lunedì 25 aprile 2022

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Seconda Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia – 24.04.2022 

Giovanni 20,19-31

Dopo la risurrezione di Gesù, quella dei suoi discepoli! Consola i loro cuori sfiduciati, ed essi,  risollevati da Gesù, cambiano vita. Ciò avviene nel segno della Misericordia, celebrata con particolare gratitudine in questa seconda domenica di Pasqua. I discepoli ne godono attraverso tre segni.

In primo luogo Gesù dà loro la pace. Quei discepoli erano angosciati. Non erano chiusi solo in casa, erano chiusi anche nei loro rimorsi. Avevano abbandonato e rinnegato Gesù. Si sentivano incapaci, buoni a nulla, sbagliati. Gesù arriva e ripete due volte: «Pace a voi!». Non porta una pace che toglie i problemi di fuori, ma una pace che infonde fiducia dentro. Non una pace esteriore, ma la pace del cuore. Pace che aggiunge in dono un mandato di piena fiducia, un’assoluzione piena di quanto i discepoli avevano combinato. Dice: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). È come se dicesse: “Vi mando perché credo in voi”. Quei discepoli sfiduciati vengono rappacificati con sé stessi. E dal rimorso passano alla missione.

Ancora, Gesù mostra misericordia ai discepoli offrendo loro lo Spirito Santo. Lo dona per rendere possibile la remissione dei peccati, e vincere il male che affligge il mondo. Così il perdono grazie allo Spirito Santo è il dono pasquale per risorgere dentro, e per far risorgere ciò che sta attorno a noi, le nostre relazioni, le situazioni incatenate dall’odio e divisione. Un segno si rinnova e ci rinnova continuamente in questa risurrezione: il Sacramento del perdono,  la Confessione. Al centro di questo incontro con il Risorto, come quello dei discepoli quella sera di Pasqua, non ci siamo noi con i nostri peccati, ma Dio con la sua misericordia. E la mano del Padre è pronta a rimetterci in piedi e a farci andare avanti. Questa mano sicura e affidabile è la Confessione. È il Sacramento della risurrezione, misericordia pura.

Infine, dopo la pace che riabilita e il perdono che risolleva, ecco il terzo dono di  misericordia dato ai discepoli: Egli offre loro le piaghe. In quelle piaghe, come Tommaso, tocchiamo con mano che Dio ci ama fino in fondo, che ha fatto sue le nostre ferite, che ha portato nel suo corpo le nostre fragilità. Le piaghe sono canali aperti tra Lui e noi, che riversano misericordia sulle nostre miserie. Le piaghe sono le vie che Dio ci ha spalancato perché noi entriamo nella sua tenerezza e tocchiamo con mano chi è Lui. E non dubitiamo più della sua misericordia. In ogni Messa, dove Gesù ci offre il suo Corpo piagato e risorto, Lo tocchiamo e Lui tocca le nostre vite. E noi, come Tommaso, troviamo Dio vicino, e commossi gli diciamo: “Mio Signore e mio Dio!” E ogni pietra tombale, salta! E sta a vedere che pure noi diventiamo misericordiosi!

Lasciamoci risuscitare dalla pace, dal perdono e dalle piaghe di Gesù misericordioso. E la vita sarà risurrezione. Solo così annunceremo il Vangelo di Dio, “la sua volontà, che è amore e misericordia” (Santa Faustina).

lunedì 18 aprile 2022

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Sera di Pasqua – 17.04.2022 

Luca 24,13-35 

Carissimi, “il giorno è ormai al tramonto”, e la notizia è da tutti risaputa. Hanno trovato la tomba di Gesù vuota e dicono che Egli sia Risorto. Noi lo crediamo, poiché siamo suoi amici e discepoli, e ce l’aveva detto. Noi lo crediamo grazie alla fede in Lui e in questo evento, fede che ci è stata consegnata da chi è venuto prima di noi. Per questo siamo qui a far festa, a celebrare, ad acclamare Gesù il Signore che ha vinto la morte, non solo per sé, ma per tutti noi. Ma non vergogniamo ci se ci troviamo nei panni dei due viandanti sconsolati di cui parla il Vangelo che se ne ritornavano delusi e in confusione al loro villaggio. Lo siamo anche noi sconsolati, e ne abbiamo tanti motivi.

Va bene, ci dicono che la tomba è vuota, che non l’hanno trovato, che alcuni l’hanno anche visto. Sono anni che ce lo dicono. Insomma che questa risurrezione sarebbe avvenuta. Ma non ci accontentiamo della notizia, vogliamo la certezza, vogliamo l’esperienza di incontrarlo per credervi, altrimenti anche noi torniamo indietro, come questi due. Quante volte ci troviamo a tornare indietro dopo aver tenuto nel cuore tante speranze, coltivato sogni, legittimi desideri di bene e di vita! No, basta, non vogliamo tornare indietro! Ma ci sia data l’esperienza del Risorto! Eccola qui, stasera!

La risurrezione è avvenuta e il Risorto, a noi sconosciuto, è una presenza che ci affianca, ascolta discreto i nostri lamenti, si intromette, delicato, nelle nostre discussioni, osa un benevolo, affettuoso rimprovero se necessario, e fa ardere il nostro cuore. Quando capita così nella nostra famiglia, nelle nostre relazioni in cui cerchiamo insieme di comprendere e di darci luce, lì è il Risorto, lì avviene una risurrezione, lì c’è lo Spirito di Gesù, nel fare strada insieme. Gesù Risorto è la presenza che illumina la strada e rende più leggeri i nostri passi.

La sua Parola è viva, tocca il cuore, aperti ad essa e accolta con umiltà, è esperienza di risurrezione. La ascoltiamo qui ogni domenica, ritrovandoci insieme, ma possiamo farlo anche per contro nostro, familiarizzare con essa, e incontreremo il Risorto. Sentiremo il nostro cuore consolato, calmato, ardere persino, e ritrovare speranza, fiducia nella vita, solleciti all’impegno, consapevoli che nulla è perduto a fronte dei nostri insuccessi. Ogni volta che noi ci disponiamo all’ascolto sincero, il Risorto ci parla anche solo per dirci “pace a voi”. Ne abbiamo bisogno.

Facciamo esperienza di risurrezione quando prendiamo la confidenza di dirgli, come hanno fatto i viandanti, “Dai! Resta con noi che si fa sera”. Invito che va oltre un indicazione di orario, poiché la sera, la notte, il buio, sono sempre in agguato se ci stacchiamo da Lui, e lo lasciamo andare. Incontrare davvero il Risorto è Lui a tavola con noi, noi a tavola con Lui, e nell’essere noi davanti a quel gesto, a quel pane che viene benedetto, spezzato, offerto. Lì, si aprono i nostri occhi alla fede e lo riconosciamo. E’ l’Eucaristia, miei cari, l’esperienza di Gesù Risorto che ha vinto la morte. Ed è vivente in mezzo a noi.

Non è finita l’esperienza. A questo punto il tornare indietro dei due che stavano lasciando Gerusalemme non è il rifugiarsi nel passato, ma è un tornare indietro che è un andare avanti, anzi un correre avanti. Infatti di corsa sono tornati a Gerusalemme dagli apostoli, dal cuore della Comunità dei discepoli e lì hanno avuto la conferma che la notizia era vera e che pure essi avevano incontrato il Risorto. E’ nella Comunità cristiana, dove condividiamo, mettiamo insieme la nostra ricerca e la nostra esperienze di Gesù e ci aiutiamo a leggerle, che abbiamo conferma che non ci inganniamo.

Miei cari, in queste sere, invitati, ci siamo accomodati alla Cena di Gesù, siamo stati abbracciati alla Sua Croce; questa notte, ammirati per le prodigiose opere di Dio fino alla risurrezione del Figlio. Adesso ci sentiamo amati, affiancati da Gesù Risorto che cammina con noi. Egli si solleva dalle nostre angustie, da calore al cuore, ci consente di vivere, di correre, di gioire, di offrire pace e dare speranza al mondo. Gesù è vivo, è risorto! Alleluia!

 

 


venerdì 15 aprile 2022

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Giovedì Santo - Cena del Signore – 14.04.2022

Gesù, “avendo amato i suoi, volle amarli sino alla fine”. Anche noi amiamo sino alla fine. Alla fine della pazienza, della speranza, delle nostre forze, e poi ci stanchiamo e cessiamo di farlo. Per Gesù invece è diverso, e “la fine” è il compimento del disegno del Padre, con cui si è fatto concorde, per dare liberazione e salvezza ai figli di Dio e suoi fratelli dalla schiavitù della morte, del peccato. Ma c’è molto di più della volontà di amare sino a questo punto. C’è il desiderio di farlo. La volontà farebbe pensare a qualcosa di obbligante, un dovere, mentre il desiderio è un trasbordare di amicizia e di affetto, dice un cuore incontenibile. Gesù lo manifesta questo: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi”.

Allora la prima cosa che tocca il mio cuore, stasera, è questo desiderio grande, libero dono di sé che Gesù mi fa, che Gesù ci fa. Egli desidera farci accomodare alla Sua tavola, perché diventa Sua quella mensa per il cibo che viene consegnato e consumato, il Suo corpo e il Suo sangue, nel pane spezzato e nel vino versato. ACCOMODATI siamo attorno a Lui per apprendere il Suo amore certamente, come poi durante la cena raccomanda, ma anche per beneficiare e coinvolgerci in quella misura che gli è propria e che si manifesterà di lì a qualche ora sul Calvario. Gesù anticipa per i suoi, quasi presagendo che sarebbe scappati, il sacrificio che avviene sulla croce, un evento che rende sacra persino la morte quando si compie dando la vita, con amore, perdonando e volendo il bene. Desidera che non ne siano sprovvisti. E non lo siamo neppure noi ogni volta che comunichiamo al Corpo e al Sangue suoi nella celebrazione dell’Eucaristia, alla Sua tavola.

Lì Gesù ci serve l’amore! Lo serve ai suoi amici e discepoli, anche se non capiscono, anche se lo misconoscono, anche se lo tradiscono; lo serve a noi. Si fa nostro servo dandoci l’esempio narrato dall’evangelo di questa sera, chinandosi, anzi inginocchiandosi, lui Maestro e Signore, a lavare i piedi di coloro che ha voluto amici. Come Pietro non comprendiamo il gesto, ma non rifiutiamolo, impariamo invece la lezione. Accomodarci alla mensa di Gesù è partecipazione del sacrificio della croce, fare dono di noi stessi con Lui sino alla fine, ed è apprendimento di un’esistenza che è comunione con tutti e servizio gli uni verso gli altri; è effettivamente avere il Suo amore.

Quanto Gesù ha osato fare in questa sera annunciando la Sua Pasqua e invitandovi i suoi amici, ricordando loro che non c’è solo la schiavitù dell’Egitto dalla quale sono liberi, anzi più di quella schiavitù c’è la sua amicizia, muova anche il nostro desiderio di amare sino alla fine, di servire, di lavare i piedi gli uni agli altri. E’ il Suo testamento che Egli ci consegna, e noi non lo impugniamo, contestiamo o rifiutiamo. Aiutiamoci a custodirlo, a condividerlo con il mondo bisognoso di armonia, di pace, sin dentro le nostre famiglie, dove gesti di servizio umile e generoso, di accoglienza, stima e di perdono, diventano quotidiani.

Stasera, vinta la ritrosia che aveva Pietro, sentiamoci onorati, e grati, nell’essere e nel sentirci accomodati alla mensa di Gesù, dove Egli vuole metterci a nostro agio. Accettiamo che Lui ci lavi i nostri piedi, ci renda mondi, cioè capaci di accogliere la Sua amicizia. Nel ripetere noi ora il gesto Suo che ha compiuto verso i discepoli, la lavanda dei piedi, ad alcune persone che in questi anni di pandemia hanno svolto il particolare servizio di accoglienza nella comunità, e ricordandone tante altre chiamate ad amare e a servire che ci sono nella nostra esistenza, gli diciamo che crediamo nel Suo amore e, partecipando alla mensa pasquale, di questo amore vogliamo vivere sino alla fine.  

 

 

 

lunedì 4 aprile 2022

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

5° Quaresima C – 03.04.2022 

Giovanni 8,1-11

Dalla parabola del padre misericordioso di domenica scorsa, alla realtà nell’episodio narrato nel vangelo. Da Gesù, verso la donna adultera che gli trascinano davanti, con lo scopo di tendergli un tranello, non sentiamo parole di disprezzo, parole di condanna, ma soltanto parole di amore, di misericordia, che invitano alla tutti alla conversione. Un’opera di misericordia Gesù compie. Tre parole per dire misericordia: verità, libertà, opportunità

* Prima: verità! La misericordia non teme né cade in tranelli. E’ fedele a se stessa, non si lascia fuorviare da consensi o intimorire. E’ Gesù, la misericordia di Dio fatta carne;  accoglie e rialza chi ha peccato. Egli,  in silenzio, senza proferire parola, si china, davanti alla donna, si mette a scrivere per terra con dito. L’uomo, dice la Bibbia, è stato creato dalla terra con il dito di Dio, e il gesto di Gesù sta a significare che egli è venuto nel mondo non per giudicare e condannare, ma per salvare, per riscrivere l’umanità. La Legge antica voleva la morte, era scritta su tavole di pietra; ora una nuova legge viene scritta, una legge di misericordia che offre il perdono, e nuova vita. Il perdono non riguarda semplicemente il passato, ma la possibilità di un nuovo futuro.

Quella donna rappresenta tutti noi, che siamo peccatori, cioè adulteri davanti a Dio, traditori della sua fedeltà. E’ la volontà di Dio per ognuno di noi non è la condanna, ma la salvezza attraverso Gesù. Lui ha scritto nella terra, nella polvere di cui è fatto ogni essere umano, la sentenza di Dio: “Non voglio che tu muoia, ma che tu viva”.

* Seconda: libertà! Misericordia è libertà. Non significa lasciar fare quello che si vuole, ma che per quanto hai sbagliato rimani una persona libera, nel senso che nessuno ti può giudicare, né tu stesso. Alla donna peccatrice viene una grande libertà! Ella arriva a dire, davanti all’agire e alla domanda che le fa Gesù , “donna nessuno ti ha condannata?” che si sente libera, “Nessuno, Signore”. Nessuno la giudica e la condanna, nemmeno se stessa, cosa che accade spesso a noi cercando di divincolarci da sensi di colpa o dalla leale consapevolezza di essere stati peccatori. “Nessuno mi può giudicare, se Gesù mi accoglie così. Allora io non ho motivo né di giustificarmi né di avermi in odio. Trovo una libertà che mi dà la possibilità di un futuro nuovo. “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. Non semplicemente un comando, ma una benedizione: “Ora che mi hai incontrato, puoi non peccare più!”. E sì, se incontriamo davvero Gesù e la sua misericordia, e questo avviene soprattutto nel Sacramento della confessione, siamo liberi, non pecchiamo più, anche se dovessimo cadere ancora, perché non rimaniamo mai nel nostro peccato.

* Terza: la misericordia è opportunità! Se la misericordia di Dio è veramente grande, può esserci anche per coloro che hanno accusato la donna e l’hanno “usata” per tendere un tranello a Gesù? Certamente! “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. La misericordia smaschera  il male che è in me, in noi, che magari gioisce quando lo si denuncia negli altri quasi giustificando se stessi, e ci dà l’opportunità di ravvederci, inizio di salvezza. Gesù fa appello alla coscienza di quegli uomini e questi lasciano cadere le pietre dalle loro mani. Potremmo dire, senza scandalizzarci, “santi farisei, pregate per noi!”. Sì, pregate per noi, voi che in questo modo vi siete confessati.

Tra qualche giorno sarà la Pasqua del Signore, pienezza della Sua misericordia. Seguendo Gesù anche noi impareremo ad essere dimentichi dei nostri peccati e anche della presunta nostra bravura,  misericordiosi con tutti come il Padre.