domenica 27 giugno 2021

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

13° Domenica B – 27.06.2021

Marco 5,21-43

“La mia figlioletta”, così la chiama amorevolmente il padre con l’affetto che trasborda dal suo cuore e che sta per conoscere lo strazio di perderla, “la mia figlioletta”, dodicenne, sta per morire. Dodici anni, tempo in cui la vita entra nella felicità promessa, matura per recare frutto. E nel mezzo, una donna, da dodici anni sofferente, è afflitta nella sua possibilità di trasmettere la vita.

Sì, la vita, lo vediamo, in vario modo, è minacciata, umiliata, impedita. E non si tratta solamente della vita fisica, ma di tutto ciò che in essa, a volte anche non perfetta, è motivo di speranza, consolazione, gioia, le relazioni più belle e care, gli ideali più nobili e generosi, i sogni più arditi e legittimi.

Chi darà salvezza? Chi potrà assicurare la vita a chi sta per perderla? Chi toglierà ogni impedimento ad essa?

C’è una buona notizia nei due prodigi di cui ci narra il vangelo quest’oggi. Gesù viene a dare speranza, risanare, e dare vita. Mi soffermo in particolare sull’invocazione del padre. (cfr. Fabio Rosini) 

“La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva”. Le muore sulla soglia della vita, dodici anni, quella figlioletta. Questo papà, il cui nome, Giairo, significa “Dio illumina”, capisce che da solo, per quanto sia grande il bene che le vuole, non basta a salvarle la vita.

L’imposizione delle mani era gesto tipico della benedizione paterna, simbolo del passaggio della vita e di tutti i suoi beni dal padre ai figli. Questo papà si scopre impotente e ora affida a Gesù di fare tale gesto. Si rende conto che non basta il suo affetto, il suo amore, e tutto quello che può fare, perché la figlioletta non muoia.

E’ vero! A volte non basta tutto l’affetto e l’amore che possiamo riversare sugli altri, sui nostri cari, sui figli, per garantire loro la vita bella, buona ,beata. No, non sono sufficienti da soli la buona volontà, tutti i sacrifici,  tutte le lacrime che possiamo versare. Ci vuole Gesù! Che imponga Lui le mani! A Lui dobbiamo affidarci e affidare chi amiamo, facendo certamente la nostra parte nel continuare ad amarli. Quando siamo nell’impossibilità di condurli a Gesù, supplicare che sia Lui ad andare da loro. Scuotendo un po’ la nostra fede, chiedendoci totale fiducia, non mancherà di venire in soccorso.

Gesù impone le sue mani e guarisce, libera dalla morte, riporta a vita quella bambina. Il Signore ha il potere di dare la vita lì dove noi l’abbiamo o la vediamo smarrita.

E dal racconto della guarigione della donna afflitta dalle perdite di sangue, viene da dire che a volte non basta neanche la scienza pur riconoscendo e contando sul lodevole impegno di tanti medici e operatori sanitari. “Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata”, diceva tra sé la donna. E così avvenne.

La nostra fede in Lui ci spinge ad accostarci e a toccare Gesù con la certezza interiore che ne avremo aiuto. E tanti che sembrano morti, arrivati, terminati, rotti, scassati, possono essere risvegliati da Gesù. I prodigi avvengono grazie alla fede e all’amore. “Figlia, la tua fede ti ha salvata”, così Egli si rivolge alla donna. E al padre della ragazzina: “Non temere. Soltanto abbi fede!”.

Che il Signore imponga le sue mani su ciascuno di voi e vi faccia grazia! Che voi possiate toccare anche soltanto il suo mantello, cioè quanto riuscite ad avvicinarvi a lui con la vostra ferita, qualunque sia, e vi guarisca! Vi dia pace!

lunedì 21 giugno 2021

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

12° Domenica B – 20.06.2021 

Giobbe 38, 1.8-11  -   2 Cor 5, 14-17   -   Marco 4, 35-41

Poco fa abbiamo pregato: “…rendi salda la fede dei tuoi figli, perché nelle tempeste della vita possano scorgere la tua presenza forte e amorevole”. Questa presenza di Dio è il Suo amore fedele, amore che ci fa creature nuove, amore stabile e sicuro.

“Rendete grazie al Signore. Il suo amore è per sempre.” Così al Salmo. Ecco l’amore fedele, che non delude, non viene mai meno. Gesù lo incarna. Lui non si stanca mai di volerci bene, di sopportarci, e ci accompagna nel cammino della vita, nei momenti belli e in quelli difficili; quando il mare è calmo e quando siamo nella tempesta. E se dorme ci dà lezione di come dobbiamo stare se le acque sono agitate e burrascose: non temere perché Lui è sempre con noi.

L’amore di Dio, l’ ha ricordato la seconda Lettura, fa nuove tutte le cose, e placa le acque. Per la propria incapacità di cavarcela da soli nel pericolo, grazie alla confidenza che ci fa gridare a lui la nostra paura, Egli prende le nostre difese. E impone a ciò che ci spaventa: “Taci, calmati”. Comunque, non si può essere credenti senza fare il conto con la paura e senza consegnarla a Gesù. “Perché avete paura? Non avere ancora fede” E’ un benevolo rimprovero che induce a conoscerlo, a familiarizzare, a seguirlo sempre più.  

Davvero l’amore di Dio è stabile e sicuro. E’ più potente di un mare impetuoso ricordato nella prima lettura che con l’orgoglio delle proprie onde minaccia, quasi uragano tremendo, chi osa attraversarlo. A volte abbiamo la sensazione che la nostra esistenza sia un mare in tempesta e temiamo di non uscirne vivi. Gesù manifesta questo amore di Dio quando placa la tempesta, comandando al vento e al mare.

Ma prima, annota il vangelo, se ne sta a poppa, sul cuscino, e dorme profondamente, della grossa, come si dice. Non è assenza, silenzio, disinteresse per quello che sta accadendo. Quel particolare del cuscino sul quale Gesù sta proprio comodo, immerso nel sonno e nella bufera, come il bambino, sereno e tranquillo in braccio a sua madre, recita un salmo, è  l’immagine della fede: imparare a dormire in mezzo alla tempeste.

Non è davvero una buona notizia questa? Imparare a non perdere mai la serenità e la calma, poiché Egli è con noi. La sua Parola, è sì comando a ciò che ci turba, “Taci, calmati”. Penso che soprattutto lo dica al nostro cuore: “Taci, non agitarti, non avere paura. Tieni il tuo cuore nella pace, anche in mezzo alla tempesta”.


domenica 13 giugno 2021

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

11° Domenica B – 13/06/2021 

Marco 4,26-34

Due brevi parabole ci sono oggi offerte da Gesù. Sono davvero vangelo, cioè “bella notizia”, perché ci danno tanta serenità, infondono fiducia. A noi non resta che  la capacità di stupirci, di meravigliarci della semplicità che è propria del Regno di Dio, della vita che Dio vuole per i suoi figli, per questo mondo.

Vorrei affidare la prima parabola che sottolinea il crescere misterioso e silenzioso del Regno di Dio, il seme, la vita che Gesù è venuto a portare, a chi teme che tutti i propri  sforzi e pensieri per fare, per dare il bene – penso all’educazione, all’insegnamento, al tirar su i figli per esempio, o per quel che mi riguarda, a predicare ogni domenica la parola del Signore – siano vani, non ottengano i frutti sperati; o comunque richiedano sforzi sovraumani…. No! Quello che abbiamo seminato, se è seme buono, se è vangelo quello che abbiamo insegnato, se è la vita di Gesù che abbiamo testimoniato…cresce di giorno, ma cresce anche di notte. Non andrà perduto, anche se ad un certo punto sembra che tutto sia stato inutile, chieda un supplemento di fatica e tensione. Quello che è stato seminato, “dorma o vegli” chi ha fatto ciò, “ seme germoglia e cresce”. 

 La parabola sembra condannare un affanno convulso.  Il richiamo di Gesù è importante. Importante per tutti noi che facciamo i bilanci, soprattutto sugli altri, e gridiamo, ci lamentiamo che non siamo ascoltati e che non serve a niente quello che facciamo. Ma che ne sappiamo noi del seme nel silenzio della terra? Nel cuore, nella coscienza?

Nessuna ansia nell’ insegnare la vita, nel gettare il vangelo, ma solo sollecitudine e attesa; nessuna angoscia di essere sterili: se il seme è buono, se la parola predicata, insegnata, testimoniata, messa giù, è parola di Dio e non nostra, essa darà frutto in modo anche invisibile. La terra produce spontaneamente, dice la parabola, o meglio produce “da sé”. E’ una forza che abbiamo immesso dentro. 

Nella seconda parabola il più piccolo dei semi diventa più grande di tutte le piante dell’orto.

Anche qui c’è dunque da stupirsi, da meravigliarsi! La parola di Dio che ci è stata donata, o che facciamo passare, può sembrare piccola cosa, rivestita com’è di parola umana, fragile e debole, ad un certo punto anche contestata, disattesa o contrastata. Eppure quando essa è seminata, proprio perché è parola di Dio contenuta in parole umane, è feconda e può crescere come un albero capace di dare e accogliere tanta vita.

E’ nello stile di Dio partire da ciò che è minuscolo, privilegiare e valorizzare il piccolo. Gli umili, i semplici, i silenziosi, i miti, coloro che appaiono precari e fragili, deboli,  sono portatori di una ricchezza e forza che fa davvero crescere l’umanità. A dispetta di chi alza la voce e si fa forte dell’arroganza!  Coloro che vivono la legge del seme, giorno e notte, piccolo e poco appariscente,  fanno germogliare il vangelo, il regno di Dio, la vita vera che Dio vuole per tutti noi.

Allora nessun affanno, nessuna agitazione, ma impegno per quella che è la nostra parte e poi attesa fiduciosa; non grandi opere con poco amore, ma piccoli gesti con molto amore. Questo ci fa a Dio graditi, ci fa portatori di bene nel mondo.

venerdì 11 giugno 2021

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù – B – 11 Giugno 2021

Osea 11,1-9    -   Efesini 3,8-19    -   Giovanni 19,31-37

La solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù non è una ricorrenza devozionale che muove sentimenti e suscita emozioni. E’ ricorrenza liturgica, cioè preghiera della Chiesa che celebra e adora il mistero che sta al centro della relazione tra Dio e la creatura, tra il Padre e i suoi figli; è invito sì a renderci conto di questo centro, a contemplarlo, ma anche a farlo centro motore della nostra vita. Questo centro è l’Amore di Dio riversato nel cuore umano di Gesù, e di qui, speriamo e preghiamo, anche nel nostro.

Di che cosa vive il cuore? Il cuore vive del sangue che lo attraversa e che questo organo del corpo pulsa e pompa perché raggiunga tutte le membra, consenta a esse di svolgere la loro funzione, di contribuire alla salute del corpo, al benessere fisico e psichico della persona. E che cos’è il sangue, in specie, quello di Gesù, alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato qualche giorno fa nella liturgia della Solennità del Corpus Domini? Quest’anno l’annuncio che ne veniva fatto, chi chiamava a nutrirci e ad adorare il Sangue dell’Alleanza, il sangue dell’Amore preveniente, fedele, indomito, salutare, di Dio datoci in Gesù e che arriva a noi grazie allo Spirito Santo. Il cuore vive d’amore! Il Cuore di Gesù in particolare misura, anzi senza misura, visto che è di un’ ampiezza, lunghezza, altezza, profondità, impensabili; un cuore quadrimensionale, quasi ad indicare che raggiunge le dimensioni dell’universo infinito.

Il cuore umano di Gesù, quel cuore che ha conosciuto tutti i sentimenti umani  che rivelano l’amore, dalla gioia alla sofferenza, dalla pazienza, alla generosità, dalla mitezza alla dolce fermezza, dall’umiltà alla fortezza, dall’attesa di ricevere amore alla misericordia per non averlo avuto…quel cuore, alla luce della Parola ora ascoltata, è portatore dell’Amore paterno e materno di Dio. Attraverso le parole riportate dal profeta Osea è un cuore capace di tenerezza, di cura, di delicatezza, di commozione e di compassione; non dà spazio ad un ardore che è spesso in noi diventa impazienza e sfiducia. Così è il cuore di Gesù!

Ancora. Il cuore umano di Gesù, vale a dire l’Amore che in Lui supera ogni conoscenza, ogni immaginazione, sfugge, come dicevo ad ogni misurazione, ad ogni calcolo che a volte noi lo sottoponiamo per vedere quanto sia possibile tirare la corda con la sua mitezza e bontà, per fare un po’ i nostri interessi, non fidandoci sempre di Lui. E’ ricco di una multiforme sapienza di Dio in cui troviamo la bella e vera libertà da catene che vorrebbero imprigionare il nostro cuore e ci aiuta a piegare le ginocchia, che non è umiliazione, ma consapevolezza che ogni bene viene da Dio.

A questo punto, guardando a Colui che è stato trafitto, come narra il vangelo di Giovanni, riconosciamo, adoriamo, un cuore squarciato. Il cuore di Gesù, è un cuore squarciato. Dalla lancia? Fisicamente lo è stato, ma non poteva non esserlo, non poteva non esplodere d’amore quel cuore e riversare tale amore, nel sangue e nell’acqua, sull’umanità per bagnarla, purificarla, risanarla, ridarle vita, la Sua vita. Un cuore squarciato dall’amore è quello di Gesù, conosce la sofferenza, ed ha un amore che non può essere contenuto. Non è il sangue di una esecuzione quello che fuoriesce, ma quello di un parto, doloroso, che dà la vita ad altri.

Tra le invocazioni con cui ci si rivolge al Cuore Sacratissimo di Gesù, poiché anche se umano è pur sempre quello del Figlio di Dio, noi diciamo, facendo eco al dialogo tra Gesù e Santa Faustina, la santa della Divina Misericordia, “fa’ il mio cuore simile al tuo”. Prima di raggiungere questa somiglianza, che è totalmente azione di Dio, lasciamoci da esso coinvolgere nel lodarlo, benedirlo, adorarlo. Per ognuno ci può essere un tocco personalissimo, ma sarà una grazia che renderà il nostro cuore capace di amore paterno e materno, di una fraternità ampia e senza confini, un cuore che non si scoraggia e non teme di essere squarciato dall’amore perché altri abbiano la vita.


martedì 8 giugno 2021

BRICIOLE di PAROLA...

Maria nella casa di Nazareth  - 2 ° Meditazione – Lonigo 08.062021

Dopo essere stati stamattina nella casa di Zaccaria ed Elisabetta, in occasione di questa visita che anche a noi ha fatto oggi Maria nell’immagine della Madonna di Loreto, ritorniamo, con questa breve meditazione,  a Nazareth, poiché lì ella è diventata la Madre di Gesù, la madre del Figlio dell’Altissimo, la madre di Dio. E’ il mistero dell’Incarnazione che noi adoriamo e onoriamo Maria perché è stata, con pieno consenso e libertà, strumento di grazia di tanto prodigio. Chi era e come avviene questo coinvolgimento, affinché anche noi possiamo passare dal turbamento davanti alle proposte che Dio ci fa all’abbandono pieno di fiducia e obbedienza alla Sua volontà?  Ci soffermiamo su alcune parole del vangelo ascoltato.

“L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria…”. Questa ragazza, semplice, abita in un villaggio qualunque, pure disprezzato (“Da Nazareth può venire qualcosa di buono?” diranno i detrattori di Gesù). Maria appartiene al popolo e vive, condivide l’attesa,  pazienta per la venuta di un salvatore. Vive , porta in sé, tutti i sentimenti, le prove, le speranze dei suoi compaesani, della sua gente. Questo è invito anche a noi, pur vivendo nelle nostre case, ad avere un sentire comune, una speranza comune, a desiderare, e fare ciò che ci compete per la nostra parte, che arrivi un mondo migliore, una salvezza per questa umanità. Maria vive e condivide la storia del suo popolo. Gli appartiene, come appartiene a Dio che la sceglie per mandare a noi Suo Figlio nella carene di Gesù. Non possiamo essere e rimanere rinchiusi nel nostro piccolo mondo e pensare solamente a noi stessi. Vogliamo sentirci, ce lo insegna questa ragazza, nostra Madre, uniti nella speranza  e nell’impegno. A partire dalla preghiera, dall’ascolto della Parola di Dio, dalle responsabilità che abbiamo in casa nostra e nella società.

“Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo.” Allegrezza e turbamento, serenità e preoccupazioni, pace e timori, sono entrambi, all’ordine del giorno, in noi. In alcuni momenti prevale uno, ora l’altro. Innanzitutto impariamo ad accettare che lo cose stanno inizialmente così, per non essere superficiali o depressi. Ma se c’è una precedenza da riconoscere al nostro animo, alla nostra condizione di vita, beh, noi che stiamo attenti ai comandamenti del Signore, non dimentichiamo che Dio ci ordina di rallegrarci! Tante espressioni dei profeti lo riportano: Isaia 66,10 – Zaccaria9,9 – Sofonia 3,14. Ma noi sappiamo rallegrarci? La gioia si fonda sulla fede in Dio che ama, salva, che è presente; è una gioia che si offre ad ogni credente, sempre, anche a chi è nella prova , nella malattia, nella pena. Magari questa non c’è tolta, ma viene offerta la possibilità di non disperare, di rimanere sereni nella pace, nella carità da donare. La prima guarigione di chi è ammalato è la carità di chi lo serve con amore! E’ vero che umanamente non ce la faccio, ma lo Spirito in me può. L’angelo va da Maria con lo Spirito Santo, e “l’ombra di Dio ti coprirà”. Bella questa immagine di Dio che non s’impone con violenza, che ti fa ombra, ti dà sollievo.

«Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E’ la conclusione di questo incontro, la chiusura della visita che Dio ha riservato a questa creatura, Dio che l’ha onorata del suo sguardo d’amore no solo per lei ma anche per il bene di tutta l’umanità. E’ bello che Maria ci abbia visitato oggi; è immensa grazia che sia stato il Signore a venire da noi. Se Gesù è la via al Padre, la madre di Gesù è la via al Figlio. E la vera devozione a Maria ci conduce a Gesù. Ella ci ha dato il corpo e sangue di Lui perché noi, grazie alla potenza dello Spirito Santo, un giorno potessimo trovare nutrimento e salvezza nell’Eucaristia. Ella ci ha donato la parola di Dio fatta carne nel suo figlio, ella per prima l’ha accolta e messa in pratica dicendosi e facendosi serva del Signore per la salvezza di tutto il popolo. Questa visita ci consegna alla Parola del Vangelo, la buona notizia che Dio ci ama, è con noi, e regnerà per sempre sulla nostra casa. L’ascolto, l’accoglienza, l’obbedienza alla Parola nella nostra vita permetterà all’amore, alla libertà alla giustizia, e alla pace di essere i muri portanti della nostra casa. Non per rinchiuderci in essa, ma per renderla casa ospitale per tutti gli uomini, specialmente i più poveri, gli ammalati, coloro che sono senza speranza, perché anche noi siamo stati ospitati nella casa di Nazareth, nel grembo di Maria, nella Chiesa di cui ella è immagine, è materna protezione. Lì cresciamo sino alla piena maturità di Cristo a cui ciascuno, nella propria misura, è chiamato. La benedizione di Maria e la sua beatitudine saranno anche nostre, a lode di Dio e della sua gloria, a lode della SS. Trinità. Amen!