sabato 23 gennaio 2016

FILASTROCCA...


Non l’agenda piena, ma pieno il cuore!
Non idee chiare precise, ma chiaro e largo il sorriso!
Non lamento triste, ma canto di lode!
Non gelida paura, ma calda fiducia!
Non incerta supplica, ma gratitudine senza fine!
Non amaro pianto, ma lacrime di gioia!
Non nebbioso orizzonte, ma luminosa via!
Non notte senza stelle, ma giorno senza tramonto!

… della MISERICORDIA…

Non angusta e stretta pace, ma amore per-dono dato!
Non difesa strenua, ma vincente perdita!
Non rassegnata sconfitta, ma combattiva tenerezza!
Non cieca miopia, ma innamorato sguardo!
Non grigia esistenza, ma di colori ricchezza!
Non monocorde musica, ma sinfonia di cuori!
Non prudente distanza, ma d’amante abbraccio!
Non maledizione sulla vita, ma benedizione d’ogni cosa!






OMELIA

 
2° Domenica C –17.01.2016
- Isaia 62,1-5
- Giovanni 2,1-11

Questo conosciuto episodio del vangelo, le nozze di Cana alle quali è invitato Gesù con i suoi, mi suggerisce innanzitutto una domanda, che giro a voi.

Nella vita o alla vita, voi vi sentite chiamati, invitati, o precettati. Sono tre modi diversi per partecipare alla vita. Se ci sentiamo come precettati, cioè costretti, vuol dire che siamo qui malvolentieri, con lamenti e proteste; e chi ci ha mandato qui è crudele. Se ci sentiamo chiamati, chi l’ha fatto fa leva sulla propria autorità, e può essere anche un padre che ci vuol bene. Se ci scopriamo invitati, allora chi ci fa pervenire questa possibilità, fa appello alla nostra libertà, vuol farci un regalo, un dono. Chi è chiamato risponde ad un comando, chi è invitato risponde accoglie un desiderio. Noi siamo nella vita, e siamo con Gesù perché ci tocca, ci comandato, o siamo inviatati.

Si tratta di essere partecipi di una festa. Che ha come scopo la bellezza e la pienezza della vita. vale la pena accettare l’invito di Gesù, che ci porta con sé, perché non si tratta di andare ad un funerale, dove ci tocca sorbirci qualcosa di triste e pesante, ma ad una festa, una festa di nozze. E festa vuol dire allegria, gioia,, felicità…Vuol dire condivisione di tutto questo con gli altri. Non si è mai visto una che fa festa da solo.la festa ha bisogno di inondare, coinvolgere, essere condivisa con altri.

Non sempre la vita è una festa. Ci possono essere motivi o situazioni che cambiano il clima. Come alla nozze di Cana, può finire il vino, e con esso musiche e danze. La presenza di Gesù nella vita può salvare la festa, salvare la vita, farle ritrovare brio e allegria. Anche se noi ci mettiamo quello che possiamo, magari acqua, vale a dire quanto è a nostra portata, e lo mettiamo a disposizione di Gesù, facciamo quello che lui ci dice di fare, come i servi che hanno riempito d’acqua le giare e poi vi hanno attinto per servire in tavolo il vino buono. Ecco cosa fa Gesù per salvare la nostra festa.

Se vogliamo precisare che tipo o motivo di festa è riservato a alla nostra vita alla quale siamo stati invitati e di cui siamo partecipi, allora riconosciamo che questo vino buono è l’amore, quello che Gesù si prepara svelare, a benedire e a donare, visto che questo episodio apre alla sua manifestazione pubblica che sta per prendere il via.

Per oggi non dimentichiamo che siamo invitati ad una festa, e ci sentiamo onorati; ci è chiesto di condividerla con tanti altri; non temiamo di rimanere a secco pur in mezzo alle difficoltà; contiamo su Gesù, che è Dio che vuol gioire per noi e con noi.



giovedì 7 gennaio 2016

1° -PASSI nella MISERICORDIA
 
RICEVERE MISERICORDIA
 


“Non sono i sani che hanno bisogno  del medico, mai i malati!”

 

       Conversione 

Per vivere bene la “Riconciliazione” è necessario avere chiaro che cosa sia l’amore (e in questo ci aiuta la familiarità con Gesù) e che cosa sia il peccato (e qui abbiamo l’esperienza tutta nostra, ma sempre alla luce del vangelo!).
L’incontro che avviene nella “Riconciliazione” non è come quello che si attua in un tribunale, ma ha un carattere intimo  e raro come gli incontri di tenerezza tra amanti.
E’ l’incontro con Cristo Gesù ed è una terapia di verità, di umiltà, di coraggio, fiducia che mi rimette in cammino anche tornando sui miei passi e incoraggia a cambiare atteggiamento e mentalità. Questo ritorno, mai chiuso e concluso, è la mia “conversione”.


DARE  MISERICORDIA

Scarica la tua parola nel mio cuore!



“ Consigliare i dubbiosi ”

“Consigliare” è opera di misericordia che richiede un grande rispetto per la libertà della persone a cui ci si rivolge e tanta delicatezza per non imporsi alla sua coscienza. Questa è il luogo primario del “consiglio” che nessuno può violare o a cui nessuno può sentirsi superiore. Solo il Signore conosce bene che cosa c’è nel cuore dell’uomo (cfr Gv 2,25)

Per “consigliare” occorre esperienza, competenza, vera saggezza, soprattutto libertà da se stessi, dai propri obiettivi per non condurre l’altro dove si vuole. Può dare consigli buoni chi si astiene dall’avere potere su chi si vuol… adulare, sedurre, manipolare, ma sta nello spazio del servire la libertà altrui. Certamente l’autorità o la responsabilità educativa nei confronti di chi ci è affidato ci abilita ad essere consiglieri , ma per essere veri e buoni è indispensabile l’amore, la misericordia.

L’esercizio del “consigliare” tiene conto del luogo dove si esercita tale responsabilità.
Particolare luogo di “consiglio” e di educazione è la famiglia, il rapporto tra figli e genitori; la stessa relazione tra i genitori  può essere testimonianza e consiglio.
Come pure la vita nella comunità cristiana e tra amici.
Il “consiglio” va offerto con attenzione alle possibilità delle persone di recepirlo, e aiutandole a farlo; con attenzione alle situazioni che si presentano o si intravedono; con delicatezza ma anche con fermezza (“la combattiva tenerezza del vangelo”) nell’amore e nelle responsabilità affidateci.
“Consigliare” ponendo domande in modo che ognuno, cercando la risposta dentro di sé, faccia emergere quello che lo Spirito gli suggerisce. Più che una lezione da impartire, un’indicazione, mai autoritaria, ma autorevole, da dare, “consiglio” è cercare insieme, discernere insieme la via migliore,
Il dialogo è ascoltare insieme il “consiglio” dello Spirito.

Se oggi non sono facili a trovare persone di umiltà e di “consiglio”, non ci sono certamente molti… “dubbiosi”, altri “umili”, che lo cercano. Il timore di riceverne di sbagliati,  la sicurezza di bastare a se stessi, l’arroganza, non aprono a chiedere “consiglio”. Paura di disturbare?
E questo non solo tra i nostri ragazzi e giovani che vogliono fare di testa propria (cosa comprensibile alla loro età!), ma anche adulti, genitori, uomini e donne che ritengono di farsi da sé, responsabili che sanno già come agire e quello che il Signore (sic!) vuole.       

               
Fammi consapevole
del mio bisogno di conversione
e con serietà fa' che lo colmi nella realtà
della mia vita quotidiana.
E se mi riconosco indegno e peccatore,
dammi la tua misericordia.
Donami la fedeltà che persevera
e la fiducia che ricomincia sempre,
ogni volta che tutto pare fallire.

Romano Guardini
PAROLE  BREVI ...
 












 
(…semi fecondi!)

Non molte,
non poche,
quelle giuste,
buone,
che bene fanno.

Di cuore,
di semplicità belle,
dolci nel dire,
le parole del Bambino,
tutte in un sorriso.

Silenzio
a discorsi miei,
semi fecondi,
in terra fredda,
caldi germinano.





OMELIA

 
Epifania di N.S.G.C. – 06.01.2016

Quel Bambino, nato a Betlemme dalla Vergine Maria, è “Dio con noi” venuto non soltanto per il popolo d’Israele, rappresentato dai pastori, ma anche per l’intera umanità. E’ il messaggio di questa manifestazione (epifania) di Gesù. Dio per tutti.
La carovana dei Magi è senza fine, ed io l’ho immaginata con il seguito di tutte quelle centinaia di migliaia di uomini, donne, bambini, laceri, affamati di pane e di libertà, di vita, che da tempo camminano in cerca di salvezza, nella speranza di trovare quel “re” che davvero la offra.

I magi soni i primi di questa processione interminabile che attraverso tutte le epoche, ma in particolare ora nella nostra, insegue una stella che non può essere un miraggio, non deve restare un sogno, ma essere un “segno” che noi possiamo indicare e non nascondere. Tutti noi abbiamo bisogno di una “stella” da seguire. Non possiamo rinunciarvi. Ed essere a nostra volta “riflesso”  di questa. “Cammineranno i popoli alla tua luce”. La luce è Cristo Gesù.

In lui è la grazia, la bontà, la misericordia di Dio che abbiamo visto sorgere, e che sperimentiamo nel nostro cielo e sulla nostra via. Così per tutti gli uomini e le donne del mondo affinché anch’essi giungano ad incontrare e conoscere il Salvatore che è nato.
E questa è la meta da cui poi tutti ripartire ogni giorno per un’altra strada, cioè vivere in modo più gioioso, non più angoscioso anche per chi ci sta accanto.

Non neghiamo le difficoltà di questo cammino.
Chi o cosa può oscurare la stella, perderla di vista o meglio nasconderla ai nostri occhi?
La superbia che incontriamo dentro di noi e attorno a noi, la paura di perdere chissà la nostra posizione, come Erode, o la presunzione di sapere ma senza lasciarci cambiare, come i sacerdoti di Gerusalemme… portano la tentazione di abbandonare il cammino, la ricerca, tanto non c’è niente; l’oscurità, la desolazione, il senso di inutilità di tanta fatica, ci prendono. Allora che fare?

Innanzitutto non dimentichiamo che si tratta di cammini lunghi, e possiamo trovare giusta ispirazione e via nella Parola del signore accostata con umiltà, con il cuore inarrestabile di cerca l’amato.Conduce all’incontro con il Bambino e con Maria sua madre, quel Bambino ove Dio si manifesta, in tutta piccolezza e umiltà, mistero in cui Dio si nasconde.

E poi è una questione di occhi! “alza gli occhi intorno e guarda”. Occhi che sanno guardare e vedere. Occhi dilatati, smisurati, occhi profondi, che vedono nel buio. Occhi che sanno sognare, a partire da piccole luci, bagliori improvvisi che avvengono nei cuori. Certo c’è gente che cancella i sogni, ironizza sui desideri, spegne gli slanci della coscienza. Non è un cammino facile. L’Epifania è proprio questione di occhi. E’ vedere l’infinito in un bambino.
La vita cristiana è questione di occhi, è vedere Dio in ogni uomo, in ogni donna, e camminare con loro lasciando rifulgere sul nostro volto la “stella” che tutti e tutto illumina senza ingannarci, senza tradirci, mai.

Che il Signore ci aiuti a tenere accesa la nostra stella, e che noi possiamo esserlo gli uni per gli altri!








lunedì 4 gennaio 2016

OMELIA

 
2° di Natale –03.01.2016

Il Natale ? Una “poesia” bella, soprattutto vera : angeli e pastori, di persone semplici, di greggi e pecore, di una grotta, di Maria, Giuseppe e soprattutto il Bambino che lì è nato, di luci nella notte e di canti celestiali.Una parola “avvolgente e commovente”!
Quella, invece, che ascoltiamo oggi, in questa seconda domenica del tempo natalizio, a noi è di non facile comprensione. Ma è la parola che ci porta dentro la “poesia”, ci lascia intravedere il cuore, il segreto, la verità del Natale.

Dio manda la sua Sapienza ad abitare in mezzo a noi: “Fissa la tua tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele”. La Parola eterna di Dio, che non è un suono, ma la sua presenza, si fa carne, si fa parola umana in Gesù.
E’ stata graduale la discesa di Dio tra gli uomini: Abramo, Mosè, i profeti. Fino a che Dio invisibile, lontano, si fa vicino e visibile in un uomo, in un carne, nell’umanità di Gesù. E nel volto di quest’uomo, è dato di vedere il volto di Dio, e conoscere che è volto di Misericordia.
Sì, Dio è umano, umanissimo, è un Dio che si è fatto vedere in Gesù, uomo mortale, ma capace di dare la vita per gli altri. E allora anche la misericordia, questo amore per-dono, è ricchezza di vera umanità. Se vogliamo essere umani, non possiamo rinunciare ad essere misericordiosi, nella semplicità che l’ha portata in mezzo a noi. “Il figlio di Dio, si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
 “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”, vale a dire pienamente umani.

Questo abbassarsi della Sapienza di Dio dalla grandezza del cielo per abitare in una tenda in mezzo agli uomini, questo adeguarsi della Parola eterna alla parola finita nostra, mi aiuta a verificare la mia piccola sapienza, se davvero è tale e non presuntuosa, la mia saggezza che è quella luce che mi è data per vivere bene la mia esistenza e stare accanto agli altri; mi aiuta ad essere semplice  e limpido nella mie parole senza cercare di fare colpo, adulare o far proseliti alle mie idee.

A volte tra noi usiamo parole distanti dai problemi della gente o parole distanti che si rifugiano nel passato, non parole umili e disinteressate; insomma discorsi alti che vogliono essere convincenti, e rifuggiamo dall’essere semplici e in seconda fila. Una parola “bassa”, umana, come quella che è diventata la Parola “alta”, eterna di Dio, a portata nostra.

Ognuno di noi fa uso di parole ogni giorno. Vigiliamo su di esse e sul nostro tono – e io chiedo aiuto a voi per quel che mi riguarda, deputato come sono a parlarvi spesso in pubblico e in privato - che può essere suadente e ingannevole, avido per accalappiare altri, o superbo, arrogante o scontroso e finisce per allontanarli. Oppure quante volte le nostre parole sono spente, senza affetto, senza passione, senza sentimento, parlano ma non accendono emozioni.

La Sapienza o la Misericordia che viene a noi in volto di uomo, in carne umana, in un linguaggio quotidiano, feriale, ci aiuti ad essere piccoli e veri nel nostro manifestarci.per rimanere nell’armonia, nella serenità, nella verità del Natale.










OMELIA

 
1° GENNAIO 2016

Un bambino ci è stato dato, il suo nome è principe di pace. Così nella notte di Natale le parole del profeta Isaia. E oggi i pastori risvegliati a questo avvenimento mentre facevano la guardia al loro gregge vanno, lo incontrano, e contemplano quell’umile segno: “Maria, Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”.

La pace data al mondo in un bambino: è un immagine, anzi un seme un po’ inconsueto, ma è significativo. Come nella semente è contenuta tutta la vitalità, la ricchezza, della pianta e dei suoi innumerevoli frutti, così anche in quel bambino Gesù vi è tutta la pace che Dio vuol dare all’umanità, tutta la ricchezza di benedizioni per questo mondo. Ma, sempre come semente, tale dono è affidato agli uomini e alle donne della terra perché sia custodito, coltivato, fatto crescere. La nostra pace è Gesù, lo conferma anche il nome che gli viene messo otto giorni dopo e che significa “Dio salva” e così sarà se lo accogliamo, lo invochiamo, lo ascoltiamo nella sua vita e nella sua parola.

Perché Dio non è indifferente! A Dio importa dell’umanità, Dio non l’abbandona!  Dio è Misericordia , ha cuore per il nostro mondo, e ha mandato suo Figlio affinché abbia salvezza da tutto ciò che impedisce la vita, la felicità, la pace di tutti i suoi figli. Pure Maria, con Giuseppe accanto, è testimone di questa volontà di Dio, che l’ha coinvolta anche se non la comprende ancora appieno.

Gesù, volto del Padre misericordioso, ci è stato dato per aiutarci a vincere l’indifferenza che, scrive papa Francesco nel  suo messaggio per la giornata mondiale per la pace, umilia chi è nella prova, ci fa fare l’abitudine che rende distratti, ci fa freddi e insensibili alla sofferenza.

La prima forma di indifferenza è quella verso Dio. Pensiamo di essere gli autori di noi stessi; noi ci facciamo da noi; ci sentiamo autosufficienti, ci sostituiamo a Dio, lo riteniamo ininfluente, inutile. Arriviamo a non avere più bisogno né di Lui né di nessuno.

Poi c’è l’indifferenza nei confronti del prossimo. Siamo bene informati tra radio e giornali,Tv, ma siamo così abituati che rischia di non farci più né caldo né freddo  tutto quello che vediamo o sentiamo o leggiamo. Diventiamo tiepidi, conosciamo vagamente i drammi che affliggono l’umanità ma non ci sentiamo coinvolti, non viviamo la compassione. E poi diciamo: non è colpa nostra, non possiamo farci niente.

Non manca l’indifferenza verso questo nostro mondo, il creato che ci è dato, l’ ambiente che formiamo. Anche questa, dettata da interessi o comodità, mina una serena convivenza. Vivendo in una casa comune, non possiamo non interrogarci sul suo stato di salute. Inquinamento, sfruttamento la distruzione dell’ambiente, sono sovente frutto dell’indifferenza dell’uomo verso gli altri. Non tocca a me! 

Ritorniamo a volgere lo sguardo su Gesù. Messia di pace. E’ un neonato, è un bambino, è un piccolo, e anche quando crescerà non verranno meno la sua mitezza e fermezza a perseguire il progetto del Padre, la combattiva tenerezza del vangelo, misericordia di Dio e la sua giustizia che vuole l’uomo libero dal male.

“Dio è umile! Noi che siamo orgogliosi, pieni di vanità e ci crediamo grande cosa, siamo niente! Lui, il grande, è umile e si fa bambino. Questo è un vero mistero! Dio è umile.” (Udienza Papa Francesco) 

Questa piccolezza a me sembra dire che non nei grandi e nei potenti di questo mondo dobbiamo contare per avere un modo di pace. Certo hanno costoro una  pesante responsabilità e noi possiamo sostenerli nei tentativi che fanno, o che devono fare, con la critica costruttiva, la correzione se necessario, con la preghiera. Ma non dobbiamo chiamarci fuori perché anche noi nel nostro piccolo, l’indifferenza non manca e siamo chiamati a vincerla. Noi tutti siamo stati visitati nell’ nell’ombra di morte che sperimentiamo, ma siamo anche condotti da Gesù che dirige i nostri passi sulla via della pace.


venerdì 1 gennaio 2016

INIZIO...




 

(… parole di vita!)

Nuovo inizio
è donato,
non finisce il tempo
né spegne il cuore
Chi ci ha creato.

Silenzio
è parola prima,
avvolgente il mondo,
impari l’uomo
l’ascolto e la rima.

Umiltà
segue bella,
di mite e fiera umanità,
essere amati è salvezza,
buona novella.

Amore
dilata il cuore
di misericordia colmo,
ogni volto umano
specchia il mio Signore.

Gioia
infine reca pace,
e luce prende quota,
grato benedico,
ogni affanno tace.

Fiducia,
e mi consegno,
sarà tutto bene,
qui, per me e per chi amo,
nel Suo regno.