mercoledì 29 novembre 2017

BRICIOLE di PAROLA

 
…dall’omelia del 26.11.2017

- Matteo 25,31-46

 Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore. Di qui non si scappa. E sta tutta qui la predica che possiamo ricavare riflettendo sulla parola di Gesù, proprio a partire dalla scena finale che Egli ci descrive al termine della nostra esistenza.
Mentre siamo a questo mondo, non ci avvenga di sotterrare il talento dell’amore che ci è stato dato perché lo investiamo, lo moltiplichiamo.

L’unico modo per investire questo talento, questa ricchezza, l’amore, l’unica via che davvero ci fa re e signori è quella di servire.
Oggi è la festa di Cristo Re e Signore dell’universo e della storia; la sua regalità, la sua signoria, si manifesta nell’amare e dare la vita fino a vincere la morte, per noi nell’accogliere, aiutare chi è nella difficoltà. Di tale regalità e signoria siamo chiamati a farne parte amando concretamente poveri e infelici, sino a “regnare” su ogni male.

Ad insegnarci ad amare, viene in aiuto la stessa cura e premura che Dio mostra nei nostri confronti (cfr Ezechiele 34,11-17). E poi ci scuotono le parole del vangelo, ricordando il giudizio a cui saremo sottoposti, un giudizio di misericordia se avremo usato misericordia; un giudizio severo se saremo stati severi. 
In pratica Dio non farà altro che ratificare verso di noi l’atteggiamento che avremo tenuto nei confronti del prossimo, dei fratelli suoi, dei più piccoli tra costoro, dei più poveri, gli ultimi, gli abbandonati.

“L’avete, o non l’avete, fatto a me!”. Egli si è immedesimato con questi fratelli, anzi è uno di loro. Un giorno saremo felicemente o amaramente sorpresi di essere stati qui davanti a chi ci è re e signore, pur se le apparenze non lo dicono.

 “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo.”  Quando il Signore mi chiamerà, sentendo queste parole, questo invito, spero di morire… di felicità!








giovedì 23 novembre 2017

BRICIOLE di...poesia!

 
SARA’ NATALE

Avanzan gli anni
nel ministero amato,
in grazia e gioia
ogni dono è dato,
senza fine la carità,
in altri pensieri
vibra umanità.

In lungo e in largo
non è fermo l’andare,
paziente fiducia
e continua l’amare,
ancora di lieta novella
si tinge l’autunno
età feconda e bella.

Alberi spogli,
cadon le foglie,
rosicchiar di passi
vivacità non toglie,
della sera l’imbrunire
calma pure le voci,
i rumori e ogni dire.

Domestico riposo,
cara buona pace,
al familiare desco
ogni dissidio tace,
narrar della giornata
é pane condiviso
della fatica portata.

Al freddo mattutino
non s’affretti breve il giorno,
serale umidità
a togliere luce intorno,
venga essa dell’amore
in ogni casa e petto
a custodir caldo tepore.

Mette fretta l’amore
ritardi non concede,
anticipa l’abbraccio,
la carezza, e la fede,
anzi tempo io canto
prodigio tra preci
mai atteso così tanto.

Arrivan giorni di bontà,
di letizia sinceri,
a cuore e affanni
non cedano pensieri,
la vita il cielo vale,
anche Dio la sceglie,
e sarà Natale.

Macchè inverno,
già il Germoglio preme,
in grembo verginale
vive nostra speme,
non tristezza e noia,
augurio di regger sani
l’infinita gioia.

Il Salvatore, il solo,
è Dio in carne umana
adagiato, piccolo, debole,
d’amore profumo emana,
in rustica culla,
a pastori, greggi e poveri,
di più bello non v’è nulla.

Dal buio e inganni
al Bambino vanno,
sorpresi, curiosi, solleciti,
una speranza hanno:
per celestial tenerezza
loro sorte da tutti fuggita
veste divina bellezza.








mercoledì 22 novembre 2017

BRICIOLE di PAROLA

 
…dall’omelia del 19.11.2017

- Matteo 25,14-30

Il talento prezioso che Dio ha messo nella nostre mani chiamandoci alla vita è l’amore. A ciascuno la propria dose, secondo la “pienezza di ciascuno”. Egli conta che noi abbiamo a “trafficare”, investire, anche rischiando, e così moltiplicare l’amore. Creandoci Dio ha fatto una transizione e non un prestito momentaneo.

Quel “regolare i conti” alla fine della parabola non significa che Dio vuole indietro quello che ci ha dato. Egli è contento, è soddisfatto che noi realizziamo pienamente la vita avuta in consegna, con i tesori di umanità e di amore che ha in sé.

La conclusione della parabola ci avverte: chi non concorre a produrre il bene, chi si limita a non far niente di male (è l’esempio del servo malvagio e pigro!), fa già del male! Perde anche quello che ha! A volte noi siamo fin troppo diligenti, ma cauti, prudenti. 
In realtà siamo prigionieri di pigrizia, stiamo a guardare cose succede senza scomodarci troppo; 
siamo preda di permalosità o invidia, perché gli altri hanno ricevuto di più; 
siamo preda della paura di perdere quel poco, diciamo noi, che abbiamo ricevuto.

Lo sbaglio più grande del terzo servo che si è imboscato e ha imboscato il talento, il dono di Dio? Ha guadagnato solo rimproveri e castigo. Perché?
Perché ha avuto paura. Non di perdere. Ha avuto  paura del suo padrone. “Ho avuto paura”. Si scusa il poveraccio davanti al padrone. E’ questo che dispiace a Dio, ed è fargli un gran dispetto: avere paura di Lui. Questo servo ha mostrato di non conoscere bene, o meglio, di avere un’idea cattiva, del padrone.

Anche a noi può capitare, tutto sommato, di pensare male di Dio; di pensare che Lui non è in grado di volere e darci la nostra felicità, e ci comportiamo di conseguenza, arrangiandoci e difendendoci.
Eppure ci domanda di essere “fedeli nel poco”, cioè nelle cose quotidiane, nei piccoli gesti d’amore verso gli altri.. Oggi, 1° giornata dei poveri, promossa da Papa Francesco, incoraggia questo investimento del talento dell’amore, di cui nessuno è sprovvisto.

Prima di terminare questa riflessione, una parola…bella.
Alla luce della 1° lettura (Proverbi 31,10), che parla di una “donna forte”, mi piace pensare che i due servi buoni e fedeli che meritano il plauso e il premio del padrone, siano in realtà due serve. Sì, due donne, dove bellezza e grazia, saggezza e operosità, premura e carità, rivelano, moltiplicano l’amore che è stato affidato al nostro cuore e alle nostre mani. La loro presenza è benedizione!








domenica 12 novembre 2017

BRICIOLE di PAROLA

 
…dall’omelia del 12.11.2017

- Matteo 25,1-13

La preghiera di questi primi giorni di novembre, la recente ricorrenza di tutti i santi e la commemorazione dei nostri fratelli defunti ha già gettato un po’ di luce sulla nostra esistenza che non ha il suo termine ultimo nella morte. La parabola di Gesù, è il caso di dire, lo conferma.

- “Il regno dei cieli è simili a dieci ragazze, che prese le loro lampade, uscirono incontro alla sposo”. La nostra è un esistenza in uscita… continua : usciamo di casa per andare al lavoro, a scuola, usciamo di casa per andare al mercato, per andare a divertirsi, fare una passeggiata, usciamo di casa per far visita ad un amico, ad un parente,  anche per andare dal medico, per un incombenza che ci costa, usciamo di casa perché l’aria è diventata irrespirabile…Un giorno siamo usciti dal grembo materno, usciremo da questa esistenza per entrare nella pienezza della vita per cui Dio ci ha creati . Sì, la vita è “uscire incontro allo sposo”.

- A noi vegliare, perché la vita ha una sua complessità. Fa sorridere il clima di questa parabola dove nessuno sembra fare bella figura, né le ragazze che si addormentano, quelle sprovvedute che rimangono senza olio per le loro lampade, quelle sagge, ma …acide, che negano solidarietà e persino che lo sposo che si fa ad aspettare. Rimane comunque che un festa di nozze ci attende! E non semplicemente come ospiti! E questo mette una certa euforia, che traspare anche dalle parole di Paolo: “saremo sempre con il Signore” (1Tessalonicesi 4,17) e con i nostri cari.

Ritorna con la memoria a quel giorno in cui sei uscito o uscita incontro all’amato/a, incontro all’amore: emozione grandissima, confusione del cuore, gratitudine incolmabile, impazienza bruciante, agitazione incontenibile, sogno ad occhi aperti, incoscienza felice …

Per “vegliare”, per rimanere ben desti, è necessario provvedere l’olio, l’amore che Dio per mezzo dello Spirito ha già acceso nei nostri cuori, perché non diventi fioca, pallida, poco luminosa la nostra esistenza.

La ricarica d’olio o d’amore è favorita dalla sapienza che viene in cerca di noi (Sapienza 6,12-16) e a noi si offre. Abbiamo tante cose nelle nostre case, nella nostra vita: che non manchi l’olio speciale che dà luce, che dà letizia, che ci rende pronti per uscire, quando sarà il momento, da questa attesa terrena, per entrare nella vita e nella festa senza fine. Ci auguriamo, intanto, un lungo… fidanzamento, poiché certo è “l’incontro con lo sposo”







venerdì 3 novembre 2017

BRICIOLE di PAROLA


…dall’omelia del 02.11.2017
Commemorazione Defunti

RIPOSO…nell’AMORE

“L’eterno riposo dona loro, Signore, e splenda da essi la luce perpetua, riposino nella pace. Amen!”

Guardiamo, oggi, con serena nostra consolazione, alla condizione nel cielo in cui si trovano coloro che abbiamo amato, i nostri cari; a considerare con fiducia anche la nostra dipartita da questo mondo quando sarà l’ ora. La morte non è la fine di tutto, tanto meno del bene e dell’amore in cui ci siamo sforzati di camminare, ma il passaggio alla vita piena che Dio ha in serbo per tutti i suoi figli, anche se non sappiamo molto della vita che ci attende. 

Il riposo eterno in cui sono i nostri cari, e in cui saremo noi un giorno, non è uno stato inerte, un sonno che porta oblio su tutto, assenza di sentimenti e di affetti. Non è nemmeno semplicemente il riposo dalle fatiche, dalle tribolazioni che qui ci hanno messo alla prova, una condizione in cui nulla ci può più nuocere. E’ troppo poco! Dio, Padre che ci ama come una madre, vuole donarci molto di più: vuole tenerci con affetto in braccio, stringerci a sé con tutta la dolcezza e la tenerezza di cui è capace, ed è immensa; vuole coinvolgerci pienamente nella sua vita quali figli prediletti.

“L’eterno riposo” è la nostra vita riposta là da dove viene, nel grembo di Dio, nella pienezza del suo amore. E’ “rimettere” la nostra esistenza nelle sue mani, nel suo cuore. Ed è anche questo “dono” suo. Per questo l’atto della morte può essere, a nostra volta, il momento del dono più grande che noi facciamo a Dio. Per il quale è certamente gioia riabbracciarci e averci con sé per l’eternità.

Questo riposo non è oscurità, ma godere della luce straordinaria che è Dio. “Splenda a essi la luce perpetua”,: questa luce è la visione del volto di Dio, come un bambino che nasce a questo mondo vede finalmente il volto della madre sua, autentica luce dell’esistenza. E’ pure ritrovare il volto caro di coloro che abbiamo amato. E’ un riposo ad occhi aperti che contempla Dio, la bellezza della strada fatta con i nostri cari, anche i passi difficili lungo i quali siamo stati sostenuti. Qualche riflesso di questa luce di cui loro godono già giunga oggi anche fino a noi! E’ per questo che noi li preghiamo i nostri defunti: ci ottengano un po’ di quel riposo e di quella pace in cui essi sono.

“Riposino in pace”. Non più angosce né desideri, nemmeno non più fede né speranza per loro: non ne hanno bisogno, sono nella visione, sono nella pace, sono in Dio per l’eternità dove ci attendono, da dove ci incoraggiano, e vengono in nostro aiuto. Sì, “Amen”!. Benedetto sia Dio, lodato  e amato dai suoi santi, dai nostri cari, da noi tutti. Il nostro cuore solo in Lui trova l’eterno riposo, la felicità per cui è stato creato. Così è e così sarà!