domenica 28 maggio 2017

OMELIA
 
Ascensione del Signore - A - 28.05.2017

Come può essere e dove può essere una “buona notizia” quando colui che io amo se ne va? Quando colui da cui sono amato se ne va?
L’Ascensione al cielo di Gesù è questa partenza. Colui che mi ama, e l’ha dimostrato, sembra andarsene. Colui che mi ha offerto la propria amicizia, e che io ho imparato ad amare, forse mi lascia.
“Sembra”, “forse”, ma in realtà non è così. L’ascensione al cielo di Gesù, il suo ritorno presso il Padre una “buona notizia” che lo riguarda, perché ritorna a casa,in quella condizione che è il mistero d’amore della Trinità, nostra sorgente e meta. E così diventa anche una “buona notizia” pure per noi che dalla sorgente alla meta siamo in cammino.

Nella circostanza di tale evento, “i discepoli ancora dubitarono”, ma ricevono da Gesù un accredito di fede, di fiducia, , assegnando loro un compito importante. Continuare la sua missione. Al dubbio, all’incertezza, allo smarrimento dei suoi, Gesù risponde con un accredito di fiducia: “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli…”. Quando qualcuno mi dà fiducia, quella è una “buona notizia” che mi rinfranca. E posso farla rimbalzare attorno a me dandone testimonianza.

C’è poi una speranza  a cui siamo chiamati, per cui siamo fatti: condividere la pienezza di vita e di gloria nell’eternità con Gesù risorto dai morti e alla destra del Padre. Non sappiamo molto di questa espressione, ma sarà una condizione di vita e di gioia inimmaginabile, il “perfetto compimento di tutte le cose”. Non più lutto né lamento, ma il compimento di quanto di bello e buono qui abbiamo solamente sfiorato e gustato.
Fissiamo la nostra speranza in quella umanità che oggi viene collocata nel cielo, alla destra del Padre. L’umanità che Gesù aveva ricevuto nel grembo della Vergine Madre, Egli non la lascerà più. Noi siamo di quella umanità, noi siamo quella umanità. E’ una speranza che ci sostiene fino all’ultimo respiro.

Dopo l’accredito di fede, la chiamata alla speranza, la “buona notizia” sta nella carità, ovvero nella responsabilità in cui siamo sostenuti dalla forza dello Spirito Santo secondo la promessa di Gesù. E così, mentre l’umanità di Gesù va in cielo, la “divinità” resta qui in terra a trasformare anche noi . resta qui quell’amore che solo realizza il regno di Dio, il mondo, la vita che dio vuole per i suoi figli; qui quell’amore che “move il sole e le altre stelle” (Dante), l’universo intero, in cui l’umanità è davvero la gloria di Dio.


domenica 21 maggio 2017

OMELIA

6° Domenica di Pasqua -21.05.2017
Appunti
Giovanni 14,15-21 e 1Pietro 3, 15-18.
"Se mi amate, osserverete i miei comandamenti".
Essere cristiani, discepoli del Vangelo, è "amare Gesù". "Io la mia vita la vivo nell'amore di lui, che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Paolo).
Che significa "amare Gesù"?

Tra le risposte: "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a dare spiegazione della vostra speranza".
Non amore intimistico, chiuso, privato, sentimentale, "you&my"...
"Se mi amate, osserverete i miei comandamenti", il "mio" comandamento: "amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi". Non solo "amare Gesù", ma anche "amare come Gesù"... "con dolcezza e rispetto" (Pietro). Come è possibile?

"Io pregherò per voi e il Padre vi darà un altro Spirito consolatore" che dona forza, sostiene, difende. Si può "amare come Gesù" se diventa "amare con Gesù"!  La sua promessa: "Non vi lascerò orfani", mi infonde coraggio. Non sono solo!

Quando si compie questa promessa? "Voi mi vedrete, perché io vivo", cioè io amo, "e voi vivrete", cioè anche voi amerete. Come a dire: "Se voi amate, mi vedrete". Questa è la manifestazione vera dello Spirito di Gesù..a fronte di carismi vari e stranezze. Lo Spirito è là, si vede dove c'è l'amore! Ed Egli è allora l'unico "altro Consolatore" che rimane con noi per sempre. 

Amare Gesù, amare come Gesù, amare con Gesù... e i suoi "segni" verranno : liberazione e guarigione, grande gioia. (Atti 8, 5-8).


domenica 14 maggio 2017

OMELIA
 
5° di Pasqua A – 14.05.2017

Ancora una “parola buona” ci è data oggi. Dio ci ha mandato Gesù – sua Parola fatta carne – perché abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza. Non ci lascia soli, allo sbando, senza sapere dove dirigerci.

1° ) Ed è questa la prima parola buona che riceviamo da Gesù stamattina: “Vado a prepararvi un posto”. Ciò che dà senso, significato, alla nostra esistenza è quel posto che tutti sogniamo… la casa, la famiglia, il lavoro; il posto dove siamo diretti e dove sogniamo di trovare la felicità. E’ avere una meta che si fa chiara man mano che prosegue il cammino. Non sono io profugo e naufrago, non sono vagabondo (non canto più : “io vagabondo che non sono altro…”) da quando mi stata svelata e promessa la meta, mi è stato assicurato il posto. Oh! Avere il posto assicurato! Questo è il compimento del mio cammino, la completezza della mia storia. Questo posto non è un luogo, ma pienezza di vita, è Gesù. “Vi prenderò con me e dove sarò io sarete anche voi”.

2° ) Avere una meta, avere anche una via per raggiungerla. Ecco Gesù è la “via” che ci conduce alla pienezza della vita. Così egli stesso si offre. Oggi, l’inganno che ci distrae viene dalle vie più diverse che la cultura, la mentalità che svuota l’esistenza della presenza di Dio e fa di Lui qualcosa di impersonale, una specie di energia universale che spiritualità varie o tecniche di auto guarigione propugnano. Sincera può essere la ricerca della vita e del suo benessere, è Dio non ci abbandona dandoci Gesù, e questi rimane l’unica via di salvezza. Conoscere la via non è studiarla sulla carta, ma frequentarla, percorrerla passo dopo passo con Colui che te la l’ha rivelata.E’ una via personale che percorriamo insieme, dove ci sosteniamo, ci incoraggiamo, a volte ci carichiamo gli uni degli altri.

3°) Va bene una via, va bene una meta, un posto. Ma ci vuole una ragione per andarci. E la ragione si fa fatica a trovarla, se non è lei che ci viene incontro. Se la via è Gesù, è l’amore, il posto è la sua pienezza, la provenienza, la ragione che mi mette in moto sarà sempre l’amore. Sì, all’origine c’è l’amore, c’è Dio, il Padre. Lo rivela Gesù di sé con parole che possono essere anche mie: “il Padre è in me e io sono nel Padre”. Da Dio provengo, con lui cammino, a lui vado! Gesù mi aiuta a non smarrire questa ragione del mio esistere, del mio andare, del posto che mi sarà dato.

Gesù, “mostraci il Padre”, il cui amore all’origine è la nostra verità. Ti ha mandato come via, e con te avremo il posto per noi preparato, la vita in pienezza.




venerdì 12 maggio 2017

VIA RANARE

 (Madonna di Lonigo)
 
Cinguettio d’uccelli
per libero aere,
di insetti il ronzio
nel pieno giorno,
e gracidar di rane,
cantar di grilli
nella quieta sera,
orchestra di campagna,
ogni pensiero rinserra.

Stradina si snoda
tra miti fossati,
verdi diritte spighe,
presto di grano dorate,
fin all’antico casolare
ove sospiri e lodi
salgono a Maria,
ha fine la preghiera,
non l’umana litania.

Andata e ritorno,
una carezza lasciata,
un sorriso intorno,
ora silenzio e pace,
eco all’odierno ascolto
di volti e storie e cuori,
richiesta d’amare,
han qui ospitale casa,
in Via Ranare.



domenica 7 maggio 2017

OMELIA
 
4° Domenica di Pasqua A – 07.05.2017

Un pastore, un gregge, delle pecore, il pascolo…un’immagine per noi fuori tempo; un’immagine che ci è data non per recuperare qualcosa di genuino, naturale, poetico che abbiamo perduto con la nostra società post tecnologica e informatica, ma perché Gesù vuol dirci ancora una parola sulla “buona notizia” che è venuto ad annunciare affinché – come ricordava l’ultima frase del vangelo – “abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza”, in un “pascolo” dove egli ci chiama, ci conduce, ci difende, ci nutre.

Questa immagine, questa similitudine Gesù usa per parlare del Padre con cui condivide la premura per i figli, della porta o del pastore che egli è e a cui sono affidate le pecore, i suoi fratelli. E’ “porta” perché attraverso di lui si passa per avere vita; è “pastore” perché si fa carico che non ladri e briganti abbiano ad approfittarne della nostra umanità che ha bisogno di crescere. Non ci appaia troppo irrispettoso l’accostarci al gregge; piuttosto, le espressioni che Gesù usa, ci fanno, mi fanno, un gran bene.

Dentro quel dire il vangelo ci parla della bellezza di avere qualcuno che ci ama e si prende cura di noi, di me, senza fare i propri interessi, appunto come ladro o brigante; ci parla della tenerezza con cui questi ci guarda, ci chiama, ciascuno per nome, della dolcezza che ci fa gustare.
Bellezza, tenerezza, dolcezza…nel vangelo, ecco perché scelgo di ascoltare la sua voce! E di seguire il pastore! E il pastore non teme l’odore delle pecore, non sempre profumato!

Attenzione, la “buona notizia” che ascolto e accolgo non ha nulla di sdolcinato, di melenso, di puerile. La vita cristiana non è una sdolcinatura in mezzo alle rudezze dell’esistenza. E il “pastore”, colui che mi guida, ha la giusta fermezza di chi vuol difendere quanto e quanti gli sono cari da ladri e briganti. E Dio sa quanti sono coloro che vogliono derubarmi della vita, della voglia di vivere e rendermi schiavo; non mi riferisco semplicemente a persone cattive, malvagie, menzognere, ma anche a situazioni che prostrano, scoraggiano, spaventano, illudono e portano infelicità. Questa fermezza è forza nei confronti di eventi cattivi, è sostegno per chi è spaventato e traballante. Sì, io voglio “ascoltare la sua voce”, mi dà sicurezza, perché riconosco la voce di chi mi vuol bene, vuole il mio bene; ascolto la sua voce ancor prima di capire quello che mi dice; mi basta il suono della sua voce, voce che viene dal cuore di chi mi ama. Non solo sicurezza, allora, ma anche una bella ebbrezza, incontenibile.

Bellezza, tenerezza, dolcezza, fermezza, sicurezza, ebbrezza … e la vita sarà in pienezza, in abbondanza. Abbondante in qualità, in amore, in gioia, in quel “pascolo” di cui non siamo mai sazi; un pascolo a cui accedere attraverso la “porta delle pecore” che rimane sempre Gesù. Gesù che Dio ha costituito – dice ad alta voce Pietro, ricolmo dello Spirito, nel giorno di Pentecoste – Signore e Cristo, unica nostra salvezza. Dalle sue piaghe siamo stati guariti, da lui “pastore e guardiano della nostre anime”, della nostra vita, della nostra gioia, che non manca mai di riservarci un’affettuosa…carezza.







sabato 6 maggio 2017

UNITA' nella COMUNITA'

Riflessione nella "settimana della Comunità" (30/04/2017-07/052017) 

05 maggio 2017

La Parola di Dio che ci stata rivolta ci mette davanti la figura di Paolo nel momento della sua chiamata. Paolo è stato uomo di “unità”: la sua esistenza era dapprima interamente, totalmente, dedicata al Dio dei padri e alla Legge; poi è stata tutta di Gesù per il quale  - scriveva - ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura,  e del Padre che gli è stato rivelato. E’ stato uomo di unità perché ha girato costruendo legami affettuosi con e tra le varie comunità che lo Spirito ha fatto sorgere tramite la sua predicazione e testimonianza. Interceda ora anche per noi!

Gesù, continuando il discorso sul  “pane di vita” riportato nel vangelo di Giovanni, si offre come nutrimento di vita e di unità, unità che consente alla vita stessa di essere tale. Il pane, infatti, è fatto per essere spezzato e condiviso, così la nostra vita. Ma, paradossalmente, in questa divisione, in questo farsi frammenti per raggiungere il maggior numero di bisognosi, trova una grande unità di senso, di significato, una grande ricchezza di dono. Gesù, quel “pane di vita”, è centro dell’unità.

Carissimi, fatta questa premessa, consentitemi di condividere alcuni pensieri che mi sono sorti davanti alla preghiera di stasera e stanotte. Quale relazione ci può essere, quale rapporto  sussiste tra unità e adorazione eucaristica?

* Adorare è fare unità.
Indirizzare e far “convergere” in Cristo Gesù tutta la nostra esistenza, attività, iniziative, corse, pensieri, emozioni, desideri, timori. Adorare è per la nostra “conversione”, che è lasciare la dispersione, il nostro andare di qua e di là, il nostro essere lacerati da molte cose, anche buone, il nostro essere “scentrati”  nella vita (fuori centro : il peccato!) e ritrovarci, ritrovare noi stessi in Qualcuno che ci ama!
Questo “convergere” in unità è fatto con amore riversato nel nostro cuore dallo Spirito santo, con la confidenza nel Padre che ci è stata insegnata, con l’amicizia, l’intimità, che Gesù ci ha concessa.

* Fare unità è adorare.
Dare a Dio ciò che è di Dio : il nostro tempo, attenzione, ascolto… ma soprattutto riconoscergli il primo posto in mezzo a tante cose, riconoscere la sua volontà che è quella che i figli suoi siano uniti, “una cosa sola”, come aveva pregato Gesù nel momento della sua passione, e per cui ha amato i suoi sino alla fine.
Fare unità è vera adorazione perché è riconoscere che tale è Dio: Unità delle tre Persone divine, Padre, Figlio, Spirito Santo.
Dio ci chiama ad essere simili a sé, ci chiama all’unità dalla dispersione o addirittura dalla divisione.
La gratitudine, la lode, la fiducia, la responsabile adesione alla sua volontà, intessono la nostra preghiera.

Ciò che accomuna unità e adorazione è l’amore!
Dal discorso di Gesù che stiamo ascoltando nel vangelo di questi giorni e di stasera,  oso alcune suggestioni, perché … amore è…“mangiare”: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue… chi mangia questo pane”…

- Mangiare con gli occhi :
nell’adorazione è contemplare il mistero, il prodigio, stupircene, non capirlo… ;
nell’unità è ammirare il bene che c’è intorno a noi, scorgerne i segni, e i semi… ;
- Mangiare con il cuore :
nell’adorazione è desiderare l’abbraccio di questo mistero di amore; lasciarsi mangiare dall’… Eucaristia;
nell’unità è accogliere con sentimenti che mostrano e dicono agli altri che ci stanno facendo del bene… ;
- Mangiare con la bocca : operazione più ovvia
nell’adorazione è passare a nutrirsi concretamente, vorrei dire materialmente, di “quel pane”, dopo averlo contemplato con gli occhi e desiderato con il cuore;
nell’unità è passare alla missione per costruire un solo popolo nel Signore, una condivisone di carità e di responsabilità davanti al mondo.

Si mangia “a bocca chiusa” :
singolare caratteristica della preghiera di adorazione è… il silenzio! Anche quando si prega insieme ci siano ampi spazi di silenzio! Verità dell’unità, poi, è fare le cose… senza tanto dire! Se visibili, non sbandieratori di sé o della propria parte.
“A bocca chiusa” non vuol dire di nascosto, ma con umile, paziente, generosità!
L’adorazione è un dono per la comunità, è cuore che “pompa” unità che fa crescere la Chiesa, la fa missionaria.
S.Teresa di Gesù Bambino, verso la quale c’è una particolare devozione e venerazione, è patrona delle Missioni e dei Missionari che ora ricorderemo perché l’unità non sia mai un cerchio chiuso ma si trasformi in universalità. E il Gruppo giovanile missionario, qui presente, si riconosca in questo nome: GGM S.Teresa di G.B.

Che questa settimana, con il resto dei giorni, faccia camminare ognuna delle nostre comunità nella pastorale unità di chi è chiamato a vivere e testimoniare il vangelo nella fede, nella speranza, e nella carità.