domenica 24 febbraio 2019

BRICIOLE di PAROLA
...nell'omelia



7° Domenica C – 24.02.2019
Luca 6,27-38

La nostra più grande “tentazione”: voler essere come Dio! E’ un intenso desiderio che ci portiamo dentro, e vorremmo realizzarlo come piace a noi, perché … dà potere! E’ paradossale: ma Dio è connivente con questo nostro “desiderio”.  Siamo fatti a immagine di Dio, che è un po’ come la base della creatura, il DNA nostro, e a sua somiglianza, cioè qualcosa che vogliamo e dobbiamo curare e coltivare, per essere, nella misura che è consentita ad una creatura, “come Dio”. Ma… a modo di Dio!

Sì Dio vuole che siamo come Lui, ed è per questo che ha mandato Gesù a mostrarci attraverso di Lui il suo volto, a svelare il suo cuore, ad amare e agire come egli ama e agisce. Le parole di Gesù che oggi abbiamo ascoltato, parole che ci affascinano per la loro grandezza e ci spaventano perché ritenute impossibili, e persino ingiuste, da mettere in pratica; parole che ci attraggono e nello stesso tempo fuggiamo perché fuori della nostra logica, queste parole sono autobiografiche di Gesù e quindi di Dio! Ecco com’è Dio, ci dice Gesù! Un amore impossibile, ingiusto, bello, ma fuori di testa!
E fin qui possiamo esserne ammirati. Ma quando le parole di Gesù diventano, senza sconti, un percorso per chi vuole seguirlo, beh allora la musica cambia tono, non è più tanto piacevole alle nostre orecchie, non ci affascina più di tanto.

Volete “essere come Dio”? Volete l’ebbrezza della libertà? Volete la  felicità?
Qualcuno, giustamente, potrebbe dire:  “a me non interessa essere come Dio. Io voglio essere me stesso, me stessa”. Certamente, ma poiché siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio, “essere se stessi” vuol dire diventare ed essere, sempre nella dimensione della creatura, come Lui. Volete essere creature elevate alla pienezza di vita per cui Dio vi ha fatto?
Queste parole che vi dico, questo discorso che vi faccio, è la via, la mia via; è la vostra via, dice Gesù.

Una serie di passi difficili, impossibili, improponibili alle sole nostre forze; molto concreti: amare i nemici, fare del bene a chi ci odia, benedire chi ci maledice, non rifarci sulla prepotenza, mostrarci deboli con gli arroganti, quasi ingenui, benevoli nel sottrarci al giudizio e alla condanna, e soprattutto misericordiosi, aperti al perdono. Così è Dio! Così è Gesù! Così è la realizzazione della nostra umanità! Questa è la “buona notizia”!

Non è che in tutti passi riusciamo. Su questa via cadiamo, ci azzoppiamo, ci rompiamo qualche gamba; a volte ci fermiamo, stanchi e mazziati, e non abbiamo più nessuna intenzione di andare avanti. Raggiungeremo mai la meta? Noi facciamo il tratto di strada che possiamo con sincerità. Se lo avremo fatto con sincerità, quella distanza che manca alla meta sarà colmata da Dio stesso con un atto d’amore che confermerà la sua misericordia che ci sarà data “in misura buona, pigiata, colma e traboccante”. Del resto il “purgatorio” io l’immagino così: la distanza che ancora mi separa dal “paradiso” che io non sono riuscito a colmare. Sarà Dio a colmarla!


domenica 17 febbraio 2019

BRICIOLE di PAROLA
...nell'omelia


6° Domenica C – 17/02/2019

 - Geremia 17,5-8              - 1Cor 15,12.16-20                  - Luca 6,17.2026

Benedizione e maledizione sono sulla nostra vita. Siamo noi che determiniamo la nostra condizione, ponendo la nostra fiducia nel Signore; o, diversamente, confidando in noi stessi, nelle nostre ricchezze e sicurezze. Essere “beati” o incorrere in quel “guai”, felicità o infelicità dipende da come portiamo la nostra condizione di poveri; oppure da come investiamo la nostra condizione di ricchi.
Benedizione e maledizione, felicità ed infelicità dipendono dal cuore, anche se ci ostiniamo a pensare, e a volte le cose, gli eventi, ce lo fanno pensare, che dipendano invece dalle…tasche!

Nella vita cerchiamo tutti degli appoggi. Ma dove si appoggia il nostro cuore?
E non sono tante le vie che possiamo percorrere nella nostra esistenza: sono soltanto due, ricordate con due bellissime espressioni nella prima lettura: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno , allontanando il suo cuore dal Signore.” L’uomo che mette la sua sicurezza nella logica umana  allontanandosi da Dio, sarà infelice, incapace di vedere il bene, aridità e morte saranno la sua sorte.

Invece, benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia”, con infinite risorse di vita come albero lungo corso d’acqua verso cui si protende. Non teme avvenimenti avversi, prove che bruciano e stroncano. Rimane felice, conserva la speranza e produce un sacco di bene.

Sì, la Parola mette in guardia dal fatto di escludere il Signore dal proprio cuore, magari a causa delle cose, per far spazio a queste, scelta stolta e sbagliata; rassicura che la vita di chi pone, di chi pianta nel Signore la propria fiducia non intristisce, è beata in ogni circostanza, è fortunata, felice qui ora e lo sarà nella vita che ci attende (raccogliendo così l’annuncio della 2° lettura).

Infine, l’espressione di Gesù, quel “guai” così minaccioso è in realtà un modo familiare che abbiamo anche tra noi per richiamarci quando qualcosa non funziona come dovrebbe. Corrisponde a quel “ahi, ahi, ahi, qui le cose non vanno”. E’ un richiamo amorevole nella sua severità, quello di metterci in guardia affinché non ci illudiamo o ci perdiamo dietro le cose o contando solo su di noi.

La buona notizia è che la felicità nostra, per tutti, è volontà di Dio. E’ offerta a tutti. Nota il vangelo che Gesù, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, disse “beati voi poveri” e “guai a voi ricchi”. Ma allora davanti a Gesù e tra coloro che volevano seguirlo c’era di tutto! Benissimo, possiamo starci anche noi. Con il cuore, con la vita, con la nostra fiducia e serenità, se non abbiamo niente; con il cuore, con la vita, con i nostri beni, con la possibilità di rinnovarci e di fare del bene, se abbiamo molto. Nessuno è escluso! “Benedetto” e pure “maledetto”, ognuno è amato!





mercoledì 6 febbraio 2019

BRICIOLE di PAROLA
...nell'omelia


4° Domenica C – 03.02.2019

- Geremia 1,4-19   -  Luca 4,21-30

Nel brano evangelico che abbiamo ascoltato siamo ancora nella sinagoga di Nazareth. Gesù ha appena sorpreso i suoi concittadini leggendo davanti a loro e applicando a sé un testo del profeta Isaia, rivelando l’azione di Dio che non è un castigamatti, ma il liberatore di coloro che sono in qualche modo prigionieri della loro esistenza, della sua pesantezza, della tristezza; un Dio di grazia e di benevolenza che con l’amore e la bontà vince il male, il peccato.

La prima reazione dell’uditorio: la meraviglia. “Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca”..
Ma, per quanto uno parli bene, le cose non durano. Le cose che ha detto Gesù saranno anche buone, il messaggio è buono, ma è il messaggio di un uomo ordinario – pensano gli abitanti di Nazareth – E’ un uomo come noi, chi crede di essere? L’entusiasmo e la meraviglia non conducono alla fiducia in Gesù. Ed Egli si trova a dover fare i conti con la chiusura dei suoi compaesani.

“Chi ben comincia è a metà dell’opera”. Questo detto non si realizza per Gesù che alla sua prima uscita fa “flop”, un buco nell’acqua, un insuccesso pieno, con il pericolo per la sua stessa vita.
I compito dell’inviato di Dio, il compito del profeta, di chi annuncia la parola del Signore non è mai dei più sicuri, pacifici e semplici. Anche per Geremia è così e Dio gli dà spalle robuste, come un muro di bronzo, per svolgere tale missione. Il che non significa che sia privo di carità quella cantata così stupendamente nell’inno della seconda lettura.

Ora si passa dalla meraviglia (“come parla bene Lui, come predica bene”) alla perplessità, e all’ostilità, perché la gente vuole miracoli. La gente, soprattutto le persone religiose – come scribi e farisei - ti riconosce se fai miracoli, altrimenti sei un povero diavolo come tutti. Ti vuole speciale!

Ma Gesù non vuole Egli essere speciale in questo modo perché il profeta, l’uomo mandato da Dio, è una presenza quotidiana. Per noi questa è una buona notizia, poiché ci dice che non abbiamo bisogno di aspettarci chissà chi per aprirci al vangelo. Senza pretendere chissà cosa e quali miracoli, dobbiamo fare tesoro della presenza semplice, umana, di chi Dio ci ha messo accanto.
E se qualcuno, in casa o fuori, – penso alla fatica di genitori, educatori, - si aspetta da noi miracoli, e ci contesta, ci rifiuta, beh, sappiamo che anche Gesù non ha sempre trovato bella accoglienza e ascolto nel suo paese, nella sua parrocchia.

E’ un invito al coraggio la parola di oggi, non contando sulla popolarità o successo, ma sulla certezza di compiere quello per cui il Signore ci ha scelto, ci ha “consacrato” – come si sente dire il profeta Geremia. “Io sono con te e sono la tua salvezza”.


 

venerdì 1 febbraio 2019

BRICIOLE di PAROLA



 Ebrei 10,32-39 e Marco 4,26-34
  “Avete solo bisogno di perseveranza…”

Buoni propositi, belle intenzioni, sante aspettative… tutto tarda a realizzarsi. La conversione non viene! E allora smettiamo di desiderare di volere, di lottare. “Avete solo bisogno di perseveranza!”. Questa è la conversione: non tanto riuscire, quanto volere! Per questo, grazie a Dio e al suo aiuto, non siamo tra coloro che cedono. Sarebbe la nostra “rovina” e forse anche quella di altri, che invece sosteniamo reggendo l’urto delle forze avverse che spingono perché abbandoniamo ogni speranza, e spengono l’amore. Grazia sarà, anzi già è qui se noi siamo nella perseveranza.

Nel nostro “terreno”, nella vita, il “regno” verrà “spontaneamente”…Questo “spontaneamente” è riferito al fatto che Dio agisce di sua spontanea volontà, di suo spontaneo amore. Non c’è nulla che lo costringe, neppure le nostre preghiere…Tutto questo non serve a Lui, serve piuttosto a predisporre il nostro “terreno” la cui condizione non è di essere tutto a posto (provvederà sempre Lui!) ma è…la perseveranza “perché, fatta la volontà di Dio, otteniate ciò che vi è stato promesso”.

Il risultato? Piccoli semi e germogli di novità, come “un granello di senape”, destinati a crescere e a produrre molto bene grazie alla “spontaneità” di Dio e alla “perseveranza” nostra. Sì, “affida al Signore la tua via, confida in lui ed egli agirà!” (cfr Salmo 36)