domenica 28 luglio 2013

OMELIA


17° Domenica C – 28.07.2013

- Genesi 18,20-32
- Luca 11,1-13

La compassione coraggiosa del samaritano, la generosa e affettuosa ospitalità delle sorelle Marta e Maria, la capacità di ascolto di costei, in queste domeniche; oggi la confidenza verso il Padre, la preghiera. Gesù sta indicando i tratti di chi vuole seguirlo prendendo ogni giorno la propria croce, quella misura di amore che porta a dare la vita in ogni situazione.
“Signore, insegnaci a pregare”, gli chiedono i discepoli. Questo tratto nasce da un desiderio, che lo Spirito sa suscitare nel cuore. di chi cerca. Ed è pure mosso, attirato da un esempio: i discepoli hanno visto pregare Gesù, e ne sono rimasti affascinati; sono stati conquistati, forse, dal Suo volto luminoso in questo dialogo silenzioso con il Padre.
Cosa chiede questo desiderio, se non un volto, una relazione che riempia il cuore?
In che consiste questo esempio che non sempre sappiamo darci, nelle nostre famiglie e nella comunità?
Insegnare a pregare non è insegnare delle formule, orazioni, parole che si ripetono senza amore.
Insegnare a pregare è seminare nei cuori il desiderio di Dio, educare perché sorga, cresca e maturi fino ad essere espresso con un atteggiamento di serena fiducia, di confidente sicurezza.

“Seminare nei cuori il desiderio di Dio!” Com’è possibile?
Amando, volendo bene, confessando la provenienza di questo amore. “Io ti amo perché Dio è in me”. Benedici e ringrazia.
Ammirando e insegnando ad ammira ogni cosa bella, la vita, il mondo, la natura, doni suoi.
Loda e custodisci.
Offrendo umilmente testimonianza di forza e sostegno che Egli ci da nel momenti di difficoltà.
Invoca e affidati.
Parlandone con amore e gioia come si parla della persona amata, di cui si è pazzamente innamorati.
Confida nel suo perdono.
Così s’insegna a familiarizzare con la presenza del Padre nella nostra vita, nel nostro cuore.

La preghiera infatti evoca un volto, quello del Padre che ama i suoi figli.  
Dicendo “Padre” non ci sarebbe più bisogno di aggiungere altro, è detto tutto. Le varie esplicitazione che seguono nell’insegnamento di Gesù, e che costituiscono come il corpo di questa preghiera, vengono perché c’è il cuore che le promuove, il cuore di figli che nel pulsare ripete “Padre”. La vita, il progetto, la volontà di Dio che è la nostra felicità, l’esistenza con le sue istanze concrete, si realizzano a partire da questa verità Dio ci è Padre, Padre buono.
Così un detto rabbinico definisce l’incontro confidenziale della preghiera che la nostra fragilità  accoglie dalla bontà del Padre: “l’orecchio di Dio vicino al sussurro povero della bocca dell’uomo”. L’orecchio di Dio. Figuriamoci il cuore!
Ancor più. L’orecchio e il cuore di Dio sono vicini alla preghiera dell’uomo se il suo cuore è simile a quello di Abramo, solidale con la città dei peccatori, come quello di Abramo.



sabato 27 luglio 2013

IN OGNI ORA


(…frammento d’eternità)

Interminabile carezza
del mattino
io voglio,
e l’inizio dolce
di ogni amore.

Nel torrido fuoco
del mezzodì
io brucio,
e la passione ardente
di provata fedeltà.

Al tepore caldo
della sera,
io mi concedo,
e confessione grata
di bella intimità.

Nel fresco silenzio
della notte
io riposo,
custodia e ristoro
di laborioso pensiero.

Tempo di grazia
giorno notte ogn’ora,
in me vive Gesù,
gestazione felice,
maggior vita non c’è più.

Frammento d’eternità,
clima d’amore,
io sono,
si fa carne eterna
il respiro di Dio.



mercoledì 24 luglio 2013

TRASFIGURAZIONE


        (…che non duri lo spazio di un mattino!)

Pensieri tentano tumultuosi,
inospitali occupano i vuoti
giorni grevi, afosi.

Rigenera fresca pace la brezza,
se pesante la sera, umida notte,
mattina è dolce carezza.

Sole puntuale illumina,
ancor non riscalda, non cuoce,
il cuore s’avvia e cammina.

Sospiri, passi, è la preghiera,
risveglia come doccia bella
di grazia, e calma nuova, vera.

All’altare è nuziale onore,
nel corpo vivente di Cristo
tutto confluisce con amore.

Non più nulla di mondano e terreno,
ogni frammento d’esistenza
la Parola e la Carne fan sereno.

Trasfigura così nella vita,
stupenda storia, e missione,
la notizia buona e gradita.

….

Improvviso,
sacro, perché umano,
spento d’un sol tratto il cicalio,
il silenzio
Egli abita
e il cuore mio.

Desiderio
di prolungare in esso,
il giorno, le ore, immerso,
è pace,
pace,
solo dolce cinguettio.

Flebile latrato
a ricordar il mondo,
ancor più amabile scena
ove non recita
l’amore.
Vive.

E timido ronzio,
vibrazione fastidiosa
qui si fa dolce,
forse Dio bisbiglia 
quasi sussurra educa
a udir sottile voce.

Lunga limpida mattina
è volontà trattenere,
al giorno senza tramonto,
amore infuocato, giungere, 
nell’ore, nei passi sorretti,
con lievità beata sorridere. 

In giorni vuoti o pieni,
giorni forti e fragili ,
dallo Spirito ventilati,
la via del piccolo pastore,
non offusca, solo per grazia,
l’essere grande peccatore.





domenica 21 luglio 2013

OMELIA


16° Domenica C – 21.07.2013

- Gn 18,1-10
- Lc 10,38-42

Dopo la strada che da Gerusalemme conduceva a Gerico, come narrava la parabola del buon samaritano che ci ha ricordato che luogo per imparare a farsi prossimo, come ha fatto Dio con noi con Gesù, è la vita e quello che vi succede, ecco altri di luoghi che sanno di affetti, di accoglienza, di servizio: la tenda di Abramo (prima lettura) e la casa di Marta e Maria (vangelo). Si illuminano a vicenda, in entrambi c’è del bello che c’insegna quanto preziosa è la vita molto concreta della nostre famiglie.

C'è cuore in Abramo che corre e dà ordini, e lui stesso prende un vitello tenero e poi lo dà al servo e poi prende per gli ospiti latte acido e latte fresco. Così come c'è cuore -così io penso- in Marta che non sa più cosa inventare per il suo amico, il Maestro di Nazareth.

Se soccorrere un malcapitato ferito e abbandonato lungo la strada o comunque interessarsi per aiutare chi è nel bisogno, rischiando che anche dallo stesso siamo giudicati come inopportuni o invadenti o interessati, anche far da mangiare, preparare un buon pranzo è uno dei due gesti più significativi del voler bene all'altro. È come se tu dessi vita all'altro. Far da mangiare e ascoltare non è quello che si fa in una casa?

Certamente in casa non manca da mangiare. Manca più spesso l’ascolto, come mancava a Marta. Questa assenza Gesù rimprovera, dolcemente ma fermamente, a Marta, l'assenza di ascolto, mentre Sua sorella "seduta ai piedi di Gesù" ascoltava. Badate bene, Gesù non dice: non preparare niente. Anche far da mangiare è gesto di amore. Dice: fa' un po' meno, ma sediamoci e guardiamoci, e ascoltiamoci. Marta non si fermava mai.
L'accusa di Gesù va dunque al non fermarsi, a sottolineare questo pericolo che si è come ingigantito nella nostra società: corri, corri. Così tutto il santo giorno. Ma poi? Ti ascolti? E se no, che vita è? Ascolti il tuo Dio? E se no, che vita è? Ascolti quelli di casa, l'altro che incontri? E se no, che vita è? Perdi - dice Gesù - la cosa più importante, la parte migliore. Far da mangiare, certo, ma anche ascoltare.

La Parola di Dio rivela ciò che può custodire la nostra esistenza molto concreta, darle sapore di vangelo: accogliere, far da magiare e ascoltare.
Andiamo a casa contenti, perché Dio abita la vita e le sue realizzazioni più belle. Anzi queste sono davvero tali  proprio perché care a Lui.








sabato 20 luglio 2013

SI'


(…la grazia dal “dire” al “fare”!)

Dire, parlare,
con passione verità
mandato a predicare,
far conoscere la teoria,
notizia buona e vera,
percorso bello dell’umana via.

Rinnovare ora,
paziente innamorato,
il chiesto m’onora,
pronto, nella pace lieto,
qual discepolo amato
dal Maestro che mi fa quieto.

Temo il dolore,
non il male ancora incerto,
fragile a reggere il cuore
la chiamata in fondo umana
a consegnare corpo e mente
che buon profumo emana.

Di sacrificio odore,
non sconfitta triste,
bruciar di vivo amore
nuovi passi a segnare
storia e doni cari
fatti solo per amare.

M’abbandono, e mi riprendo,
misericordia gusto,
e timor tremendo,
alterni i sentimenti,
slancio e fiducia,
tristezza parimenti.

Debole, fragile sono,
forte mi fa e calmo
l’aiuto Suo, il perdono,
la predica dell’amore
non manchi di conferma,
ora il è tutto del Signore.

Volontà “sposarlo” sia,
sconosciuta diagnosi
o qualunque la terapia,
portato sono all’amare
nella compagnia di fratelli,
il nostro sì, fecondo, s’ha da fare.

Timore resiste un po’:
ci sarà tempo e pensieri?
Passero delicato mi portò
sulla soglia cara posato
la lieve salda certezza:
nessuno mai è abbandonato.





PENSIERI


(…di queste settimane!)

* Corpo spezzato e vino versato!
Per vincere il male, il peccato, la morte non c’è che una via : cedergli!
Come Gesù assunse la morte per amore, e la sconfisse.

* La libertà è dire di sì e seguire la verità.
La verità è l’amore!
La libertà è essere fedeli a se stessi nell’amore.

* Il vero amore non sta nell’…amare, ma nel lasciarsi amare perché cossi consente all’altro di realizzarsi.
Ma perché gli uomini si lascino amare, ci vuole chi li ami.
Ecco il mio compito: amare perché si lascino amare!

* La sorgente sta al fiume e al mare
come quello che fa il Signore per me sta per quello che posso fare io per Lui e per gli altri.
L’Eucaristia e la sua Parola sono la mia sorgente.

* Desiderio pastorale : non grandi rovesci o acquazzoni per quasi a costringere a germogliare…
ma avere “la fecondità della rugiada, che bagna in silenzio” (Papa Francesco)


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(04.07.2013)

(Genesi 22,1-19 ; Matteo 9,1-8)

Per realizzare la sua storia, la nostra vita, Dio ci chiede “in offerta”, come è stato per Abramo a proposito di Isacco, i nostri sogni, progetti, desideri, del resto ispirati da Lui, quanto di più abbiamo caro, perché non ci attacchiamo e confidiamo più in questi che in Lui. Non diciamo sì al Signore per il “paradiso”che ci promette! Sarebbe un amore “interessato”. Da lì, per questa offerta, viene ogni benedizione.

Gesù si prende anche i nostri errori, peccati, le nostre “paralisi” che c’impediscono la vita. Così nulla mai potrà separarci dall’amore di Dio e dal suo progetto di vita piena, di “storia” d’amore di salvezza che ha in cuore per noi.
In questo senso ci chiede fiducia, abbandono, e ci dà amore. misericordia, perdono.

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(08.07.2013)

* Abramo.
Come fare del “mio posto” un “cammino”?
Come fare del “cammino” il “mio posto”?
Nel “posto”, con  il pericolo di diventare sedentario, occorre rimanere “aperto all’incertezza e alla novità”.
Nel cammino “incerto”, rimanere “sicuro e saldo nel Signore”.
In ogni condizione Egli è con me!

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(Esodo 3,1-12; Matteo 11,25-27)

Signore la tua Parola mi dice la tua presenza e il tuo amore. Questo mi basta!
Non cerco risposte alle mie attese,desideri, sogni. Non vado in cerca di ciò che potresti darmi.
Mi basta la tua presenza che non si consuma e mi attrae.

Che io vi risponda, sì acconsentendo alla mia curiosità, che tu susciti, ma soprattutto mettendomi scalzo, senza alcuna difesa o preparazione. “Non pretendere.Sii umile”.

Se vorrai, solo se vorrai, dami il tuo “mandato”. Anche per questo accetto il segno che verrà dopo che io mi sono fidato, dopo che ho detto sì. “Se uno crede, vede”.

* Solamente i “piccoli” sono attratti dal mistero di Dio. E custodiscono i segreti del Regno.
Chi è il piccolo? Chi riconosce il proprio limite e fragilità, chi sente il bisogno di Dio, unica sua “grandezza”, lo cerca e si affida a Lui.



lunedì 15 luglio 2013

LA CHIOCCIOLA


(… ore 7,30 davanti all’ambulatorio medico!)

Minuta
sulla mattonella scivoli silenziosa,
sopra il carico di vita,
non t’impressiona d’ogni cosa
la grandezza, né il solco ti sbarra la via,
umile accarezzi la terra, chiocciola mia.

Fresco
il mattino, attendo del corpo la cura,
preghiera, pensieri, sguardo stupito,
al cuore così togli l’umana paura,
sono chiocciola tua, Signore,
dolce strisciarmi sul tuo Amore.

Ti cerco, non più ti vedo,
silenziosa scivolata via,
impercettibile traccia m’indica
la delicata scia,
percorso di piccolezza e umiltà
che affido alla divina bontà.


“Si deve fare”,
parola d’amara medicina,
incerta e provvidenziale,
ai passi lenti di chi cammina,
accolgo in abbandono grato,
mi è vicino Chi mi ha sempre amato.

“Compassione”
di amici cari mi sostiene,
paziente, pronta, sollecita,
dona coraggio e interviene,
con preghiera, aiuto fraterno di cuore,
portano avanti la storia del Signore.






RIPRESA...



Riprende il giorno,
la corsa, l’affanno
a cercare vita,
salvezza vanno,
ora l’afa veloce sale,
il gelido calore che non vale.

Inutile programma
riempie di fatica le ore,
unica storia rimane
quella del solo Signore,
confida in Lui la mia povertà,
tutto posso nella Sua carità.

“Non pace” porta,
stretta l’elsa della “spada”
impugna chi lo segue,
mite perdente, sulla strada
ove gioia è cercare
di più del lasciato per amare.

Risultati con ansia inseguiti
quasi nemici, vinti e pretesi
fanno il cuore, la mente,
il lavoro, il ministero, tesi,
mentre l’umile paziente andare
sulla Parola Sua è trovare.




PENSIERI

 ( Esodo 1,8-14.22 ; Matteo 10,34- 11,1)

Cercare e pianificare da noi stessi la nostra salvezza senza Dio o addirittura contro Dio significa lavorare e prodigarsi invano.
Il timore di non farcela e di soccombere spinge ad ansia e frenesia, oltretutto con il rischio di farle aumentare.
La constatazione dell’inefficacia dei nostri sforzi porta alla disperazione, ad abbandonare ogni cosa, ascete radicali di indubbia stoltezza: “basta! Non ne posso più! Via tutti!”

Gesù non tace la radicale lotta a cui chiama; non dissimula la “spada” da impugnare. Si tratta di accettare le difficoltà, le incomprensioni, umani insuccessi; di scegliere di perdere per trovare…. E per far trovare.
“I piccoli gesti di cui siete oggetto e soggetto, anche se vorreste per voi e per gli altri qualcosa di più eclatante, sono benedetti”.

domenica 14 luglio 2013

OMELIA


15° Domenica C – 14.07. 2013

- Deut 30, 10 -14
- Luca 10, 25 - 37

La parola di Dio nella “parabola del buon samaritano” è annuncio della carità di Dio che ci raggiunge sulla nostra strada, ci soccorre, si fa carico di noi. E’ quello che ha fatto Gesù. Questa parabola è pure una provocazione perché verifichiamo la nostra carità.

Non basta sapere, conoscere la teoria, avere a parole le riposte pronte, come il dotto che avvicina Gesù. Non ci salva accampare scuse: “io non so chi è il mio prossimo”.

Gesù richiama gli uomini dalle parole ai fatti, richiama gli uomini delle parole, che la sanno lunga, alla concretezza dell’agire. “Anche tu fa lo stesso” egli intima a chi vorrebbe tirarsi fuori. E ignorare il prossimo.
Il prossimo, per la legge, era uno della tribù, il parente, il familiare. Mentre Gesù arriva a dire: “fatti tu prossimo, cioè parente, familiare, di chi è nel bisogno”.

Come si fa a farsi prossimo?
Guardate la vita e capirete”,sembra dire sempre Gesù narrando un fatto di cronaca. La vita ci mette davanti, ci fa capire le difficoltà, la situazione in cui gli altri si trovano. La vita chi chiama farci prossimo, vicini a loro. E in particolare è la vita che si svolge fuori dal tempio, lungo le strade, lì dove siamo un po’ tutti “assaliti” chi dai propri interessi o fretta, chi da eventi o situazioni di ingiustizia e di sofferenza. Gesù lo dice con questa parabola “anticlericale” dove stigmatizza il comportamento delle due persone del tempio,  le persone religiose, il sacerdote e il levita che vendo e passano oltre.

Purtroppo quello che ascoltiamo, celebriamo, impariamo in chiesa può essere sconfessato poi dalla strada, dal comportamento che assumiamo nella vita di tutti i giorni. Questa chiama e insegna. Anche perché lungo strada ci possono essere esempi buoni che non vengono da persone religiose e nemmeno in regola, come era considerato quel samaritano.

La differenza tra il sacerdote, il levita, e il samaritano, non è la frequentazione di luoghi religiosi, ma la “compassione”. E’ il sentirsi muovere dentro, muovere le viscere, il cuore, di fronte alla situazione dell’altro. La compassione risiede, lì nel cuore. Ed è in forza di questa che mi fermo e non passo oltre, in forza di questa l’altro, il bisognoso, lo sconosciuto, persino il nemico mi diventa familiare, oggetto delle mie cure, e di lui mi faccio carico.

Il comando dell’amore, ricordato nella prima lettura, non è lontano da me. E’ vicino, nella mia bocca, è nel mio cuore. Ed è questo che deve fare la mia storia e la storia di chi incontro. Una domanda ci aiuta a comprendere se siamo uomini di compassione: “Davanti a chi è nel bisogno, non chiederti: “se io mi interesso e mi fermo, che ne sarà di me? Ma piuttosto: se io non mi interesso e non mi fermo, che ne sarà di lui?”(Martin luther King).