domenica 30 dicembre 2012

OMELIA

Santa Famiglia – 30.12.2012

- Luca 2,41-52

Betlemme. L’inizio dell’umanità “nuova” in quel Bambino, il Figlio di Dio fatto uomo.
Nazareth. Una famiglia “nuova”, diversa da quelle normali, nel figlio, nella madre, nel padre, eppure segno di una novità che può essere la vita di tutte. Una novità che è procedere secondo il progetto di Dio. Nazareth: una famiglia “sulla strada”. Non intendo con questo termine una famiglia disastrata, sul lastrico, che non sa come e dove muoversi, senza prospettive…. “Sulla strada”, per rimanere nell’immagine che via via abbiamo preso come riferimento in questo tempo per il nostro cammino di credenti, per la nostra fede, paragonata appunto ad una strada. La famiglia di Nazareth, con i suoi componenti, è una famiglia sulla strada, vale a dire è un percorso di fede in tutte le incombenze a cui, come ogni  nucleo familiare è chiamato far fronte.

“Sulla strada”, quindi. Il pellegrinaggio, andata e ritorno da Gerusalemme per la festa di Pasqua, lo descrive anche visivamente e dice il legame che questa famiglia riconosce con l’educazione a sua volta ricevuta e conservata. Gesù verrà a dire e a dare una grande novità nel rapporto con Dio, nel vivere la fede, sarà giustamente come un rivoluzionario per tanti aspetti. E’ la sua missione.
La famiglia in cui è nato lo tira su trasmettendogli gli insegnamenti e le tradizioni dei padri. Poi lui farà fare un passo decisamente in avanti e nuovo alla fede, ma viene da questa. Come lo siamo venuti noi, dagli esempi dei nostri genitori e siamo chiamati  fare poi una scelta nostra, ad apportarvi quella novità che è la nostra adesione del cuore e della vita.

“Sulla strada”, atteggiamento di fede nella famiglia non è soltanto trasmettere le buone e sincere tradizioni, ma “dare libertà” e “chiedere libertà”. L’educazione, opera buona del cuore, la chiamava San Giovanni Bosco, si avvale nei credenti anche della paziente e rispettosa arte della fede. E se l’amore, quando non è maturo, magari a volte rischia di comprimere, la fede dovrebbe infondere fiducia e serenità.
Il ragazzo dodicenne, Gesù, che va con i genitori a Gerusalemme, e che dà motivo ai suoi di angustia e preoccupazione perché ad un certo punto non si trova più, “è lasciato libero di decidere se mettersi insieme con i coetanei ed amici e rimanere durante il cammino in loro compagnia” (Benedetto XVI – L’infanzia di Gesù, 2012). Non è noncuranza di genitori distratti che credevano che il ragazzo fosse nella comitiva, ma rispetto e fiducia del suo non essere più un bambino. Non è facile imparare a “dare libertà”. È una grazia da chiedere e fa parte della maturazione dell’amore che nutriamo per coloro che ci sono affidati in famiglia e altrove.

La domanda di Maria a Gesù, quando dopo averlo cercato lo ritrovano, altro passo della fede di una famiglia questo cercare e ritrovare Gesù, non suona come rimprovero; è come una singolare richiesta di libertà, libertà dall’angustia e dalla preoccupazione: “Figlio perché ci hai fatto questo. Tuo padre ed io non vogliamo essere angosciati per te. Aiutaci a capire”. Chiedono libertà e serenità questi due genitori.
E chiede libertà e riconoscimento del proprio compito questo figlio: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. La famiglia è “nuova” e va sulla strada della fede quando ascolta, accoglie, aiuta la richiesta di libertà, di muoversi secondo il progetto di Dio, che è presente e si manifesta nei vari componenti. Anche qui occorre invocare lo Spirito del Signore poiché non è cosa di facile comprensione, come è successo a Maria e Giuseppe che non compresero ciò che Gesù aveva detto loro.

Essere “sulla strada” insieme come famiglia è concorrere alla crescita armonica di tutti, in età a sapienza e grazia, come annota il vangelo a proposito di Gesù, che in questo gode certamente dell’attenzione dei suoi genitori. Età, sapienza, grazia, sono le dimensioni della persona, dell’umanità, che la fanno veramente “nuova”. La loro estensione è nel progetto di Dio, sono parte delle cose del Padre mio, direbbe Gesù. Quello  che è certo che per ciascuno e per tutti noi egli ha in serbo una pienezza che non ci sarà mai tolta.




... il SEGUITO !
 (…dedicato a voi, amici!)


Che rimane della festa e degli auguri?
Sulla terra passi non più soli, più sicuri,
anche la luna stamani limpida nel cielo
racconta che sole è il mio “vangelo”.

“Buona notizia” è questa a me data,
da amici cari con gesti e parole insegnata.
Passano gli anni, è bello ancora imparare
da sorelle fratelli come si fa ad amare.

Vicinanza e affetto, comprensione e pazienza,
qualche scossone, misericordia, non si può far senza,
sono pennellate ad imprimere non su tela e vetro,
su carne che si va avanti e non indietro.

Cornice il tempo, prende la vita sempre più colore,
dorato grano dall’azzurro cielo dal rosso amore,
dimora di abbracci, di fatiche e sorrisi,
famiglia nostra ove viver uniti mai divisi.

Letizia condivisa alla tavola lieta
con qualche strappo alla raccomandata dieta,
vicini o lontani, tutti al cuore a me presenti,
siate ebbri di gioia, felici e contenti.










sabato 29 dicembre 2012

AUGURI...

(…a me stesso!)

Alba serena,
sole dolce  e delicato,
più cresci in ETA’ più sei amato.

Il cielo striato di rosa,
d’azzurro e di vita ogni cosa,
canti e voci diverse nell’esistenza
riempiono il cuore di stupore e SAPIENZA.

La terra reclama, e l’uomo rinasce,
l’amore che al mondo mi donò in fasce,
carità gemella in famiglia di fatica mai sazia,
lezione eredità che ora volge tutto in GRAZIA.

Il compimento è ancora lontano,
il buon Dio e amici mi danno una mano,
anche il cuore, la pazienza e tutto l’affetto,
comprensione e aiuto, non sono perfetto.

Di età in età fiorisce nuova stagione
con frutti saporiti di carità in missione,
solo per dare gioia e non far alcun danno
mi faccio l’augurio di un buon compleanno.












mercoledì 26 dicembre 2012

SPONSALI...

(... agli amici cari Silvia e Vittorio!)

Non sono d’oro, poco ci manca,
l’amore rimane vivo, non si può dire che arranca,
lo Spirito è sempre giovane, ardente,
la carne è debole? Beh, non fa niente!

Silvia e Vittorio, quarantacinque anni,
con tanti bei frutti e, forse, pochi danni,
Vania e Mauro fan loro corona bella,
con l’altro Mauro e Silvia natalizia stella.

Romano di nome, un po’meno di pensiero,
pur cattolico missionario, amico sincero,
un tempo testimone a Cana delle Cattane,
di sorrisi, confetti e suon di campane.

Venni anch’io, a cose fatte, ancor fresche,
ad assaporar il vino buono, a tesser tresche
di grazie, e colori a festa per tanti amici cari,
allor in parrocchia, esperienze e corsi vari.

Le vie poi han preso altre direzioni,
uniti restiam tutti con affetto e orazioni,
ritorniamo alla mensa amica, fraterna,
non manca il cibo e una parola materna.

“Sono io, il dolce, il bene tuo, felice”,
sussurra gentile, glielo canta, glielo dice
la sposa allo sposo, a gara innamorati,
suoceri discreti e nonni presenti tanto amati.

Egli brontola, ringrazia, e poi gioisce,
sa che la premura di lei mai si stanca, mai finisce,
altri quarantacinque e bella favola diverrà,
l’ amore di Silvia e Vittorio ricca tombola sarà.

Già i premi sul tavolo, si godono onori e allori, 
Mattia, Maria Ilaria, Gioele, Noemi, veri tesori,
sono germogli di bella nuova umanità,
benedetto, squisito frutto di sponsale carità.




POST PARTUM...

(...dopo il parto!)

E’ strano, E’ bello. E’ pace!
E’ buio. E’ silenzio. Tutto tace!
Disturbo persino accedere la luce,
ora che è qui quella vera che ogni cosa conduce.

Non svegliate! Dorme il Bambino,
l’aspetta dolce e arduo l’umano cammino,
ancora un poco il calore del grembo materno,
ancora un poco chi  è giusto e paterno.

Fili di pioggia scendon leggeri, a non disturbare,
quasi a tessere come tela il terreno da seminare
con la parola buona, feconda, bella, vera,
e nel cuore, nel mondo, sarà primavera.

Qualcuno ancora distratto, arido o turbato,
senta presto di essere caro, cercato e amato,
la grazia apparsa portatrice di salvezza
dona a tutti vita e gioia in pienezza.

Continui il silenzio delle prime ore,
solo il vagito e l’annuncio d’amore,
finite le doglie, oppure no, l’abbraccio rinserra,
è gloria in cielo, è pace in terra!










martedì 25 dicembre 2012

OMELIA
 
Natale – 24/25.12.2012

- Luca 2,1-14

“Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama”.
Così il Natale, miei carissimi, familiari e non, non è augurio, ma certezza; non è un sogno ma la realtà; non è una fiaba, ma la verità. In questo Bambino che nasce a Betlemme vi è un’offerta d’amore e di vita  la cui bellezza e validità non dipendono dalla risposta che le riserviamo. Siamo qui credenti o meno, cosi detti praticanti o saltuari frequentatori della chiesa, donne e uomini bisognosi, anche se non confessi, di amore, di pace, di speranza, di gioia, di vita. Dopo tanto correre veniamo qui, perché nel più profondo del cuore avvertiamo che qui -e quando dico "qui" non dico nella chiesa- qui, in Gesù, c'è quella luce, senza la quale questo mondo diventa un inferno e questo cuore - questo mio povero cuore- diventa terra di durezze e di aridità, terra senza speranze.
La nascita del Figlio di Dio, fatto uomo uno di noi, è dono gratuito, vicinanza amorevole del Padre che creatore non abbandona il mondo uscito dalle sue mani, ma lo chiama e gli offre un nuovo inizio. Colui che è la gloria di Dio e che ora ha il volto di Gesù, porta tanta pace a chi lascia entrare tale amore nella propria esistenza. Dio ama tutti gli uomini, ma solamente chi sia apre alla sua grazia può sperimentare tale beneficio.

Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito”, questo non significa che Gesù è il primo di una serie successiva, quanto piuttosto colui che inaugura una nuova umanità, quella che fin da principio è sempre stata nella mente e nel cuore di Dio, e che invece spesso la nostra risposta, cedendo alla lusinga del male e del peccato, dell’indifferenza o della superbia, non asseconda.
Perché il Natale  del Signore, Figlio di Dio? Soprattutto in questi momenti, si scoprono tante persone buone che si prodigano per il bene di tutti, ma non bastano, si sentono parole coraggiose, si manifestano gesti profetici, ma non bastano, ci sono donne e uomini di buona volontà, ma non bastano.  A fronte di tanto male, di cui abbiamo continua esperienza e ne patiamo le ferite, ci vuole un di più di bene, un di più di amore a fronte di tanto odio, un di più di grazia a fronte di tanta ingiustizia, un di più di misericordia e perdono a fronte di tanto miseria. Eccolo qui il di più, questa sovrabbondanza di vita che vince l’enormità del male e della morte; è questo bambino avvolto in fasce, che troverete adagiato in una mangiatoia.

Non viene e non abita i palazzi del potere, ma una stalla, non è dato a noi mostrando insegne di nobiltà o di forza, ma fasciato di umanità, di cui è fatto e con cui è accolto, non occupa un trono o un seggio di governo, ma una mangiatoia dove gli animali trovano il loro cibo. Eppure questi è il “Salvatore” del mondo. Non lo era Cesare Augusto che a quei tempi si arrogava tale titolo. Non lo sarà mai nessun potete della terra o grande che si ritiene tale, nessun governo che riusciremo ad eleggere ancora una volta.
Certamente non sono inutili  i tentativi di bene, di giustizia, di pace, di sollievo a cui gli uomini onesti possono provvedere, ma la pienezza della pace, della libertà, della giustizia, della vita stessa, ce la porta Gesù. E’ Gesù il modo col quale va vissuta la nostra vita di uomini e di donne: questo è il modo vero, il modo pieno, il modo gioioso di vivere la vita.

E’ venuto dal cielo, ma ora nasce tra noi ed è vicino a chi , in vario modo, nel corpo o negli affetti, nelle proprie necessità, è ferito profondamente. Nasce anche da noi, perché possiamo porre guarigione a queste ferite.

Il mio fraterno augurio, che anch’io ricevuto giro a voi, è innanzitutto un atto di fede, e di affetto, che in Maria, la madre del singolare parto, dedico a tutte le donne. In questa notte Maria si qualifica come la prima dei sacerdoti perché soprattutto ella può dire nel generare Gesù: “questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”. E poi dedico a me stesso e a coloro che umilmente si avvicineranno a riceverlo nelle proprie mani: sono la mangiatoia che accoglie e dona Dio, nell’ Eucaristia e nella carità che nutre di speranza  e di vita il mondo. Nell’amore, che è Gesù, il Natale è buono, la vita lo è, della bontà di Dio!








NATALE ...
 
(… contemplazione!)

Il cielo s’è coperto: ha dato Tutto!
Il Sole è disceso sulla terra,
il seguito è di stelle!

Il canto degli angeli,
il belato degli agnelli,
il vagito del Bambino.

Il silenzio del mondo,
lo sbuffare delle pecore madri,
la premura di Giuseppe.

Il vento sussurro dello Spirito,
il crepitare del fuoco nella notte,
il soffice rumore della paglia.

Il sospiro esaudito dei profeti,
il flebile latrato della guardia,
lo stupore timoroso dei pastori.

L’ora immancabile di Dio,
il bisogno sconosciuto degli uomini,
la provata gioia di Maria.

Vibrazioni del cuore,
spasmi di felicità,
lacrime di commozione,
singhiozzi di commozione,
spinte d’amore,
sussulti di vita,

Soffio tepore d'asinoe bue,
zittiti i sapienti e grandi,
bisbiglio di curiosi, piccoli.

“Questo è il mio corpo,
questo è il mio sangue”,
verità diritto di madre.

Mangiatoia sono le mani,
a deporre il Figlio di Dio,
a donare il Pane buono.

Cielo e terra unico cuore,
gloria e pace una sola vita,
pulsa nella carne dell’Amore!










domenica 23 dicembre 2012

OMELIA

4° Avvento C – 23.12.2012

- Luca 1,39-45

Qualche domenica fa, all’inizio di questo anno della fede e del percorso verso il Natale del Signore, abbiamo indicato nella strada l’immagine della fede stessa. Una strada che passa  tra lo smarrimento e la paura paralizzante da una parte e la possibilità di un nuovo inizio dall’altra. Questo nuovo inizio avviene con la nascita di Gesù che celebreremo ormai tra qualche ora. Dio farà germogliare una nuova umanità. 

L’immagine della strada ritorna anche nel vangelo di oggi, quando si legge che Maria si alzò e andò in fretta a recare visita alla cugina Elisabetta, avendo ricevuto notizia che anch’ella era in attesa di un figlio. Una strada traccia l’itinerario di fede che rimane l’itinerario di ogni discepolo del Signore. E la fede si fa accoglienza, ospitalità, reciproco aiuto, benedizione e beatitudine:“Benedetta tu fra le donne…Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto. Una strada è la fede, benedizione e beatitudine. Anche un incontro.

Maria ed Elisabetta, due profetesse, (dopo Isaia e Giovani il Battista ascoltati in queste domeniche, non sono da meno,) danno concretezza, danno voce e carne alla promessa di Dio. E lo spazio domestico, anche a noi così familiare, diventa il luogo dove si verifica il suo realizzarsi.
Entrata nella casa di Zaccaria, Maria salutò Elisabetta. Quell’incontro, quel saluto, quell’abbraccio fraterno, è motivo di esultanza anche per il bambino che Elisabetta porta in grembo. L’incontro delle due donne è pieno di forza ed capace di infondere forza.
E’ per noi significativa questa visita perché ci fa comprendere che Dio manifesta così la sua presenza, il suo agire che causa letizia, attraverso relazioni umane. L’esperienza della fede si fa là dove c’è comunicazione di vita, quando sappiamo condividere quello che il Signore fa nella nostra storia. La fede è una buona, accogliente, festosa, relazione tra le persone nello Spirito di Gesù, e non adempimento di formalità o gesti religiosi.

Questo incontro, che noi ogni giorno abbiamo con gli altri, con i familiari, con chi ci vive accanto o con chi avviciniamo, è innanzitutto riconoscere il mistero, il prodigio, che c’è e che Dio compie in ogni persona; riconoscere quello che l’altro custodisce dentro di sé quale segno dello Spirito che lo abita: un progetto, un sogno, un desiderio di bene, una speranza, una fatica, una fatica che lo impegna…
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Riconoscere Dio e la sua opera nell’altro è fede! E siamo preparati a questo se allenati a leggerla con umiltà nella nostra personale storia. Riconoscere e accogliere l’altro non come un disturbo, un grattacapo, una rottura, ma come portatore di una benedizione, è confessare la nostra fede! Di qui la lode e il canto di festa che ne segue.

Alla vigila del Natale di Gesù, l’incontro di queste due donne portatrici di vita, diventa esempio per gli incontri che ci regaliamo in questi giorni. Non possono essere vuote formalità legate alla tradizione, convenevoli poco sinceri, apparenza che serve a far bella figura; incontri che lasciano fuori la possibilità di riprendere contatti che circostanze o difficoltà hanno forse resi lontani. Proprio dal loro carattere familiare, o parentale, venga quella letizia che poi si estende a tutti, come l’esultanza che ha unito Maria ed Elisabetta nel loro abbraccio è stata offerta a tutta l’umanità. Benedetta e beata Maria, per la sua fede, non meno felice e ispirata Elisabetta, altrettanto donna che  gioisce per l’agire di Dio! Da queste due donne aperte alla vita germoglia, in modo prodigioso, quella promessa che è la nostra salvezza. Ci fermiamo un attimo prima di questo evento, per reggere lo stupore e la lode a cui siamo chiamati.







giovedì 20 dicembre 2012

ECCO, SI'...
 
(…Parola per una storia d’amore, di fedeltà e libertà!)

Ecco, sì, il Padre al Figlio,
Ecco, sì, il Figlio al Padre,
Ecco, sì, l’abbraccio dello Spirito,
              dialogo dell’Amore.

Ecco, sì, creazione bella,
Ecco, sì, capolavoro d’umanità,
Ecco, sì, divina pietà,
               arte dell’Amore.

Ecco, sì, la chiamata di patriarchi,
Ecco, sì, è la terra promessa,
Ecco, sì, profetico coraggio,
               progetto dell’Amore.

Ecco, sì, il bastone del comando,
Ecco, sì, il vincastro del pastore,
Ecco, sì, sono l’arpa e la cetra,
              cantico dell’Amore.

Ecco, sì, lealtà del precursore,
Ecco, sì, lo sposo giusto,
Ecco sì, la Serva del Signore,
              grembo dell’Amore.

Ecco, sì, le reti lasciate,
Ecco, sì, la pecora ritrovata,
Ecco, sì, a dare la vita,
              pienezza dell’Amore.

Ecco, sì l’annuncio del vangelo,
Ecco, sì, ministero di carità,
Ecco, sì, la gioia del mio Signore,
              frutto buono dell’Amore.

Ecco, sì, è tutta la storia,
Ecco, sì, è la Gloria nel cielo,
Ecco, sì, la pace in terra,
               il Natale dell’Amore.

Ecco, sì… è tutto Dio!

“SI’”, eco che s’incarna
nel cuore e cammino mio!



martedì 18 dicembre 2012

NUOVO INIZIO


Cielo luminoso, chiaro rosso,
fitta nebbia la terra addosso
soffia gelida dalla collina
sul passo che corre, va , o cammina.

Inizio del giorno, la luce riprende
a far chiaro il percorso di chi non s’arrende,
freme, piange, non s’arresta alla morte,
ben più felice degli uomini la sorte.

Vince il bene su incomprensibile tanto male,
il cielo patisce paziente, s’apre al Natale
che dà vita, amore, forza, pace,
e poi il canto, anche se il cuor ferito ancora tace.

Parola di vita, bacio d’amore, porti
su sentieri mortali, aspri, così storti,
tracciati di sangue e d’inumanità,
divengono vie, fiotti di divina carità.

Crisi e affanni, famiglie in pianto e lamenti,
mensa povera, sofferenza amara tra le genti,
pur l’amore non fugge, vuole scendere quaggiù,
nuovo inizio di solidarietà e speranza è compagno Gesù.

Il giusto suo sposo è silenzio e accoglienza
prende a cuore, e in casa, l’altrui misteriosa esistenza,
la fede è sconcerto, stupore, abbandono, impegno,
affettuoso coraggio fa essere di Dio l’uomo degno.






domenica 16 dicembre 2012

OMELIA
3° Avvento C – 16.12.2012
- Sofonia 3,14-17
- Filippesi 4,4,-7
- Luca3,10-18

Può essere intelligente o angosciante! E’ la domanda più familiare che tante volte ritorna nella nostra esistenza: “ Che cosa dobbiamo fare?”. Che sia intelligente o angosciante dipende dal cuore che se la pone. Quando una domanda è angosciante? Quando nel cuore c’è la paura, quando manca la fiducia, quando, pur essendoci il desiderio di fare è debole la volontà o ne siamo impediti.
Quando una domanda è intelligente? Quando il cuore comprende quali sono le cose importanti della vita, quando è rivolta a chi è in grado di offrire una risposta o un aiuto per cercarla, quando non è inutile, retorica, cioè c’è la sincera disponibilità ad eseguire la risposta.
“Che cosa dobbiamo fare?” Perché sia intelligente, liberante, e non angosciante, opprimente, accogliamo l’invito alla gioia che è proprio di questa domenica d’avvento e che risuona in vario modo nella preghiera della comunità.

"Rallegrati, Dio è in mezzo a te", esorta il profeta Sofonia.  "State contenti, il Signore è vicino", riprende Paolo nella seconda lettura. Ecco il  motivo della gioia. Questa è la nota che rende intelligente e piena di speranza la domanda che mi pongo ogni mattina o davanti ad una scelta: “e adesso che cosa faccio?”.

Non è sempre facile credere in questo motivo,annunciarlo. L’orrore che abbiamo davanti agli occhi per eventi terribili che accadono, come la strage di bambini in Usa,  ce lo impedisce. Eppure il signore è vicino per dare conforto e forza.

“Che cosa dobbiamo fare?” non è una domanda religiosa, anzi è una domanda molto laica o forse laica e religiosa insieme. Riguarda tutti,e tutta i vari aspetti della vita.

Nelle risposte di Giovanni Battista a questa domanda non c’è nulla che riguardi la religione, nulla che riguardi il culto. Non dice “andate di più al tempio, portate delle offerte, pregate di più”, ma suggerisce atteggiamenti di giustizia, di solidarietà, di condivisione nei confronti dell’uomo. Lo dirà poi anche Gesù: Il peccato non è quello che offende Dio, ma ciò che offende l’uomo. E offende Dio perché offende l’uomo. Se vogliamo veramente avere a che fare con Dio dobbiamo avere a che fare con l’uomo.

Per professare la fede, altro invito in questo cammino di avvento, non è necessario cambiare vita. Dio accetta le persone come e dove sono. E’ necessario, invece, occupare diversamente il posto che abitiamo nell’esistenza, il lavoro che svolgiamo. Il Battista non dice alla gente: “dovete cambiare mestiere”, né ai pubblicani, impegnati in un’attività considerata disonesta, quella di esattori delle tasse, né ai soldati, deputati a usare la forza. Si tratta piuttosto di dare senso alla propria vita nella solidarietà, nella giustizia, nella uguaglianza. Insomma la conversione chiesta è quella di convertirsi all’uomo, fare spazio all’altro, rispettandolo, accogliendolo, togliendo da sé qualsiasi potere sull’altro, mantenendo ciascuno la propria condizione e il proprio impegno.

Insomma: Fate bene quello che dovete fare; con rettitudine, con passione, con entusiasmo le cose d'ogni giorno. Voi della finanza, esattori delle tesse, non spremete la gente mettendo tangenti a vostro interesse e voi soldati non approfittate del vostro ruolo per opprimere, per fare saccheggi e rapine.
E voi tutti: avete due tuniche? datene una a chi non ne ha, e se avete da mangiare fate altrettanto.

Così si professa la fede, si testimonia di essere credenti  nel Dio della vita e dell’amore, di essere cristiani in attesa di celebrare il Natale di Gesù e la sua già presenza nella nostra vita.


sabato 15 dicembre 2012

TRAGEDIA


Tragedia d’irriconoscibile umanità,
non bastano le lacrime, l’immensa pietà,
inconsolabile grido e straziato il cuore,
vieni, vieni non tardare ancora, o Signore!

Tu, che la vita ami sopra ogni cosa
non fuggi la nostra sorte così dolorosa,
non t’assenti nel dolore che non conoscevamo,
anche tu ora sconvolto, lo crediamo.

E’ stato detto: “C’è il Signore non la sventura”,
eppur l’amara esperienza è sì dura,
la fede ora freme, ora vacilla, crolla tutta,
vieni in soccorso, Salvatore, la vita è distrutta.

Ma tu ci sei, il tuo nome è presenza
a soffrire, a dare speranza e forza all’esistenza
di genitori, famiglie, d’ogni dove e genti
che piangono il sangue, la strage di piccoli innocenti.

Disprezzo e dispetto, odio alla vita,
più grande in te la passione, carità infinita,
gocce di consolazione e tanto coraggio,
non lasciarci senza il tuo affettuoso abbraccio.

Bambini cari, angeli più che veri,
agli uomini ora vivi messaggeri,
il volto di Dio conosce il pianto,
offriteGli il sorriso e a noi di pace il canto.