BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia
4° Domenica B – 31.01.2021
Deuteronomio 18,15-20 - Marco,1,21-28
Dice Dio: “susciterò un profeta in mezzo a loro e gli porrò in bocca le mie parole”. Il profeta è colui che fa risuonare la voce di un Altro. Il profeta per eccellenza, anzi più che un profeta, è Gesù stesso. Si presenta come l’uomo dalla parola che suscita stupore ed pure timore, una grande considerazione e riverenza. Insegnava e insegna oggi come uno che ha autorità. E’ il figlio di Dio che nella sua persona si manifestava.
Che cosa insegnava? Che Dio è vicino, che il Suo regno è in mezzo a noi. Cominciava a svelare il volto del Padre, la buona notizia che questi ci ama, che vuole per noi una vita bella, buona beata. E allora lo si ascolta anche volentieri. Ci fa contenti, e magari si sogna. Una parola buona fa sempre bene. E quando la incontriamo o ci è detta, o capita di ascoltare una bella predica ci sentiamo sollevati.
Ma c’è un altro aspetto nella Parola di Gesù, nell’ascoltarla, o nel doverla ascoltare. Per questo aspetto a volte siamo sfuggevoli e superficiali davanti ad essa. La Sua parola provoca un disastro, una rivoluzione, un ribaltamento in chi l’ascolta. E’ potente la Sua parola; è Dio che parla, e quando lo fa non lascia le cose come sono. Allora la evitiamo, o la adattiamo, la banalizziamo; vorremmo azzerarla, modificarla a piacimento, strumentalizzarla secondo le nostre vedute. Eppure siamo anche devoti frequentatori del tempio, come coloro che andavano alla sinagoga. Ma ecco cosa capita lì, e cosa potrebbe capitare anche qui.
La prima parola diretta che Gesù rivolge ad un uomo che si trova in una precisa situazione bisognosa di salvezza, senza che neppure lo stesso lo sappia, è una parola di liberazione. Nella sinagoga c’è un uomo in cui il demonio opera in modo particolare, in cui la forza che si oppone a quella di Dio ha preso un grande spazio; in questa persona c’è uno spirito impuro che si oppone allo Spirito santo di Dio che abita in Gesù.
La presenza di Gesù è una minaccia per questa presenza demoniaca, ed ecco allora che la verità viene perfino gridata per creare confusione: “Che c’è tra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il Santo di Dio!”. La risposta di Gesù non si fa attendere: “Taci. Esci da lui”. E’ parola che smaschera il maligno!
Gesù non è uno psichiatra anzi tempo, ordina, e alza la voce, stana il “demone” che può essere annidato nella nostra condotta, lo zittisce. Ci aiuta fare discernimento dentro di noi! Credere all’esistenza del demonio è una buona notizia: vuol dire che “io non sono il demonio”. Fa venire fuori, però, le possibile nostre connivenze con le tenebre, ipocrisie, cattiverie, falsità, incoerenze. Perché è diabolico confessare la retta fede, venire in chiesa come alla sinagoga, senza porsi alla sequela di Gesù! Diabolico dire “io sono cristiano”, ma nel cuore, dentro, sono ben diverso.
La Parola di Dio è consolante, ma è pure dirompente, ha la capacità di snidare il male che è in noi e liberarci da questo. Un bisturi che sa essere “impietoso per amore”, lacera la piaga e fa uscire il pus. Ma poi detta quella parola che brucia e fa male, basta! Silenzio! Subito fascia, perdona, consola, accarezza. Non è comunque una liberazione indolore perché, narra il vangelo a proposito di quello che successe nella sinagoga, “lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da quell’uomo”.
Questo strazio e questo grido perché Gesù è medicina e medico, e perché deciderci per la conversione, il cambiamento costa molto in umiltà, volontà, obbedienza a quello che la parola ci comanda. Non sempre c’è anestesia in uno strazio che libera la vita, e il grido di un prigioniero che vuole e trova libertà ben ci può stare.