lunedì 26 febbraio 2024

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

2° Quaresima B – 25/02/2024

Genesi 22,1-18   -   Romani 8,31-34   -   Marco 9,2-10   -

Domenica scorsa, prima di Quaresima, Gesù è sospinto nel deserto ad affrontare prove e asperità, a respingere tentazioni e insinuazioni di Satana, cosa che avrebbe schiantato chiunque e che, invece, per Gesù, è occasione per mostrare la Sua fedeltà al Padre. Oggi, sul monte Tabor, Egli è nella luce, a rivelare ai suoi amici il mistero della Sua persona. Essi vedono il Suo volto luminoso, vesti sfolgoranti, e ascoltano la voce del Padre stesso. Non ci capiscono niente, ma è un’esperienza dalla cui bellezza sono presi, vedi le parole di Pietro, anche se provano qualche timore. Nelle prossime settimane, ora in pubblico, ora in privato, Gesù si farà presente per portare a compimento la Sua missione. E noi lo seguiremo, discendendo la monte come i tre, rincuorati da una rivelazione inaspettata, e con l’aiuto di questa prepararci ad un’altra salita, dolorosa, ma in cui l’amore di chi dà la propria vita sarà la vera luce. Ci attende il Calvario, dopo il Tabor.  Padre Leopoldo diceva: “Dio ci chiama sul Tabor, alla luce, alla gloria, ma ci forma sul Calvario”.

Ma chi è questo Gesù che mi chiama, mi chiede di accompagnarlo, di seguirlo? La voce che i tre hanno udito sul monte -“Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”- è quella del Padre, che da Gesù era già stata udita al suo battesimo al Giordano. Ora si rivolge ai discepoli di costui per confermarne l’identità e incoraggiare la sua sequela. Perché accoglierlo e seguirlo, ascoltarlo precisamente? La risposta è nelle parole di Paolo rivolteci nella seconda lettura:Egli, non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi”. Perché ci rendessimo conto della sua presenza, del suo amore verso di noi, Dio ha dato tutto ciò che aveva di più caro e di più prezioso: il suo proprio Figlio; quel sacrificio che aveva richiesto dapprima ad Abramo, come annuncio di ciò che sarebbe stato, e che poi aveva fermato perché gli bastava la sua fede, Dio invece l’ha, appunto, compiuto fino in fondo; e il vero ariete, il vero agnello, che gli fa onore è avere consegnato a noi il suo Figlio. Di qui la salvezza.

Con il Figlio Suo mandato nel mondo non per giudicare o condannare, ma a salvare, Dio ha mostrato fino a che punto sta dalla parte dell’uomo; ha manifestato l’estrema misericordia prendendo su di sé il peccato per sconfiggerlo, al nostro posto. Gesù ha affrontato la morte perché nessuno debba subire la morte eterna; è risorto e sempre intercede per noi perché anche noi possiamo ottenere la vita in pienezza.  Quale risposta possiamo dare a Dio da parte nostra? Quale passo compiere con Gesù verso la Pasqua? “Ascoltatelo!”. Un insegnamento preciso ci viene, inoltre,  da Abramo, dalla sua sofferta obbedienza, dalla fede messa così alla prova. Un giorno aveva consegnato a Dio il suo passato, le sue radici quando aveva obbedito al comando di lasciare la terra, la casa, il padre. Cosa rischiosa assai! Nell’episodio narrato stamane, ad Abramo viene chiesto di consegnare il suo futuro, quel figlio tanto promesso e desiderato. Cosa inammissibile, umanamente! L’insegnamento: consegnare tutto di noi stessi. Anche per Gesù si tratterà di arrivarvi, ma già lo fa compiendo il progetto che ha ricevuto, quando sulla croce dirà: “ Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito, la mia vita”.

Ecco dunque verso dove ci porta la quaresima e a cosa ci prepara: vivere la consegna di noi stessi nelle braccia del Padre. Non temiamo le tentazioni, e benediciamo la luce che possiamo intravedere sul monte. Da lì scendiamo, e con l’aiuto di questa luce, continuiamo il nostro quotidiano cammino dietro Gesù. 

lunedì 19 febbraio 2024

 BRICIOLE di PAROLA... nell'omelia

1° Quaresima B – 18.02.2024

Genesi 9,8-15  -  1Pietro 3,18-22  -  Marco 1,12-15

 

Spinte, spintarelle, spintoni…la vita va avanti così, o così è pure ostacolata. Anche Gesù è entrato nei suoi quaranta giorni assecondando lo Spirito che lo ha sospinto nel deserto. A dire il vero lo ha spinto in modo deciso, perché Dio è deciso nella sua azione e lascia alla creatura la libertà di assecondarlo. Cosi avviene per Gesù che accoglie il movimento interiore dello Spirito che l’abita. Ha appena avuto la testimonianza di questo dono nel Battesimo al Giordano. Perché il deserto?

 

Dal linguaggio biblico, il deserto è un luogo fortemente simbolico, non solo come immagine, ma anche come momento fondamentale della vita. E’ il luogo dove vengono meno i punti di riferimento, e il deserto rappresenta la solitudine. È il luogo in cui emergono le paure, le incertezze, timori, e pure impazienti speranze che, prima o poi,  finisca quel deserto. Il deserto è un’immagine di quelle situazioni della nostra vita dove siamo messi nella condizione di guardarci dentro.

 

Venendo all’esperienza fatta da Israele in cammino verso una libertà non ancora raggiunta del tutto dopo l’uscita dall’Egitto, nel deserto lo stesso popolo fa un’esperienza profonda, sì, del proprio peccato, della propria cocciutaggine, del rimpianto persino della schiavitù, e dell’infedeltà, ma è anche nel deserto che si accorge di come Dio sia la sua sola forza. Lungo il cammino nel deserto Israele riceve da Dio la legge, fondamento dell’alleanza. Questo ci porta a capire che molte volte le situazioni che sembrano solo disperate e spaventose, possono costituire invece il luogo ove si può costruire una profonda relazione con Dio, un tempo di purificazione della nostra interiorità. Quanto dura questo deserto? Una vita! Quaranta è un numero che indica una vita. Come a dire che l’esperienza della prova appartiene alla vita intera. È tutta la nostra vita che attraversa momenti di deserto.

 

Nei suoi quaranta giorni Gesù ha vissuto l’esperienza di Israele, e pure la nostra che appunto dura tutta la vita. Ha conosciuto la tentazione, quella di essere stornato dal compiere la volontà del Padre che nel deserto cominciava a manifestarsi sempre più, dal seguire la Parola che gliela indicava. Tentazione come prova per crescere, maturare, offrire la sua obbedienza al Padre. Così dovremmo affrontare le nostre tentazioni, inevitabili; affrontarle, non fuggirle, almeno quelle che vengono da sé; affrontarle non per accontentare noi stessi, le nostre voglie, o ambizioni, i nostri progetti secondo la nostra mentalità, non cercando un compromesso, un accomodamento. No, non temerle, ma affrontarle per vincerle, per dire di sì a quell’alleanza tra cielo e terra la cui immagine è nell’arco sulle nubi di cui parlava la prima lettura. Possiamo vincerle, perché il cielo si piega e bacia la terra. Questo avviene con Gesù.

 

Come stiamo nel deserto? Come vi stava Gesù? Nel deserto Gesù “stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”. E’ la descrizione del paradiso terrestre! Sì, la vita, questo deserto, può essere, con Gesù, un angolo del paradiso che non è andato perduto, e che un giorno ci sarà dato fiorito in pienezza. E’ possibile pace fra cielo e terra, fra le tensioni che vengono dal nostro essere legati alla terra e dal nostro essere aspiranti o mendicanti del cielo. Anche se queste tensioni rimangono, sono la realtà del deserto della vita, non dimentichiamo che siamo appena entrati nella quaresima e il nostro cuore è già rivolto alla gioia pasquale (come esorta la preghiera della chiesa); e agli acri odori di morte che nel deserto non mancano, sopravanzano i profumi di Pasqua, gesti di misericordia e di pace, veri passi di conversione.

 

domenica 4 febbraio 2024

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

5° Domenica B – 04.02.2024

Giobbe 7,1-7  - Marco 1,29-39

Un avverbio di tempo, un’indicazione di urgenza, ci dice quanto sia insistente il presentarsi di questo nuovo Regno di Dio. E’ vicino, diceva Gesù qualche domenica fa, anzi è già qui, poiché Egli è il Regno, e non può attendere dal manifestarsi. E quindi “subito” diventa la parola con cui viene a noi. Due settimane fa il vangelo ci faceva conoscere che Gesù aveva chiamato subito i primi pescatori ed essi l’avevano subito seguito. Anche noi non possiamo rimandare: “adesso non posso, aspetta, dopo, più tardi, prima ho dell’altro…”. Quante volte noi perdiamo, lasciamo cadere l’invito, ignoriamo l’occasione propizia per far del bene, per seguire Gesù e gli insegnamenti suoi. E invece Gesù, ci racconta Marco che descrive la giornata del Maestro, non indugia mai, e raggiunge tutti gli spazi, i luoghi, e i cuori che lì vi risiedono; spazi ufficiali, come la sinagoga, spazi familiari, come la casa dove abitiamo, spazi dove la gente più diversa si può ritrovare…

Così, racconta Marco, Gesù andò subito nella casa di Simone e Andrea. Non avrà, probabilmente, neanche chiesto di essere invitato. Ci è andato e basta. Ha lasciato prontamente la sinagoga e va in questa casa. Gesù arriva nella nostra vita senza preavviso. Non entra con violenza, non abbatte la porta, rispetta libertà e privacy, ma viene decisamente. A noi il non dirgli: “ma no, aspetta, devo avvisare, non sono pronto, è tutto disordine o non sono degno, …Ci sarà una circostanza in cui Gesù apprezza di sentire dire “non sono degno, non venire”, e sarà l’occasione per un complimento, ma solitamente Gesù non chiede referenze. Viene in casa nostra, subito. Approccia la nostra esistenza. E che vi trova? Cosa può mai incontrarvi? Alla sinagoga aveva trovato un uomo posseduto da uno spirito impuro, nella nostra famiglia trova chi è ferito o ammalato, come la suocera di Pietro.

 

Al subito di Gesù segue il “subito gli parlarono di lei” perché in quella casa c’è una particolare situazione, una persona che soffre, è ammalata, schiantata dalla febbre che non la lascia. Gliene parlano dopo che Gesù ha deciso di entrare in quella casa, forse in disordine visto che colei che poteva badarvi ne era impedita. Quella casa in disordine somiglia forse a quello che c’è nelle nostre case o nella nostra vita, situazioni o momenti  in cui ci sentiamo ammalati, facciamo fatica a reagire, tutto è sottosopra. Come avviene con la suocera di Simone, anche nei nostri confronti, quando siamo malati e bloccati, Gesù si avvicina senza alcun imbarazzo, ci fa alzare dalle nostre situazioni di morte prendendoci per mano. Sì, è Gesù che arriva, prende per mano, guarisce, ma ha certamente con gioia accordato la sua attenzione alla donna che era a letto ammalata. Chissà cosa gli avranno raccontato di lei! Della suocera! Non penso si siano lamentati o l’abbiano fatta oggetto di commenti poco benevoli e poco veri, cosa che a volte capita quando, più o meno scherzosamente, ci si riferisce alle suocere. Penso, invece, che Gesù si sia sentito spinto, se ce n’era bisogno, a fare qualcosa per quella povera donna, e lasciare un segno del regno anche in questa casa. Era una persona ferita, debilitata nel fisico e forse anche nello spirito. Gesù la rialza prendendola per mano. Bellissimo gesto di guarigione!

 

Poi la giornata di Gesù continua, in altre opere buone, nella preghiera, che sarà il sostegno di tutta la sua missione. Oggi faccia bene a noi questa prontezza Sua di andare e di agire “subito”, porti bene ad altri la prontezza nostra di accoglierlo altrettanto “subito”, di parlargli con confidenza di ciò o di chi ci sta a cuore. Ci sorprenderà, “subito”!