domenica 26 settembre 2021

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

26° Domenica B – 26/09/2021 

Numeri 11,25-29   -   Giacomo 5,1-6   -   Marco 9,38-48

Gesù non manca di scuotere  e di impartire insegnamenti ai suoi discepoli che fanno una fatica tremenda ad apprenderli, forse perché non li condividono pienamente.  Lo svela anche il vangelo di oggi.

Un uomo, che non faceva parte del loro gruppo, scacciava i demoni nel nome di Gesù, ed essi volevano proibirglielo. Giovanni, con l’entusiasmo zelante tipico dei giovani, se ne fa portavoce presso il Maestro. Gesù risponde: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi

L’insegnamento è chiaro. Davanti ad un atteggiamento di chiusura verso una persona, esterna al gruppo, che fa del bene, Gesù,  invece, appare molto libero, pienamente aperto alla libertà dello Spirito di Dio, che nella sua azione non è limitato da alcun confine o recinto. Egli vuole educare i suoi, anche noi oggi, a questa libertà interiore. Che non teme la …concorrenza nel fare il bene! E impedisce l’invidia, la presunzione di essere noi soli i bravi, i buoni.

La grande libertà di Dio nel donarsi a noi, che Gesù rivela, ci chiama a non pensare secondo le categorie di ”, “noi/loro”, “chi è dentro/chi è fuori”, “mio/tuo”, “amico/nemico, ma ad andare oltre, ad aprire il cuore per poter riconoscere la sua presenza e l’azione di Dio anche là dove non pensiamo. Si tratta di essere attenti più alla genuinità del bene, del bello e del vero che viene compiuto, che non al nome e alla provenienza di chi lo compie. E  invece di giudicare gli altri, dobbiamo esaminare noi stessi, e “tagliare” senza compromessi tutto ciò che può recare inciampo, “scandalizzare”,  creare ostacolo alle persone più deboli nella fede.

A proposito di “tagliare”. Ci fanno accapponare la pelle i detti di Gesù: “se la tua mano ti è motivo di scandalo” (perché la tieni chiusa o l’adoperi per ferire), se il tuo piede ti è motivo di inciampo (perché cammini e conduci altri su vie sbagliate), se il tuo occhio rende torbido il tuo cuore (perché si sa sono alla fin fine i desideri che fanno l’animo di una persona), taglia! Le affermazioni di Giacomo, nella seconda lettura, sono autentici colpi di scure, di mannaia, che tagliano quello che non va.

I cristiani, però, non sono dei monchi, degli zoppi o dei “guerci” con un occhio solo. Abbiamo due mani per abbracciare meglio, per dare di  più; abbiamo due piedi per camminare più decisi, svelti e spediti, per sostenere chi è incerto e cade; abbiamo due occhi per vedere tutte le meraviglie di Dio, il bene e i bisogni degli altri. Ci è dato soprattutto un cuore, che non è attaccato alle cose e inquinato dall’avidità,  pulsa come quello di Gesù, ama come Dio ama. E’ la buona notizia, di cui rendiamo grazie. 

 

domenica 19 settembre 2021

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

25° Domenica B – 19.09.2021 

Sapienza 2,12.17-20   -   Giacomo 3,16 - 4,3   -   Marco 9,30-37

 La Parola del Signore, oggi, ci aiuta a percorrere le strade di questo mondo, le vie talvolta tortuose e complesse della nostra esistenza, con sapienza. Anche le cronache di questi giorni ci chiedono uno sguardo illuminato e non solo spaventato sdegnato.

Gesù sa leggere la propria esistenza, considera in profondità gli avvenimenti dentro i quali egli si muove, o che accadono attorno a sé. Non vive superficialmente, e affronta ogni cosa conservando una forza interiore straordinaria pur conoscendo, quando verrà il momento della prova, un umanissimo smarrimento. Gesù discorre sulla vita con vera sapienza. Egli è il giusto di cui parla anche la prima lettura; a lui, dicono gli stessi avversari, non mancherà il soccorso di Dio. Dobbiamo e vogliamo imparare da Lui.

Di fronte alla vita, a questi fatti, che cosa rivelano le nostre conversazioni in famiglia, quale il tono il contenuto del nostro dire, i commenti, o la sapienza, perché voglio pensare che ci sia ancora una “sapienza” nelle nostre case, che mostriamo nel nostro agire? Giacomo nella seconda lettura mette in guardia da una sapienza di bassa lega, che causa solo disastri e infelicità: gelosia, spirito di contesa, disordine, passioni, desideri e voglie che spingono alla violenza, alla sopraffazione. “Da dove vengono violenze che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere…”

Di contro, segnala una sapienza che viene dall’alto, pura, pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità e ipocrisie; una sapienza che produce la pace.

Mostra dolore e sensibilità dire “basta” davanti alla violenza, manifestare solidarietà con marce silenziose e bandiere a mezz’asta. Tutto questo è buona cosa, sono bei gesti, ma non sono sufficienti per arginare la violenza che è il prodotto della sapienza di questo mondo, in realtà follia. E non è solo un fenomeno culturale. Il principe di questo mondo non manca di metterci del suo.

Occorre guardare alla vita, all’amore, alle nostre relazioni, agli altri con occhi e cuore seguendo Gesù, per non lasciarci travolgere dalle nostre passioni incontrollate. Famiglia, lavoro, scuola, economia, salute… sono gran parte le nostre realtà, ed è qui che abbiamo bisogno della sapienza che viene dall’alto. L’avidità, in tutti i sensi,  camuffata da necessità, da bisogno impellente, è causa di grande infelicità, è la fine di ogni pace.

 L’insegnamento che Gesù ci impartisce per correggere il nostro modo di stare nella vita, “se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo e il servitore di tutti”, è avvalorato da un gesto che sorprende, per la mentalità del tempo, e che dice molto più delle parole: “prese un bambino, lo pose in mezzo a loro, e lo abbracciò”.

Gli uomini rischiano di abbracciarti per possederti, per tenerti prigioniero, anche chi dice di volerti bene, per farti del male, per eliminarti; ma il Signore ti abbraccia per dirti che davvero ti vuol bene, per coccolarti, per proteggerti, per accompagnarti nella vita, per rimetterti in libertà. Ecco, carissimi, con questa lezione, che sta in un abbraccio, impariamo a leggere bene la nostra vita e quanto ci accade. Non ci deve intimorire o avvilire, ma nemmeno ingannare nel trascurare la Sua presenza. Noi camminiamo dietro a Lui, ma Lui cammina a fianco nostro, con tutta la sua decisione nell’essere fedele al Padre Suo e la tenerezza sua nel rimanere accanto a noi. 

 

martedì 14 settembre 2021

 Briciole di Parola e di vita

 14 Settembre 2021

Festa dell’esaltazione della santa croce 

Rischia di essere fuorviante il titolo di questa ricorrenza liturgica, “esaltazione della santa croce”, se non fosse per quell’aggettivo “santa”, che è molto di più di una aggettivo che addolcisce una cosa che è tutt’altro che santa, cioè una benedizione. Essa è invece una maledizione, una condanna, come è un supplizio, una tortura, una gogna dolorosa e letale.

Santa è qualcosa che appartiene a Dio, il tre volte santo! Santità è l’amore di Dio, l’amore che è in Dio, Dio che è amore, e che si riversa su di noi e in noi. E’ chiamata “santa croce” perché è di Dio che si è fatto uomo in Cristo Gesù per occuparla e trasformarla in segno di benedizione e di salvezza, considerato che è un luogo do ve sta l’umanità presa dal peccato, umanità che ha rifiutato l’amore. Allora lì l’Amore di Dio ci raggiunge e ci dà salvezza.  Dire “santa croce” si onora, anzi si adora l’amore che ha portato Gesù a dare la propria vita; così si onora e si adora il crocifisso per amore. Non tutti i crocifissi nella vita lo sono per amore, vedi i malfattori inchiodati accanto a Gesù sul Calvario. Ma chi ama in misura alta, totale, come Gesù, sa che dovrà essere rifiutato, condannato, crocifisso, ucciso come aveva predetto ai suoi Gesù, domenica scorsa. “ chi vorrà seguirmi, prende la sua croce ogni giorno e mi segua”. Non le disgrazie, le sofferenze, i patimenti, ma la sua misura del suo amore, qualunque sia la sua vocazione, sposa o sposo, genitore o figlio, è la croce. E questa è santa! In definitiva la croce di Gesù che noi esaltiamo è il Suo amore fino in fondo, anzi fino in cima al Calvario, da cui si scende poi al giardino della risurrezione.

Sulla croce, l’amore ha accettato di farsi peccato, dice l’apostolo Paolo, cioè conoscere la maledizione, la condanna. Ma non per rimanervi prigioniero, piuttosto per dare speranza ai crocifissi che confidano in lui, e pure anche a coloro che sono causa di crocifissi. Chi guarderà all’amore crocifisso, cioè al figlio di Dio, Gesù, chi guarderà a coloro che patiscono oggi per amore, avranno motivo di speranza e di forza per non maledire la vita e la condizione in cui sono. Dio ha mandato il Figlio nel mondo  non per condannare o lasciare nella condanna il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Nella nostra esistenza chiamiamo croce ogni sofferenza, disgrazia, patimento, come quella dei ladroni, anche se noi non abbiamo meritata.  Lo possono anche essere. Ma per essere “santa” deve essere fatta e vissuta con amore, e questo è possibile se uniti a Gesù, con umiltà e fiducia; a sua volta tale prova, questa unione farà crescere lo stesso amore perché la santità di Gesù ci guarirà, ci sanerà, ci darà vita. Più amore c’è, più benedizione sarà nella nostra croce perché sarà quella di Gesù, santa. Allora preghiamo: “Adoriamo la tua croce Signore, celebriamo la tua beata passione. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua santa croce, con il tuo crocifisso amore, hai redento il mondo”. “Grande è il mistero della croce! La morte fu vinta quando, per amore, morì l’Autore della vita” (dai Vespri). Amen

 

 

 

domenica 12 settembre 2021

 BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

24° Domenica B – 12.09.2021

Isaia 50,5-9    - Giacomo 2,14-18      - Marco 8,27-35

A domanda, risposta! “La gente, chi dice che io sia?”. Sembra che Gesù sia interessato a sapere che cosa pensa la gente di lui. In realtà a Lui non interessano i sondaggi e le chiacchiere della gente. Egli non accetta neppure come risposta formule Piuttosto sprona i discepoli a porsi in tutta verità di fronte a sé stessi, e chiede ai suoi “Ma voi, chi dite che io sia?”.

Gesù, oggi, rivolge questa richiesta così diretta e confidenziale a ciascuno di noi: “Tu, chi dici che io sia? Voi, chi dite che io sia? Chi sono io per te?”. Ognuno è chiamato a rispondere, nel proprio cuore, lasciandosi illuminare dalla luce che il Padre ci dà per conoscere il suo Figlio Gesù. E può accadere anche a noi di affermare con entusiasmo: “Tu sei il Cristo”. Ecco la risposta di Pietro!

A domanda, risposta! Esatta, ma incompleta! Gesù allora precisa in modo chiaro che la sua missione si compie non nella strada larga del successo, ma che il Cristo percorre il sentiero arduo del Servo sofferente, umiliato, rifiutato e crocifisso. Allora può capitare anche a noi, come a Pietro, di protestare e ribellarci perché questo contrasta con le nostre attese secondo la mentalità del mondo. In quei momenti, anche noi meritiamo il salutare rimprovero di Gesù: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. E poi scende nei particolari: ci dice che per seguire Lui, per essere suoi discepoli, bisogna rinnegare sé stessi, cioè le pretese del proprio orgoglio egoistico, e prendere la propria croce.

La croce che io devo prendere è vivere le stesse scelte di Gesù e affrontare le stesse conseguenze. Prendi con te l’amore con il suo prezzo! La misura del tuo amore di sposa o di sposo, di genitore o di figlio, di donna e di uomo. Ecco la croce! Poi dà a tutti una regola fondamentale. Con questa regola? “Chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la troverà”.  Spesso nella vita, per tanti motivi, sbagliamo strada, cercando la felicità solo nelle cose, o nelle persone che trattiamo come cose. Ma la felicità la troviamo soltanto quando l’amore, quello vero, ci incontra, ci sorprende, ci cambia. L’amore cambia tutto!

A domanda, risposta! E’ l’amore! L’amore di cui sei capace, anche la sua debolezza. L’amore che si concretizza nelle opere, e rende visibile la fede, dice Giacomo nella sua lettera. Sta lì la vera risposta, non nella teoria, potremmo dire, ma nella pratica, nella vita.  La fede, se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta - teoria senza pratica - Al contrario uno potrebbe dire: “Tu hai la fede, come a dire sai tutte le risposte, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”.

E’ risposta impegnativa assai, impopolare, impossibile. “Ecco, il Signore Dio mi assiste”, confessa chi confida in Lui, come suggerisce la prima lettura. Anch’io voglio ripeterlo, ogni mattina, ogni sera, ogni notte, ogni giorno. La mia strada rimane Lui, Gesù, davanti a me, e non io davanti a Lui . Sì, “il Signore Dio mi assiste”. E mi suggerisci, mi dai la mia risposta!

 

 

 

domenica 5 settembre 2021

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

23° Domenica B – 05/09/2021

 

- Isaia 35,4-7          - Giacomo 2,1-5         - Marco 7,31-37

Dopo le labbra e il cuore, richiamati, e svelata la contraddizione in cui possono trovarsi, dalla parola di Dio domenica scorsa  -  Gesù citando il profeta Isaia aveva detto “questo popolo mi onora con le labbra , ma il suo cuore è lontano da me” – dopo le labbra e il cuore ecco gli orecchi e la lingua. Ancora un riferimento alla nostra umanità, un’umanità sorda e muta rappresentata da questo uomo sordomuto dalla nascita; un’umanità bisognosa di guarigione.

Così Gesù si fa medico! Egli che ha assunto la nostra umanità, incontra il male che ci affligge e sa come intervenire con ognuno, quale medicina e terapia assegnare. Certamente le dita negli orecchie e la saliva sulle labbra facevano parte di un rituale conosciuto; a noi sembrano gesti poco opportuni. Guai a toccare! Non è buona educazione. Di questi tempi, poi!

Questi gesti mostrano che è e sa essere pienamente umano il Dio che Gesù è venuto a rivelare. Egli vive la propria umanità in unione con il Padre: per questo, “alzò lo sguardo al cielo”, annota il vangelo, “emise un sospiro”, che è quasi un lamento – “ma guarda come sei ridotto, pover’uomo! Che infelice!” -  e pronunciò la parola risolutiva: “Effatà”, che significa “Apriti”. La guarigione, diciamo subito, è  un’ “apertura” agli altri, al mondo, a Dio. Sì, perché la sordità e il mutismo, invece, sono… “chiusura”. Ma Gesù è la guarigione, è il medico che salva!

Abbiamo tutti bisogno di una duplice guarigione. Innanzitutto la guarigione dalla malattia e dalla sofferenza fisica, per restituire la salute del corpo; anche se questa finalità non è completamente raggiungibile qui, nonostante tanti sforzi lodevoli e generosi della scienza e della medicina.

C’è una seconda guarigione, forse più difficile, ed è la guarigione dall’incapacità di stare e relazionarci con gli altri perché siamo e ci facciamo sordi e muti di fronte a loro, alle loro necessità e bisogni.

Ma una volta guariti, diventiamo capaci di guarire! Innanzitutto portando a Gesù chi è malato! E poi dobbiamo imparare ad alzare gli occhi, cioè essere uniti a Dio, e a “sospirare”!

Il sospiro! Non ci sia solamente per qualcosa che si fa desiderare! Non il lamento che manifesta delusione tristezza perché non si avvera. Nemmeno un sospiro di sollievo, quando l’abbiamo scampata bella! Vogliamo che il sospiro sia un atto di fiducia in Dio, un’emissione di amore verso di Lui e verso gli altri. Questi ci fanno sospirare non perché ci preoccupano o ci fanno attendere, ma perché attendono amore!

Gesù è venuto ad «aprire», a liberare,  a guarire perché noi, resi, purtroppo, interiormente sordi e muti dal peccato, possiamo ascoltare la voce di Dio che parla al nostro cuore, e così impariamo a parlare il linguaggio dell’amore, traducendolo in gesti di generosità e di donazione di noi stessi.