domenica 25 dicembre 2022

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Natale 2022

Maria “diede alla luce il suo figlio, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia”. Ecco il Natale di Gesù, il Figlio di Dio, che viene dal grembo di una donna, appunto Maria, sua madre, per opera dello Spirito Santo. Una donna veicolo di Dio che entra nel mondo. Quale rivelazione! E quale venerazione dobbiamo alla donna, ad ogni donna! L mondo dovrebbe apprenderla e far cessare ogni violenza sulle donne.  

Non fermiamoci alla coreografia pur coinvolgente ed edificante degli angeli che cantano,  della luce che squarcia la notte, dei pastori assonnati e vigili nello stesso tempo a guardia del loro gregge. Costoro storditi, presi da grande timore hanno bisogno di essere rassicurati davanti a quanto succede: “non temete”. Non ne abbiamo forse bisogno anche noi di una simile parola? E poi, ecco: “vi annuncio una grande gioia”, la gioia di Dio di darci Suo Figlio, prima di tutto, e questa gioia la devono conoscere tutti. Di questa gioia vogliamo trasbordi il nostro cuore, la nostra vita d’ora in poi, e non solo l’emozione, la commozione, l’ebbrezza di qualche attimo. Non si spegnerà la luce del Natale!

 “Oggi è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. Ecco il segno: un bambino  nella cruda povertà di una mangiatoia. Dio, nella piccolezza. E’ la via che ha scelto per raggiungerci, per toccarci il cuore, per salvarci e riportarci a quello che conta. Nella sua piccolezza c’è tutto Dio. Dopo una donna, Maria, ecco un’altra rivelazione: in un bambino viene a noi Dio. Il nostro mondo che fa violenza e respinge i piccoli fin dal grembo materno, i deboli, i fragili, coloro che sono bisognosi di accoglienza, di protezione, cura, di amore soprattutto, il nostro mondo lo deve sapere. Diamo spazio allo stupore anche se sono tanti anni che facciamo Natale. L’amore infinito ha un cuore minuscolo, un cuore di bambino, di quel Bambino di Betlemme.

Posando per qualche momento lo sguardo su colui che Maria ha dato alla luce, su Gesù, i nostri occhi vedono la fragile carne di un neonato, come hanno visto i pastori. In realtà, abbiamo mai pensato, che ammirando questa creatura, a sua volta i suoi occhi guardano noi? Sì, siamo guardati da Dio; questo Bambino è lo sguardo, buono, mite, misericordioso di Dio sul mondo, lo sguardo di Dio verso di noi. Non è poca cosa essere guardati dall’amore. Ci strappa dalla solitudine e dall’ insignificanza. Sappiamo bene che avere “nessuno che si accorga di te” è una delle esperienze più amare, vicina all’altra dello “sguardo che ti incenerisce, che  giudica e condanna”. Se i nostri volti sono corrucciati e spesso tristi, confusi, non sarà perché non guardiamo più Dio, ci volgiamo ad altro e, soprattutto, perché non vediamo come Dio ci guarda?

Non solo lo sguardo di Gesù su di noi, ma anche le due attenzioni di Maria, “il bambino avvolto in fasce, deposto in una mangiatoia”, sono grazia e benedizione. “Dare alla luce, avvolgere, deporre”, verbi della premura, dell’attenzione, della tenerezza, della custodia di chi ci è caro, ci consegnano il Bambino Gesù, ci domandano di avvolgerlo con la nostra umanità, a sua volta risanata, risollevata dalla Sua Bontà, da Lui, principe della pace; e ci insegnano a deporlo nella nostra storia, quasi mangiatoia, luogo dove altri possono nutrirsi, trovare amore e vita.

Un’ ultima meraviglia. Il Bambino neonato già parla. Del resto è la Parola di Dio fatta carne. Egli dice ad ognuno: “Mi sono fatto piccolo per te. Ti sono vicino e solo questo ti chiedo: fidati di me e aprimi il cuore. Avvolgimi delle tue fasce, della tua umanità, tu ricevi la mia, divina, e sii tu la mia mangiatoia dove il mondo può nutrirsi di pace. Sì, fammi fare un buon Natale!”

domenica 18 dicembre 2022

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

4° Avvento A – 18.12.2022

Matteo1,18-24

Il Signore ci viene incontro prima ancora che noi andiamo incontro a Lui. L’iniziativa è sempre Sua, e non può essere diversamente, visto che si muove, viene, ci incontra, per amore, per la nostra salvezza. Lo confermano le parole del profeta Isaia al re Acaz presso il quale si fa latore dell’intenzioni di Dio ( Isaia 7,10-14); lo conferma l’annuncio che sorprende e turba Maria; lo conferma questa strana comunicazione che, davanti ai timori che prendono il cuore, illumina e incoraggia Giuseppe. L’intervento e la presenza di Dio raggiungono anche la nostra esistenza, ma Dio si affida alla nostra libertà. E’ successo con il re Acaz, che però si ritira, con falsa umiltà, con Maria e il suo “eccomi, avvenga per me secondo la tua parola"; si ripete con lo sposo di lei, Giuseppe, che prese con sé Maria, perché l’amore, illuminato dallo Spirito, poté più del timore. “Non temere, Giuseppe”.

Dio si affida alla nostra libertà. Il progetto che era nel cuore di Maria e di Giuseppe, sposi, vivere il proprio matrimonio, fare una bella famiglia, come tutte, non combacia con il progetto di Dio che pensa in modo più grande. Dove sta la libertà di questi sposi, di Giuseppe, a cui spettava ora la decisione definitiva? Nel rivedere il proprio progetto, chiaro, ben programmato, preciso, e cedere il passo a quello di Dio incomprensibile al momento della sua rivelazione, e non solo. La nostra libertà di credenti è così: mettere i nostri progetti a servizio di quello di Dio, della Sua volontà, e viverli secondo le indicazioni che lo Spirito, a volte per vie strane, ci dà.  Dio non vuole rovinare o scalzarci dai nostri sogni, ma coinvolgerci nel Suo sogno, che prevede un bene più grande di quello che possiamo volere per noi e per il mondo. Ecco, Egli ci viene incontro, e conta sulla nostra obbedienza, sulla fiducia che gli diamo: “Non temere, Giuseppe”.

Altro passo per accogliere Colui che viene, e per dare un segno che il Signore è davvero in mezzo a noi, non mette a repentaglio la nostra vita, la nostra felicità, è non mettere, a nostra volta, a repentaglio la felicità e la vita degli altri. Quello che sta pensando Giuseppe su come risolvere la situazione in cui si trova quando ha saputo che Maria aspettava il Bambino, ossia denunciarla come adultera o invece rimandarla in segreto per non esporla al pericolo di una tremenda punizione secondo la legge di Mosè; questa sua attenzione, prudenza, questo amore che accetta di perdere colei che è la persona più cara, sono per dare salvezza a Maria. Quando con le nostre scelte e decisioni non mettiamo nei guai gli altri, non vogliamo essere causa di sofferenze, ed escogitiamo ogni cosa, anche se ci costa perdere qualcosa o qualcuno a cui teniamo tanto, noi stiamo collaborando al progetto di Dio. Per questo non cediamo alla paura. “Non temere, Giuseppe”.

Tra qualche giorno sarà Natale. Celebreremo la nascita di Gesù, il Figlio di Dio che viene a noi nella carne di un bambino,  di un uomo, che porterà speranza e gioia a chi vorrà accoglierlo nella propria esistenza. Non viene a rubarci la vita, ma a donarci la Sua. Benedice così i nostri desideri e progetti di bene, ogni impegno e ogni fatica nel ricercarli; a Lui li sottomettiamo. Egli certamente, nei momenti di dubbio, di paura di sbagliare, di fare del male ad altri, ritornerà a dirci come a Giuseppe: “Non temere di prendere con te Maria e il Bambino che viene dallo Spirito santo”.

 

domenica 11 dicembre 2022

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

3° Avvento A – 11.12.2022

Matteo 11,2-11

Nell’andare incontro al Signore, nel procedere nella conversione a cui il Battista già ci ha “gridato”, facciamo i conti con ostacoli grandi, spesso motivo di delusione e di scoraggiamento. Perché? Perché non sappiamo “vedere”, non sappiamo guardare.

La Parola di questa terza domenica di Avvento ci invita a guardare meglio la vita, gli eventi, le cose, soprattutto gli altri; a guardare più in profondità, per ritrovare coraggio. C’è un sentiero che si apre nella steppa, annuncia una delle immagini che il profeta usa nella prima lettura. Dio traccia una strada là dove sembra impossibile; cose impensabili come  “lo zoppo salterà come un cervo”.

Come si fa a “vedere” in profondità, oltre ciò che appare ? Bisogna coltivare nel cuore un desiderio grande, una forte attesa che si realizzerà quanto speriamo. Possiamo imitare l’agricoltore, come dice Giacomo nella seconda lettura, che dopo la semina ha davanti a sé solo una terra brulla, senza erba. Nessun segno parla ancora di vita. Eppure nel suo cuore, l’agricoltore vede già il fiore, lo desidera, lo attende, spera. La speranza ci fa vedere quello che non c’è ancora. No, non è illusione; questa non si fonda su nulla, tutt’al più sulla disperazione. Ma la speranza si fonda su Dio, sulla fede in Lui.  Per questo chi spera è già nella gioia.

Nel vangelo di questa domenica Gesù insiste su questa azione: vedere. Ai discepoli del Battista che lo interrogano sulla sua identità, Gesù suggerisce di riferire quello che vedono, alla gente che lo ascolta, Gesù chiede cosa sono andati a vedere nel deserto. Molte volte infatti la nostra vita dipende da come guardiamo. E il nostro sguardo spesso dipende dalle idee che già abbiamo, dalle nostre convinzioni, dai nostri pregiudizi.

Non vediamo bene o giusto, non vediamo affatto, perché manchiamo di umiltà; siamo accecati  dalle nostre idee, che a volte sono false, altre volte ci deprimono, che ci avvelenano. Quando non vediamo più chi ci sta accanto perché preoccupati di noi stessi, quando non vediamo  più gli errori che stiamo facendo, quando non guardiamo più il modo in cui stiamo trattando gli altri, abbiamo fatto delle nostre idee i nostri idoli. Da queste dobbiamo convertirci. Occorre cambiare testa, ma non agli altri, bensì la propria; e pure il cuore.

Persino Giovanni Battista che predica e grida la conversione agli altri ha bisogno di convertirsi; una grande lezione per me. Giovanni deve uscire dalla sua idea di Dio. Giovanni è in prigione, ma sembra che la vera prigione, quella più pericolosa, non sia quella di Erode; è un’altra: è la prigione delle sue idee, delle convinzioni anche a riguardo di Colui che deve venire. Nella sicurezza delle sue idee, che comincia a traballare, Giovanni si fa aiutare; altra bella lezione per il sottoscritto. Che fare per cambiare testa, e cuore? Anche farsi aiutare. Giovanni è capace di farsi aiutare: trovandosi in prigione, manda altri a chiedere, cioè a vedere, a rendersi conto della realtà di Dio. Capita che siamo tanto superbi che non ci facciamo neanche aiutare e preferiamo rimanere chiusi nella prigione del nostro io.

Dai, non viviamo tesi o intestarditi sulle nostre idee, non perdiamoci nella paura di esserci ingannati . Ritorniamo, piuttosto, a ripeterci l’invito della odierna liturgia: “Rallegratevi sempre nel Signore”. La gioia è possibile se sappiamo vedere e ci lasciamo sorprendere dalle Sue opere.

giovedì 8 dicembre 2022

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Immacolata Concezione di Maria – 08.12.2022

Luca 1,26-38

Oggi, nella Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, eleviamo lodi alla SS. Trinità. Maria all’inizio della sua esistenza nel grembo della propria madre, per singolare privilegio di Dio che non vogliamo sindacare, gode della “bontà originale” della creatura, e non la condizione che chiamiamo “peccato originale”, cioè l’inclinazione misteriosa al male che tanto ci affligge ingannando  la nostra libertà. Per questa condizione di grazia alla quale risponderà con il suo “eccomi” all’annuncio dell’angelo, Ella darà al mondo il Figlio Gesù, che così viene incontro a noi. A partire da questa premessa, abbiamo la consapevolezza che il nostro  cammino d’Avvento non sarà vano,  non resterà deluso chi lo compie con fede.

In Maria Immacolata ci viene offerto un anticipo di quello che Dio vuole fare: riversare in ogni creatura una pienezza di grazia che diventa la nostra gioia. L’essere immacolata, senza peccato fin dal primo istante di Maria, è l’inizio di una “benedizione spirituale”; l’esserlo un giorno pure noi è la meta per cui siamo venuti al mondo. Non abbiamo avuto la “bontà originale”, avremo la bontà finale ed eterna. Comunque questa già comincia con il nostro Battesimo, con la nostra “immersione” in Gesù, “Spirito santo e fuoco”, diceva Giovanni il Battista qualche giorno fa.

In che cosa consiste questa “bontà originale” che Maria ha avuto fin dall’inizio e che non è negata a noi, anche se dobbiamo fare i conti con il peccato? Ella è “piena di grazia”, come le rivela l’angelo recando l’annuncio e la proposta di Dio. E’ “vuota di male”, senza peccato, condizione datale gratuitamente da Dio che non le risparmierà la fatica della fede, l’impegno di seguire il Figlio non sempre comprendendone le scelte, e di partecipare al dono totale di costui presso la croce. Ella, incontrando la cugina Elisabetta, chiamerà questo essere “piena di grazia”, “lo sguardo misericordioso di Dio sulla mia miseria”. L’assicurazione di questa bontà è nel saluto dell’angelo: “il Signore è con te”. Ecco la pienezza di grazia: nell’avere Dio con noi! Ci verrà confermata nella notte di Natale: l’Emmanuele è qui, Dio con noi!

Visto quanto è avvenuto  nella casa di Nazareth, non abbiamo mai pensato che il luogo proprio dove ci raggiunge la benedizione di Dio, dove ci è donato e riconosciuto che siamo “pieni di grazia”, il luogo dove ci viene detto “il Signore è con te”, è la casa? Sì, la casa! La casa dove abitiamo, in cui viviamo, ci amiamo, dove soffriamo, dove speriamo. La casa, la famiglia, luogo di affetti e pensieri, di gioie e di lacrime. Non saremo ancora pienamente “santi e immacolati”, come lo saremo un giorno, ci assicura Paolo nella seconda lettura ricordandoci la nostra destinazione finale, ma non ci è negata o impedita l’esistenza che conta sulla “pienezza di grazia” di Maria, sul suo aiuto, sulla sua protezione, sul suo esempio per quanto ci è possibile seguirlo, nella nostra “casa”.

Poiché noi non siamo esenti dal condizionamento che viene dal peccato - come Maria Immacolata  – è comprensibile qualche dubbio circa questa benedizione che ci è promessa e avremmo nella nostra casa. Più che l’ombra dello Spirito santo, avvertiamo l’ombra dei nostri timori. Allora, con Maria, facciamo un atto di fede e di abbandono: “Signore, in questa casa, avvenga per me secondo la tua parola. Tu sei con me”.

 

lunedì 5 dicembre 2022

 BRICIOLE di PAROLA ...nell'omelia

2° Domenica Avvento A – 04/12/2016

Matteo 3,1-12

“Andiamo con gioia incontro al Signore!”. Era l’invito della scorsa domenica, inizio di un nuovo cammino verso di Lui. Che cosa sia o comporti questo cammino, ce lo grida oggi Giovanni il Battista, nel deserto, non solo luogo significativo che ricordava ai suoi ascoltatori la storia da cui provenivano, quella liberazione e quel cammino verso la terra promessa, ma anche “deserto” che ci richiama al nostro cuore, spesso simile, come recita il salmo 43, “terra deserta, arida, senz’acqua”.

Noi tutti ci portiamo dentro un desiderio più o meno forte di voltare pagina, riconoscendo che qualcosa che non sta funzionando nella nostra vita. Giovanni ci viene incontro, ci viene addosso, vista la violenza con cui ci grida: “Convertitevi!”. La conversione è un radicale cambiamento del nostro modo di pensare e di agire, di conseguenza.  Con il suo atteggiamento, con il suo modo di vivere, con il suo look persino, Giovanni ricorda il profeta Elia, geloso difensore dei diritti di Dio, mostra e ordina una decisione radicale e rivoluzionaria. Magari noi non arriviamo a tanto, ma la necessità di un cambiamento, di una conversione, rimane.

Ma più che la necessità di cambiare, che a volte viene negata o baipassata trovando degli escamotages per tirare avanti , ciò che conta e davvero ci può muovere è la motivazione che portiamo dentro. Potremmo dire: ma insomma, perché devo ascoltare e seguire il vangelo? Perché conversione?

Riascoltando le parole forti di Giovanni, ho colto due motivazioni. Non so ugualmente valide. Anzi. Una proprio non lo è, non è una buona notizia: “Razza di vipere”, e qui ci rinfaccia come noi, associandoci a farisei e sadducei, persone religiose e di potere, avveleniamo la vita; “la scure è posta alla radice dell’albero”, e saremo tagliati fuori. Questa motivazione: convertirci, cambiare, se mai ci si riesce, per evitare il peggio, non è evangelica, e alla lunga non dura.

La motivazione forte, convincente, invece, è per accogliere finalmente il bene che viene a noi: “convertitevi perché viene il regno dei cieli, Dio è vicino. Non perdete questa occasione”. Convertitevi per Dio, cioè fatelo per amore e non per paura, per timore di andare all’inferno, potremmo dire. Sì, le cose, i propositi, le decisioni, se mai vengono prese, motivate dalla paura, non reggono. Come minimo portano alle apparenze, al essere farisei falsi, o comunque illusi del nostro potere. Ciò che ti fa volare o cambiare vita non è semplicemente il voler schivare il male, ma il volere compiere il bene.

Ma come si fa a compiere il bene? Ecco l’altra risposta che ci viene dalle parole del battista: “non contentatevi di un battesimo di acqua”, di immergervi nell’acqua come segno di pentimento, di purificazione esteriore o di penitenza; non fermatevi a questi atteggiamenti e gesti buoni, ma insufficienti per cambiare le cose e soprattutto il cuore. Non pensate di ritenervi a posto perché all’anagrafe siete cristiani, dice a noi. Ci vuole il battesimo “in Spirito Santo e fuoco”, cioè l’accoglienza vera e l’immersione in Gesù. Allora ci sarà la nostra conversione, le cose cambieranno, perché cambia il cuore con cui le si vive. Quelle impossibili, l’utopia descritta nelle parole del profeta Isaia (11,1-10) sono un sogno ad un passo dalla realtà. Questa viene a noi, e si chiama Gesù! Signore, re di giustizia e di pace!