sabato 25 febbraio 2017

BRICIOLE di PAROLA

Siracide 17,1-13 e Marco 10,13-16
Di quanti doni, capacità, responsabilità, Dio ha fornito me, sua creatura preferita, fatta a sua immagine!

"Discernimento " per conoscere il bene e il male con intelligenza e sapienza.
"Lingua" per lodare il suo Santo nome.
"Occhi" per vedere la grandezza della sua gloria e la bellezza delle sue opere.
"Orecchi" per sentire la sua voce maestosa... e amante.
"Cuore" per guardarsi da ogni ingiustizia e prendersi cura del prossimo.

Doni stupendi che fanno bella la vita!
 

Ma la vera "grandezza" dove sarà?
"... che i bambini vengano a me... A chi è come loro appartiene il regno di Dio".
Essere tra le sue braccia, gioire della sua benedizione, le Sue mani su di me.
Ecco la mia grandezza!

Lode e gloria a te, o Dio!
BRICIOLE di PAROLA

Siracide 6, 5-17 e Marco 10, 1-12 :
Fedeltà è il nome dell'amore!

L'amore di amicizia è piacevole e costruttivo. Risultato di una "selezione".
I veri amici vanno selezionati e verificati, e ci pensa la vita con le sue vicende, per dare solidarietà e "medicina".
"Un amico fedele è un balsamo di vita".


L'amore sponsale è legame che dà ebbrezza e fecondità. Frutto di una... "elezione". È, in particolare, Dio che "elegge" quell'uomo o quella donna per te. È il progetto per una comune felicità da riversare sul mondo e far conoscere come ci ama Dio.
"Dio creò maschio e femmina... i due saranno una carne sola ".


L'amore di amicizia è intelligente, poi cordiale, lo trovo e lo scelgo io.
L' amore sponsale è cordiale, si fa intelligente, lo sceglie e me lo "regala" Dio.


Cuore aperto,
intelligenza attenta,
in fedeltà,
sono della vita
felicità!

sabato 18 febbraio 2017

BRICIOLE di PAROLA

Ebrei 11, 1-7 e Marco 9, 2-13
Per fede, il cammino nella storia.
Per fede, la visione nella gloria.


Per fede, vivo
Per fede, io cammino
Per fede, mi rialzo
Per fede, sono grato e vado avanti
Per fede, lodo e canto
Per fede, lotto
Per fede, spero
Per fede, amo
Per fede, seguo Gesù
Per fede, sono nella Chiesa
Per fede, fratello dell'umanità
Per fede, perdono
Per fede, "conoscenza oscura" di Dio
Per fede, esperienza luminosa di Lui
Per fede, stupore, confusione, gioia
Per fede, lacrime di felicità
Per fede, "è bello essere qui"
Per fede, scendo dal monte, luogo beato
Per fede, nella vita ordinaria, luogo amato
Per fede, custode innamorato del mondo
Per fede, porto nel cuore tutti
Per fede, sono "geloso" di ciò
che non può essere narrato,
ma goduto e donato!
Per fede, muoio e non, per l'eternità. 


FEDE : "Credo che Dio mi ama così tanto
da mandare Gesù"! Amen!



venerdì 17 febbraio 2017

L' EVIDENZA

 Negare l’evidenza del male è il modo migliore per offrirgli il fianco e dargli carta bianca contro la vita e la felicità che Dio vuole per questa nostra umanità.

Eppure Gesù era stato chiaro nella sua venuta.  
“Sei venuto a rovinarci” (Marco 1,24), gli rinfaccia chi è all’origine del male stesso. 
Come l’Amore ha una fonte inesauribile, ed è il mistero della Trinità, così anche il mistero di iniquità viene da un “produttore” di odio e invidia; tale produzione però cesserà. Quando? 
Alla fine della storia certamente, ma anche quando il cuore dell’uomo si rivolgerà e si consegnerà all’evidenza dell’Amore che Gesù è venuto a rendere manifesto.

Per il momento è lotta tra due evidenze su un campo che esse si contendono, l’uomo. 
Con una differenza: l’amore si propone, si offre, con sincerità, il male s’impone, domina, con la menzogna; l’uno la promessa vera, e ne dà i segni, l’altro l’illusione…falsa. Da una parte la libertà, dall’altra l’oppressione!

Non è vero che l’amore non sa essere forte e travolgente come il male, ma viene nell’unico condizione che rende possibile sperimentarlo e donarlo: la libertà. Mentre il male, che non ha rispetto per nessuna creatura al mondo, vuole soltanto possedere per dare infelicità a chi ne è posseduto.

Il male! Mistero di iniquità che si fa forte della fragilità o precarietà dell’umanità, della natura stessa, del mondo nei suoi elementi. E aggrava la situazione con il concorso della volontà umana che si lascia abbagliare e ingannare; ha come scopo la distruzione di ogni speranza, vita, bellezza… Tutto ciò per cui, invece, agisce l’amore.

L’amore!  Anche ad esso sta a cuore l’umanità così debole ed esposta a pericoli per una misteriosa condizione scelta che è il “peccato”, ma fa di questa “miseria” il luogo della misericordia,della consolazione, del sostegno. E nella morte annuncia la risurrezione!

Evidenza dell’Amore ed evidenza del male. Del Dio Trinità manifestatosi e donatosi in Gesù, consolante presenza tra noi. Del Maligno, inquietante reale spirituale presenza che vi si oppone. Ora mi è chiara l’evidenza dell’uno, ora quella dell’altro. 

A me la scelta della felicità o meno, della vita o della morte, non dimenticando l’originale evidenza della bontà che mi ha voluto e che permane in me e attorno a me, bontà destinata alla pienezza che io voglio godere con i miei fratelli e sorelle per l’eternità.










BRICIOLE di PAROLA

Genesi 11, 1-9 e Marco 8, 34-39. 

"Qui l'è tutta 'na babele! Non ci comprendiamo più, nemmeno riusciamo a parlarci. "

È davvero una triste confusione quando pretendiamo di costruirci da noi, cerchiamo "un'unica lingua" lasciando da parte Dio. Succede in casa, in famiglia, in comunità, tra amici, nelle relazioni quotidiane.
  "Una città e una torre che tocchi il cielo" è la pretesa arrogante o stolta di chi vuol fare senza Dio o lontano dal progetto di Dio. Così, confusi e dispersi sono coloro che vogliono arrocarsi sulle proprie pretese. 

Ma "chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà "; chi rischia la propria felicità accettando di seguire Gesù, costui o costei la troverà.


"Rinnegare se stessi". Non è affatto misconoscere quello che siamo, ma mettersi a servizio del Regno, della bella notizia che Dio ci vuol bene. "Prendere la croce". È "caricarci" dell'amore che Gesù ha insegnato. "Seguirlo"...anche nelle cadute e rialzarci, condividendo la "vergogna", la stoltezza, "senza vergognarci", sostenuti dalla "sapienza che non è di questo mondo".

Costruisci tu, Signore, la mia storia .
E seguimi tu quando prendo altre strade... per riportarmi sulla via vera della vita stessa.

giovedì 16 febbraio 2017

OMELIA

6° Domenica A – 12.02.2017

“Voi siete il sale della terra e la luce del mondo”. Così ci dava questa bella e buona notizia Gesù domenica scorsa. Non “dovete essere” (vangelo come dovere, obbligo, a volte pesante), né “siate” (esortazione o augurio spesso disatteso). No, no. “Voi siete”.

Ma il sale, medicamento, “pizzica”, brucia. E la luce abbaglia, acceca se solo siamo deboli di vista. Ebbene, stasera, sembra proprio questo che fanno il sale e la luce. Vengono a pizzicare, a bruciare sulle nostre ferite, ad abbagliare un vista corta, confusa, poco chiara.

Quel “ma io vi dico” di Gesù, a fronte delle nostre fatiche e difficoltà, come può essere, come può dirsi una buona notizia, una parola bella? Non sembra, piuttosto, innalzare l’asticella per la nostra fragile, debole umanità? In fin dei conti siamo deboli se ripestano i piedi; non siamo di ghiaccio, facile preda di pensieri,desideri,sentimenti non sempre onesti e limpidi; siamo buoni, ma fessi no!

E allora dove sta la buona notizia che porto con me stasera? La parola bella che mi incoraggia, mi accompagnerà, guiderà, sosterrà in questa settimana? Il “mai io vi dico” sembra calcare la mano su fatiche che già faccio.

La buona notizia sta in questo. Se Gesù osa affermare “ma io vi dico”  è perché crede in me, crede in noi; crede nelle nostre potenzialità, nella nostra capacità di ascoltarlo; ha fiducia in noi, in me.  Ed è perché ci ama. Chi mi vuol bene non mi darà mai: “va là, non sei capace”. Mi farà coraggio, mi darà fiducia e speranza.
Sì, egli ci comanda ciò che è nelle nostre possibilità, perché conosce il nostro cuore; sa fin dove , con il suo aiuto, possiamo arrivare. Una umanità piena, bella, delicata, vera, sa che è nelle nostre possibilità. La buona notizia, allora, è che Gesù crede in me e osa ciò che a me sembra impossibile. Perché ci ama, ci vuole bene. In fin dei conti è quello che fa ogni genitore,ogni amico vero, ogni fratello con chi gli è accanto.

Il “ma io vi dico” non è un richiamo, ma un incoraggiamento; non è una condanna, ma il rialzare uno dalla sfiducia e rassegnazione nelle quali spesso si rifugia tristemente e comodamente.
Io sono grato a chi mi sprona, con pazienza dolce, fermezza serena e fiduciosa. Mi mostra il suo amore. Ed questo che mi fa andare avanti.

Non entro nel merito delle tre precise proposte di vita piena a cui Gesù incoraggia: rifuggire da ogni ira, e non disonorare nessuno; mai impossessarsi degli altri, donna o uomo, come oggetto delle nostre voglie; evitare la menzogna e l’ambiguità. Ognuno di noi conosce la propria umanità. E’ giusto, per oggi, che conosciamo quanto stiamo a cuore a Gesù e come Egli ci sprona. Sì. Egli ha fiducia in noi, ma se anche tu, diceva la prima lettura, hai fiducia in lui, vivrai. “Io voglio vivere”.







giovedì 9 febbraio 2017

"Pane quotidiano"

Genesi 2, 18-25.
"Non è bene che l'uomo sia solo... ". 


Ma nulla gli basta per colmare la solitudine, per dare pienezza alla sua felicità. 
 Nessun essere vivente può stargli accanto perché scopra che vita è essere amato per amare.
Così, a fianco dell'uomo ecco la donna, " "saranno un' unica carne", 
un'unica e piena bella umanità. 
Una donna fine della solitudine e opportunità d'amore! 

Una donna ancora (Marco 7, 24-30), supplica liberazione e salvezza per la figlia, umanità tormentata e ferita.
Una donna la cui bellezza e pregio stanno nell'amore e nella fede.


E allora - come è stato scritto - la Chiesa è... "femminile" (anche se il prete è... maschile).
Ma se una costola è stata tolta dall'uomo per creare la donna, una costola, un "cuore", un "grembo di misericordia" deve trovare posto anche in me, uomo e prete.


mercoledì 8 febbraio 2017

"Pane quotidiano"

Genesi 2, 4-9. 15-17
Marco 7, 14-23

"... soffio' un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente"
Io sono il "respiro" di Dio... e come tale, Dio, paradossalmente, non può, non vuole vivere senza di me.
Stupore e gratitudine. 


Mi affida il suo "giardino", e mi chiede di rinunciare alla pretesa, alla presunzione, 
di dirimere, senza di Lui, il bene e il male.
Umiltà e ascolto... operativo che si fa obbedienza.


Da "dentro Dio" esco... io, l'amato!
Da "dentro di me" cosa mai può uscire? 

Anche ciò che mi rende "indegno" di tanta grazia...."tutte queste cose cattive", 
quello che amore non è! 

Confido nella sua misericordia e nel suo aiuto per diventare il... "sospiro" di Dio, 
il sospiro dell' "innamorato".
Sì, dal "respiro" al "sospiro"... "benedici il Signore, anima mia".



lunedì 6 febbraio 2017

OMELIA

5° Domenica A – 05.02.2017

Il Signore è vicino, siamo amati, siamo beati! Annuncio delle ultime domeniche. Oggi la conoscenza di noi viene approfondita, ci viene detto e precisato chi siamo, quali discepoli di Gesù: siamo sale e luce, sale della terra e luce del mondo. Presuntuosi? No! Consapevoli della nostra identità, la nostra definizione di cristiani, dono e responsabilità. Diciamo subito: non per noi stessi, ma per l’umanità, la sua storia, per gli altri, il mondo intero. Ancora presunzione? No. Poiché siamo assimilati alla missione di Gesù. Del resto il sale non è fatto per rimanere nella credenza, con l’umidità si rovina e perde la sua forza; la luce non è fatta per essere nascosta, soffocata, si spegne.

Prima di specificare i compito del sale e della luce, una noticina sul quel “siete” che Gesù sembra marcare.
La buona notizia, il vangelo non è un dovere (quello che si deve fare, anche se poi me lo fa capire!) non è nemmeno un augurio (quello che speriamo e cerchiamo). Prima di questo è una realtà: quello che Dio fa per me e quello che io sono per lui.
Gesù non dice “dovete essere” (anche se lascia intendere che c’è una responsabilità), né dice “siate”, come augurio: No, no. Dice “Voi siete”. Allora rendiamoci conto e rendiamo grazie di quello che per bontà e fiducia sue noi siamo. Sale e luce.

Il sale insaporisce il cibo e noi siamo chiamati ad insaporire la vita, a darle sapore, gusto, a gustarla e farla gustare. Inoltre, il sale, soprattutto in tempi passati serviva per conservare il cibo, per preservarlo dalla decomposizione. E quindi vi è per noi il compito di  conservare salvare ciò che è buono e bene, di difenderlo dal male che vorrebbe corromperlo,o decomporlo. La funzione poco “piacevole”, ma salutare, del sale, è, che messo sulle ferite reca bruciore non poco, e disinfetta.
Diamo gusto alla vita, difendiamola in ogni sua espressione, e se necessario, per il bene della stessa non rinunciamo ad essere medicamento, senza volerle far male ulteriormente, delicati e coraggiosi, accorti e pazienti nel prendersi cura. E poi è importante…avere sale in testa!

La luce illumina. Allontana e vince le tenebre, il buio, la paura; fa vedere eventuali pericoli, ma soprattutto la bellezza della vita, di tante cose che la adornano e la fanno godere, gustare. Ci aiuta a scorgere la via e ad ammirare il volto di chi ci è a fianco, con noi cammina, vive, ama, fatica, spera o cerca. La luce ci permette di vedere anche qualcosa che potrebbe non piacere, quel disordine che ingombra o quella polvere che dà fastidio; ci consente, ci aiuta a ripulire la nostra esistenza. Né nascosta: non servirebbe. Né abbagliante: recherebbe solo danno, altri potrebbero chiudere gli occhi invece di essere incoraggiati ad aprirli. Anche qui, cristiani delicati, saggi, luminosi. Non dimentichiamo che la fonte della luce è Gesù stesso, com’egli ebbe a dire. Sale della terra, salvezza e gioia, è Lui.

Noi siamo sale e luce nella misura in cui siamo in Lui. La vita cristiana con Lui, è vita fatta di sapori e di colori, saporita di gioia e luminosa nella sua bellezza.






mercoledì 1 febbraio 2017

OMELIA

 
4° Domenica A – 29/01/2017


“Il regno dei cieli, cioè Dio, è vicino”. “Convertitevi”, cioè “approfittatene!”.
Sì, approfittatene perché. Se è vicino, è perché da lui voi siete amati. E se siete amati, siete “beati”. “Beati” perché nella vostra condizione di povertà, prova, difficoltà, siete amati.

Sul monte, Gesù è il nuovo Mosè, ora “il Dio con noi”, e porta una differenza tra “le dieci parole”, un programma di vita che può essere pesante (“amare Dio e il prossimo”) e, appunto “le beatitudini” che proclama, programma di vita che non toglie la felicità, anzi (“essere amati”). 
Mosè promulgò i comandamenti, Gesù viene con parole nuove.

Le parole di Gesù indicano quindi il passaggio da una vita fatta di doveri e di obblighi (i comandamenti), dove pensiamo di essere noi gli autori del nostro benessere a qualsiasi livello, ad una vita di felicità e di beatitudine, che non significa di facilità, di tutto permesso, di superficiale consolazione. Ogni serenità, forza, giustizia, pace, bene, vengono dal fatto che Lui ci ama, condivide le nostre situazioni e ci chiama a condividere quelle degli altri.

Le beatitudini un programma che impegna Dio, ma anche un programma che impegna noi, suoi figli. Se Egli si prende cura di noi, noi siamo chiamati a prenderci cura dei fratelli. Siamo destinatari e corresponsabili di beatitudine, perché la felicità non è mai individuale, ma sempre sociale, non è un fatto privato, ma comunitario. Se con te non sono felici gli altri, tu non puoi esserlo pienamente. O si è beati insieme o non lo è nessuno! Far sentire gli altri amati, e dare loro felicità, a chi è nella sofferenza, nell’angoscia, è dare il vangelo!

Questa è la volontà di Dio Padre, la felicità dei suoi figli. Per questo Gesù è venuto e ha proclamato che “il Regno è vicino; sono qui per mostrartelo”.