotta e di gioia, che unisce la Chiesa del cielo con quella della terra, quella in cammino, noi; unisce la nostra storia con l’eternità, verso la quale camminiamo, l’eternità di cui abbiamo bisogno per vivere bene il presente, appunto con coraggio, fede, e speranza.

Pensieri da Papa Francesco - Assunta 2013


domenica 10 agosto 2014

AMORE CROCIFISSO


(…Comunità Adveniat – S. Maria in Arce
     Assisi – Trasfigurazione - 06.08.2014)


Trinità piccola sale,
confusa sicurezza,
su monte alto il Maestro
conduce a vera bellezza.

Sole il volto Suo,
luce le vesti,
schiacciati a terra
impauriti testi.

“E’ bello star qui”,
il discepolo non scende,
non sa il roveto
che il Padre nel Figlio accende.

Amore crocifisso
è tutta la Sua gloria,
non c’è altra bellezza
data all’uomo e alla storia.

Amore crocifisso
il ministero mio,
nello Spirito volto e luce
del mistero di Dio.

Amore crocifisso
impedito, inchiodato,
“espira” grazia e vita
seppur ripreso e contestato.

Amore crocifisso,
agonia pastorale,
cerco e “inspiro”,
offerto il bene, vinto il male

Contemplo, e “inspiro”
dall’Amor in sé fatto carne,
trafitto dono e non merito
ch’io possa vantarne.

Gravido il seno di Dio,
da pietà e misericordia spinto,
tracima sul mondo
dalla Sua stessa passione vinto.

S’avvicina, lieve il tocco,
l’Amato che ama,
trasfigurato con i tre,
ora me, Sua immagine, chiama.

Solo ti vedo, Gesù,
solo ti porto in me,
nel cammino nostro
solo annuncio te.

M’accompagna povertà,
via ogni mestizia,
in comunità fraterna il regno viene,
libertà, leggerezza, letizia.

“Non più servo, amico mio,
vieni, dietro a me cammina,
uomo di luce, come Pastore bello,
per i fratelli sei bontà divina.

Dall’alto monte al fondo valle
tieni forte il cuore,
al Tabor e al Getsemani,
sta la tenda del Crocifisso Amore.

Né peccato, paura o presunzione,
abbi per santa carità,
a tutti della risurrezione 
porta un raggio della grande Trinità.

Amen. Alleluia.








ALL' EREMO 2


(…Comunità Adveniat – S.Maria in Arce
                                 Assisi - 06.08.2014)

S’agitano le fronde
al vento leggero,
ecco arriva
a lisciar la fronte.
Lieve il pensiero,
non corrucciata la mente,
libero il cuore,
viene il mistero.
Lungo è l’attimo,
e tutto si ferma,
attendo sospeso
il tocco intimo.
Ancora anelo
sentire sulla pelle,
sull’arsa via,
la freschezza del vangelo.
Eremo in me,
trasfigurato Spirito,
luce bella ai fratelli,
voglio stare in te.





ALL' EREMO 1


(…Comunità Adveniat – S.Maria in Arce
                                 Assisi - 05.08.2014)

Silenzio pieno
di rumori vuoto,
stormir di fronde,
cinguettio d’uccelli
ascolto e annoto.

Di farfalle il volteggiar
la corte ai fiori
nell’umbratile fresca selva
ove riposo e pace
rivivono gli amori.

“Beata solitudo,
sola beatitudo” fu scritto,
all’eremo serafico
in letizia è donata
non per merito né diritto.

La Parola è detta
in così alta bellezza,
il mormorio del bosco,
nel tacer dell’ansie,
mi tocca con la Sua carezza.

Moltitudine cara,
umanità amata,
fratelli, sorelle, creature,
abbiatene nel cuore parte,
ogni grazia vi è data.


OMELIA


19° Domenica A – 10.08.2014

Da una situazione che immaginiamo ricca di allegria, euforia, esultanza, poiché non è di tutti i giorni assistere e godere di un prodigio come la moltiplicazione dei pani di cui ci parlava il vangelo domenica scorsa, ad una situazione invece drammatica, di grande paura e incertezza, di pericolo, sulla barca agitata dalle onde, su quelle acque del lago con il vento contrario.

Quale delle due situazioni, con il loro significato, ci sia più familiare nella nostra esistenza è fin troppo facile individuarla. L’esperienza brutta dei discepoli sul lago ci appartiene di più che quella euforica della moltiplicazione dei pani. La vita con Gesù è così, ed è del tutto naturale. I segni del regno che fanno esultare, della vita nuova, ci sono dati di tanto in tanto, ma dobbiamo progredire nella fede, nella fiducia nel Signore anche quando ci sembra un fantasma, una illusione, una fantasia, in mezzo alle tempeste che ci agitano.

Quando queste vengono, e non mancano, di nessun genere,  non siamo soli. “Sul finire della notte”, quando stanno magari per finire anche le nostre forze in cui abbiamo vegliato, “egli viene verso di noi”. La nostra fede, la possibilità di riconoscere la sua presenza e di accoglierla, ci è data da questo venirci incontro, mentre rimaniamo a faticare per rimanere a galla. “Coraggio, sono io, non abbiate paura”: sono le parola che ci svegliano, che ci rassicurano, che danno nuove forze. Il Signore,sul nostro stesso mare dell’esistenza, non naviga su rotte diverse dalla nostra, non si sfugge, non ci evita, “ci viene incontro”.

Rimaniamo grati ed umili, non abbiamo pretese né pretendiamo segni, come fa Pietro che mette alla prova Gesù chiedendogli di camminare come lui sulle acque. Ma il Signore, pur concedendo a Piretro questa stranezza, non ci chiede di fare come Lui, di imitarlo. Gesù si attende di essere riconosciuto, e prima ancora che noi non abbiamo paura, ma fiducia nella sua presenza così inaspettata e vera. Solo il nostro grido possiamo rivolgergli, grido che dice lo spavento che non possiamo nascondere nel pericolo, ma anche la preghiera che è come strappata al cuore di Pietro: “Signore, salvami!”.

E’ la preghiera essenziale, la preghiera che potremmo chiamare di base,e che oserei dire viene ancor prima della preghiera filiale che ben conosciamo del “Padre nostro”. “Signore, salvami!” è il grido, la preghiera che viene dal nostro essere creature fragili, limitate, in pericolo,e che scoprono poi di non avere motivo di temere perché sono amate. Siamo figli amati. “Signore, salvami!”, e la mano di Gesù non ci viene negata, magari con il suo benevolo richiamo: “perché dubiti?”.

Gesù con noi e in noi è la presenza amorevole di Dio che non ci abbandona. Dio che non ci vuol mettere paura, né s’impone, come dice l’esperienza di Elia sul monte Oreb di cui parla la prima lettura. Dio non è nel vento impetuoso, terremoto, o fuoco;  è come brezza leggera che accarezza, ristora che ci viene incontro nei momenti di arsura, aridità e stanchezza; è un silenzio sottile che ci dice parole di vicinanza e d’amore. Noi ci copriamo il volto come ha fatto Elia con il mantello, con l’umiltà “timorata” di chi non vuol lasciarsi afferrare da Lui.

Vi suggerisco un minuto di silenzio perché ognuno possa ripetere nel cuore a fior di labbra, il grido di Pietro. Tutti abbiamo una qualche ragione, materiale, spirituale, morale, per dirgli: “Signore, salvami!”.