giovedì 31 ottobre 2013

ANCOR


Indorato
di luce cara,
da celeste manto
avvolto
e benedetto,
mosse le fronde
sapore di pace
e sollievo,
nell’aere
d’anticipo freddo
d’autunno,
tra familiari voci
della vita,
anche l’orizzonte,
dei monti,
cupo,
il creato splende,
e tutto ancor
io amo.





mercoledì 30 ottobre 2013

LEGGEREZZA


(…vigilia dell’intervento – 05.11.2013)


Volteggiar di foglie,
si ricorrono
quasi a fasciare
passi miei.
S’agitano le fronde,
non il cuore,
lo Spirito vento
stasera è brezza.
Leggero viene
il sorriso amico,
affetto circonda
chiama a danza.
Santità
vita beata eterna,
musicali note
di giorni nuovi.
Su fruscio dolce
di foglie secche,
natural timore
lieve si fonde





OMELIA


30° Domenica C – 27.10.2013

- Sir 35,12-14.16-18   
- 2 Tm 4,6-8.16-18    
- Lc 18,9-14  

Dopo l’insegnamento di domenica scorsa sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi, ecco un’altra parola che illumina il nostro stare davanti a Dio che,guarda un po’, dipende dal nostro stare davanti agli uomini.

Parabola del fariseo e del pubblicano. Una parabola risaputa, quasi scontata. E quasi scontato sembra da che parte stiamo, dove siamo schierati: dalla parte del pubblicano, e non dalla parte del fariseo, pensiamo. O non sarà vero che un po' del pubblicano e un po' del fariseo convivono dentro di noi? Noi, che siamo persuasi di essere giusti, e se non arriviamo a disprezzare gli altri, almeno non ci riteniamo peggiori.

"Due uomini salirono al tempio a pregare".
L’insegnamento sulla preghiera non riguarda le parole da dire, ma lo spirito con cui sono proferite.
Questi due uomini, così diversi, dicono cose vere. In particolare è vero che il fariseo è un osservante, un «uomo religioso», stimato come persona pia ed esemplare, è vero che le cose che dice le ha fatte, è vero che ha fatto anche più dello strettamente comandato: digiuna due volte, e paga la decima addirittura di tutto! Ma com'è il suo cuore nei confronti di Dio? Annota la parabola: "…stando ritto, pregava fra sé", come se si parlasse addosso. Tiene un “monologo”. Dice “Dio”, ma è lui al centro, e a Dio gli ricorda le sue opere buone. Se la preghiera è rimandare a Dio le nostre opere buone, mettergli davanti i nostri meriti, è una preghiera interessata, che non ci fa giusti ai suoi occhi. Ricorda a Dio che è debitore in qualche modo verso di noi.

Al contrario il pubblicano, colui che svolge il mestiere dell’ingiusto appaltatore di tasse, la figura tipica del  peccatore pubblico, riconosciuto tale da tutti, il cielo lo sente così immeritato, così sproporzionato, che neanche con gli occhi osa alzare gli occhi. E si batte il petto, lui peccatore, e lo è, dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore". In questa confessione di povertà che si affida alla pietà di Dio sta la grandezza del peccatore perché dice un saggio maestro spirituale «Chi conosce i propri peccati è più grande di chi resuscita i morti». E Dio fu pietoso con il pubblicano. Uscì dalla preghiera e tornò a casa sua reso giusto. Non aveva nessuna presunzione di sé. E, soprattutto, non aveva lo sguardo duro sugli altri.

Questo è il criterio che può aiutarci a capire se la nostra preghiera è quella giusta agli occhi di Dio:
dal tuo sguardo sugli altri puoi dedurre se la tua è una preghiera sporca, sprecata, che non ti fa giusto.
Se il nostro sguardo è di superiorità -"non sono come gli altri uomini e nemmeno come questo pubblicano"-, se ci sentiamo superiori e giudici, giudici spietati, la nostra non è preghiera, anche se le celebrazioni fossero vivaci e le preghiere interminabili.
Ricordiamo che Gesù racconta “questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri.

Non da come parliamo di Dio o con Dio viene la nostra salvezza, siamo giusti davanti a Lui, ma da come parliamo e da come guardiamo gli altri e le cose di queste vita.






venerdì 25 ottobre 2013

" LASCIAR ANDARE "


Bucano le cime
il bianco manto,
dall’oblio emergono,
ricercan calore
e nella nebbia
si sveste il cuore.
Coraggio!
Rigo di luce
è spartito di vita,
attrae
voce e canto.
Non lasciarti morire,
“lasciar andare”
è solo fiorire.



domenica 20 ottobre 2013

100 ANNI

            (…alle Piccole Suore della Sacra Famiglia e ai bambini... 
                 con tutti coloro che hanno a cuore la loro crescita, 
                 nel centenario della Scuola Materna di Monteviale!)


Incrocio d’età
e abbraccio di cuori,
nella passione di anni
l’innocenza di bimbi,
centenaria storia.

Dedizione mirabile
si coglie ancora,
forze fragili, per tempo,
commozione ben viva,
grata nostalgia.

Donne d’amore e fede
tra noi un tempo donate
alla custodia materna,
al fiorir di germogli,
al servire vita.

Narran gioiose
indelebili cari ricordi,
fatiche feconde di grazia,  
occhi non spenti, vivaci,
su volti e rughe di luce.

Il testimone continua,
passata la saggia mano
a fantasiose maestre,
a genitori di bimbi
che ancora crescono.

Secolare storia,
atomo di eternità,
vivo il nucleo che move  
l’universo e il cuore,
da sempre fa nome
AMORE!












OMELIA


29° Domenica C – 22.19.2013

- Esodo 17,8-13     
- 2Tm 3,14-4,2        
- Lc 18,1-8                

La preghiera è il respiro della vita cristiana, vita che si manifesta nell’amore, ha i suoi frutti di bontà, giustizia, carità, misericordia, lode e benedizione. La preghiera non è semplicemente dire preghiere ed orazioni, anche se quello che abbiamo in cuore lo possiamo esprimere con le nostre parole. E’ piuttosto un accogliere l’amore e quanto può venire dall’amore di Dio e porsi davanti a questi con fiducia, sempre, senza stancarsi mai, come suggerisce l’insegnamento di Gesù nella parabola ascoltata.

La necessità che induce a questo respiro, che è appunta la preghiera, è data dalla nostra condizione di non poter vivere senza, condizione che a sua volta viene dalla nostra povertà, simboleggiata nella parabola dalla “vedova”, una delle categorie più povere, senza difesa, esposte a subire soprafazioni e angherie di ogni genere. Chi si sente forte, sicuro, potente o prepotente, difficilmente si affida con sincerità nella preghiera a chi può aiutarlo. Come la vedova non dobbiamo, piuttosto, temere di manifestare la nostra debolezza, nella certezza che la nostra misera condizione di peccatori, posta davanti a Dio nella preghiera e trasfigurata dalla sua potenza, si muterà in una forza insperata, capace di illuminare e dare senso a tutta la nostra vita.

L’esortazione di Paolo, con cui si apre il brano della seconda lettura, “figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente”, è bellissima eco di questo “pregare sempre,senza stancarsi mai”, poiché la perseveranza ci può fare difetto e la stanchezza, invece, possiamo sentirla in abbondanza, assai pesante. Racconta la prima lettura che anche Mosè che, in preghiera, alzava le mani al cielo per sostenere i suoi, sentiva pesare le mani, condivideva a suo modo la loro lotta. Questo particolare dice la solidarietà che lega le persone attraverso la preghiera, la vicinanza che possiamo donare. Nella preghiera per gli altri, che il Signore ama, abbiamo modo, non l’unico,di dire e mostrargli quanto ci stiano a cuore, ed è quello che a lui fa più piacere, quello che lui desidera, vuole.

Ma ritorniamo alla stanchezza a cui la povera vedova non cede. Non si scoraggia questa donna. E’ forte, determinata, nella sua solitudine e povertà. E smonta la sordità di quel giudice perché le sia fatta giustizia. Ora Dio non è giudice disonesto, non cede al fastidio come questo tale che vuole liberarsi d’intorno della donna. Ma questa storia presa come esempio mi ha sorpreso con un messaggio inquietante, quello del “ritardo di Dio”. Non scandalizziamoci, ma  a volte l'impressione è che Dio temporeggi, come quel giudice, l'impressione è che sia in ritardo, sulle nostre necessità e davanti alla nostra preghiera. E la stanchezza viene anche da qui.

“E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano, giorno e notte, verso di lui e li farà a lungo aspettare?” "Vi dico che farà loro giustizia prontamente". "Li farà a lungo aspettare?". Ci perdoni il Signore, ma a volte la sensazione è che Dio non risponda così prontamente e che faccia a lungo aspettare. Ma… Dio non è mai in ritardo, viene al momento giusto, e con il bene giusto.

A fronte di situazioni che sorprendono, angustiano, e non mostrano vie di soluzione, sorge la domanda: “Ma dov’è Dio?”. Accettiamo come risposta la contro-domanda che Gesù lascia intuire: “Dov’è la vostra fede?”. «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».






sabato 19 ottobre 2013

ATTESA

                      (...ancora)

Chiaro il cielo grigio
allo sguardo umano,
la nebbia bassa tiene manto,
vela la terra nel suo incanto.

Attesa di luce piena,
di vivo colore,
che già solidale premura
si fa tra preghiera e cura.

Ordine nei pensieri,
desiderio di calma e pace,
a fare i giorni futuri,
vita e sacerdozio più maturi.

Anni di corse ed opre
non sempre efficaci ma vere,
ora è “pausa di sofferenza”
fecondo limite di esperienza.

Ieri nucleare giorno,
esame lo scheletro a fissare,
il cuore solo vede il Signore,
battiti d’offerta e timore.

Il sole è ora alto, l’attesa dono,
sogni, progetti, e disagi, consegno
la storia, pure il corpo mio,
in me, Francesco, vive e ama Dio.



mercoledì 16 ottobre 2013

DICO SI'

                      (...verso l' intervento e le...novità)


Ammiro dell’autunno i colori,
alzando lo sguardo annuso gli odori,
come foglia dorata mi consumo,
 non di morte, di vita è il profumo.

Temo forse della stagione il grigiore,
ma oggi vivace è ancora il calore,
tempo maturo di ogni cosa avanza,
nessuna fine, d’inizio nuovo speranza.

Amo il momento gravido di vita,
carezza e cura quanto mai gradita
sono del cuore che si fa vicino,
eco e presenza dello sguardo divino.

Dico sì a tanta grazia e bontà,
non rassegnazione triste alla novità,
nemmeno dimissioni al viver mio,
bambino m’abbandono gioioso a Dio.

Sarò seme che la terra feconda,
poi spiga, poi pane su tavola gioconda,
Gesù in me sull’altare dell’umanità
sarò quel che Dio vuole, Sua carità.



martedì 15 ottobre 2013

PENSIERI


- “Non essere assertore presuntuoso di certezze, ma umile ricercatore di verità” 
(Silvano Fausti)

- “La verità è relazione” (Papa Francesco).
Relazione d’amore.
Può essere fragile e difficile la relazione, può essere confuso e imperfetto l’amore, ma sei nella verità.
Punto d’incontro della via ( il Figlio) e della vita (il Padre) è la verità (lo Spirito).
Infatti lo Spirito è la relazione d’amore tra il Padre e il Figlio.

- La libertà è la condizione per l’amore e la sua relazione ( la verità).
E la verità ci dà la libertà (Gesù).

La verità non si dice o non si tace. La verità si fa
(frère Roger Schutz – Taizé, a me nel lontano 1984)

- Il rinnovamento non parte dalla mentalità (conoscenza teorica), ma lentamente dalla “vita, dalla “carne che si esprime”.
Gesù s’incarna e quindi annuncia una nuova mentalità.
Prima l’incarnazione poi l’evangelizzazione.
L’incarnazione è evangelizzazione.




lunedì 14 ottobre 2013

OMELIA


28° Domenica C – 13.10.2013

- 2 Re 5,14-17 2
- Lc 17,11-19

Non c’è nulla di umiliante nell’ammettere il nostro bisogno di aiuto, confessare il desiderio di assaporare l’esistenza, di gridare persino il diritto di averne pienamente parte. Come i “lebbrosi” siamo ammalati di vita, desiderosi di vita, eppure in qualche modo siamo tenuti lontani, fuori; comunque mai appagati nei nostri desideri legittimi più profondi, che sono di relazione, di partecipazione ai beni dell’esistenza. Come i “lebbrosi” andiamo incontro a Gesù dicendo “ ad alta voce” la nostra povertà: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”.

Dall’incontro con Gesù parte la fede. Se prima c’è il bisogno, il desiderio, forse la disperazione per la condizione in cui ci troviamo, o un vuoto che ci muove alla ricerca, poi incontrando il Signore ci è dato davvero di ritrovare la vita, di avere fede, fiducia.

Sorge la domanda: quale fede?
Quello che avviene nel gruppo dei dieci lebbrosi induce pensare che c’è una fede che guarisce e c’è quella che …salva. A noi basta la prima, ma non è la più vera, quella per cui Gesù è venuto.

La fede che guarisce, che da guarigione, che ci mette o ci fa sentire a posto è quella che deriva dall’osservanza di leggi, norme, prescrizioni, precetti, nel rispetto di quanto è scritto.  “andate a presentarvi ai sacerdoti”, era una prescrizione della legge di Mosè a cui Gesù si attiene ricordandola agli ammalati. Non è malvagia. E nell’eseguire questa norma (“mentre andavano furono purificati”) ebbero la guarigione fisica, necessaria all’esercizio del culto al tempio e alla vita sociale.

“Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo”. Queste è la fede che dà salvezza. Viene dal cuore che riconosce il beneficio, l’amore che lo promuove, e “torna indietro lodando Dio a gran voce”.

Quello che è significativo è che mentre la fede che guarisce (interessata) è propria dei “praticanti” che osservano le prescrizioni, la fede che salva, quella che dà gloria Dio e riconosce il suo amore, è appannaggio di uno straniero, di un pagano (riprendendo così l’episodio narrato nella prima lettura). Che il nostro incontrare Gesù ci faccia crescere in questa fede e anche noi diventiamo capaci di dare a chi cerca vita la stessa accoglienza, salute, e salvezza.







mercoledì 9 ottobre 2013

BRICIOLE di VITA

(bollettino parrocchiale - Ottobre 2013)


Il volto

“ Il volto,
universo dell’ umano,
di luci costellato,
di nubi adombrato,
si offre
e
in stupendo riflesso
di vita d’amore
mi specchio;
onoro,
non cupido il desiderio
né furtiva la mano,
il  segreto tuo
a me ri-volto ”


“L’incontro” che la vita ogni giorno riserva con l’altro mi porge “il volto” suo. Davanti a me è la sua ricca umanità, alta come il cielo, ora luminosa ora turbata. E’ il dono che mi viene fatto perché io conosca me stesso e quanto ci accomuna. Nel rispetto più delicato accolgo il mistero che ognuno è; grato, gioisco del suo svelarsi, nel silenzio custodisco il suo nascondersi.

Carissimi tutti, anche in questo mese quanti volti mi sono stati offerti: di bimbi innocenti, di ragazzi vivaci, di sposi innamorati, di genitori appassionati, di anziani sofferenti, di credenti dubbiosi, di cristiani convinti, di donne e uomini… Ma il volto che porto impresso in me, quasi come sudario della veronica che deterge con tenerezza quello di Gesù ferito, è il volto di giovani, tanti giovani, smarriti e in pianto, aggrappati alla vita eppur poveri per la tragedia che tutti ci ha ferito, per l’amicizia svanita, e forse per l’assenza di risposta: “chi ci dà salvezza?”.

Il Signore,  che “fa brillare i nostri occhi e ci solleva dalla tristezza”, mostri a tutti suo “volto” e ci dia pace.


                                                                               don Francesco

lunedì 7 ottobre 2013

OMELIA


27° Domenica C – S. Rosario - 06.10.2013

- Luca 1,26-38

Nel celebrare il tradizionale appuntamento di affetto e di fede in onore di Maria, Madonna del Santo Rosario, Maria, donna della preghiera, di questo dialogo con Dio, respiro della nostra vita, riaffermiamo che Maria, nostra Madre, è in ognuno di noi, nel nostro cuore, nella nostra storia, nel cammino di questa comunità a lei affidata in modo speciale.
A lei affidiamo gioie e sofferenze, speranze e timori, attese e anche delusioni che accompagnano le nostre famiglie, i nostri passi. Oggi, noi tutti qui riuniti, vogliamo ringraziare Maria perché ci è sempre vicina, vogliamo rinnovare a Lei la nostra fiducia e il nostro affetto.

In Maria ci sono i tratti della nostra umanità racchiusa tra due espressioni del vangelo: “il Signore è con te” e “Eccomi”; proposta,anzi certezza la prima, accoglienza responsabile e generosa la seconda. Così in Maria, creatura come noi, Dio ci dà il paradigma, non solo, ci fa intuire l’anima di come possa essere la nostra risposta all’amore che Egli ha per noi e attraverso di noi al mondo. Sì, Maria è ognuno di noi.

E’ donna fatta per l’amore. Coltiva certamente nel cuore quel desiderio umanissimo che tutti ci riguarda, essere amati e amare, avere qualcuno che ci vuol bene, avere qualcuno a cui voler bene. Per questo il primo tratto che leggiamo in Maria è l’accoglienza che ella riserva all’imprevisto. C’era attesa che accadesse qualcosa, ma forse non così. Maria accoglie la visita e l’annuncio che le è dato. Non senza stupore meraviglia, mista a timore. Un sentimento e un atteggiamento che sono preghiera.

Maria si mostra responsabile interrogando, chiedendo lumi. Ha progetti in cuore, ma non trascura quello che le viene proposto, e prestando ascolto, che segue sempre lo stupore, approfondisce quanto le è domandato, anche se non lo comprende appieno. L’ascolto fa avanzare  la preghiera, il dialogo dentro il quale Dio costruisce il progetto di bene che ha in mente.

E da ultimo, vero inizio di salvezza per tutti, Maria è generosa nella sua risposta. Un semplice “eccomi”, ma dalla risonanza universale. E’ una disponibilità, una consegna  all’amore che rende possibile in modo visibile “Dio con noi”. E’ il coronamento della preghiera, di questo dialogo di parole e pensieri che finalmente prende carne.

Questo è la nostra preghiera: Accogliere, ascoltare, rispondere nella vita e con la vita.
Affinché avvenga Maria continua a pregare, come narra la prima lettura, insieme alla comunità dei discepoli, e ci insegna ad avere piena fiducia in Dio, nella sua misericordia.
Che Maria continui a guardare la nostra comunità e famiglie. Abbiamo bisogno del suo sguardo di tenerezza, del suo sguardo materno che ci conosce meglio che chiunque altro, del suo sguardo pieno di compassione e di cura, di materna protezione.
E guardiamoci tra noi con lo stesso sguardo suo che accoglie, accompagna, protegge. Ci sono persone che istintivamente consideriamo di meno e che invece ne hanno più bisogno. Maria, nostra madre, ci invita ad essere veri fratelli, perché la salvezza, il ben del mondo è ora affidato al nostro “eccomi”, al nostro sì alla Parola, al progetto d’amore di Dio.