lunedì 29 aprile 2024

BRICIOLE di PAROLA...nell'omelia

Quinta di Pasqua B – 28.04.2024

1Giovanni 3,18-24     Giovanni 15,1-18

Dopo l’immagine verità del Buon Pastore che dà la vita per le pecore, ecco che Gesù si serve di un’altra non meno vera per confermare che la Sua missione presso i suoi è che anche costoro producano e diano vita per e al mondo: Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto.

Anche questa è un’immagine molto conosciuta e cara agli ascoltatori di Gesù. Il popolo a cui Dio si è rivelato è paragonato ad un vigna, la vigna del Signore; Colui che Dio, il Figlio, il Crocifisso/Risorto, è la vite, e i tralci, la cui funzione è di produrre frutti di bontà, giustizia, pace e carità, sono i suoi discepoli, sono quelli che rimangono uniti a Lui. “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me”.

Quanti sono risorti con Gesù, e lo siamo noi innestati in Lui con il Battesimo quale frutto della Risurrezione, hanno possibilità di vita, la Sua stessa vita, se coltiviamo questa relazione: rimanere, stare uniti, proprio come un innesto a Lui perché scorra in noi, nelle nostre membra, nella nostra umanità,  la Sua stessa linfa, come del resto Egli ci tiene ben stretti a sé e non ci lascia senza di quanto è necessario perché non diventiamo tralci secchi, inutili, sterili, privi di ogni frutto. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia…”.

Il desiderio e la volontà del Padre è che noi abbiamo a portare frutto, molto frutto. E’ l’obiettivo della vita, il senso dell’andare, del crescere, del maturare in questa esistenza. In che consista questo frutto, ben ce lo lascia intendere, anzi lo dice chiaramente, l’apostolo Giovanni nella seconda lettura di oggi: Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità….Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato.” In pratica è la vita stessa di Gesù che scorre e si manifesta in noi.

C’è un’affermazione tra le parole di Gesù che attira la nostra attenzione. Una l’abbiamo già ricordata: Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia…”.Questa affermazione non contraddice la bontà e la pazienza del buon Pastore sostituendole con la severità del vignaiolo. In realtà è in tralcio infruttuoso che si elimina da sé, si emargina dalla comunione che dà la vitalità necessario perché arrivino i frutti. L’altra, invece, che ci sorprende ancor di più ma fino ad un certo punto se conosciamo l’arte di coltivare le viti, dice così: “ogni tralcio che porta frutto, lo porta  perché porti più frutto”.

Ecco le due parole, tagliare e potare; simili nel gesto che indicano, ma estremamente diverse nel significato e nell’obiettivo. Tagliare, uguale e gettare via, potare per portare frutto. Bella questa assonanza tra “potare” e “portare”; ci sta in mezzo una “erre”, come recisione, che elimina la parte che dà la morte, e apre una ferita che favorisce un innesto promettente di vita; una “erre” come risurrezione, la condizione in cui glorifichiamo il Padre, diventando sempre più discepoli del Figlio suo Gesù, quali frutti primizia di un’umanità nuova.

 

Nessun commento:

Posta un commento