domenica 30 agosto 2015

OMELIA



22° Domenica B – 30.08.2015
- Deuteronomio 4, 1-2.6-8
- Marco 7,1-8.14-15.21-23

Dopo aver ascoltato il vangelo di Giovanni in queste domeniche estive, ritorniamo al racconto di Marco. Incontriamo Gesù, lui, che profonde tutta la sua umanità nell’accogliere soccorre poveri, ammalati, provati dalla vita, si deve misurare con le piccolezze, le sottigliezze, anche meschinità, tradizioni e precetti di uomini che oscurano il cuore della legge, cioè l’amore insegnato da Dio stesso.

Il pericolo in cui possono incorrere coloro che sono zelanti, puntuali, “religiosi”, nell’osservanza dei precetti, è di essere minuziosi nel praticare le prescrizioni di uomini, magari consuetudini messe insieme nel tempo, abitudini a cui siamo stati educati, e così pensare di “rendere lode a Dio con le labbra, ma di avere il cuore lontano da lui”. E’ il preciso rimprovero di Gesù  a coloro che chiama ipocriti, cioè a quanti si mettono una maschera per apparire giusti.

“Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”

E’una parola “dura”, questa, non è un complimento; ma ci fa bene. Non le neghiamo di essere detta per amore. Ci apre gli occhi, a noi che curiamo e ci angustiamo per delle bazzecole, ma ci sfugge ciò che è più importante. Diventiamo scrupolosi, non contenti; facciamo ciò che è marginale, e ci sentiamo a posto.
E’ vero che i dettagli, i particolari hanno il loro significato, ma non debbono nascondere o mascherare il cuore, dimenticare ciò che più conta. E stiamo sereni se le righe non sono tutte diritte, quando si tratta di marginalità, se qualcosa non è perfetto.

Nello stesso tempo andiamo al cuore, perché è lì che Gesù ci conduce, ci riporta.
E la parola sua si fa buona, poiché la chiarezza che ci detta non lascia ombre. “Guardate che è il cuore che conta, è lì la sorgente della qualità della vostra vita. E se c’è qualcosa che vi rende indegni, vi fa non graditi a Dio (impuri) proviene dal cuore”.
“Dal cuore degli uomini escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte questo cose cattive vengono fuori dall’interno e tendono indegno l’uomo”.
E’ da notare che tutti questi propositi di male sono tutti contro l’amore, contro il prossimo. Vorrà ben dire qualcosa, no?

Con questo avvertimento siamo chiamati a custodire, a vigilare sul nostro cuore, a prenderci cura dell’ecologia del cuore. Come si fa a prendersi cuore del proprio cuore perché non escano cose cattive?
Ritornando al cuore del vangelo! E questo è l’amore, l’amore che ci ha insegnato e dato Gesù, l’amore che ci fa liberi da tante minuzie perché non soffochiamo, e da falsità perché non inganniamo gli altri. Certo, è più facile fare gesti religiosi – come ricorda Gesù – e anche noi ne abbiamo di nostri. Ma basta, per essergli graditi, quello che già Mosè a nome di Dio aveva riportato al suo popolo: “non aggiungerete nulla  a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla”. Questo comando è l’amore!

Scrive l’apostolo Giacomo (seconda lettura): religione pura e senza macchia, cioè è gradito a Dio ed è bello e buono per gli uomini: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze, (le persone sole, i più poveri, con gli stranieri,  secondo il cuore biblico) e non lasciarsi contaminare da questo mondo, dalla sua mentalità.













mercoledì 26 agosto 2015

RITORNO

Estate finita,
si torna sul sentiero,
il caldo s'è spento, 
ripreso lo spirito vero.
Portati ora
sono il cuore i passi, 
trasforma l'amore
in gemme pure i sassi.
Sia essi preziosi
o fioritura avenire,
prodigio d'autunno, 
di colori e sapori, 
è questa la vita 
e più t'innamori.





 
OMELIA

 
21° Domenica B – 23.08.2015

- Giovanni 6,60-69

Siamo alla conclusione del discorso di Gesù sul “pane disceso dal  cielo”, “pane della vita”, il “corpo e sangue” suoi, la sua persona; discorso che, appunto come “pane”, ci è stato spezzettato in queste domeniche estive. Siamo ora all’esito finale, e visto com’è andata, alla resa dei conti.

L’esito di quella predicazione è, a dir poco, deludente, fallimentare! Addirittura tra i discepoli: “Troppo dura questa parola. Chi può ascoltarla?”. Ma forse è troppo molle la fede che Gesù chiedeva, la loro fiducia in lui.
Non li rimpoveriamo, questi discepoli. La Parola di Dio a volte è proprio dura,e c’è bisogno di un di più di fede, di un supplemento di Spirito Santo per accoglierla. Basta che pensiamo alla Parola che chiede di essere onesti fino in fondo, di essere fedeli e non tradire l’amore, di amare chi ti fa del male.
Eppure una scelta, una decisione  s’impone. Come muoverci a questa decisione? Quale strada scegliere? E’ il dilemma davanti la quale si trova già il polo di dio ( 1° lettura). Dice Giosuè: “ Scegliete oggi chi volete servire, forse gli idoli?”. Risposta: “Lungi da noi abbandonare il Signore per servire altri dei. No, noi serviremo il Signore”.

Ciò che guida questa scelta è la memoria dei benefici ricevuti, del sostegno avuto in tempi difficili. E’ lezione anche per noi, ora che stiamo bene, ricordare che in tempi aspri e poveri la Provvidenza, per esempio, non ci ha abbandonato. Perché noi ora vogliamo allontanarci da Dio? Sì, perché se non seguiamo Gesù e quello che ci ha insegnato, noi lo lasciamo, anche se continuiamo a dirci cristiani. Gli idoli di questo momento si chiamano potere, successo, ricchezza, benessere solo per  noi, egoismo, chiusura ai poveri…

La parola di Gesù è dura. Si tratta, allora di scegliere: andare con lui o “tornare indietro”!
Andare con lui è accoglierlo, “pane che da la vita”, “colui che solo ha parole di vita eterna”, di qualità, davvero umana e di figli di Dio; è accettare le sue scelte (anche se non riusciamo a comprenderle); nella speranza che, nutriti di questo “pane”, arriviamo a vivere come lui. Andare o tornare indietro?
C’è il pericolo di uno “stallo”. O voler tenere il piede in due staffe. Non abbiamo il coraggio, l’amore per seguirlo e, dall’altra parte, ci vergogniamo a lasciarlo.

Nella parola che ci appare dura l’amore di Gesù si manifesta anche nella capacità di rischio che corre per sé, quello di rimanere da solo. E lo fa unicamente per il bene che ci porta. L’esperienza che viviamo nelle nostre famiglie e relazioni ci porta dire a volte parole difficili da comprendere, da mandar giù, dure. Ma tutto questo avviene per amore, per il bene di coloro ai quali sono rivolte, e chiedendo a costoro di fidarsi.
Anche  a me, tale forza e coraggio di Gesù mi chiedono oggi di prendere la giusta decisione.


















domenica 16 agosto 2015

OMELIA

 
20° Domenica B – 16.08.2015

- Giovanni 6,51-58

Il discorso di Gesù sul “pane disceso da cielo”che egli è, si fa profondo e molto concreto.
Difficile da comprendere questo “pane”, ma necessario per avere la vita. E un’offerta di vita!

La profezia che ieri celebravamo con l’Assunzione al cielo di Maria, profezia della nostra risurrezione e glorificazione, avrà un giorno il compimento, ma inizia qui sulla terra. E ha bisogno di nutrimento, di alimentarsi. Ecco il pane della vita!

Gesù aveva detto: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno …”
La profezia cresce con questo alimento: nutrendoci di Gesù!

E’ stato scritto che l’uomo è ciò che mangia”, diventa ciò di cui si nutre.
Se noi ci nutriamo di cattiverie, di odio, di rancore, o di stupidaggini, di stoltezza, di vuoto… diventeremo tali. Se uno si “ubriaca” di cose cattive, la sua esistenza non potrà che esserne triste conseguenza. E’una dipendenza, anzi una trasformazione in ciò che male fa.

Ma se noi ci nutriamo di cose belle, pulite, oneste, ci nutriamo di giuste passioni, pazienza, bontà, poesia, di sapienza… diventeremo sapienti, buoni, giusti, belli… come Gesù, che tale è, quale pane che dà la vera vita!
Tutta la sua persona, la sua umanità, il suo sguardo, la sua Parola, il suo silenzio, il suo servire, il suo “corpo e sangue” che noi riceviamo nell’Eucaristia, ma non solo,  trasformano  la nostra persona, la nostra storia… il nostro operare. C’è attenzione e impegno perché questo sia davvero buono, ma è indispensabile nutrirci di Gesù. …E il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
E’ questa anche la nostra gioia!

“Come può costui darci la su carne da mangiare?”
Solamente la fede, la fiducia di avere trovato chi ci fa bene, chi ci fa crescere, chi ci dà la vita, ci consente di accogliere tale prodigio inspiegabile.

I frutti di questa “alimentazione”.

La comunione, l’amicizia stretta con Gesù, una speciale familiarità che ci introduce nel mistero di Dio. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”.

Gesù è l’ideale ed è la forza che della  vita: “colui che mangia me vivrà per me”. Non ci si nutre di Gesù perché siamo degni di lui. Nessuno lo è. Ma si mangia di lui per diventare lui. E allora se io “faccio la comunione” con lui che è fedele, misericordioso, mite, umile e forte, paziente e fiducioso, superiore ad ogni paura o torto… avrò a disposizione, sempre che io lo voglia,  la forza che mi aiuta a fare altrettanto. Egli si trasfonde in  me, ed io in lui.

“Chi mangia questo pane vivrà in eterno”. Sarà con me per sempre. E’ la sua promessa della vita di figli di dio, una vita che dà bellezza e pienezza alla nostra umanità, la “profezia” che già qui inizia alimentata Gesù stesso, dalla sua “carne”.  Questa è, nel pane dell’Eucaristia che assumiamo e adoriamo, nella Parola del vangelo che ascoltiamo e mettiamo in pratica, nello Spirito che seguiamo, nei fratelli più povere (“la carne di Gesù”, li chiama papa Francesco!) che serviamo.

Nessuno è allontanato dalla tavola che Dio ha preparato, a nessuno è negato di nutrirsi di Gesù, a nessuno è negata la sapienza, lo stupore, la gioia, la letizia, il gusto di vivere, se mangia e dona da mangiare amore.  

















sabato 15 agosto 2015

OMELIA

 
Assunzione di Maria – 15.08.2015

L’Assunzione di Maria al cielo è una profezia per noi, per questa nostra terra, per il mondo intero.
La donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle, di cui oggi ci parlava la prima lettura, è immagine del popolo di Dio, che deve sostenere una lotta, un travaglio per una nuova vita.

E’ profezia di risurrezione per noi in special modo e per tutte le creature. Questa festa in onore di Maria è pure illuminata quest’anno da quanto scrive papa Francesco nella sua lettera enciclica sulla casa comune, il creato. (cfr. Laudato si’ n 241, 243, 244) : 
Maria Assunta “vive con Gesù completamente trasfigurata, e tutte le creature cantano la sua bellezza….Elevata al cielo, scrive papa Francesco, è Madre e Regina di tutto il creato. Nel suo corpo glorificato, insieme a Cristo risorto, parte della creazione ha raggiunto tutta la pienezza della sua bellezza”.

Un giorno ci incontreremo faccia a faccia con l’infinita bellezza di Dio, cuore a cuore con i nostri cari, genitori, figli, fratelli. Stiamo viaggiando verso la casa comune del cielo. La vita eterna sarà una meraviglia condivisa dove  ogni creatura, luminosamente trasformata, occuperà il suo posto.
La profezia si compirà nel cielo. Ma inizia qui in terra. Profezia è vivere il vangelo, è la carità, è l’amore che Dio ha per tutti e che passa attraverso di noi. Se noi chiudiamo, ed è grossa responsabilità, certo Dio non si ferma e il suo progetto vincerà comunque, ma noi ne saremo esclusi, respinti, non accolti. Ci sarà, dice S. Paolo, “una risurrezione non per la vita, ma per la morte”

Carità è porre dine a contenziosi e liti che ci possono essere, lasciar cadere torti veri o presunti, invidia e permalosità. Se la gente pensa di aver subito una qualsiasi ingiustizia o c’è un malinteso, la gente non ti perdona niente, neanche al prete!

Carità è vincere la tentazione della chiusura e del rifiuto degli altri che stanno emergendo.

Allora, profezia è non fomentare tensione  e dissenso che possono, questi ì, trovare casa anche nel nostro paese di Monteviale, per l’arrivo e la presenza di fratelli profughi e immigrati.

Aiutiamoci a cambiare modo di pensare, perché non ci sono “i nostri” e non ci sono “loro”. Sono tutti “nostri” e siamo tutti “loro”. Qualcuno ha detto che non è questione di essere cattolici o meno, ma di essere persone di buon senso. Per esserlo , persone di buon senso, bisogna prima essere umani!

Aiutiamoci a compiere gesti di apertura e di sostegno dettati dalla convinzione che l'accoglienza deve essere fatta. Altra cosa sono le scelte discutibili, anzi spesso sbagliate, della politica nazionale e di quella europea”.
La profezia che si compirà un giorno, e ci vedrà tutti uniti in una meraviglia condivisa, ha inizio qui.

Maria, madre di Gesù e nostra, madre di tutti gli uomini, come una buona mamma non può che desiderare che i fratelli si accolgano e si aiutino. Se vogliamo onorarla con sincerità, e la sua materna protezione, preghiamo e ci impegniamo perché questa comunità di Monteviale sia ed agisca secondo il suo cuore aperto al progetto di Dio che ha pure cantato: “ha ricolmato di bene gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”. Sì, che non rimandi a mani vuote noi, ricchi di paura ed egoismo.  


Madre della Chiesa e custode della nostra Comunità,
fa’ che seguiamo Gesù che ci ha aperto la via al cielo.
Prega per noi poveri peccatori
e accompagnaci, qui in terra, sulla via di una nuova umanità. Amen.















domenica 9 agosto 2015

" PER FAR FESTA"

(Bollettino parrochiale - Agosto 2015)


Auronzo, 11 luglio 20 15  - Note dal campeggio parrocchiale.         

Carissimi tutti, … i giorni “estivi”
sono stati davvero “festivi”, qui al nostro campo di Auronzo.
Ieri, tarda sera, spento ormai il fuoco che aveva illuminato il campo, i volti, le lacrime, i sorrisi, la luce era come ritornata in cielo. Era fiorito, zeppo, di stelle. Ogni più bel prato sulla terra è solo un riflesso di tanto ricamo e mistero. Le montagne attorno al campo si stagliavano nette, scure, e lo scintillar delle stelle era commovente. Continuava la festa del cuore.

Stamattina, ecco la conferma di giorni belli e luminosi: il cielo azzurro chiaro, prima di diventare intenso con il sorgere alto del sole, l’aria ancora fresca ad aprire i polmoni e il cuore alla nuova giornata. E il campo si rianimava lentamente, per fare una cosa un po’ triste come ogni partenza, per far le valigie… Ma la “festa” mai finirà.
E’ il primo motivo di “festa” questo luogo a noi tanto caro e familiare. Scrive Papa Francesco citando S. Giovanni della Croce: «Le montagne hanno delle cime, sono alte, imponenti, belle, graziose, fiorite e odorose. Come quelle montagne è l’Amato per me. Le valli solitarie sono quiete, amene, fresche, ombrose, ricche di dolci acque. Per la varietà dei loro alberi e per il soave canto degli uccelli ricreano e dilettano grandemente il senso e nella loro solitudine e nel loro silenzio offrono refrigerio e riposo: queste valli è il mio Amato per me» (Cant. Es, XIV, 6-7, in Laudato si’ 234).

E’ “festa”, faticosa ma “festa”, osare il passo su sentieri sassosi, lassù in alto, con prudenza coraggiosa tra rocce e guglie scolpite dal tempo e dagli elementi; è “festa” ammirare nuovi panorami, e soprattutto, come è stato lasciato scritto, “sostenere chi era in difficoltà con uno sguardo, un sorriso, un abbraccio…” . “Festa” è non sentire la stanchezza di un percorso che non finisce mai, anche nel ridiscendere… E non lasciarci rabbuiare da comprensibili timori per lo sforzo richiesto. “Festa” grazie al coraggio prudente che sempre impariamo!

“Festa” lo è anche il tranquillo sostare all’ombra dei pini con una brezza che stempera il caldo afoso, che anche qui si è sentito. Lo è il passeggiar lieto e calmo, in solitaria, per le stradine che tagliano il bosco, ma non la pace che l’avvolge. Non è di tutti l’andare su alte vie, non è più il tempo per alzate che vanno a risvegliar il sole…”per far festa!”. Lo sfrigolio della ghiaia sotto i passi risuonava tutt’intorno, amplificato dalla vastità del silenzio. E così, ecco camminare sull’erba per non inquinare quella musica silenziosa e i suoni dolci del bosco stesso.

Molteplici i momenti di “festa” al nostro campeggio parrocchiale, forniti dalla generosità e squisitezza del servizio cucina, inventati dalla fantasia di animatori e ragazzi stessi, giochi, scherzi, canti… da far esclamare: “anche se qui sono passati tre giorni, continuano a succedere miracoli”.
La breve riflessione e preghiera quotidiana, i segni che la esprimevano con semplicità, completavano la serie di “ingredienti” utili alle ricette che avevamo studiato a casa. Sì, “festa”, e speciale, gioiosa, sono stati i mesi e le settimane in cui ci ritrovavamo a preparare il campeggio, con idee ed entusiasmo, con bella amicizia. Dopo tutto anche noi volevamo …Expo!

C’è la “festa” più profonda, indescrivibile, quella che ognuno porta dentro di sé, e che vorremmo continuare ovunque, “festa” che il cuore custodisce anche gelosamente…. Ma se questi lascia uno spiraglio, contagia e s’ingigantisce.
E’ quella di chi si sente amato, sa che c’è qualcuno che gli vuol bene, qualcuno da amare. 
Come il piccolo che sorprende e davanti al fuoco che sale alto in mille faville esce nella più bella contemplazione : “Il fuoco è l’anima di Dio che si sbriciola per noi”.
E Marco, un giovane universitario di Mantova, che attraversando il nostro campo mi viene a salutare e mi dice: “Sono qui con un gruppo di ragazzi delle nostre parrocchie. Sono felice. Ho deciso di diventare prete. Nei prossimi mesi entro in Seminario”.

Infine, sul “ricettario” del campo un mano anonima ha dato il “tocco” finale”.
“I loro volti, prima quasi estranei, ora, piano piano, si fanno più familiari. Quanto svelano a poco a poco, quanto cercano incessantemente. Loro ti conoscono appena e già, forse, ti rifiutano, ti allontanano, non sanno quanto riempia il cuore, la vita, la tua presenza. Come vorrei che un giorno lo capissero e ti venissero a cercare. Tu non permettere che si perdano, ma io so, con certezza, che Tu stesso andrai a cercarli e li troverai e li abbraccerai, fosse anche l’ultimo giorno della loro vita. Grazie”.
Qui è di casa la “festa”! L’amore di Dio, Gesù! Laudato si’!

Don Francesco



 
OMELIA

 (NB. versione...lunga)

19° Domenica B – 09.08.2015
- 1Re 19,4-8
-  Efesini  4, 30-5, 2
- Giovanni 6,41-51

Nei giorni scorsi, impegnato a leggere e meditare sulla Parola di Dio di questa domenica, cercavo qualche pensiero da comunicare a me stesso e a voi. Gesù sta parlando di un pane “speciale” per la nostra “fame” di vita, di felicità, di amore, di vero benessere, “pane” che dice di essere Egli stesso per tutti manche fa bene a coloro che “credono”.
La mia attenzione nella lettura dei brani proposti dalla liturgia è stata come “deviata” in altra direzione. Ma so che lo Spirito mi conduce dove c’è bisogno e mi fa bene. ed ecco allora che l’esperienza amara di Elia nella prima lettura, le raccomandazioni di Paolo nella seconda, la reazione degli ascoltatori di Gesù nel vangelo, mi hanno suggerito questi pensieri e questa verifica della mia e nostra esistenza.

Il lamento e le mormorazioni sono il nostro pane quotidiano. E anche se troppo pane non fa molto bene, fa ingrassare, diventare obesi, ci rovina la linea, di questo “pane” difficilmente siamo sazi. Ne sforniamo a quintali e continuiamo a mangiarne noi e darlo da mangiare ad altri, i lamenti e le mormorazioni.

Possono essere comprensibili i lamenti, come quelli di Elia nel deserto che non si ritiene migliore dei suoi padri, si lamenta di sé, non degli altri; si sente inseguito dagli uomini che lo vogliono morto e gli danno la caccia; è stanco, sprovvisto di cibo e di forze.
Opportune anche le raccomandazioni  di Paolo ai cristiani poiché anche costoro non sono esenti dal mancare di tatto, rispetto, sincerità, e carità.
Forse comprensibili anche le mormorazioni di quanti sono attorno a Gesù che non sanno rendersi conto di chi Egli sia e perché faccia determinate cose, come dar da mangiare a tante persone e poi sottrarsi quando lo vorrebbero re.

Anche la nostra esistenza, la nostra convivenza, familiare, civile, la stessa comunità cristiana, conosce recriminazioni, lamenti, malignità e mormorazioni – si chiamano chiacchiere, commenti, giudizi, e adesso anche post, facebook, twitter ecc… – ma questo “pane” non ci dà la vita, non fa bene, ci fa ammalare di cattiveria, non ci fa automaticamente più umani, ci aiuta a vivere da figli di Dio.
E allora cosa aspettiamo ad accogliere l’offerta che ci fa Gesù: “Io sono il pane della vita”, “il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia”.

“Alzati, mangia!”, dice l’angelo del Signore ad Elia. E costui, nutrendosi del cibo ricevuto prodigiosamente nel deserto, la “focaccia cotta su pietre roventi e l’orcio d’acqua”, Elia non si lasciò vincere dal suo stesso lamento e prostrazione; trovò la forza per continuare il suo lungo cammino.

Gesù fa comprendere la medesima necessità di mangiare a coloro che l’ascoltano: “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che darò è la mia carne per la vita del mondo”.

Non possiamo indulgere in lamenti e mormorazioni se non siamo contenti della nostra esistenza.
Siamo “istruiti da Dio”, dice la citazione che Gesù fa dei profeti. Questa è gia “buona notizia”, e, dando ascolto alla Parola di Dio, potremo accogliere quello che Egli fa per noi, potremo “credere in Gesù”, affidarci a Lui. “Chi ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me”. E gustare il “buon pane” che Gesù è!

“Credere” non è inteso come un’operazione di conoscenza intellettuale tesa ad imparare una dottrina ma è l’essere coinvolti nella vita di Gesù, l’aderire a lui in modo da essere dove lui è, agire come lui agisce, amare come egli ama.
E allora anche le parole forti,, crude,scandalose di Gesù – “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” – non ci terranno lontano da Lui. Così la vita eterna germina, fiorisce in noi, come il pane mangiato dà vita e la accresce. Ed è pure un antidoto nei confronti della morte che non può trattenerci!
La carne di Gesù è sì il suo corpo e sangue che noi mangiamo quando ci accostiamo a fare la comunione, ma è pure tutta la sua persona, la sua vita, la sua umanità, tutto ciò che lo fa vero uomo figlio di Dio. La carne di Gesù, inoltre, continua a ripeterci papa Francesco, sono i poveri e noi cresciamo in umanità se ci “nutriamo” di loro, se sappiamo accoglierli, ce ne facciamo carico, ce ne prendiamo cura secondo le nostre possibilità che diciamo limitate. Ma non sia limitata la nostra “fame” di fraternità nei loro confronti.

NB. Per parlare di un pane “speciale”Gesù ha cominciato con il dare il pane “materiale” a coloro che avevano fame. E’ l’insegnamento che da alcune domeniche la Parola ci impartisce. Peccato che, in queste settimane di…vacanza,  gli “alunni” o discepoli sembrano essere pochi!











lunedì 3 agosto 2015

IN PERDITA o GRATUITA' ?

 
(… per una conversione d’estate!)

E’ duro lavoro,
in perdita seminare
solitudine e fatica,
non è ancora amare.

Forze si sprecano,
tempo ci rimetto,
lo chiamo amore,
ma non è perfetto.

Sconfitta e delusione,
ho paura per me stesso,
“chi me lo fa fare?”
è ritornello spesso.

Il peso schiaccia,
non fa buon cuore,
tristezza e preoccupazione
non sono del Pastore.

….

Urgente conversione
passare a novità ,
il ministero vero,
bello, è solo gratuità.

Nel dono generoso,
non attese né riscontro
con cuore libero e sorriso
vivo ogni incontro.

Gioia altrui conta
il bene in ogni cosa,
opportunità gratis data,
lì il vangelo sta e riposa.

Di me prigioniero
in perdita son io,
ma la gratuità mi libera
per i fratelli e per Dio.

Mi sovvien la Grazia,
e nel solco mio quaggiù
semino umile e lieto
il meglio di Gesù.






OMELIA

 
18° Domenica B – 02.08.2015

- Giovanni 6,24-35

Domenica scorsa Gesù non aveva rimandato la folla che gli era venuta innanzi, affamata e con poche risorse: “Andate a casa vostra”. Gran lezione per noi!
Il prodigio della distribuzione dei pani era un a segno della compassione di Gesù, inizio di vangelo dicevano, cioè apre all’annuncio della “buona notizia” che di lì a poco avrebbe dato, vale a dire il pane vero disceso dal cielo, la sua persona, il suo corpo e il suo sangue.

Ci sono due ostacoli che si oppongono all’accogliere il vangelo: la miseria e la sazietà. Se uno ha la pancia vuota, se uno ha fame,se è oppresso da necessità elementari per la propria sussistenza, puoi andargli a dare tutte le buone notizie che vuoi, ma non ti ascolterà. Ciò che urge è magiare, trovare serenità, sicurezza, ed è…umano.

L’altro ostacolo non è da meno. E’ la sazietà. Se la pancia è piena, gonfia, ben sazia oltre ogni bisogno, allora non c’è più posto per la buona notizia del vangelo. Questa è inutile e intorpiditi come siamo, non ci manca niente, stiamo bene così. Se Gesù è cercato è per un “benessere” che è un “ben avere”. Lui l’aveva compreso quando ha detto alla folla: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.... Datevi da fare - è un ammonimento anche per noi – datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna”.
Già, a proposito della manna, “pane caduto dal cielo”, il cibo che ha accompagnato per gran parte il cammino nel deserto, Dio aveva proibito l’accaparramento e quello che andava oltre il bisogno giornaliero della famiglia deperiva.
Mosè poi aveva messo in guardia la sua gente. “Stai per entrare nella terra promessa… Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, quando avrai costruito belle case e vi avrai abitato, quando avrai visto il tuo bestiame grosso e minuto moltiplicarsi, accrescersi il tuo argento e il tuo oro, abbondare ogni tua cosa, non si inorgoglisca il tuo cuore in modo da dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione servile” (Dt 8, 7-9.12-14).

Sazietà non è di solo pane o beni materiali, ma anche di autosufficienza, di orgoglio, delle proprie  convinzioni e sicurezze. Se siamo pieni di noi stessi, non capiremo in pane che è Gesù, non lo potremo assaporare.

Ma un frammento possiamo già prepararci a gustarlo invece oggi, in attesa che nelle prossime settimane ci sia svelato qualcosa di più, se accogliamo la parola di Gesù: “Il Padre mio vi dà il pane dal cielo, credete in colui che egli ha mandato”. E infine: “io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai”. Fame e sete che sono molto di più del nutrire il nostro organismo fisico; quella fame e sete profonde che sono nel nostro cuore, e per cui desideriamo pace, giustizia, serenità, amore, gioia; fame e sete della vita che Dio vuole  che i suoi figli abbiano.
Noi lo cerchiamo il pane che sia in grado di darcela questa vita, allora guardiamo a Gesù, non perdiamo nessuna delle sue parole, e preghiamo  come abbiamo sentito: “Signore, dacci anche oggi di te. Lì dove siamo, andiamo, lavoriamo o viviamo, sii tu il nostro pane”.